123
4.3.8 RACCOLTA DEI MATERIALI NEI FILM A BASE D’ARCHIVIO
Tra le fasi di raccolta dei materiali ne è presente anche una che non prevede la ripresa
dal vero: quella dell’acquisizione di materiali d’archivio. Un documentario si può
costruire solo con materiali d’archivio, riprese girate da altri, in altri contesti storici, e
anche per altri fini che non siano necessariamente quelli del documentario. Alla base vi
è un grande e attento lavoro di ricerca di questi materiali, e quindi la loro visione e
analisi. La lenta e lunga consultazione degli archivi porta a vedere, rivedere e ancora
rivedere le immagini, analizzarle e scomporle, fermarle, considerare la loro rispondenza
al progetto elaborato dall’idea. Lavoro lento e di grande attenzione
173
. Occorre anche
valutare questi materiali in relazione al loro stato di conservazione, il restauro e il loro
recupero è operazione costosa e lunga. Aspetto importante e forse a volte discriminante
all’uso è la possibilità di definire con i titolari i diritti per l’utilizzo di tali materiali in
funzione della diffusione commerciale o culturale.
CAPITOLO 5: MONTAGGIO E POST-PRODUZIONE DI UN MURALES
UNA STORIA
5.1 MONTAGGIO, EDIZIONE DEL DOCUMENTARIO
“In fondo, aleggia sempre un sospetto sul film documentario, quello di non essere vero
cinema, di non far sognar le folle. È vero che l’eredità culturale che gli è toccata in
sorte, come il modello televisivo che lo propaga (gli <<argomenti>> trattati per
illustrare i programmi, i reportage), non aiutano a plasmarne un’identità”
174
.
Il documentario è un film a tutti gli effetti, è già stato ribadito in altre sezioni di questo
elaborato e anche per il montaggio e l’edizione questo principio viene rispettato.
Dopo avere ripreso le immagini, effettuato le interviste e trovato i repertori tutto il
materiale viene dato a disposizione del “montaggio”. È qui che il film prende forma, si
costruisce il senso, si trasformano momenti slegati in un discorso filmico compiuto e
fruibile dal pubblico.
173 A. Giannarelli, S. Savorelli, Il film documentario, op. cit. p. 134
174 J. Breschand (2005), Il documentario. L’altra faccia del cinema, Torino, Lindau p. 3
124
La parola “montaggio” ha diversi significati. Il significato più generale è proprio
dell’attività industriale, indica l’insieme delle operazioni necessarie per unire gli
elementi costitutivi di un prodotto.
Il termine edizione ha un evidente origine nella produzione editoriale dei testi stampati,
nella quale indica il loro approntamento secondo determinate caratteristiche formali,
anche di carattere tipografico che determinano l’oggetto libro con il titolo, l’autore, la
casa editrice.
L’edizione del film comprende infatti l’approntamento definitivo del suono, la
realizzazione degli effetti speciali, cioè particolari segni linguistici, l’introduzione di
eventuali didascalie, i titoli di testa e di coda.
Quando possiede tutti questi caratteri, un film è terminato, ed è pronto per la diffusione.
5.2 IL MONTAGGIO
In un documentario è il montaggio che fa il film. Sempre che però abbiamo già
individuato, in fase di scrittura e di preparazione un filo conduttore: cioè quel tracciato,
a volte nascosto, che sottende lo sviluppo del nostro racconto e che ha ricevuto tutte le
scosse e le indicazioni dalla realtà Il filo conduttore, durante il montaggio si definisce
meglio, perché le indicazioni della realtà, mentre si gira, sono misteriose, meno
decifrabili. Ed è proprio in post produzione che si svela e spinge in una direzione
precisa il film, spesso la più gusta. “Una sorta di danza in cui il reale conduce il regista e
cui il regista non deve opporsi, se non vuole perdere un’occasione
175
”.
Una concezione inconsapevole del processo produttivo filmico tende a considerare la
fase della “produzione” (raccolta dei materiali, riprese, ecc) come separata dalle altre
che seguono. Quasi un’autonomia e quindi una supremazia della produzione su tutto il
resto. Questa concezione probabilmente si rifà alla necessità di disarticolare il processo
produttivo al fine di poter esplicare un più forte controllo su di esso. Filosofia oggi
seguita in tutti gli ambiti imprenditoriali e la realizzazione di film non ne è esclusa.
