cui alto compito si rende oggigiorno vieppiù complesso, e necessita di una
seria opera di riqualificazione, che argini il crescente disamore nei confronti
della fonte del diritto per antonomasia, ed in particolare di ciò che essa incarna
e rappresenta.
Confidiamo nell’adeguatezza del diritto costituzionale comunitario quale
punto prospettico da noi prescelto per l’osservazione dei meccanismi in parola:
riteniamo, infatti, pertinente alle nostre esigenze l’impiego di categorie ed
istituti della migliore tradizione costituzionalistica e la loro applicazione
all’ambito dell’integrazione europea, ed ai risultati dalla stessa
progressivamente ottenuti (fra i quali, evidentemente, il riavvicinamento delle
legislazioni, attraverso metodi di creazione del diritto il più possibile tendenti
all’uniformità ed alla coerenza).
A conclusione del quinquennio di studi auspichiamo, nondimeno, che siano
state correttamente spese le competenze e conoscenze della metodologia della
ricerca giuridica sin qui apprese, dimodoché sia concesso al maggior numero di
persone di trarre giovamento da quanto riferito nelle pagine che seguono.
Chi scrive, peraltro, potrà dirsi autenticamente pago della propria opera di
ricognizione ed approfondita rielaborazione del materiale legislativo,
dottrinale, giurisprudenziale e bibliografico portata a compimento con
dedizione e reale buona volontà in questo scritto, solamente qualora otterrà la
conferma di avere con successo indotto il lettore, specie se profano, ad
appassionarsi alla tematica affrontata, per comprendere quanto vicini alla
nostra quotidiana esistenza si dimostrino aspetti spesso trascurati (o, peggio,
ingiustamente relegati alla speculazione di pochi addetti ai lavori) del
funzionamento degli ingranaggi istituzionali.
Messina, 02/07/2009
XI
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
I. Inquadramento della problematica. – II. Nozioni rilevanti e precisazioni
terminologiche. – III. Lingua, diritto e legislazione.
I. INQUADRAMENTO DELLA PROBLEMATICA.
Qualsiasi prescrizione normativa che intenda produrre effetti necessita
d’essere estrinsecata in forme intellegibili, tali da rendere chiaro alla
collettività dei consociati il precetto che il legislatore mira a cristallizzare
nell’atto da lui promanante, ed alla cui luce ogni contegno del cives possa
utilmente commisurarsi.
D'altra parte tale constatazione – il cui fine ultimo consiste precisamente nel
garantire ad ogni componente un consorzio organizzato la piena cognizione
delle indicazioni deontiche volte a conformarne il comportamento, in vista
dell’auspicato conseguimento di maggiori utilità sociali – pur nella generale
applicabilità ad ogni ordinamento giuridico, risulta segnatamente afferente ai
casi di ordinamenti di diritto scritto, nei quali la produzione di norme è affidata
a canali divulgativi di tipo positivo.
Non possiamo non considerare, in secondo luogo, un dato storico: il
momento a partire dal quale la tecnica legislativa è fatta oggetto di approccio
1
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
scientifico giunge solamente con la speculazione del filosofo Gaetano
Filangeri, precursore della materia ed autore de “La Scienza della
Legislazione”, dato alle stampe a partire dal 1780
1
.
Contributi più risalenti alla tematica in discorso erano stati, ciò nondimeno,
offerti dalla dottrina giuridica romana, di cui M. Tullio Cicerone rappresentò,
con la sua descrizione della legge come «recta ratio imperandi atque
prohibendi»
2
, un preclaro esempio, mediante l’individuazione del principio
ispiratore della pratica legislativa nella necessità di confezionare leggi
rispettose della loro vocazione alla razionalità. Implicazioni che sarebbero state
successivamente perfezionate dall’Aquinate, il quale avrebbe ravvisato nella
legge (umana) la «rationis ordinatio ad bonum commune […] promulgata»
3
.
Né appare inappropriato rammentare che richiami alla certezza conferita alla
legge dalla sua positivizzazione provennero finanche dal testo della Bibbia:
giova puntualizzare, in questa sede, che la scrittura è posta a presidio della
sacralità del dictum divino
4
.
