I
Introduzione
Durante il periodo di tempo preso in esame l'arrivo dei missionari in oriente era
significativamente aumentato rispetto al passato. Per questo motivo è possibile riscontrare una serie
di opere che hanno offerto un enorme contributo in questo settore. Uno dei primi paesi europei a
risultare sensibile al fascino emanato dalla scoperta dei territori orientali è stato la Spagna, giunta al
seguito del Portogallo. Ancora oggi l'archivio generale delle Indie in Siviglia, l'archivio della
provincia del Santo Rosario in Avila, la reale accademia di storia, l'archivio storico nazionale, la
biblioteca nazionale e il museo navale di Madrid costituiscono un fermo punto d'appoggio per
chiunque voglia intraprendere un percorso formativo nell'ambito delle relazioni oriente-occidente.
In Italia disponiamo dell'archivio dei gesuiti in Roma, il quale pure vanta una nota tradizione per
quanto riguarda più da vicino l'incontro con i missionari gesuiti e le realtà estremorientali. Volendo
sintetizzare, in ognuna di queste istituzioni sono approssimativamente racchiusi grandi nomi del
missionariato internazionale quali quelli dei padri Diego Aduarte, Domingo Navarrete, Tommaso
Maria Gentili, José Maria Alvarez e dello stesso Vittorio Ricci, così come di molti altri missionari
coinvolti.
Questo lavoro si è proposto di esaminare la vita e l'operato di Vittorio Ricci.
Nel primo capitolo si tracciano le coordinate storiche attraverso una panoramica degli eventi che
si svolsero in Cina e a Formosa tra il XVI e il XVII secolo: il declino ed il crollo della dinastia
Ming, le fasi iniziali del potere mancese, la rivolta dei tre feudatari, la resistenza offerta dal governo
dei Zheng e il loro successivo annientamento.
Nel secondo capitolo si esamina la realtà delle opere missionarie attraverso un breve excursus
sulla storia del missionariato che concerne il contatto tra gli occidentali e la Cina, in particolar
modo si concentrerà l'attenzione sulle coste meridionali del Fujian. In ultimo verrà proposta una
introduzione alla figura di Vittorio Ricci, un missionario il cui impegno gli fece guadagnare il ruolo
di ambasciatore tra gli spagnoli di Manila e i cinesi raggruppati sotto la figura di Coxinga. Saranno
qui esposti i primi riconoscimenti guadagnati a Roma.
Il terzo capitolo concerne il cuore di questa tesi in quanto si focalizza sulla attività che il Ricci
ebbe modo di svolgere in Manila quando per la prima volta venne assegnato nella comunità locale
dei cinesi a Parian; il racconto prosegue facendo menzione dei resoconti e degli sviluppi raccolti
nelle Filippine prima che il Ricci potesse sbarcare a Xiamen e avere modo di venire a contatto con
le più autorevoli entità locali, tra cui lo stesso Zheng Chenggong. L'incontro con il re dei mari di
tutti i tempi segna una fase cruciale del suo operato, a partire dalla quale il Ricci incomincia un
percorso intenso di pericoli e di traversìe, come lui stesso ci propone in un titolo del suo manoscritto
(Hecoes de) La Orden de Predicadores en el Imperio de China.
II
Il IV capitolo tratta di una seconda fase delle sue missioni svolte tra il 1662 e il 1666. Esse hanno
inizio quando gli spagnoli delle Filippine rappresentati dal governatore Manrique de Lara
insignirono Ricci del ruolo di ambasciatore per proprio conto, in risposta alla minaccia di guerra
profilata dallo stesso Coxinga nei loro confronti. In questo capitolo ci si sofferma sui grossi
cambiamenti storici intercorsi in questo breve arco di tempo, la morte improvvisa del membro più
famoso della famiglia dei Zheng porta il nostro domenicano a cambiare nuovamente rotta. Sotto il
comando di Zheng Jing questa volta il Ricci ha l'ordine di riportare la pace tra i due schieramenti.
Al termine del suo lungo pellegrinare, per Vittorio Ricci si profila una nuova ed ultima occasione:
servirsi segretamente degli olandesi per raggiungere Formosa e Manila. Come si avrà modo di
notare si tratta di una fase piuttosto itinerante, come definita dal Borao: nel progressivo
decadimento delle forze lealiste, poco tempo resta al domenicano per portare a termine i suoi
ambiziosi progetti a Formosa.
Nel quinto ed ultimo capitolo si ha conferma dei limiti a lui imposti, quando lo stesso Vittorio
sarà costretto ad arrendersi e a decretare l'insuccesso riscontrato a Formosa e nella Cina del sud.
Infatti questo capitolo conduce alla conclusione della sua opera evangelica. In esso si assiste alla
fuga definitiva di Ricci a Manila, agli ultimi avvenimenti che segnarono il suo apostolato, cioè le
missioni svolte in qualità di prefetto apostolico di Formosa, e al decesso registrato al 15 febbraio del
1685.