Il montaggio filmico indica, sotto un profilo puramente tecnico, l’operazione di
accostare in successione le singole inquadrature riprese precedentemente. Non è proprio
175 M. Balsamo, G. Pannone, L’officina del reale, op. cit. p. 124
125
così i grandi cineasti sovietici Ejzenstejn, Pudovkin
176
e Kulesov
177
elaborarono una
teoria del montaggio che continua a essere fondamentale per il linguaggio filmico.
In questa teoria le specificità del montaggio sono due.
La prima è quella per cui l’accostamento di due inquadrature (cioè di due unità minime
di linguaggio filmico) determina, produce, mette lo spettatore davanti a un risultato che
è concettuale e diverso dal contenuto autonomo delle due inquadrature.
La seconda specificità del montaggio è la possibilità di creare, sullo schermo, un tempo
e uno spazio filmici diversi da quelli naturali che percepiamo con i nostri sensi. La
tradizionale caratteristica dello spettacolo teatrale, l’unità del tempo e di luogo imposta
da ciò che si svolge sul palcoscenico, può essere del tutto rovesciata al montaggio,
accostando due inquadrature o due sequenze di luoghi completamente diversi, o
alternando inquadrature con una connotazione temporale differente, riuscendo a creare
una sintesi di passato/presente/futuro. […] Il montaggio è una modalità espressiva che si
realizza attraverso due operazioni: una di creazione intellettuale preventiva, compiuta
con gli occhi della mente e una di esecuzione pratica, nell’accostamento delle
inquadrature, effettivo nell’uso della pellicola, virtuale nell’uso del supporto
videomagnetico e digitale. Il materiale registrato (immagini e suoni) dev’essere perciò
memorizzato mentalmente, per consentire ai neuroni di “vederlo”, di esaminarlo, di
approfondire l’analisi, di compiere accostamenti. […] Il film esiste solamente nel
momento in cui osserviamo realmente le immagini su di uno schermo, ascoltando anche
i suoni. […] Montare significa quindi compiere quell’operazione creativa intellettuale
prima del montaggio concreto e continuarla durante la sua progressione. La capacità di
usare di persona i programmi di montaggio digitale è importante per l’acquisto di
un’autonomia operativa: però chi sa usare i programmi di montaggio digitale ma non sa
176 Vsevolod Illarionovic Pudovkin (1893- 1953) regista sovietico, elaborò le basi teoriche della scuola
sovietica del montaggio in http://it.wikipedia.org/wiki/Vsevolod_Illarionovi%C4%8D_Pudovkin
(febbraio 2012)
177 Lev Vladimirovic Kulesov (1899 – 1970) regista russo, viene considerato come uno dei pionieri della
scuola del montaggio. È famoso per l’effetto di montaggio che prese il suo nome. Con tale effetto
dimostrò come il primo piano isolato di un volto non trasmetta senso, ma lo prende dalle immagini che
precedono o seguono. Lo spettatore stabilisce un legame logico tra due inquadrature che si succedono e
che hanno necessariamente un legame diretto. Guidando lo spettatore nello stabilire i legami, il regista
può mirare a raggiungere certi effetti mediante il montaggio.
In http://it.wikipedia.org/wiki/Lev_Vladimirovi%C4%8D_Kule%C5%A1ov (febbraio 2012)
126
far lavorare la mente e gli occhi nella previsione del montaggio, è e resta un montatore
tecnico
178
.
Vsevolod Pudovkin diceva: “Base estetica del film è il montaggio […] il montaggio è il
creatore della realtà cinematografica, la natura non offre alla sua elaborazione che
materia grezza” e Orson Welles: “L’unica regia veramente importante ha luogo durante
il montaggio […] Le sole immagini non bastano: sono molto importanti, ma sono solo
immagini. L’essenziale è la durata di ogni immagine, ciò che segue a ogni immagine;
l’eloquenza del cinema è quella che si costruisce in sala montaggio”
179
.
