Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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Qual'è, allora, il significato del dolore e quale funzione assolve?
Come può e come deve essere trattato? Quali le migliori strategie
terapeutiche grazie alle quali la Psicologia e la Psicoterapia possono oggi
affiancarsi ed integrarsi alla Medicina nella terapia del dolore?
La Psicologia, ed in particolare, proprio la Psicologia della Salute,
intesa come "l'insieme degli specifici contributi educazionali, scientifici e
professionali della disciplina della Psicologia alla promozione e al
mantenimento della salute, alla prevenzione e al trattamento della
malattia, all'identificazione dei correlati fisiologici e diagnostici della
salute, della malattia e delle disfunzioni connesse (...) (cors. mio)"
2
rappresenta il “luogo” d'elezione e, senza ombra di dubbio, la via più
idonea per affrontare questo percorso.
La consapevolezza dell'importanza di offrire una risposta a questi
interrogativi e, ovviamente, quell'ineliminabile fattore di soggettività che ci
guida verso tutto ciò che abbia per noi un'intima risonanza interiore, quella
"equazione personale"
3
alla quale difficilmente ci si può sottrarre nel
determinare le proprie scelte, rappresentano il "perchè" di questo lavoro.
Il rigore metodologico, l'interesse e la passione ... il "come".
2
J. D. Matarazzo, 1982, "Behavioral health's challange to academic, scientific and professional
psychology", American psychologist, 37, 1-4, citato in Paride Braibanti, Anna Zunino, a cura di,
2005, "Lo sguardo di Igea. Soggetti, contesti e azioni di psicologia della salute", FrancoAngeli
Srl, Milano, (cors. mio).
3
Così denominata in Aldo Carotenuto, 1991, "Trattato di psicologia della personalità",
Raffaello Cortina Editore, Milano.
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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1. IL DOLORE
“Dunque, limitiamoci a occuparci del dolore.
Concedo loro, e volentieri , che sia il peggior accidente
della nostra esistenza; di fatto io sono un uomo
che lo odia quant'altri mai, e quanti altri mai lo fugge,
per non aver avuto finora, grazie a Dio, grandi rapporti con esso.
Ma sta in noi, se non annullarlo, perlomeno
diminuirlo con la pazienza e, quand'anche il corpo
ne fosse scosso,mantenere tuttavia
l'anima e la ragione ben salde”
Michel de Montaigne
1
1
Da Michel de Montaigne, "Saggi", I, 14, citato in David Le Breton, 2007, "Antropologia del
dolore", Meltemi editore srl, Roma.
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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1.1 Definizione e caratteristiche: la multidimensionalità del dolore
Secondo la definizione della IASP (International Association for the
Study of Pain - 1986) e secondo l' O.M.S. (Organizzazione Mondiale della
Sanità), il dolore è "un'esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole
associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di
danno. Il dolore è sempre un’esperienza soggettiva. Ogni individuo
apprende il significato di tale parola attraverso le esperienze correlate ad
una lesione durante i primi anni di vita. Sicuramente si accompagna ad
una componente somatica, ma ha anche carattere spiacevole e, perciò, ad
una carica emozionale".
2
La definizione mette in evidenza che le componenti e le dimensioni
dell'esperienza del dolore sono diverse:
- fisiologica: riguarda variabili quali la localizzazione, l'inizio, la durata,
l'eziologia, la sindrome;
sensoriale: esprime la percezione anatomica e neurofisiologica dello
stimolo (intensità, qualità, pattern);
- emozionale-affettiva: rappresenta ciò che conferisce alla percezione algica
la “tonalità umorale e psico-affettiva“ dell’esperienza dolorosa (es:
spiacevole, penosa, insopportabile, etc). E’ determinata dalla causa, ma
anche dal contesto, come pure dalla prognosi e dall’evoluzione della
malattia e si interseca in modo difficilmente districabile con le
caratteristiche di personalità di ciascun individuo. Essa può essere
determinata dall’ansia, dalla depressione ed in genere da ogni emozione,
2
S.Mercadante, C.Ripamonti, a cura di, 2000, "Valutazione, diagnosi e trattamento del dolore
da cancro", Masson, Milano.
