Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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1995, della Nuova Agenda Trans- Atlantica. Questa è una sorta di
carta programmatica, che contiene l’impegno dei due contraenti di
cooperare nel modo più aperto e sincero alla soluzione di tutti i
possibili conflitti che possano mettere in pericolo la pace e la
stabilità, la democrazia e lo sviluppo in tutto il mondo.
Un’importante sezione di tale accordo (parte III e parte IV) è
dedicata all’espansione del commercio mondiale ed alla
promozione di più strette relazioni economiche (parte III) ed alla
costruzione di ‘ponti’ attraverso l’Atlantico (parte IV, anch’essa
principalmente focalizzata sulle relazioni economiche, qui fra UE
ed USA).
Come è noto, infatti, l’Unione Europea e gli Stati Uniti
d’America sono le due potenze economiche mondiali più grandi.
Insieme contano per circa la metà dell’intera economia mondiale.
I loro rapporti bilaterali, in campo commerciale e finanziario,
sono i maggiori a livello internazionale. I flussi transatlantici di
merci e capitali ammontano a circa un miliardo di dollari
statunitensi al giorno, e, uniti, i loro conti commerciali
ammontano a circa il 40% degli scambi mondiali.
La creazione del mercato unico in Europa ha, inoltre,
aumentato gli investimenti intra- comuntari, creando così
economie di scala, incrementando la competitività europea e la
sua influenza sui mercati mondiali e offrendo nuove e maggiori
opportunità di investimento e commercio per i singoli e le aziende
statunitensi. L’introduzione della moneta unica porterà alla
riduzione dei costi e accrescerà l’efficienza non solo degli
operatori europei, ma anche di quelli stranieri, e statunitensi in
particolare, che sono presenti nel maggiore mercato unico
mondiale.
L’Unione europea e gli Stati uniti hanno, dunque, uguale
interesse nel creare delle strategie comuni coerenti al fine di
favorire uno sviluppo economico mondiale armonico ed in
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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particolare di promuovere la stabilità del sistema degli scambi
internazionali di merci, capitali e monete, come pure
l’integrazione dei paesi in transizione e quelli in via di sviluppo
all’interno del sistema stesso.
E’ per questo che sia l’Unione europea che gli Stati Uniti
stanno impegnandosi così fortemente sia a livello bilaterale che
multilate rale, anche all’interno di organizzazioni internazionali
(v. OMC), al fine di risolvere le più spinose questioni legali ed a
rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla creazione di un
mercato globale, nel quale tutti gli operatori economici hanno
pari opportunità e capacità di azione.
E’ in questo scenario che si inserisce il mio studio. Infatti,
oltre agli impegni ufficiali ed ai passi già compiuti, moltissimo
resta da fare, soprattutto nel campo della tutela degli scambi
commerciali. Il protezionismo, nonostante gli accordi e gli
impegni presi dai governi dei vari paesi, è una realtà che si sta
nuovamente e prepotentemente affermando sulla scena mondiale.
Sulla carta quasi tutte le barriere al commercio sono state
dichiarate fuorilegge o indesiderabili, se non ampiamente
giustificate da ragioni di squilibri interni o fenomeni
imprevedibili, ma in ogni paese molti sono gli operatori che
ricorrono alle autorità nazionali con lo scopo di ottenere maggiori
garanzie protezionistiche per il proprio prodotto e il proprio
mercato.
Il ricorso al dumping ed alla legislazione antidumping è,
forse, il più frequente caso di uso a fini difensivi delle
legislazioni nazionali e sovranazionali. E tanto maggiori sono gli
scambi, tanto maggiore è il numero di casi portati davanti alle
autorità competenti.
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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Per questo motivo ho scelto di concentrarmi sugli scambi fra
Unione Europea e Stati Uniti e l’incidenza che i ricorsi
antidumping hanno sui rapporti commerciali fra le due potenze.