È con la maturazione di una nuova coscienza sociale e giuridica che si
perviene, tuttavia, ad affermare expressis verbis l’importanza della fonte scritta
1
Molto si deve all’opera in questione, che coniuga magistralmente una energica presa di
posizione nei confronti delle diseguaglianze della Napoli borbonica ad una raffinata riflessione
sulla tendenziale universalità di princìpi appartenenti ad una tecnica legislativa finalmente
assurta al rango di scienza. È quanto emerge in G. FILANGERI, La Scienza della legislazione,
Libro I, Capo III, a cura di A. TRUMPUS, Venezia 2004, 72.
2
CICERONE, De Legibus, I, 6, 18. La definizione ciceroniana può, però, essere pienamente
compresa soltanto in riferimento all’influenza su di essa esercitata dalla filosofia stoica: la lex
positiva, infatti, è prodotto umano; ma la stessa è preceduta da una “lex naturae”, poiché
«naturae congruens, diffusa in omnibus, […] sempiterna», discendente dal Logos. Cfr., in
merito, CICERONE, De Republica, 3, 22, 33.
3
T. D’AQUINO, Summa Theologica, Prima Secundae, Quaestio 90, art. 4.
Emerge in San Tommaso la concezione della legge umana come integrazione della Legge
divina, e necessariamente fondata, nuovamente, sulla razionalità.
4
«La scrittura impressa nelle Tavole era di Dio»: Esodo, 24, 6. La scrittura in forma epigrafica
pare conferire alle Tavole mosaiche molti dei caratteri che, come si vedrà, connotano la legge
in senso moderno.
2
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
in sede legislativa, congiuntamente alla valorizzazione delle istanze di certezza
del diritto: in tal senso saranno orientati gli studi di C. S. De Montesquieu
5
e di
C. Beccaria
6
.
Ancora agli albori del ventesimo secolo, però, la controversia inerente
all’opportunità stessa della codificazione è tutt’altro che sopita, ed emerge nel
pensiero di F. C. von Savigny, polemico nei confronti del collega A. F. J.
Thibaut, da cui erano provenute osservazioni sull’esigenza d’implementazione
delle norme, quantomeno civilistiche, in un corpus organico e fruibile
7
.
La replica di Savigny, peraltro interessata
8
, pur partendo da premesse
apparentemente comuni ad entrambi gli studiosi, muove nel senso del
perfezionamento della sola scienza giuridica
9
, e dello screditamento dell’idea
5
Ricorre nel pensiero dell’illuminista francese la certezza che la legge debba essere quel “caso
particolare” in cui si specifica la ragione umana, già governatrice di tutte le nazioni, e modello
di armoniosa coesistenza con i princìpi di natura. V. in argomento C. S. DE MONTESQUIEU, Lo
spirito delle leggi, Capo III, Delle leggi positive, in S. MORAVIA, Filosofia, I testi, 2, Firenze
1992, 159.
6
Il giurista milanese è il più esplicito nell’enunciare i pregi del ricorso alla scrittura in ambito
legislativo: «Senza la scrittura, una società non prenderà mai una forma fissa di governo. […]
Da ciò veggiamo quanto sia utile la stampa, che rende il pubblico, e non alcuni pochi,
depositario delle sante leggi». Così C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, V, Oscurità delle
leggi, a cura di G. D. PISAPIA, Milano 1964, passim.
7
Thibaut rintraccia nella perfezione stilistica, oltre che contenutistica, della legge i caratteri
funzionali a qualsiasi efficace produzione normativa che aspiri a disciplinare i rapporti
intersoggettivi: in tal senso, A. F. J. THIBAUT, Ǘber die Notwendigkeit eines allgemeinen
bǜrgerlichen Rechts fǜr Deutschland, in A. F. J. Thibaut-F.C. Savigny. La polemica sulla
codificazione, a cura di G. MARINI, Napoli 1882, 57.
8
È stato acclarato in dottrina che la concezione giusevoluzionista di Savigny, farraginosa sul
piano sostanziale, ed obiettivamente poco persuasiva innanzi alla coerenza e pervasività delle
opposte allegazioni di Thibaut, sia stata formulata al verosimile intento di mantenere nelle
mani della classe dei giuristi di professione il monopolio della cultura (e, conseguentemente,
della produzione) giuridica: d’altra parte, solo alla luce del perseguimento di tale scopo può
spiegarsi la popolarità, incontrata, nell’ambiente accademico, dalle tesi del filosofo della
Pandettistica, il quale riuscì a scalzare, con argomentazioni nostalgicamente legate ad un diritto
di provenienza romanistica, la solida prospettiva legislativa e codicistica di Thibaut. In tal
senso, M. BARBERIS, Breve storia della filosofia del diritto, Bologna 2004, 46 ss.