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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che frequentemente si accompagnano alla percezione algica di base e che
influenzano a loro volta in una spirale patologica e “perversa”, la
percezione del dolore;
- cognitiva: codifica l’insieme dei processi mentali che influenzano la
percezione del dolore. Processi ben noti che si susseguono o oscillano tra
poli contrapposti quali ad esempio: distrazione-attenzione, interpretazione-
negazione, finalismo-afinalismo, abilità e strategie di coping, precedenti
trattamenti, atteggiamenti e credenze, fattori che influenzano il dolore. Essi
riescono a modificare la percezione soggettiva del dolore tanto da
determinare comportamenti molto diversi tra loro a parità di stimolo
doloroso;
- comportamentale: è l’insieme delle manifestazioni, verbali e non verbali,
osservate nelle persone che soffrono (mimica, pianto, postura….).
Costituisce indice fedele dell’impatto che il dolore determina in un
determinato soggetto, in un particolare contesto e in un momento preciso
della sua vita di relazione. Il comportamento del malato quindi è sempre la
risultante della complessa interazione tra le diverse componenti sopra
descritte. Esso è frutto dell’interazione e dell’equilibrio dinamico tra la
soggettività del singolo individuo e il contesto socio-ambientale e
relazionale in cui egli vive l’esperienza “dolore”. La componente
comportamentale assume connotazioni peculiari e irripetibili ogni volta, e
varia in modo più o meno differenziato con il progredire della storia
clinica, con la modificazione del contesto e con il progredire e il mutare del
tempo;
- socioculturale: riguarda variabili quali il background etnoculturale, la
storia familiare e sociale, la responsabilità in casa e a lavoro, le varie
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attività ricreative, i fattori ambientali, le influenze sociali.
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Il dolore è quindi un'esperienza assai complessa, è un'esperienza
multidimensionale; essa è determinata e mediata da un gran numero di
variabili e fattori che vanno, come appena visto, dalla più semplice
dimensione fisiologica e sensoriale a quella affettiva, cognitiva e
comportamentale, fino ad arrivare alle esperienze passate, alla struttura
psichica e ai fattori socio-culturali.
Il dolore è fisiologico, un sintomo vitale, un sistema di difesa quando
rappresenta un segnale d'allarme per una lesione tissutale, essenziale per
evitare un danno ma che può diventare patologico quando si auto mantiene,
perdendo il significato iniziale e diventando a sua volta una malattia.
Dal punto di vista strettamente biologico il dolore ha un significato
protettivo in quanto risposta evocata da stimolazioni potenzialmente
dannose sui nocicettori ed è dunque un segnale di alterazione
dell’omeostasi. Il dolore si manifesta come risposta ad un evento acuto, di
cui è facile riconoscere la causa, o come espressione di una patologia
profonda, spesso difficile da individuare nelle sue origini. Il dolore è
una sensazione spiacevole di cui però non possiamo fare a meno poiché la
sua mancanza pregiudicherebbe la nostra vita.
Il dolore è un sintomo, non è un segno clinico, una diagnosi o una
malattia; la disabilità che ne può conseguire si riferisce ad una limitazione
funzionale.
A un livello molto più generale il dolore rimane un'esperienza
soggettiva, unica e irripetibile; due pazienti con identiche esperienze di
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Giuseppina Majani, 1999, "Introduzione alla Psicologia della Salute", Edizioni Erickson,
Trento.
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dolore non esisteranno mai. Il fatto che sia un'esperienza personale implica
un valore soggettivo che non è facilmente quantificabile, in altre parole è
assai difficile misurare e valutare l'esperienza del dolore nella sua
completezza.
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Nella fase della valutazione, della misurazione e del trattamento del dolore è di fondamentale
importanza conoscere a fondo la natura multidimensionale dell'esperienza del dolore
(Giuseppina Majani, 1999, "Introduzione alla Psicologia della Salute", Edizioni Erickson,
Trento).
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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1.1.1 Neurofisiologia del dolore
Le basi su cui poggiano le attuali conoscenze sulla neurofisiologia
del dolore derivano dalla ricerca compiuta negli ultimi centocinquant'anni
in questo campo. In un lontano passato la trasmissione del dolore era
ipotizzata in modo estremamente semplificato, ridotta, in pratica, ad un
collegamento diretto tra l’area periferica stimolata ed il cervello. Le cose in
realtà erano assai più complesse.
Il concetto di dolore esce dalla mera sfera filosofica con gli studi
condotti da Muller e Weber sui recettori. Essi per la prima volta intuirono
l’assenza di strutture specifiche deputate a rilevare il dolore, ipotizzando la
possibilità che ogni recettore, purché stimolato adeguatamente, fosse in
grado di scatenare la percezione dolorosa.
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Nonostante questi primi timidi
tentativi di addentrarsi e penetrare nel “pianeta dolore” è solo dalla metà
del secolo scorso che i progressi in questo campo si fanno più mirati e
incalzanti. Grazie al lavoro di tanti ricercatori, primo fra tutti l’italo-
americano John Bonica vengono poste definitivamente le basi per un
approccio razionale al dolore e alla sua terapia.