Dopo una presentazione delle restrizioni al commercio, sia
tariffarie che non tariffarie, affronterò più in particolare
l’argomento del dumping, focalizzando l’attenzione innanzitutto
sulla teoria economica che sta dietro alla decisione di un
operatore di agire in tale direzione, ed in seguito fornendo una
descrizione il più possibile esauriente della legislazione in
materia. In questo ambito discuterò anche i rapporti fra le due
parti e l’Organizzazione Mondiale del Commercio, la quale ha il
compito di operare in difesa della correttezza e trasparenza nei
rapporti commerciali internazionali e nel rispetto delle norme
vigenti. L’applicazione di tali normative, i soggetti che sono
tenuti a giudicare ed i fattori che influenzano i giudizi saranno,
poi, oggetto della mia attenzione.
Tale prima parte teorica mi sarà utile e necessaria per poter al
meglio affrontare il caso specifico che ho scelto di analizzare: il
caso delle paste alimentari. La mia attenzione si concentra sulle
decisioni prese da parte dell’International Trade Administration
(ITA) americano nei confronti di varie aziende italiane,
esportatrici negli USA di vari tipi di pasta. Tali decisioni vanno
dal giugno 1996, data in cui è stato emesso il primo ordine di
pagamento di dazi antidumping, al febbraio 1999, ultima data alla
quale risalgono i documenti in mio possesso.
A mio avviso tale caso rappresenta un evidente esempio
dell’uso strumentale della legislazione che viene fatto da parte
degli operatori nazionali al fine di ottenere il supporto del
proprio governo e come quest’ultimo sia disposto, contrariamente
a quanto asserito negli accordi internazionali, a supportare le
richieste di stampo protezionistico delle proprie aziende.
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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Non si è ancora giunti ad una decisione conclusiva del caso,
ma io credo che attraverso l’analisi della documentazione riuscirò
a fornire sufficiente prova e supporto alla mia tesi.
Inoltre mi riprometto di dimostrare come ormai, in un sistema
così aperto agli scambi internazionali, l’esistenza di due distinte
legislazioni che hanno come fattispecie uno stesso argomento (la
concorrenza sleale), rappresenti un inutile dispendio di risorse e
fornisca una solida base per delle recriminazioni di tipo
nazionalistico. Condivido appieno la necessità, da più parti
espressa, di avere una unica normativa che si occupi, sia a livello
nazionale che internazionale, di tutti i casi in cui la libera
concorrenza è messa in discussione, garantendo parità di
trattamento a tutti i soggetti coinvolti in tali pratiche, sia che essi
siano nazionali, sia che essi siano stranieri.
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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Capitolo 1 LE RESTRIZIONI AL COMMERCIO
L’evoluzione della teoria economica, dai mercantilisti fino agli
autori più recenti, ha permesso di comprovare il fatto che il libero
scambio massimizza la produzione mondiale e avvantaggia tutti i
paesi che prendono parte a tali scambi1. In realtà tutte le nazioni
impongono alcune restrizioni al libero flusso del commercio
internazionale, giustificandole con motivi di benessere nazionale,
anche se nella realtà tali politiche commerciali sono il frutto
dell’intervento dei gruppi di interesse che se ne possono
avvantaggiare.
Storicamente la forma più importante di restrizione commerciale è
sicuramente rappresentata dai dazi, ma molti sono gli altri tipi di
barriere commerciali: quote sulle importazioni, limitazioni
volontarie alle esportazioni, come pure regolamentazioni
tecniche, amministrative ed inoltre l’esistenza di cartelli
internazionali, sussidi alle esportazioni ed il dumping.
1 A tale proposito si ricordano, fra le molte, la teoria dei Vantaggi comparati di A. Smith, la legge dei
vantaggi comparati di D. Ricardo, e le teorie di Hecksher- Ohlin e di Hecksher- Ohlin- Samuelson
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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1.1 I DAZI
Il dazio è “una tassa o imposta che grava sul bene scambiato nel
momento in cui attraversa un confine nazionale”2.