Faccio mie le parole di Ivens, quando parla della complessità del montaggio, che ha in
sé più stratificazioni. A proposito di Spanish Earth (Terra di Spagna, 1937) suo film
rivolto al pubblico americano per sensibilizzarlo alla guerra civile spagnola, dice: “Il
primo livello di montaggio è quello del semplice ordinamento visivo del materiale. […]
Con questo montaggio la generale impressione ottica dell’avvenimento come complesso
unitario è più importante di qualsiasi inquadratura singola. L’azione si sviluppa nelle
coordinate spazio tempo. Al secondo livello di montaggio questo effetto si allarga alla
percezione di un maggior numero di effetti psicologici. E si hanno le connotazioni dei
personaggi e delle scene. Il terzo livello è il più elevato: l’emozione diventa opinione:
opinione personale, sociale e politica del regista […]: lo si può definire un montaggio
che guida lo spettatore a formarsi un’idea a partire dalle emozioni […] Questo
montaggio determina i rapporti tra i fatti reali e mostra quello che succede sotto la
superficie
180
”. Un buon film documentario deve avere più livelli di lettura
181
.
Nella tecnologia videomagnetica e digitale, si prelevano dal supporto contenente le
immagini scelte, e si trasferiscono su un nuovo supporto, che diventa il master
definitivo. Su questo saranno poi essere compiute altre operazioni relative alle immagini
e al suono, prima di arrivare al master finale completo dal quale duplicare DVD o altri
prodotti.
È bene sottolineare che le operazioni tecniche di montaggio si configurano nella
sostanza come un’attività con caratteri artigianali
182
. Quest’attività artigianale/artistica
178 A. Giannarelli, S. Savorelli, Il film documentario, op. cit. p. 141-144
179 G. Ganino (2004), Dal cinema ai nuovi media, Ferrara, Tecom Project, p. 124
180 S. Cavatorta, D. Maggioni, Ivens, op. cit. p. 47
181 M. Balsamo, G. Pannone, L’officina del reale, op. cit. p. 125
182 A. Giannarelli, S. Savorelli, Il film documentario, op. cit. p. 138
127
opera nella dimensione del tempo, una dimensione che non può essere tradotta su una
pagina scritta se non come evocazione, che rimanda assai pallidamente (e
sostanzialmente senza efficacia) alla viva realtà delle immagini in movimento
183
.
La tecnologia video ha indotto notevoli modifiche rendendo possibile la contiguità di
operazioni durante il montaggio che prima erano per forza di cose separate. Ad esempio
il suono era registrato su piste magnetiche e solo dopo il montaggio veniva accoppiato
alla pellicola da altri tecnici in altri laboratori.
Il montaggio costituisce il momento più importante nella realizzazione di un film,
quello in cui il materiale filmico raccolto è articolato e organizzato in modo da costruire
una “narrazione” che comunichi idee, concetti, stimoli ed emozioni in chi guarda il film,
nella soggettività di chi, attraverso un film, esprime in modo esplicito o implicito il
proprio punto di vista. In quelle forme del cinema documentario in cui la previsione
della progettazione ideativa è inevitabilmente approssimativa e parziale, e le riprese
effettuate contengono immagini addirittura non previste, il ruolo del montaggio assume
un’importanza fondamentale: è praticamente in quella fase che nasce il film
184
.
Modalità di montaggio in uso nel documentario è rappresentata dall’accostare di vari
materiali visivi e sonori: interviste, riprese di luoghi o edifici, repertorio audiovisivo,
fotografie, animazioni computerizzate, ritagli di riviste o quotidiani, quadri, scritte fisse
o animate, testi speakerati, canzoni o musiche, rumori. L’eterogeneità dei materiali può
assumere una funzione espressiva
185
. Il montatore deve costruire audiovisivi attraverso
composizioni che affidano la costruzione del senso alle specificità dei linguaggi dei
materiali utilizzati. Si consiglia di montare prima le immagini di cui si dispone,
costruendo un racconto visivo e successivamente l’eventuale commento verbale, redatto
appositamente dall’autore del testo, come integrazione alla parte visiva. In questo modo
si farà parlare l’immagine e non la si mette al servizio del testo. Mancando una
sceneggiatura poi, le combinazioni possibili dei materiali possono essere molteplici
186
,
183D. Cassani, (2006), Manuale di montaggio, Torino, UTET Università, p. 5
184 A. Giannarelli, S. Savorelli, Il film documentario, op. cit. p. 139-140
185 G. Ganino, Dal cinema ai nuovi media, op. cit. p. 159-161
186 Se una scena è girata con solo due inquadrature, da due diversi punti macchina (diciamo A e B)
possiamo scegliere una o l’altra o una combinazione delle due. Quindi abbiamo almeno Quattro modi di
usare le due immagini: A, B, AB e BA. Ma se le inquadrature sono di più, esempio 25 il numero delle
combinazioni possibili diventa astronomico. La formula da utilizzare è quella del calcolo fattoriale
C=(e.n!)-1. L’applicazione della formula alle 25 inquadrature risulta un numero enorme
39.999.999.999.999.999.999.999.