9
Dall’Autore definita «in progresso organico, […] e comune a tutta la nazione», a riprova del
carattere giusevoluzionistico di cui supra. Così G. MARINI, A. F. J. Thibaut-F.C. Savigny, op.
cit., 197.
3
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
che il diritto sia legislazione: una presa di posizione la cui instabilità sarà
svelata dal definitivo avvento della codificazione in Germania.
L’excursus storico-dottrinale di cui abbiamo dato contezza costituisce un
valido strumento d’introduzione alla tematica da noi esaminata: l’intera
evoluzione del ragionamento giuridico, riflesso del millenario cammino
dell’uomo e tentativo di soddisfacimento delle esigenze ad esso connaturate,
testimonia l’attenzione riservata alla questione della redazione della legge
10
.
Ad offrire ulteriori spunti di analisi si pone, inoltre, l’acquisizione teorica per
cui il legislatore confeziona, nell’espletamento delle sue funzioni, un discorso
articolato, e distinto da altri pure attinenti al medesimo ambito di riferimento
11
.
Caratteri intrinseci al discorso de quo sono la coerenza e la completezza
12
, e
benché sia stata storicamente revocata in dubbio l’effettiva riconducibilità di
10
Ovvero dell’opportunità di accedere ad uno ius positum, e delle tecniche della sua concreta
predisposizione: tanto l’an, quanto il quomodo della codificazione, dunque.
11
Il discorso del legislatore, infatti, è innanzitutto comunicazione: procede da un emittente
verso un destinatario attraverso un mezzo comunicativo, ma risente della sua natura
permanente; non è dato, invero, rinvenire un momento d’avvio e di conclusione del discorso
legislativo, poiché il flusso continuo e dinamico degli atti normativi in costante
avvicendamento fa del discorso del legislatore un discorso infinito.
In ciò, esso si distingue dal discorso del giurista, che seleziona i dati normativi congeniali
alla sua opera di scomposizione e ricomposizione dei segmenti d’esperienza giuridica da lui di
volta in volta scrutinati; e dallo stesso discorso del giudice il quale, nel valutare i
comportamenti umani alla luce della norma, emette un giudizio di conformità o difformità che
traspone il precetto normativo generale in regola di condotta specifica ed adatta al caso
concreto. Ciò, in ossequio all’invalsa e calzante distinzione fra regola conformativa (del legis
lator) e regola regolativa (del giudice): laddove la prima realizza ciò che prescrive, la seconda
si proietta nel futuro e pretende di essere osservata dai consociati suoi destinatari particolari.
Così G. U. RESCIGNO, Introduzione alla legistica: le caratteristiche del discorso del legislatore
e la redazione degli atti normativi, in Scienza e tecnica della legislazione: lezioni, a cura di S.
TRAVERSA, Napoli 2006, 461ss.
12
La prima implica che l’ordinamento giuridico espunga da sé le eventuali contraddizioni,
anche a mezzo di appositi criteri d’individuazione e risoluzione delle antinomie normative,
mentre la seconda comporta che sia comunque riscontrabile nel sistema la regola del caso
concreto. Il nostro sistema ordinamentale esprime notoriamente una vocazione alla
completezza: ne sono prova la previsione dell’analogia legis e iuris, e la repressione, anche
processuale, della denegata giustizia (che comunque non ricorre nelle ipotesi di
disconoscimento della giurisdizione, pur sempre rappresentativa di una presa in carico della
4
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
siffatte attribuzioni al discorso in parola
13
, la loro afferibilità all’ordinamento
italiano non pare contestabile, attesa la presenza di istituti giuridici volti a
rimediare ad eventuali carenze di regolamentazione.
