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trovato nelle cellule parenchimali e non di numerosi tessuti umani, per
esempio tessuto epatico, nervoso, renale, endotelio arterioso, e in alcune
specie animali come cane, scimmia, ratto, coniglio
(1, 10)
. Non si può dare
per scontato a priori che il ruolo e la funzione specifica dell’ApoE, in ogni
tessuto umano e in ogni specie in cui viene prodotta, siano sempre gli
stessi. Anzi, già Robert Mahley nel 1988, in un importante lavoro
pubblicato su Science
(1)
al quale faccio ampio riferimento, in parte
dimostrava e in parte ipotizzava almeno tre funzioni diverse dell’ApoE, in
tessuti diversi, sebbene riconducibili ad un unico ruolo biologico:
a) funzione “simil-endocrina” di regolazione del trasporto del
colesterolo a livello sistemico, cioè dal fegato alla periferia e
viceversa;
b) funzione “simil-paracrina” di regolazione e controllo dell’utilizzo di
riserve lipidiche (soprattutto colesterolo) a livello locale tissutale;
c) funzione “simil-autocrina” di regolazione dell’immagazzinamento di
lipidi all’interno della singola cellula e, come conseguenza, del
metabolismo lipidico intracellulare.
A queste tre funzioni principali aggiungeremo, per completezza,
l’ipotesi di un meccanismo immunoregolatore dei linfociti coinvolgente
lipoproteine contenenti ApoB o ApoE, di cui esistono alcune evidenze
sperimentali ma si ignora completamente il significato
(1)
.
Se, quindi, dovessi riassumere in due parole il ruolo biologico
complessivo dell’apolipoproteina E, stando ai risultati finora disponibili in
letteratura, mi esprimerei nel senso di una funzione strutturale e regolatoria
nell’ambito del metabolismo lipidico, sia al livello sistemico che cellulare,
e indirettamente una funzione regolatoria della proliferazione e
differenziazione cellulare, vista l’importanza dell’immagazzinamento e
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ridistribuzione dei lipidi nel corso della rigenerazione tissutale.
L’apolipoproteina E agisce come ligando per i recettori LDL e per i
recettori dei remnant dei chilomicroni e VLDL
(1, 2, 10, 11)
, contribuisce a
formare il “guscio” lipo-proteico delle VLDL, IDL e di una sottoclasse
delle HDL
(2, 5, 12)
, rappresenta una piccola frazione delle proteine libere
plasmatiche
(10)
, è in grado di legare debolmente lipidi neutri, fofolipidi e
colesterolo libero per formare aggregati lipoproteici sempre più grandi e
organizzati, sia nel fluido interstiziale che nel plasma
(1)
, e promuove la
proliferazione e il differenziamento di alcuni tipi cellulari collaborando o
competendo con fattori di crescita ed ormoni
(1)
. Si capisce allora la grande
differenza concettuale tra il ruolo biologico, ma anche fisiopatologico,
dell’ApoE e quello per esempio di una proteina come l’insulina (funzione
specificamente regolatoria) o come l’elastina (funzione specificamente
strutturale).
Dal punto di vista biochimico l’apolipoproteina E, o meglio le sue 3
isoforme principali (E2, E3, E4), ha una struttura primaria costituita da una
sequenza di 299 amminoacidi, resa nota per la prima volta da Rall e
collaboratori
(10)
nel 1982 mediante sequenziamento amminoacidico
diretto. La struttura secondaria consiste nel 62% di alfa-elica, 9% di
struttura beta (beta sheet), 11% di ripiegamento beta (beta turns) e 18% di
struttura non ripetitiva (random coil); si noti che ampi tratti di alfa-elica
hanno un andamento amfipatico, nel senso che i gruppi idrofobici dei
residui si trovano tutti su un versante dell’elica mentre i gruppi idrofilici
tutti sul versante opposto
(10)
. Esiste un raggruppamento di cariche positive
tra gli amminoacidi 134 e 158 e tale porzione di proteina è in grado di
legare il recettore LDL e l’eparina
(10)
. Ci sono evidenze sperimentali che
anche la regione carbossi-terminale può essere un sito di legame per il
7
recettore corrispondente
(10)
. Le tre isoforme dell’ApoE, indicate
comunemente come E2, E3, E4 in quanto codificate dai tre alleli principali
epsilon-2, epsilon-3 ed epsilon-4, differiscono una dall’altra per uno solo o
due amminoacidi: ApoE2 ha le posizioni n.112 e n.158 occupate entrambe
dalla cisteina, ApoE4 dall’arginina, mentre ApoE3 ha la cisteina in
posizione n.112 e l’arginina in posizione n.158
(1, 10, 11)
. Quindi
l’apolipoproteina E4 ha due cariche positive in più rispetto alla E2, e una in
più rispetto alla E3, perché l’amminoacido arginina, a pH fisiologico, ha il
gruppo laterale facilmente ionizzabile mentre la cisteina no. Al contrario
l’ApoE2 ha due gruppi reattivi -SH (sulfidrilici, propri della cisteina) che
possono formare altrettanti ponti disolfuro S-S con altre proteine contenenti
cisteina, mentre l'ApoE4 manca di questi due gruppi –SH liberi. Queste
modeste differenze tra i prodotti di trascrizione dei tre principali alleli per
l’ApoE sono alla base della possibilità di fenotipizzare l’ApoE plasmatica
di un individuo, della diversa funzionalità in vitro ed in vivo delle tre
isoforme
(10)
, e della ricerca di un “peso” genetico dell’ApoE da attribuire al
rischio totale di incorrere nella cardiopatia ischemica a prescindere da altri
fattori.