128
la costruzione del senso è quindi demandata alle competenze espressivo-linguistiche del
montatore
187
.
“Il montaggio, in questo contesto, diventa così una sorta di grande gioco combinatorio
che, confrontando e giustapponendo il contenuto, la storia e la forma delle immagini,
perviene a costruire un senso, che può essere esasperato e cristallizzato fino a
raggiungere un livello simbolico e allegorico”
188
.
Con la giustapposizione e l’articolazione delle immagini, in un montaggio creativo
riuscito, si riesce a trasmettere a chi guarda le emozioni e le idee che il film aspira a
comunicare. Naturalmente questo implica una precisa concezione del cinema come
linguaggio espressivo che non solo racconta storie, non solo fa vedere il mondo da punti
di vista inediti, ma riesce anche a produrre pensiero, concetto, astrazioni.
Sul rapporto tra montatore e regista. Dipende dalla personalità del regista e dalla storia
del montatore. Un atteggiamento che può essere proficuo è, all’inizio del montaggio,
lasciare uno spazio di manovra ampio al montatore, fargli prendere le dimensioni della
narrazione: e questo anche se il regista entra in sala con un piano ben definito. Per
riportare il discorso al filo conduttore c’è tempo. Il plusvalore del montaggio è quello di
permettere molti tentativi, ma quando diventano troppi conducono a confusione e
rischio di perdersi. Il montatore può aiutare perché è meno coinvolto nella storia, ha una
distanza verso i materiali girati e può far riflettere su alcuni passaggi con più lucidità.
Per questo può essere importante non montare il film da soli, bensì avere un
professionista con cui dialogare
189
. Il montatore non dovrà violare l’approccio del
documentarista alla storia, dovrà accompagnarlo nell’articolazione narrativa
190
.
Erika Manoni
191
ci parla del montaggio nel documentario.
Il mestiere del montatore non può prescindere dal rapporto che lui instaura con il regista
del film. Si tratta di decifrare le intenzioni del regista, trovare il modo perché i suoi
desideri si traducano in tagli, in ritmo, in una successione di inquadrature che, attraverso
lo sviluppo narrativo, accompagnino lo spettatore, aiutandolo a perdersi nel flusso del
999 che rappresenta in quante combinazioni possano essere montate le 25 immagini. In W. Murch (2001),
In un batter d’occhi, Torino, Lindau, p. 74
187 G. Ganino, Dal cinema ai nuovi media, op. cit. p. 160
188 D. Cassani, Manuale di montaggio, op. cit. p. 255
189 M. Balsamo, G. Pannone, L’officina del reale, op. cit. p. 125
190 Ivi p. 126
191 Montatrice del film Il sol dell’avvenire (2008) di Gianfranco Pannone; e di Il colore delle parole
(2009) di Marco Simon Puccioni.
129
racconto. Il montatore diventa, in questo rapporto, uno “svelatore di forme”, colui che
scopre il film, lo porta alla luce togliendo il superfluo e lasciando solo l’essenza. A volte
questo accade in maniera del tutto accidentale, non si conoscono a priori le scelte giuste
da fare. Le principali qualità del montatore devono essere la sensibilità e l’intuizione.