Se, pertanto, il discorso del legislatore è continuo flusso comunicazionale,
occorre prendere coscienza dei possibili rischi di infelice esito della
comunicazione medesima
14
: ed in un sistema, quale il nostro, di ius positum,
sarà ancor più condivisibile che le contromisure da adottarsi conseguentemente
riguardino dettagliatamente le tecniche di redazione degli atti normativi. È solo
facendo propria tale preliminare osservazione che ci si potrà consapevolmente
addentrare nella disamina del drafting legislativo
15
.
questione giudiziale, che si concluda nel senso dell’impossibilità di esprimere un giudizio).
Accoglie tale prospettazione G. U. RESCIGNO, Introduzione alla legistica, op. cit., 459 ss.
13
L’originaria teorizzazione della sistematicità, completezza e coerenza del diritto devesi alla
speculazione della Allgemeine Rechtslehre, secondo la quale il sistema avrebbe dovuto
intendersi come “ordinato”, “non-contraddittorio” e “non-lacunoso”.
La tesi formalistica sarebbe stata contestata, fra molti, dalla variante logica della Scuola di
Buenos Aires, rappresentata da C. Alchurrón ed E. Bulygin, che con memorabile confutazione
della fondatezza del “principio generale esclusivo” (“tutto ciò che non è vietato è permesso”)
dimostrarono che lo stesso è verificato soltanto se nel sistema è effettivamente sussistente una
norma che facultizzi il contegno non espressamente vietato, con ciò lasciando aperta la strada
all’esistenza di sistemi giuridici empiricamente completi. In proposito, v. M. BARBERIS, op.
cit., 96 ss.
14
Mette sapientemente in guardia da tali rischi, G. U. RESCIGNO, Introduzione alla legistica,
op. cit., 478 ss.
15
Le potenzialità del ricorso alle tecniche di drafting, per quanto efficacemente praticate, non
vanno, tuttavia, sopravvalutate: e questo, per ragioni tanto estrinseche quanto intrinseche
all’attività redazionale.
Sotto il primo profilo, l’invereconda ipertrofia legislativa cronicamente afflittiva del nostro
sistema ordinamentale pone seri ostacoli al pieno dispiegamento di quegli effetti positivi che
potrebbero derivare da un sapiente ricorso alle pratiche di drafting.
Si era, a tal riguardo, tentato di percorrere la via della delegificazione; ma anche al cospetto
di tale strumento operativo le generali aspettative sono state inflazionate: non soltanto perché la
devoluzione alla fonte regolamentare della competenza a disciplinare sempre più vasti settori
delle relazioni intersoggettive non è, ex se, motivo di ridimensionamento del carico lato sensu
legislativo; ma anche perché la strutturale snellezza del mezzo dato dal regolamento si presta
ad esiti talvolta controproducenti, laddove sia assoggettabile a modifiche, abrogazioni ed
integrazioni più frequenti e per di più svincolate dallo scrutinio parlamentare.
Quanto al secondo profilo, il drafting attiene al modo in cui le leggi vengono stilisticamente
ad esistenza, e non alle modalità della divulgazione, della norma così confezionata, al grande
5
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
È, nondimeno, appena il caso di rammentare che l’oggetto primario di questa
trattazione risiede nelle tecniche di drafting scaturenti dal processo normativo
comunitario: ciò, tuttavia, non impedisce (ed anzi impone) che si debba
prendere dapprima in debita considerazione aspetti generalmente attinenti alla
nostra tematica, per poi indirizzarsi con cognizione di causa al cuore della
problematica, sulla quale avremo modo di soffermarci diffusamente nei capitoli
seguenti.
II. NOZIONI RILEVANTI E PRECISAZIONI
TERMINOLOGICHE.
Nel convincimento che la padronanza della terminologia tecnica rechi
beneficio alla comprensione dell’argomento, converrà adesso familiarizzare
con il lessico specialistico.
Il termine drafting rinviene il suo più affine corrispondente nel sostantivo
“nomografia” il quale, peraltro, evoca significati ulteriori, che impongono più
approfondito scrutinio
16
.
pubblico dei “fruitori” della legge, ovverossia tutti i consociati; sarebbe, per contro, preferibile
che ci si prodigasse maggiormente in quest’ultima direzione, giacché non si potrebbe
comunque domandare al drafting di epurare il linguaggio giuridico dalla terminologia tecnica
di cui esso si avvale a beneficio della certezza del diritto. In argomento, v. M. HAINIS, H
La codificazione del diritto oggettivo: problemi e prospettive, in Giur. Ita., XXXIV/1998, 2461
ss.