Nel corso di questo lavoro di ricerca sono stati utilizzati i testi italiani, in lingua inglese, francese,
spagnola e cinese. In un numero omogeneamente distribuito tutti hanno contribuito in egual misura
alla realizzazione del presente progetto.
2
CAPITOLO I
INTRODUZIONE ALLO SCENARIO STORICO E ALLE DINAMICHE DEGLI
EVENTI IN CINA E A FORMOSA NEI SECOLI XVI E XVII.
3
I.I Fu Ming Da Qing. 復明打清 Il completamento della transizione al potere Qing 清
(1644-1911).
Poco prima che il domenicano Vittorio Ricci (1621-1685) arrivasse in Cina, erano
sorte numerose vicende di carattere storico che vedevano coinvolte le più alte
personalità al potere, senza eccezione nel competere allo scontro per la presa del
controllo territoriale.
Il quadro storico che il missionario si preparava a testare era alquanto intricato e di
certo si sarebbe risolto con il sopraggiungere di guerre che avrebbero visto la
partecipazione anche delle rappresentanze straniere, qualora il motivo di uno scontro
fosse incentrato sulla conquista di un territorio particolarmente ambito. Questi contrasti
internazionali non tardarono a delinearsi. Il primo dei più noti fu quello che colpì la
Cina durante la fase di transizione al potere dal governo dei Ming 明 (1368-1644) a
quello dei Qing.
1
La dinastia Ming era stata una delle più fiorenti in Cina, aveva proclamato il ritorno
alla cultura nazionale cancellando i valori appresi durante il periodo precedente sotto il
governo Yuan 元 (1279-1368), aveva così donato alla Cina una nuova forza, uno spirito
nazionale che aveva sicuramente esaltato ogni aspetto della propria amministrazione, da
quello culturale a quello politico.
2
Tuttavia, nell'ultimo periodo, all'incirca cento anni
prima che si potesse proclamare la fine dell'ultima dinastia "cinese", diverse erano le
motivazioni che avrebbero pregiudicato il crollo imminente del potere. Furono proprio
queste le condizioni che fecero dubitare del mantenimento del governo e che fecero
riscontrare la parziale conferma della disastrosa dinastia Ming. Alcuni storici, infatti,
giustificano la sovversiva caduta apponendo ad ogni spiegazione scientifica la teoria del
ciclo dinastico, la quale, facendosi partecipe di una tendenza storica assai lunga, cerca
sostegno a qualsiasi interpretazione plausibile degli eventi.
3
Il dramma degli ultimi
1
Questa fase di passaggio da un tipo di controllo ad un altro fu molto progressiva e non venne
comunque facilitata dalla popolazione locale che, essendo per lo più di etnia han, risentiva il confronto
con lo straniero e non permetteva a quest'ultimo di insediarsi, nonostante i mancesi avessero dato
prova certa della loro superiorità militare. Basti pensare che soltanto le guerre che si produssero
nell'ultimo decennio avevano causato la quasi totale distruzione delle forze al potere.
2
Riguardo il periodo Ming in Cina si noti la seguente collezione storica: Ming jingshi wenbian
(Huangming jingshi bian) 明 經世文編 ( 皇明 經世文 編) (Collected Writings About Statecraft from the
Ming Dynasty), Pechino 北京, 1997, 6 volls.
3
Cfr. REISCHAUER Edwin O.-FAIRBANK Jhon K., Storia dell'Asia orientale, Torino, Einaudi, 1974, p. 397.
4
Ming presenta molti classici tratti di un declino dinastico: sovrani deboli e inetti,
conflitti di fazione tra funzionari, bancarotta finanziaria, disastri provocati da calamità
naturali, movimenti di rivolta e, infine, l'invasione straniera.
4
Sicuramente, più di tutte, ad incidere fu la causa della debolezza del governo centrale.
Non a caso, gli imperatori Ming degli ultimi anni si erano contraddistinti per
l'inefficacia, e questo li metteva in netta contraddizione con lo splendore e la forza dei
primi grandi signori al potere di questa dinastia.
5
Uno dopo l'altro, gli imperatori dell'ultimo periodo Ming ribadivano la debolezza di
governo e si facevano soggiogare pienamente dagli eunuchi, che non sempre erano
animati da giuste intenzioni di miglioramento. Con Wei Zhongxian 魏忠賢(1624-1627)
il tentativo di impossessarsi del potere si era manifestato nel più virulento dei modi. Egli
si servì di un piccolo esercito di eunuchi per controllare il palazzo e di una rete di
informatori e di spie lungo tutto l'impero, reclutò una burocrazia di opportunisti e colpì
con una purga i suoi nemici nei vari gradi dell'amministrazione, infine oppresse le
province con nuovi aggravi fiscali.
6
Un ulteriore elemento di collisione interna era ancora rappresentato dalla cosìdetta
lotta tra fazioni scatenatasi ai fini di una restaurazione della vecchia morale confuciana.