Non è un caso che per l’apolipoproteina E si parla sempre di ‘isoforme’
e mai di ‘varianti strutturali’, che non sono mai state descritte. Una
semplice elettroforesi non può mettere in evidenza, separandole, le tre
isoforme dell’apolipoproteina E; invece l’isoelectric focusing
bidimensionale, che prevede una prima separazione in base al punto
isoelettrico dei polipeptidi seguita da una migrazione elettroforetica in
direzione perpendicolare alla precedente, consente di fenotipizzare l’ApoE
plasmatica di un individuo – cioè trovare quali e quante isoforme esso
esprime – e , di conseguenza, risalire al genotipo
(10, 11)
. Per esempio se il
8
risultato dell’analisi indica la presenza (nel plasma o in un derivato di
VLDL isolate) delle isoforme E3 ed E4, essendovi un meccanismo di
codominanza nell’espressione genica dell’ApoE
(1)
, il genotipo sarà
epsilon-3 / epsilon-4.
L’apoproteina E viene secreta come glicoproteina (associata a residui
di acido sialico)
(1, 11)
ma non rimane tale per tutta la sua vita biologica e in
tutti i fluidi corporei; si sa per certo che la frazione plasmatica libera viene
desialilata da specifici enzimi plasmatici
(11)
. Ora l’isoelectric focusing
bidimensionale basa la sua capacità separativa e risolutiva sul punto
isoelettrico, la carica elettrica netta e il peso molecolare dei polipeptidi
(12)
.
E’ ovvio che tale tecnica può dare risultati equivoci se una parte del
campione da analizzare presenta un certo grado di glicosilazione e, per
giunta, non omogenea. Per ovviare a questi inconvenienti sono state messe
a punto procedure pre-analitiche (come l’uso di neuraminidasi quale agente
glicolitico) sicuramente funzionanti, ma poco pratiche e un po’ artificiose.
Molti studi epidemiologici, ai quali anch’io ho fatto riferimento, si sono
basati su questa tecnica per arrivare alla genotipizzazione dell’ApoE. Oggi
molti laboratori preferiscono adottare una procedura di tipizzazione basata
su tecniche di biologia molecolare. In linea di principio si tratta di una
procedura semplice, anche se costosa:
a) estrazione dell’RNA messaggero totale dalle cellule di un tessuto;
b) uso della trascrittasi inversa e di primers specifici per il mRNA
dell’ApoE, per sintetizzare un cDNA che non esiste in natura
(perché il gene per l’ApoE è formato da esoni ed introni); c)
esecuzione della PCR per amplificare questo cDNA dell’ApoE; d)
corsa elettroforetica per separare tutti i tipi di cDNA (corrispondenti
alle diverse isoforme della proteina) presenti nel prodotto della
9
PCR. In questo caso, se la tecnica è eseguita a regola d’arte e non si
verificano errori accidentali, il risultato non è mai equivoco e
permette di scoprire altre eventuali isoforme (o veri e propri geni
mutanti) dell’apolipoproteina E.
10
Il ruolo fisiologico dell’apolipoproteina E nel metabolismo lipidico
Vorrei focalizzare l’attenzione su alcuni punti ben noti del metabolismo
lipidico umano, lasciando per il momento da parte le questioni ancora
aperte:
a) la mucosa intestinale è sede di sintesi dei chilomicroni, a partire da
trigliceridi e colesterolo esogeni, ma non di ApoE; i chilomicroni
nascenti contengono ApoB-48, ApoA-I e ApoA-IV, mentre
acquisiscono l’ApoE dalla frazione libera plasmatica e dalle altre
lipoproteine
(1, 12)
.
b) Il fegato è il principale produttore di ApoE (dai 2/3 ai ¾ del totale
prodotto dall’organismo) sia come frazione libera plasmatica che
come costituente proteico delle VLDL
(1, 12)
.