In un continuo intrecciarsi di scoperte neurofisiologiche,
biochimiche e neurofarmacologiche le tessere del mosaico vanno a poco a
poco prendendo il loro posto, disegnando un quadro complesso e
affascinante della neurofisiologia e rappresentazione del dolore nei primati
e nell’uomo. Alle scoperte sempre più mirate sul meccanismo di azione di
molti farmaci antalgici si affiancano e si susseguono nuove, sempre più
5
P.F.Mannaioni et al..,1991,"Capire e trattare il dolore",Excerpta medica,Amsterdam
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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approfondite e articolate teorie sulla genesi del dolore.
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E’ però solo con la pubblicazione dell’articolo intitolato “Pain
mechanism: a new theory” apparso sulla rivista "Science" nel 1965 di
Melzach e Wall, il primo psicologo e il secondo neurofisiologo, che
vengono posti all’attenzione della comunità scientifica i meccanismi
anatomo-fisiologici ipotizzati come base della percezione del dolore.
7
La nuova teoria è oggi ormai universalmente conosciuta con il nome
di “teoria del cancello” (gate control) ed è servita da stimolo per un ampio
e fecondo dibattito sulle basi anatomiche e neurofisiologiche della
stimolazione algica, avvenute nei decenni successivi. Oggi si conosce
molto di più sui processi implicati nella percezione del dolore, anche se gli
intimi meccanismi responsabili della genesi dei messaggi nocicettivi
restano ancora in parte da definire.
Numerosi sono i fattori chimici capaci di influire sull’attività dei
recettori algogeni o nocicettori
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e di modificare la trasmissione della
percezione dolorosa lungo le vie nervose responsabili del trasferimento
dell’informazione dalla periferia al sistema nervoso centrale dove avviene
l’elaborazione corticale dello stimolo. Alcune di queste sostanze come ad
esempio le bradichinine, l’istamina, la serotonina, le prostaglandine, gli
ioni idrogeno e la sostanza P vengono liberate da tessuti danneggiati e sono
in grado di sensibilizzare i nocicettori tissutali. Lo stimolo doloroso
prosegue poi lungo vie nervose specifiche fino al midollo spinale e di qui
6
Michael R. Bond, 1981,"Il dolore : natura, analisi e terapia", prefazione di John J. Bonica ;
prefazione all'edizione italiana di Alessandro Gasparetto ; traduzione a cura di Elio Zambrano ;
revisione e adattamento di Giulio Crimi, Roma.
7
Ibidem
8
Sono recettori selettivi a potenziali stimoli nocivi che possono causare la sensazione di dolore
(M.F.Bear, B.W.Connors, M.A.Paradiso, 2001,"Neuroscienze-Esplorando il cervello", Seconda
edizione italiana a cura di Clara Casco e Laura Petrosini, Masson S.p.A., Milano).
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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alla corteccia cerebrale per mezzo di ponti sinaptici.
Nella modulazione del messaggio doloroso , in queste sedi, giocano
un ruolo determinante mediatori chimici e recettori specifici. Gli studi
neuroanatomofisiologici stanno infatti definendo le aree di localizzazione
preferenziale dei differenti mediatori e recettori configurando interazioni
sempre più complesse e modulari sia tra le diverse strutture che fra le
differenti molecole che intervengono nella genesi del dolore. Ma la
conoscenza approfondita dei meccanismi neuro-fisiologici che sottendono
alla percezione di questo sintomo non può ritenersi che una base di
partenza per l’esplorazione del “problema dolore”.
Oggi più che mai, si è consapevoli che esso è un’esperienza
estremamente complessa, frutto in ogni momento di una ridefinizione
dell’informazione algica in partenza dalla periferia attraverso un fenomeno
di modulazione articolata che si determina in più stazioni e in varie sedi.
Questo processo tende ad integrare la mera componente neurofisiologica
del dolore con le componenti affettivo-emotive che esso suscita in ciascun
individuo. In questo equilibrio dinamico e in divenire della percezione
dolorosa, si integrano la percezione periferica del sintomo con le
modulazioni che si estrinsecano nelle varie sedi dove si realizza la
cosiddetta “riverberazione” emotiva ed emozionale dell’esperienza dolore.
Essa è in ogni momento unica e irripetibile per ciascun individuo, e può
variare nel tempo nello stesso soggetto, ma anche in soggetti differenti a
parità di stimolazione algica.