La resistenza a questa serie di sventure venne principalmente condotta da un partito
chiamato Donglin 東 林 堂.
7
Gli appartenenti a questo schieramento avevano avuto la
meglio tra il 1620 e il 1623, poco prima che l'eunuco Wei Zhongxian riuscisse ad
impadronirsi del potere. La lotta si acuì quando un capo Donglin accusò l'eunuco di
essere il fautore di vari crimini ma questi reagì col terrore e fece compilare delle liste di
4
Idem.
5
Tutte queste sciagure sembravano aver preso piede dopo la morte di un valido funzionario che
operava nei primi anni del regno Wanli 萬曆: Zhang Juzheng 張居正 (1573-1582). Oper ò come Grande
Segretario ed era in buoni rapporti con la corte esterna, in pi ù aveva una grande influenza sul giovane
imperatore. Ma dopo la sua scomparsa, l'imperatore Wanli divenne totalmente irresponsabile e mancò
di adempiere con fermezza al suo incarico e per di più sprecò le risorse dell'impero di cui disponeva
personalmente.
6
Ibidem, p. 398
7
Letteralmente "Foresta orientale", era il nome di una accademia fondata durante il periodo Song a
Wusih, nel bacino inferiore dello Yangtze. Venne rifondata nel 1604 da ex funzionari e da letterati
destituiti nel conflitto di fazioni di corte. Lo scopo di questa accademia era quello di condurre una
crociata morale per ristabilire i principi tradizionali della condotta confuciana e applicarli alla vita politica.
In pratica, questi letterati condannavano quella tendenza che sembrava fondere confucianesimo,
buddhismo e taoismo. Sulla base di ciò denunciavano la politica dei loro oppositori.
5
proscrizione contenenti il nome di circa 64 dei componenti al partito.
8
Questo fu il
momento a partire dal quale il gruppo dei restauratori del vecchio ordine venne meno,
una preoccupazione politica sopraggiunse nel tentativo di controllo seppure costellata da
una serie di iniziative fallimentari.
Ma un colpo altrettanto duro fu quello inferto da parte degli stranieri.
9
Anche i cinesi dubitarono dell'amministrazione imposta, due erano dunque i principali
schieramenti di opposizione al governo dei Ming. Tuttavia, la popolazione cinese
sperava in una restaurazione del potere nazionale e lottò strenuamente per la ripresa di
un governo da parte delle forze nazionaliste che si opponevano nel principale scontro al
potere a quelle dei mancesi.
Il loro rappresentante era espresso nella figura di Li Zicheng 李自成 (1605?-1645), il
più abile dei guerrieri in lotta per la difesa ai diritti del popolo che già da tempo
manifestava ingratitudine agli esponenti al potere e si diceva stanco della situazione di
malgoverno.
10
Nel 1643 aveva guadagnato una buona parte del territorio tanto da permettersi di
fondare la capitale a Xianyang 鹹陽, sul fiume Han 漢江. A quel punto la sfida alla
conquista di Pechino era ufficialmente aperta. Quando questo avvenne l'umiliazione di
perdere il potere fu tale che l'ultimo imperatore Ming, Chongzhen 崇禎 (1627-1644,)
indotto dalla disperazione, si impiccava in un padiglione sulla collina che sovrasta la
città proibita.
11
Nel frattempo, il principale rivale di Li Zicheng, soprannominato "la Tigre gialla",
aveva conquistato nello stesso periodo la reputazione di abile organizzatore e a partire
dal 1630 aveva preso in possesso la Cina del nord. Alla fine, nel 1644, invase anche lui
8
REISCHAUER, op. cit., pp. 398-400.
9
La volontà di conquista mancese di questo immenso territorio si promulgava da tempo e risaliva alle
intenzioni vendicative di Nurhaci e si protrasse lungo tutto il periodo del governo Ming nell'attesa di una
rivincita da ottenere non appena la situazione fosse diventata più favorevole.
10
. Quando la regione dello Shanxi 山西 venne colpita da una dura carestia e la popolazione era giunta a
un totale disaccordo con il governo Ming, per Li arriv ò il momento di agire. Sempre nello Shanxi, nel
nord-ovest del paese, si mise a capo di un gruppo di banditi. Nel 1631, si un ì allo zio che si faceva
chiamare "Generale impetuoso", costitu ì la sua base ai limiti della Grande Pianura, sui monti Taihang 太
行, nello Shanxi meridionale. Da questo punto diresse le sue incursioni verso lo Henan 河南 e il Sichuan
四川, infoltendo il gruppo dei suoi seguaci da un lato e organizzando le forze per un governo provvisorio
dall'altro. Giunse così ad amministrare un territorio che comprendeva lo Henan, parte dello Hubei 湖北
e dello Shanxi che sarebbe stato conquistato ufficialmente solo nel 1644.
11
Ibidem, pp. 400-401.