c) Entrambe le classi lipoproteiche, chilomicroni e VLDL, sono
sottoposte in circolo alla lipolisi e ad un cambiamento nella
composizione lipidica ed apoproteica, ad opera di enzimi come la
LPL, la lipasi epatica e la proteina trasportatrice degli esteri del
colesterolo; i cosiddetti remnants dei chilomicroni e delle VLDL
possono essere captati dalle cellule epatiche in virtù dell’interazione
tra l’ApoE lipoproteica ed i recettori corrispondenti sulla superficie
cellulare
(2, 3, 5)
.
d) Esistono almeno due tipi di recettori per i residui dei chilomicroni e
delle VLDL a livello epatico: il recettore per i remnants legante
l’ApoE e il recettore per le LDL legante l’ApoB-100 e l’ApoE quasi
con la stessa affinità
(1, 2, 12)
.
11
e) Le HDL nascenti sono lipoproteine piccole e discoidali, ricche di
fosfolipidi e non contengono ApoE; come acquisiscono tale proteina
dal fluido interstiziale o dal plasma, subito si arricchiscono in
colesterolo libero rilasciato dalle cellule dei tessuti periferici e dai
macrofagi. L’intervento dell’enzima lecitin colesterolo acil-
transferasi permette l’esterificazione del colesterolo libero e il suo
immagazzinamento nel “core” delle HDL mature che, in tal modo,
si ingrandiscono
(1, 12)
.
f) Le HDL sono i principali vettori del trasporto inverso del
colesterolo (cioè dalla periferia al fegato) che può avvenire
essenzialmente in due modi: o le particelle HDL-contenenti-ApoE
vengono captate dagli epatociti attraverso la via mediata dal
recettore LDL, oppure la proteina trasportatrice del colesterolo
esterificato, in circolo, permette lo scambio di colesterolo e
trigliceridi rispettivamente tra le HDL e le lipoproteine ricche in
trigliceridi, che poi vengono internalizzate dal fegato
(1, 2, 12)
.
Mi preme di sottolineare soprattutto questo: il ruolo dell’apolipoproteina
E nel metabolismo lipidico umano a livello sistemico non è semplicemente
quello del ligando per uno specifico recettore. Quando i chilomicroni
acquisiscono ApoE in circolo, non acquisiscono solo la capacità di legarsi
al recettore epatico per i remnant o a quello per le LDL, ma anche una
diversa conformazione strutturale che li rende più avidi di colesterolo
libero o esterificato e più adatti alla captazione epatica. Questo vale anche
per le VLDL, che già nascono con l’ApoE, ma è addirittura provato in vitro
per le HDL
(1)
. Le HDL nascenti, ricche in fosfolipidi e ApoA-I, ma prive
di ApoE, non potrebbero mai farsi carico di tutto il colesterolo libero
(successivamente esterificato) proveniente dai tessuti periferici. E non tutte
12
le HDL-conteneti-ApoE vengono captate dal fegato, a dimostrazione che la
funzione di ligando non è obbligatoria per l’apoproteina E.
Per quanto riguarda gli altri protagonisti del metabolismo lipidico, le
LDL sono responsabili del trasporto di circa i 2/3 del colesterolo
plasmatico totale (non dei lipidi totali, naturalmente)
(12)
. Come le altre
classi lipoproteiche, anche le LDL sono suddivisibili in sottoclassi di cui la
più cospicua è costituita da particelle sferiche con un “core” di colesterolo
esterificato e un “guscio” di fosfolipidi , colesterolo libero e ApoB-100.
L’ApoB-100 ha funzioni strutturali nella costituzione della lipoproteina
LDL ed è soprattutto il ligando per i recettori LDL degli epatociti e dei
tessuti periferici
(2, 5, 12)
.