Nel cinema documentario il lavoro è più complesso. Nella finction si deve seguire la
sceneggiatura sin dall’inizio. Nel documentario il montaggio diventa la fase di scrittura
vera e propria del film. Nel montaggio del documentario è consuetudine che il regista
sia presenta al fianco del montatore sin dal primo momento, dalla visione del materiale
girato. Anzi, nel documentario, la fase iniziale è la più delicata. Ci si deve far guidare
sia dal rigore logico-analitico che dall’intuizione e dalla sensibilità. Si tenta di dare
un’armonizzazione alla pellicola, prendendo nota di piccoli dettagli, e, al tempo stesso,
cercando di strutturare il discorso.
Non sempre è scontato che tra il regista e il montatore ci siano convergenze rispetto alle
decisioni da prendere, in questo caso si dovranno affrontare le tensioni in uno spirito
che porti alla possibilità di sperimentare e trovare le soluzioni giuste ed inaspettate per il
film.
La prova della buona riuscita di un film documentario? Che lo spettatore uscendo dalla
sala non si senta raggirato e sopraffatto dal racconto; al contrario, che abbia voglia di
saperne di più. E questo è il compito sia del montatore che del regista: conservare uno
sguardo libero e laico, per permettere a colui che guarda di ricavare un giudizio
personale sul tema trattato
192
.
5.3 FORME DI MONTAGGIO
In tutti i film anche quelli più scadenti si attuano due forme tecnico-linguistiche di
montaggio:
- il montaggio per tagli (o stacco), cioè accostando due inquadrature in modo
netto, come due segmenti contigui o, se si vuole, come due strisce di pellicola
tagliate con le forbici. Rende esplicito agli occhi dello spettatore l’accostamento
delle immagini, che può essere di analogia o di differenza (conflitto). Lo
spettatore in questo caso è continuamente avvertito che sta assistendo non alla
192 M. Balsamo, G. Pannone, L’officina del reale, op. cit. p. 133-135
130
realtà, ma a una sua interpretazione, che può condividere o può rifiutare. È un
montaggio visibile e rivela allo spettatore l’intervento degli autori, manifesta il
loro punto di vista. È il montaggio detto della continuità, in questo caso
caratteristica è l’invisibilità cercando di rendere poco percepibile la discontinuità
implicita nello stacco. È il montaggio dei raccordi usati appunto per far si che lo
spettatore non si accorga dell’interruzione. I raccordi coinvolgono gli sguardi, le
posizioni, i movimenti, l’angolazione (raccordo sull’asse), il suono, e devono
essere curati in ripresa. Le inquadrature possono avere nel montaggio per taglio
qualsiasi durata, a seconda dell’intenzione comunicativa. La durata
dell’inquadratura è comunque determinata in primo luogo dalla sua
percettibilità, oltre che dalle esigenze espressive e comunicative.
- il montaggio attraverso effetti speciali, cioè passando da un’inquadratura
all’altra introducendo segni linguistici come la dissolvenza incrociata, la
dissolvenza (o fondu) in apertura o chiusura, le tendine, e tanti altri. Quasi tutte
queste modalità tecnico-linguistiche esistono da tantissimi anni, risalgono ai
primi decenni della storia del cinema. Nel montaggio digitale è diventata
pressoché immediata la possibilità di vedere virtualmente gli effetti speciali
favorendone la scelta e l’uso. Con l’uso di questi effetti in montaggio, non si
vogliono esprimere conflitti, s’intende dare una maggior morbidezza al
susseguirsi delle immagini, si introducono anche elementi di lentezza visiva, si
consente spesso una maggiore partecipazione identificativa dello spettatore. È
più semplice, in quanto gli accostamenti di inquadrature avvengono senza
particolari problemi e difficoltà. Un’altra modalità di uso creativo della
dissolvenza incrociata si trova in film che si basano sulle rievocazioni, sulla
memoria, perché diventa un modo visivo particolarmente rispondente a come la
memoria si muove, ricercando, passando in modo sfumato da un ricordo
all’altro
193
.
Questi mezzi possono coesistere oppure essere prevalenti all’interno del film. Non sono
mai intercambiabili non sono neutri. La loro scelta esprime un punto di vista, una scelta
di linguaggio da parte del regista.