16
Si deve a Jeremy Bentham la popolarità del lessema in oggetto, seguita alla pubblicazione
dell’opera Nomography, or the Art of Inditing Laws (v. J. BOWRING, The Works of Jeremy
Bentham,Edinburgh 1843, 231 ss.) ma non anche la sua creazione: il termine, infatti, oltre ad
essere impiegato in ambiti estranei al diritto, quale quello matematico (dove descrive
determinati metodi di rappresentazione grafica di funzioni), fu coniato dalla lingua greca con il
significato di “legislazione”. Il filosofo inglese, però, se ne avvale con il significato di “tecnica
6
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
Semanticamente affine è, altresì, il termine “nomologia”, attestato nella
letteratura francese
17
, mentre non possono ricondursi all’alveo applicativo di
nostro interesse le espressioni “nomostatistica” e “nomometria”, apparsi nella
prima metà del XX secolo
18
.
Pertinente alla nostra indagine può, ancora, reputarsi il termine “nomotica”,
quale “studio dei sistemi umani di regole”
19
.
Altrettanto degno di interesse è il termine “legimatica”, nato dalla crasi tra
“legislazione” ed “informatica”
20
, e per il cui consolidamento la dottrina sta
felicemente adoprandosi.
della normazione”, per designare lo studio degli accorgimenti stilistici che rilevino ai fini della
corretta redazione degli atti legislativi.
Ulteriore significato del termine è, sempre in Bentham, quello di teoria dell’indagine
concernente le condizioni osservate le quali il legislatore può dire di aver approntato
disposizioni efficienti: tale variante di significato sarà indagata dal logico G. H. VON WRIGHT,
Pratical Reason, Oxford 1983, 139 ss.
17
Con il significato di “scienza delle leggi”, figura in A. J. ARNAUD, Dictionnaire
Encyclopédique de Teorie et Sociologie du Droit, Paris 1988, 256 ss.; esso non va confuso con
il somigliante “normologia”, la cui origine etimologica proviene dal latino anziché dal greco:
così, J. CARBONNIER, Sociologie juridique, Paris 1978, passim.
18
Essi individuano la statistica e la metodologia quantitativa applicate al diritto, e compaiono
in G. HAFFIN, Prologue to nomostatistics, in Colum. law rev., XXXV/1935, 1 ss.
19
Di cui al lavoro di R. HOGAN – N. HENLEY, Nomotics. The science of human rule systems, in
Law and soc. rev., V/1970, 135 ss.
20
Detto termine è applicato agli studi di modellizzazione del ragionamento e del processo
normativi, e la vasta bibliografia in proposito è passata in rassegna da R. PAGANO,
Introduzione alla legistica, Milano 1999, 14 ss.
La legimatica cerca di rispondere al quesito relativo alla possibilità di applicare lo strumento
informatico ai meccanismi sottesi alla venuta ad esistenza delle leggi.
La sinergia fra studiosi del diritto e dell’informatica, perfezionatasi a partire dagli anni ’90 in
concomitanza al significativo sviluppo dell’applicazione di elaboratori elettronici di dati, e
culminata nell’avvento di nuove figure professionali di giuristi-informatici, ha permesso di
cogliere gli indubbi vantaggi cui una legiferazione informatizzata può dare ingresso nel nostro
ordinamento.
Coglie appieno l’attualità e le potenzialità della collaborazione tra informatica e diritto,
ovvero l’efficacia della legimatica, ove correttamente applicata, G. U. RESCIGNO, Relazione di
sintesi; Atti del Seminario: fonti, tecniche legislative, fattibilità, implementazione delle leggi e
sistemi informativi, in Quaderni a cura del servizio studi legislativi e promozione culturale
dell’Assemblea regionale siciliana, XXVIII/1990, 753 ss.
7
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
Constatata la pluralità di sostantivi orbitanti nel contesto del drafting
normativo, possiamo ora procedere lungo la via della ricostruzione del
fenomeno linguistico esaminato dalla prospettiva del diritto.
III. LINGUA, DIRITTO E LEGISLAZIONE.
Come si è poc’anzi avuto modo di chiarire, il discorso del legislatore è
comunicazione, donde la possibilità d’isolare in esso un linguaggio e delle
regole che sovrintendono al suo utilizzo
21
.