Il fegato e molti altri tessuti (ma anche singoli tipi cellulari come i
macrofagi) esprimono i recettori per le LDL con una densità che dipende
dal metabolismo cellulare del colesterolo
(5)
: un’elevata captazione di
lipoproteine ricche in colesterolo (remnant VLDL, IDL e LDL) determina
una down-regulation dei recettori di superficie LDL e,
contemporaneamente, l’inibizione dell’enzima cellulare 3-idrossi-3-
metilglutaril CoA reduttasi, che ha una velocità limitante nella sintesi del
colesterolo
(5)
. Quasi paradossalmente è stata scoperta una linea cellulare,
derivante dai macrofagi umani, in cui l’attività della HMG-CoA reduttasi
viene addirittura stimolata dall’incorporazione dei residui dei chilomicroni,
già da soli fortemente aterogeni
(5)
. Al contrario una scarsa captazione delle
lipoproteine sopracitate determina una up-regulation recettoriale e
l’attivazione della sintesi endogena del colesterolo. Questo è un normale
meccanismo fisiologico di regolazione del metabolismo lipidico intra-
cellulare. Quali possono essere le ripercussioni sul metabolismo lipidico a
livello sistemico ? La risposta cambia a seconda se ci troviamo di fronte ad
13
un individuo fenotipicamente “ben funzionante” oppure un individuo
portatore di un disordine metabolico genetico. In un individuo normale,
un’introduzione eccessiva e prolungata di lipidi porta ovviamente ad una
sorta di autodifesa da parte delle cellule di quasi tutti i tessuti, con la
drastica riduzione della sintesi endogena di lipidi, la down-regulation dei
recettori LDL epatici ed un maggior passaggio di colesterolo libero alle
HDL
(5)
. L’organo che si fa carico di regolare la concentrazione plasmatica
di lipoproteine è il fegato, e lo può fare in diversi modi: diminuendo o
bloccando la sintesi di trigliceridi e colesterolo (come fanno gli altri
tessuti), utilizzando i trigliceridi come fonte diretta di ATP o sintetizzando i
corpi chetonici (utilizzabili dal sistema nervoso) e, soprattutto, aumentando
l’escrezione di colesterolo con la bile
(13)
. Tuttavia anche gli epatociti si
devono difendere da un eccessivo apporto (esogeno o endogeno) di
trigliceridi e colesterolo, per cui si verifica il fenomeno della down-
regulation dei recettori LDL epatici. Sappiamo che i recettori LDL epatici
non legano solo le omonime lipoproteine ma anche le IDL, le HDL e una
percentuale variabile delle VLDL remnant, permettendone il catabolismo.
Ecco allora un aumento della concentrazione plasmatica media di
colesterolo e trigliceridi, soprattutto di colesterolo-LDL, cioè
un’iperlipidemia secondaria alla dieta
(5)
.
14
Gli studi epidemiologici sull’apolipoproteina E e la cardiopatia
ischemica
E’ importante distinguere la popolazione generale dalla popolazione
normale (cioè fenotipicamente normale), nell’indagine sul ruolo che
l’ApoE esercita nella predisposizione o nello sviluppo dell’ateroscleròsi ?
La risposta è senza dubbio sì, ma la sua giustificazione non è così banale
come si potrebbe pensare a prima vista. Nella popolazione generale sono
compresi tutti gli individui, di entrambi i sessi, di una data fascia
(generalmente molto ampia) di età, quindi anche persone sopravvissute
all’infarto del miocardio, portatori di un disordine metabolico che non
hanno mai avuto un infarto, individui “protetti” dall’ateroscleròsi (per
predisposizione genetica o per lo stile di vita) e innumerevoli altre
situazioni umane. E’ ovvio, quindi, che lo studio degli effetti fisiopatologici
del fenotipo dell’ApoE condotto sulla popolazione generale, è
inevitabilmente viziato dalla presenza di una frazione non trascurabile di
individui per la quale tali effetti sono completamente mascherati da altri
fattori genetici o ambientali. Invece è obbligatorio considerare un campione
della popolazione generale, per studiare la distribuzione degli alleli e dei
fenotipi dell’ApoE, come si fa per ogni altro gene. La popolazione sana
non offre solo la possibilità di essere utilizzata come controllo (o paragone)
nei test statistici. Offre anche i seguenti vantaggi: a) è formata da individui
fenotipicamente normali in base a parametri in gran parte arbitrari ma
comunemente accettati; b) tali individui possono essere portatori di geni
recessivi o codominanti per molte malattie genetiche, quindi sono una fonte
preziosa di informazioni sulle relative modalità di trasmissione; c)
15
permettono uno studio non viziato del ruolo fisiologico e fisiopatologico
dell’apoproteina E. Nella maggior parte degli studi epidemiologici è molto
importante il confronto diretto tra la popolazione normale (oppure la
popolazione generale) ed un campione omogeneo che rappresenta l’insieme
degli individui affetti da un ben preciso disordine metabolico. Per esempio
nel caso dell’iperlipidemia familiare di tipo III (o disbetalipoproteinemia),
la scoperta che la maggior parte degli individui affetti è portatrice
dell’allele epsilon-2 dell’ApoE in omozigosi
(2, 3, 5)
, mentre nella
popolazione generale la frequenza del genotipo epsilon-2 / epsilon-2 è
bassa rispetto ad altri genotipi (1%) e la prevalenza della malattia è ancora
più bassa (1:10000), ha portato all’ipotesi, già in parte verificata, che
l’ApoE ha un ruolo causale necessario ma non sufficiente, nello sviluppo
della disbetalipoproteinemia
(2, 5)
. Infine esiste un settore dell’indagine
epidemiologica sulle malattie cardiovascolari, che ha come popolazione di
riferimento l’insieme degli individui che presentano un quadro (attuale o
pregresso) di cardiopatia ischemica, e come fine quello di stabilire la
percentuale attribuibile al gene dell’ApoE sul rischio totale di sviluppare la
malattia aterosclerotica.