I dazi possono essere alle importazioni ed alle esportazioni, ad
valorem, specifici o misti3. I primi sono principalmente utilizzati
dai paesi industrializzati per proteggere, ad esempio, una loro
industria (soprattutto se ad alta intensità del fattore produttivo
lavoro). I dazi all’esportazione, al contrario, sono utilizzati in
modo più intenso dai paesi in via di sviluppo per ottenere prezzi
migliori e maggiori entrate dal loro commercio internazionale, ed
anche perché sono i più facili da riscuotere. I dazi ad valorem
sono rappresentati da una percentuale fissa del valore del bene
scambiato, mentre quello specifico è costituito da una somma
fissa per unità fisica del bene scambiato, ed infine il dazio misto
è una combinazione di questi ultimi due4. Gli effetti di un dazio
sull’economia dei paesi che ne sono interessati sono sensibili.
Esso, infatti, va a provocare i seguenti effetti sui sistemi
interessati5:
• l’effetto consumo, ovvero la diminuzione dei consumi interni
del bene importato a seguito del suo aumento di prezzo;
• l’effetto produzione, cioè l’espansione della produzione
interna che deriva dal dazio;
• l’effetto commercio estero o effetto importazione, cioè la
diminuzione delle importazioni;
• l’effetto entrate fiscali, determinato dall’aumento delle entrate
del governo a seguito dell’imposizione del dazio.
2 Salvatore, D. Economia Internazionale, NIS, Roma, 1996, p. 281
3 Magee, S. P. et al., Black hole taiffs and endogenous policy theory, Cambridge University Press,
New York, 1989
4 Salvatore, D. Economia Internazionale, NIS, Roma, 1996, p. 282
5 ibid., p. 283
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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Gli effetti principali tale restrizione commerciale li sortisce sui
consumatori e sui produttori, causando una riduzione del surplus
dei primi ed un aumento del surplus dei secondi
6
.
La figura 1.1 mostra graficamente la perdita di surplus del
consumatore causata dal dazio (area evidenziata). Prima
dell’imposizione del dazio i consumatori pagavano per ogni unità
del bene X quanto erano disposti a pagare per l’ultima unità. Ma
la soddisfazione che essi traevano dalle precedenti era superiore,
perciò essi erano disposti a pagare prezzi più alti. L’altezza della
curva di domanda, Dx, indica il prezzo massimo che i consumatori
sarebbero disposti a pagare per ogni unità del bene X piuttosto
che restarne senza.
Figura 1.1 Effetti del dazio sulla surplus del consumatore
7
P
x
D
x
X
La differenza fra questa grandezza e quanto essi effettivamente
pagano rappresenta il surplus del consumatore
8
.
6 Bhagwati, J. N., Feenstra, T. C. The teroy of commercial policy, MIT Press, Cambridge, 1983
7
Salvatore, D. Economia Internazionale, NIS, Roma, 1996, p. 285
8
Martin, S. Industrial Economics: economic analysis and public policy, Prentice hall, Englewood
Giffs, NJ, 1994, pp. 27-28
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
14
Figura 1.2 - Effetti del dazio sul surplus del produttore
9
P
x
O
x
X
L’area evidenziata nella figura1.2 rappresenta l’aumento del
surplus del produttore derivante dall’imposizione del dazio.
Questo è dovuto al fatto che i produttori interni, dopo
l’introduzione di una restrizione al commercio, aumentano la
quantità prodotta del bene X, nonché il suo prezzo, aumento dal
quale, tolti i costi di produzioni, pari all’area non evidenziata
sotto la curva Ox, i produttori derivano il loro surplus
10
.
Questi due concetti, e i due grafici, ci sono utili per illustrare i
costi ed i benefici di un dazio.
La figura 1.3 mostra che quando un paese importatore impone un
dazio pari al 100% del valore totale del bene X, il suo consumo
diminuisce da FL a BD, la produzione interna dello stesso bene
aumenta da FG a BC e le importazioni diminuiscono da GL a CD,
mentre lo stato raccoglie delle entrate sottoforma di dazio pari
all’area CDHI. Il surplus del consumatore diminuisce di BDLF ed
il surplus del produttore aumenta di BCGF.