L’unicità dell’esperienza dolore configura qualcosa di più e di
diverso della sola percezione neurofisiologica. Essa s’intreccia con lo stato
emotivo e si raccorda con la memoria e il ricordo delle precedenti
esperienze. Il risultato finale non è più e non è solo la semplice percezione
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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e trasmissione di uno stimolo di intensità e di ampiezza differente, ma un
quadro clinico che coinvolge tutta la persona umana nelle sue dimensioni
fisiche, psichiche e spirituali che chiamiamo “sofferenza”.
9
La "teoria del cancello", già citata in precedenza, si riassume nel
concetto che esiste una soglia di input dolorifico oltre la quale il sistema
nervoso centrale attiva i sistemi discendenti inibitori (il cancello) sullo
stimolo in ascesa. Questa modulazione del dolore, ad azione inibitrice
variabile, sembra ipotizzabile che risieda anatomicamente nella sostanza
gelatinosa del corno midollare posteriore (a livello delle lamine I, II e V).
Premessa indispensabile alla comprensione di questa teoria è la
conoscenza della formazione dell’impulso doloroso nella sua stazione di
origine periferica, e della sua propagazione attraverso sistemi di
conduzione afferenti complessi, che lo fanno progredire attraverso una
serie di interconnessioni modulari e dinamiche verso la corteccia cerebrale.
Gli input dolorosi partono da recettori periferici (nocicettori) che traducono
un evento in potenziali d’azione che progrediscono a loro volta, dalla sede
di stimolazione verso il midollo spinale attraverso due
sistemi con differenti modalità di conduzione:
1. Seguendo una via molto rapida, attraverso le fibre A delta,
parzialmente mielinizzate, a velocità di conduzione medio alta: 12-30
m/sec. Sono fibre la cui guaina di mielina è interrotta dai nodi di Ranvier.
Questa configurazione anatomica risulta responsabile della cosiddetta
conduzione “saltatoria”, capace di incrementare notevolmente la velocità di
trasmissione dell’impulso. Si può ricordare a questo proposito che gli
anestetici locali agiscono proprio a questo livello, bloccando la conduzione
9
L.F. Agnati, M. Zoli, 1989, "Aspetti di neurofisiologia del dolore e dell'analgesia", Brexin
Lybrary, Bergamo.
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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dell’impulso lungo le fibre A delta. Questo tipo di fibre conducono impulsi
dolorosi acuti facilmente localizzabili.
2. Seguendo una via di conduzione molto più lenta: 0,5-3 m/sec,
attraverso fibre C, prive di guaina mielinica , responsabili della
trasmissione dell’informazione relativa ad un tipo di dolore più lento,
“sordo”, diffuso, meno localizzato.
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Si riconoscono fondamentalmente due vie che conducono l’impulso
doloroso dal midollo spinale alla corteccia cerebrale:
1. La via neospinotalamica: va direttamente e con poche sinapsi al
talamo controlaterale, e da qui alla corteccia somatosensoriale primaria
(S1). E’ la via del dolore acuto, con poche implicazioni di memoria e
scarsamente dotata di connotazioni esperienziali. Essa è responsabile di
informazioni nocicettive specifiche con ben precise connotazioni spaziali
anatomiche.
2. La via paleospinotalamica: giunge anch’essa alla corteccia, ma
attraverso numerose sinapsi intermedie nella sostanza reticolare. L’impulso
condotto attraverso questa via subisce quindi numerose modulazioni. Essa
proietta l’informazione alle strutture limbiche
11
e ad altre aree corticali
responsabili della percezione dolorosa più diffusa e mal definita.
Se per molto tempo questi due sistemi sono stati ritenuti non solo
anatomicamente ma anche funzionalmente divisi, studi più recenti hanno
evidenziato come esistano tra di essi interconnessioni a più livelli che
10
Michael R. Bond, 1981,"Il dolore : natura, analisi e terapia", prefazione di John J. Bonica ;
prefazione all'edizione italiana di Alessandro Gasparetto ; traduzione a cura di Elio Zambrano ;
revisione e adattamento di Giulio Crimi, Roma.
11
Gruppo di strutture che risultano anatomicamente interconnesse e che sono coinvolte nel
controllo delle emozioni, nell'apprendimento e nella memoria (M.F.Bear, B.W.Connors,
M.A.Paradiso, 2001,"Neuroscienze-Esplorando il cervello", Seconda edizione italiana a cura di
Clara Casco e Laura Petrosini, Masson S.p.A., Milano).