Non possiamo esimerci, pur tuttavia, dal manifestare un certo rincrescimento
per la sostanziale negligenza con cui gli stessi operatori del diritto si sono
21
In verità, l’idea che il diritto si avvalga di un proprio linguaggio, e che quest’ultimo vada
reso accessibile al quisque de populo, è di derivazione illuministica, ed è già comparsa nella
presente trattazione (v. nt. 15). La concezione di Beccaria, orientata a sollecitare l’impiego
della semantica popolare pecca, purtroppo, d’ingenuità: il linguaggio comune di un popolo,
infatti, pur se osannato da larghe schiere di filosofi analitici del linguaggio contemporanei, si
presta all’equivocità.
Altri AA. meno risalenti, ed egualmente pregevoli, hanno recuperato la visione
dell’illuminista lombardo, auspicando il progressivo ridimensionamento della dicotomia fra
linguaggio corrente e linguaggio giuridico: ex multis, F. CARNELUTTI, Metodologia del diritto,
Padova 1939, 103 ss.
Nel suo Essay on human understanding, J. Locke elabora la teoria dell’essenza nominale, per
la quale il linguaggio, non potendo gli enti essere percepiti per ciò che realmente sono (poiché
risultano inconoscibili), è soltanto lo strumento di cui l’uomo si avvale per ordinare le diverse
esperienze di cui è parte. Tale teoria, secondo autorevole dottrina, si presta a determinare la
funzione del linguaggio anche in ambito giuridico, essendo il linguaggio medesimo utilizzato
per denominare aspetti osservabili dell’esperienza concreta. Così, U. SCARPELLI, Il linguaggio
giuridico: un ideale illuministico, in AA. VV., Nomografia. Linguaggio e redazione delle
leggi. Contributi al seminario promosso dalla Banca d’Italia e dalla prima cattedra di filosofia
del diritto dell’Università di Milano (19 novembre 1991), a cura di P. DI LUCIA, Milano 1995,
5 ss.
8
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
rapportati alla questione
22
: andrebbe, per converso, preso atto delle notevoli
implicazioni, anche di natura processuale, che l’analisi del linguaggio può
comportare
23
.
Nella ricognizione delle tipologie testuali
24
, il testo giuridico è paradigmatico
esempio della species regolativa
25
, ma non si presta ad un’integrale riduzione
nei rigidi schemi di questa: mentre, infatti, il testo di tipo regolativo è, per ciò
solo, produttivo di assai stringenti vincoli all’interpretazione, il testo giuridico
necessita, per sua natura, d’essere interpretato.
22
Costoro hanno, infatti, sempre delegato a terzi l’incarico di affrontare l’argomento: ma il
disinteresse ostentato mai come in questo caso va dichiarato improvvido, per le conseguenze
che derivano dalla mancata comprensione di quanto serie siano le esigenze d’approfondimento
della tematica: per tali ragioni salutiamo con favore il lavoro, precursore nel settore, di T. DE
MAURO, Storia linguistica dell’Italia unita, Roma-Bari 1963, 424 ss.
23
Basti pensare alla questione dell’analisi di elementi di prova quali le quanto mai dibattute
intercettazioni telefoniche, qui considerate sotto il profilo della loro interpretazione: non manca
di segnalarlo M. CORTELAZZO, Lingua e diritto in Italia. Il punto di vista dei linguisti, in AA.
VV., La lingua del diritto. Difficoltà traduttive. Atti del primo convegno internazionale, a cura
di L. SCHENA, Milano 1995, 35 ss.
L’analisi del linguaggio giuridico andrebbe riscoperta anche allo scopo di ricercare soluzioni
ad interrogativi che permangono senza omnicondivisa risposta: si ponga mente alla vexata
quaestio della nozione di “reato” (presupponendo che non ci si accontenti della tautologica,
eppure apparentemente insuperabile versione formalistica, del reato come comportamento
umano cui l’ordinamento ricolleghi una pena criminale!); si potrebbe rinunciare a ricorrere allo
schema del giudizio analitico, ed optare per lo schema della “convenzione linguistica” (nel
senso che la parola de qua è utilizzata allorquando ricorrano predeterminate condizioni).