9
Salvatore, D., Economia Internazionale, NIS, Roma, 1996, p. 285
10
Martin, S. Industrial Economics: economic analysis and public policy, Prentice hall, Englewood
Giffs, NJ, 1994, pp. 28-31
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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Figura 1.3 - Costi e benefici di un dazio
11
P
x
A O
x
E
B C D
F G H I L
D
x
X
Sul grafico inoltre si evidenzia come la riduzione del surplus del
consumatore sia ridistribuita fra il governo (area CDHI), i
produttori (area BCGF) mentre il restante (composto dalla somma
delle aree GCH e DIL) rappresenta il costo sociale del
protezionismo.
Tale costo è dovuto al fatto che determinate componenti interne
della produzione vengano spostate dalla produzione (più
efficiente) di un bene esportabile, a quella (meno efficiente) del
bene X, importabile. Inoltre a questo si somma la diminuzione
dei consumi di tale prodotto, dovuta all’artificiale aumento del
suo prezzo.
Come si può ben intuire l’istituzione di un dazio opera una
ridistribuzione del reddito dai consumatori interni ai produttori
interni, nonché dal fattore abbondante del paese a quello scarso,
causando così un’inefficienza nella produzione, denominata costo
sociale del protezionismo
12
.
11
Salvatore, D. Economia Internazionale, NIS, Roma, p. 287
12
Quinteri, B. La politica economica del protezionismo: alcuni aspetti teorici, Studi di finanza
pubblica n° 201, Jacelli, Roma, 1984
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
16
Esiste anche quello che viene definito come “dazio ottimo”13,
ovvero un dazio che, imposto da un paese grande, aumenta il
benessere del paese al di sopra di quello in condizioni di libero
scambio. E’ comunque naturale aspettarsi una ritorsione da parte
degli altri paesi, i quali sarebbero danneggiati da un tale
comportamento, e di conseguenza la situazione in generale
peggiorerebbe.
13
de Graff, V. J. On optimum tariff structures, in Review of economic studies, 1, 1949
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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1.2 QUOTE SULLE IMPORTAZIONI
Si tratta della restrizione commerciale non tariffaria più
importante. Essa è una restrizione diretta della quantità di un
bene che è consentito importare all’interno di un paese14. Esse
sono solitamente utilizzate per proteggere la produzione interna,
un industria o l’agricoltura, oppure per ragioni di squilibrio della
bilancia dei pagamenti.
L’imposizione di una quota ha gli stessi effetti sul consumo e la
produzione interni di un dazio all’importazione, naturalmente di
valore equivalente15. In esse in realtà è assente l’effetto entrate
fiscali, tipico del dazio, ma se il governo decidesse di vendere
all’asta le licenze di importazione, allora si avrebbe un aumento
anche delle entrate statali.
1.3 LIMITAZIONI VOLONTARIE ALLE ESPORTAZIONI
Esse rappresentano un altro tipo molto importante di barriere
commerciali non tariffarie. Tale situazione si ottiene quando un
paese importatore induce un altro paese a ridurre
“volontariamente” le sue esportazioni di un bene sotto la minaccia
dell’adozione di restrizioni commerciali generalizzate, o di un
loro inasprimento16.
Quando tali restrizioni funzionano, esse hanno gli stessi effetti di
quote sulle importazioni, con l’unica differenza che esse sono
gestite dal paese esportatore, quindi gli effetti sulle entrate
14
Salvatore, D. Economia Internazionale, NIS, Roma, 1996., p. 326
15
Johnson, H. G. Aspects of the theory of tariffs, Allen & Unwin, London, 1974
16
Salvatore, D. Theory and problems of international economics, McGraw Hill, New York, 1993
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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fiscali o di profitti di monopolio ricadono sugli esportatori
esteri17.
La loro efficacia è però inferiore rispetto a quella di altre
restrizioni, poiché gli esportatori difficilmente accetteranno una
limitazione alle loro esportazioni, ma è probabile che essi
offriranno, nel corso del tempo, un di più elevata qualità e
maggiore prezzo, nel limite, però, della quota a loro riservata.