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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rendono conto della reciproca modulazione sull’impulso in ascesa. Il
sistema algico (definito anche "pain system") riconosce quindi nella sua
struttura funzionale tre elementi essenziali:
- Un sistema afferente: responsabile del trasporto degli impulsi dalla
periferia ai centri;
- Un sistema di riconoscimento: che decodifica e interpreta l’informazione
dolorosa e predispone la strategia della risposta motoria, neurovegetativa,
endocrina e psicoemotiva;
- Un sistema di modulazione: che modifica l’intensità di trasmissione degli
stimoli nocicettivi mediante l’attivazione di sistemi inibitori;
Un primo sistema di controllo è già presente, come accennato in
precedenza, nel midollo spinale a livello delle corna posteriori, dove si
verifica l’interconnessione tra il primo neurone periferico e il secondo
neurone a “T” detto di intermediazione. La zona delle corna posteriori
assume così un’importanza strategica da un punto di vista funzionale.
Tale regione è divisa in 4 zone, la più importante delle quali (la zona
gelatinosa) rappresenta il punto di connessione con la metà controlaterale
del midollo, e con i fasci a proiezione corticale, ma soprattutto è una delle
sedi in cui i recettori per gli oppioidi sono riccamente rappresentati. Il
sistema antinocicettivo-neuroendocrino, proprio dell’organismo, esercita la
sua azione a questo livello attraverso i cosiddetti oppiodi endogeni. Essi
sono peptidi ad azione oppiacea suddivisi tassonomicamente nelle tre
differenti famiglie delle encefaline, endorfine e dinorfine.
12
Ciascuna di
12
Sono ormai state isolate dall’encefalo diverse categorie di oppioidi endogeni, che si trovano
nelle stesse regioni coinvolte nella modulazione centrale delle fibre afferenti nocicettive, ma
ognuna delle varie famiglie di peptidi oppioidi endogeni ha una distribuzione piuttosto diversa. I
tre gruppi principali di peptidi oppioidi sono, appunto, le encefaline, le endorfine e le dinorfine,
presenti nella sostanza grigia periacquedottale e nella parte rostro-ventrale del bulbo e nelle
Il dolore e la mente: aspetti culturali, psicologici e terapeutici
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esse deriva da un precursore polipeptidico differente. Tutte le tecniche
antalgiche agiscono anche modulando questa via ultima comune; favorendo
cioè la produzione di oppioidi endogeni che saturano i recettori della zona
2 della sostanza gelatinosa.
Alla prima stazione spinale di modulazione si affianca e si integra,
con competenze di grado più elevato, il “complesso talamico”
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responsabile di una raccordo funzionale tra periferia e rappresentazione
corticale della percezione algica. A livello talamico avviene una
riorganizzazione fondamentale del segnale stesso attraverso una fase di
integrazione e di decodificazione dell’informazione dolorosa. Essa viene in
questa sede rimodellata dalla riverberazione delle proiezioni dell’impulso
sia a livello limbico che della sostanza reticolare. L’impulso che da questa
fondamentale “stazione di traffico” si proietta alla corteccia, assume così
una connotazione psicoaffettiva che concorre a determinare la memoria del
dolore, che tanta parte ha nella rappresentazione cronica del sintomo.
regioni del midollo spinale (L.F. Agnati, M. Zoli, 1989, "Aspetti di neurofisiologia del dolore e
dell'analgesia", Brexin Lybrary, Bergamo).
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Il talamo (dal greco "camera interna") è una voluminosa struttura a due lobi che occupa la
parte rostrale del tronco encefalico (nella parte dorsale del diencefalo) che svolge una funzione
importantissima nell'integrazione dei segnali algici. I due lobi, posti ai due lati del terzo
ventricolo, sono collegati mediante "la massa intermedia",un tratto di fibre nervose che passa
attraverso il terzo ventricolo. Visibili sulla superficie del talamo sono delle lamine di sostanza
bianca costituite da assoni mielinizzati. Il talamo comprende molte paia di nuclei, la
maggioranza dei quali proietta alla corteccia. Alcuni sono nuclei di relè sensoriale, cioè centri di
ritrasmissione che ricevono informazioni dalla superficie recettoriale, e dopo averle elaborate le
inviano a specifiche aree corticali, come il "nucleo genicolato laterale" importante stazione di
elaborazione nel sistema visivo, il "nucleo genicolato mediale" che elabora trasmette
informazioni positive, altri come i "nuclei ventrali posteriori" svolgono un ruolo cruciale nel
sistema somatosensoriale" (John P.J. Pinel, 2000, "Psicobiologia", Il Mulino, Bologna).