24
Devesi, in primis, rammentare che la più accreditata ripartizione triadica dei testi distingue
fra le tipologie descrittiva, narrativa ed argomentativa: in proposito, cfr. R. BEAUGRANDE – W.
DRESSLER, Introduzione alla linguistica testuale, Bologna 1984, passim.
25
Apparso, infatti, evidente che il testo giuridico non sia riducibile ad alcuna delle tipologie
surrichiamate, si è giunti ad elaborare la categoria del testo regolativo, tale in quanto proteso a
conformare il comportamento del suo destinatario (in merito, v. M. CORTELAZZO, Lingua e
diritto, op. cit., 38 ss.).
A tale classificazione può agevolmente affiancarsi quella che assume a criterio ordinatore il
grado di vincolatività del testo: se il grado in parola è particolarmente stringente, il testo sarà di
tipo scientifico o normativo (come, appunto, una legge o una sentenza: v., a tal riguardo, F.
SABATINI, Il testo normativo in una tipologia generale di testi, in AA. VV., Corso di studi
superiori legislativi 1988-89, a cura di M. D’ANTONIO, Padova 1990, 674 ss.).
9
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE
Induce, per di più, ad accurata riflessione la constatazione per cui i caratteri
del testo normativo paiono ricorrere tanto nell’atto legislativo, quanto nei testi
di scaturigine giurisprudenziale
26
, con effetti non esattamente commendevoli.
La forma scritta di comunicazione giuridica si completa, invero, del
momento orale, che le riforme di liturgia processuale, soprattutto civilistica
hanno inanemente cercato d’incentivare: se da un lato, duole constatare che
l’oralità tuttora stenti ad insediarsi nelle aule di tribunale, afflitte da mali
atavici; dall’altro, rileviamo come questa forma di autentica comunicazione
giuridica (rectius giudiziale) avrebbe potuto costituire un interessante oggetto
di studio
27
.
Approssimandoci maggiormente al fulcro dell’analisi linguistica,
apprendiamo che l’argomentazione giuridica è causa di frequenti
risemantizzazioni
28
, reggenze sintattiche difformi da quelle ordinarie
29
, ed
26
Né gli uni, né gli altri paiono, però, consapevoli della gloriosa tradizione linguistica di cui il
nostro Paese è depositario: oltre all’abusato impiego, negli atti giudiziari, dello stile commatico
(in cui capoverso e periodo coincidono) proprio della legge latamente intesa, la prassi ci
consegna provvedimenti giurisdizionali artatamente ampollosi, ridondanti di subordinate, e
“linguisticamente abnormi”: così, impietosamente, M. CORTELAZZO, Lingua e diritto, op. cit.,
40 ss.
27
Diamo succintamente conto, in questa sede, del fenomeno dell’interazione verbale in
udienza, perché esso rappresenta un “evento comunicativo” in piena regola: la definizione è di
M. CORTELAZZO, Lingua e diritto, op. cit., 41.
A ciò si aggiunga che la televisione, mezzo di comunicazione per eccellenza, ha
rivoluzionato il rapporto fra procedimento giudiziario e cittadino-utente televisivo: dalla
riservatezza delle aule, il processo è divenuto occasione di scontro mediatico, con effetti che,
sebbene non scrutinabili in questa sede, sono spesso nefasti e fuori controllo. Se ne occupano
P. BELLUCCI – E. CARPITELLI, Trasmettere i processi, in Italiano e Oltre, III/1994, 166 ss.
28
Che si risolvono nell’attribuzione di significati diversi a termini dell’uso comune: si pensi ai
sostantivi “attore”, “affidamento”, “accensione”, ed altri; sull’argomento, v. G. LAZZARO,
Diritto e linguaggio comune, in Riv. trim. dir. proc. civ., XXXI/1981, 140 ss.
29
Come per i costrutti “interessato in” piuttosto che “interessato a [svolgere un’attività
processuale]”; e, ancora, “rispondere a”, anziché “rispondere per [qualcosa, come un danno
arrecato a terzi]”. L’accurata casistica è di P. BLUMENTHAL – G. ROVERE, Valenza, polisemia e
traduzione,in AA. VV., Linguistica italiana fuori d’Italia. Studi, Istituzioni, a cura di L. RENZI
– M. CORTELAZZO, Roma 1997, 53 ss.
10