193 A. Giannarelli, S. Savorelli, Il film documentario, op. cit. pp. 144-147
131
5.4 CATALOGAZIONE DEI MATERIALI
Le riprese si concludono con un numero X di videocassette o memory card contenenti le
registrazioni delle immagini effettuate, contrassegnate sugli involucri da alcuni dati
essenziali (numerazione, contenuto, luogo, data). Si passa quindi ad una catalogazione
dettagliata del materiale. Nel film documentario la catalogazione è un’operazione
indispensabile. Quando non la si compie, confidando nella memoria del montatore, il
montaggio procede a tentoni, si perde tantissimo tempo per cercare le inquadrature che
si vogliono montare, spesso non si riesce a trovare proprio quella di cui si ha memoria
visiva ma non si sa dove sia collocata. Si deve conoscere la posizione dell’inquadratura
all’interno di ciascun supporto. Nella tecnologia videomagnetica, la posizione è
rilevabile attraverso il time-code.
La catalogazione deve descrivere sinteticamente l’inquadratura o alla sequenza. Diventa
utile un quadro come il seguente:
numero
videocassetta o
bobina o videodisco
o scheda
Descrizione
sintetica di ogni
inquadratura.
(eventualmente
anche con
annotazioni
tecnico-
linguistiche: piani,
campi, movimenti)
Time-code
progressivo
00.00.00.00.00
Durata di ogni
inquadratura.
(risultante dalla
differenza tra dato
iniziale del time-
code e dato finale
di ogni
inquadratura.
(l’indicazione dei
frames può essere
omessa).
È evidente che se durante la registrazione sono state già raccolte le informazioni
indicate, gran parte della catalogazione è già fatta. Occorre soltanto un controllo,
rivedendo il materiale registrato per verificare la correttezza dei dati inseriti e per
eventuali integrazioni. Se questa operazione non è avvenuta in fase di ripresasi dovrà
comunque completare prima del montaggio.
C’è un’altra operazione che sicuramente è molto difficile compiere in fase di ripresa, e
che quindi deve essere effettuata a questo punto del processo: ed è la trascrizione
integrale del sonoro parlato registrato, in particolare quello delle interviste e delle
testimonianze. La trascrizione del sonoro deve essere eseguita indicando anche il time-
132
code: ma non soltanto quello d’inizio e di fine dell’inquadratura, ma neanche quello
all’interno all’inquadratura, che consenta di individuare le frasi più importanti e
interessanti
194
.
5.5 IL MONTAGGIO VIRTUALE SU CARTA O SCALETTA DI MONTAGGIO
Fatta la catalogazione, si può passare alla fase d’inizio montaggio. Nel film
documentario, esistono in questa fase due punti di riferimento: la sceneggiatura/scaletta
preparata prima delle riprese, e la catalogazione, descrivente tutto il materiale raccolto,
anche se non previsto nella sceneggiatura/scaletta. Tramite la catalogazione si preparerà
una nuova scaletta che diventa la previsione del montaggio sulla base del materiale
disponibile.
La scaletta di montaggio assume quindi una rilevanza maggiore, nella progettazione
ideativa abbiamo previsto eventi e situazioni, ma in maniera approssimativa essendo
solo una guida alle riprese.
Si passa ora ad approntare una nuova sceneggiatura/scaletta basata sulla catalogazione
di tutto il materiale disponibile.
La struttura di un film può nascere addirittura in modo concettualmente inconsapevole
dalle concrete soluzioni di montaggio che si applicano, è anche vero che occorre sempre
riuscire a concepire mentalmente il film nel suo insieme, e quindi appunto con quella
che la sua struttura esterna, la costruzione dell’edificio dalle fondamenta al tetto, in
modo da aggiornarne la consistenza e la solidità. Il montaggio è appunto un lavoro in
progressione, di un “cantiere” sempre aperto fino a che il lavoro non è concluso.
Nel caso dei film a base totale d’archivio, la scaletta di montaggio è in realtà il
momento centrale della progettazione ideativa, perché si basa sui materiali d’archivio
rintracciati, raccolti e anch’essi catalogati
195
.
5.6 IL MONTAGGIO CONCRETO, LE IMMAGINI
Si può ora iniziare il montaggio concreto, il primo atto sarà l’acquisizione delle
immagini e i suoni registrati, tramite collegamento con un videolettore o la stessa
videocamera.
194 A. Giannarelli, S. Savorelli, Il film documentario, op. cit. pp. 147-149
195 Ivi pp. 150-151