1.4 CARTELLI INTERNAZIONALI
Un cartello internazionale è un’organizzazione di fornitori di un
bene, localizzati in paesi diversi, che concordano di ridurre la
produzione e le esportazioni di quel bene allo scopo di
massimizzare i profitti totali dell’organizzazione18.
Mentre la regolamentazione ed il controllo di cartelli interni è più
semplice (anche per questo motivo sia negli USA che nell’UE tale
pratica è illegale), quelli internazionali sono molto difficili da
controllare, poiché non sono sottoposti ad alcuna giurisdizione
nazionale19.
Un cartello ha maggiori probabilità di funzionare se esistono solo
pochi fornitori internazionali di un bene essenziale per il quale
non esistono veri e propri sostituti (v. il caso dell’OPEC e la crisi
mondiale causata dalla riduzione delle esportazioni di greggio, da
esso attuata). Se al contrario esistono più fornitori dello stesso
bene è più difficile organizzare un cartello che li riunisca tutti.
Questo vale anche per un bene del quale esistano buoni sostituti,
e nel caso in cui si dovesse aumentarne il prezzo non si farebbe
17
ibid., p. 122
18
Salvatore, D., Economia Internazionale, NIS, Roma, 1996, p. 332
19
Balenckett, B., The structure of protectionism in developing countries, University press, Baltimore,
1995
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
19
altro che spingere i compratori verso l’acquisto delle sue
alternative.
Tale organizzazione è, però, intrinsecamente fragile ed instabile,
sia perché deve tentare di riunire e soddisfare gli interessi di tutti
i suoi componenti, sia perché la creazione di un cartello
rappresenta comunque, per chi ne vuole rimanere fuori, un ottimo
incentivo per proporre il proprio prodotto ad un prezzo
leggermente inferiore a quello applicato dal cartello stesso,
traendo grossi vantaggi sia in termini economici che in termini di
quota di mercato.
1.5 SUSSIDI ALLE ESPORTAZIONI
Tali sussidi possono consistere in sovvenzioni dirette o nella
concessione di detrazioni d’imposta e di mutui agevolati agli
esportatori o potenziali esportatori, e/o di prestiti a bassi
interessi ad acquirenti esteri in modo da stimolare le esportazioni
del paese20.
I principali paesi industrializzati utilizzano questa forma per
supportare le proprie esportazioni, soprattutto concedendo ai
compratori esteri prestiti a basso interesse per finanziare gli
acquisti tramite agenzie.
I sussidi, insieme alle pratiche in dumping, sono i principali
obiettivi delle autorità di difesa del commercio nazionale, in
particolare negli Stati Uniti, i quali lamentano l’eccessivo
squilibrio che si registra fra le sovvenzioni garantite da paesi
come la Francia o il Giappone, dove il 30- 40% delle esportazioni
vengono incentivate dalla concessione di prestiti agevolati, e
quelle concesse dagli USA, che non ammontano a più del 5% delle
esportazioni21.
20
Salvatore, D., Economia Internazionale, NIS, Roma, 1996, p. 335
21
Yeats, A. Effective tariff protection in the United States, the European Union and Japan, in Quarterly
bulletin of international economics n° 4, July- August, 1997
Il dumping commerciale negli scambi fra UE e USA. Considerazioni sul caso delle paste alimentari.
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L’ammontare del sussidio concesso può essere calcolato
confrontando l’interesse che si dovrebbe pagare per un mutuo
commerciale con quello effettivamente praticato con il tasso
agevolato.
Un motivo di grosso contrasto fra USA ed Unione europea, legato
a questo argomento, è rappresentato dagli elevatissimi prezzi di
sostegno assicurati dall’UE, con la propria Politica Agricola
Comune, allo scopo di sostenere il reddito dei propri agricoltori.
Gli USA, infatti, affermano che questi sussidi agricoli molto alti
portano ad eccedenze produttive e quindi ad un enorme aumento
delle esportazioni, a prezzi molto più conveniente rispetto agli
altri paesi, portando così via a questi ultimi grosse fette di
mercato.