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INTRODUZIONE
Nato nel 1875 a Lubecca, secondogenito di quattro figli, da padre commerciante
dell’aristocrazia borghese eletto poi senatore, e da madre creola brasiliana, Thomas Mann
sviluppa da subito il gene della doppiezza che lo porterà nella sua vita, tra l’altro, ad avere
conflitti col fratello maggiore Heinrich ed a sviluppare temi controversi e personaggi con due
personalità in lotta tra di loro. La sua infanzia si svolge nel contrasto tra la germanicità
paterna e l’esoticità materna, tra il senso tutto borghese del dovere e la mollezza fantastica e il
piacere di favoleggiare. Dopo la morte del padre, la madre si trasferisce a Monaco con gli altri
figli, mentre Thomas rimane a Lubecca per finire gli studi. Si dedica al giornalismo e nel
1894 lavora in una compagnia di assicurazioni, ma ben presto si licenzia per dedicarsi
esclusivamente alla scrittura di articoli e novelle. Nel 1895 collabora con la rivista letteraria
diretta dal fratello maggiore Heinrich, anch’egli scrittore, e con lui parte per l’Italia: durante
questo soggiorno, a Roma, Mann scrive il suo primo romanzo di successo I Buddenbrook, per
il quale vincerà il premio Nobel nel 1929.
Al ritorno dall’Italia si stabilisce a Monaco, ma nel 1933, dopo aver tenuto una conferenza
all’Università dai toni anti-nazisti, l’artista capisce che è giunto il momento di lasciare la
Germania per non farvi mai più ritorno; si trasferisce prima a Zurigo e poi negli Stati Uniti,
dove nel 1943 inizia a scrivere il romanzo di cui si tratterà in quest’analisi: il Doctor
Faustus. Con la pubblicazione dei Buddenbrook ha inizio la carriera artistica dello scrittore
e il momento in cui si svolge la sua prima attività coincide con il periodo chiamato dagli
storici belle époque, cronologicamente situata nei primi vent’anni del secolo e che segnerà
la sua arte: il passaggio tra la grande epoca borghese e la decadenza della stessa giunta
ormai al termine della propria egemonia. Sono gli anni dell’industrializzazione, della
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superficialità, della cultura ossessionata dall’oro e del trionfo delle terze pagine dei giornali
che rappresentano un simulacro di cultura ma non la vera cultura. Come sosteneva Herman
Hesse, sono due le tendenze principali dell’era borghese: liberare il pensiero e la fede da
qualsiasi influsso religioso e culturale e cercare (in segreto) un’autorità nuova. È in questo
contesto che prende forma l’opera di Thomas Mann, il quale invece riporta la sua
letteratura dentro i canoni dell’ordine, del rigore e della perfezione estetica senza perdere
di vista il contenuto. L’età dell’industrializzazione non rappresenta un’epoca felice per la
produzione artistica; come sosteneva György Lukács, lo sviluppo economico non sempre
coincide con lo sviluppo sociale e artistico. In una società in cui tutto è reificato e ha luogo
la spersonalizzazione dell’individuo, anche il romanzo, la forma d’arte più compiuta e
borghese che permette di padroneggiare il molteplice conferendogli un equilibrio e un
senso, si trova ad affrontare un momento di crisi.
I fatti sfuggono alla padronanza del narratore, molte opere di questo periodo rimangono
incompiute e si parla perfino di “fine del romanzo” di fronte alla difficoltà del mettere
insieme personaggi e narrazioni con un inizio, una fine e una morale. A tal proposito,
possiamo citare L’uomo senza qualità di Robert Musil.
È nel contesto della lotta al non senso che s’inserisce e svetta la grande produzione
manniana. Per lo scrittore tedesco, il dilemma tra arte e vita e tra l’essere borghese e artista
allo stesso tempo si risolve tramite il trasferimento dei valori borghesi di ordine, contegno
e decoro nel campo dell’arte, non lasciandosi andare al sentimentalismo ma al rigore
estetico. Nella concezione dello scrittore tedesco, per essere artisti bisogna essere distaccati
dalle cose della vita, bisogna essere morti. L’ironia e il distacco diventano così per Mann le
parole chiave per opporsi alla mollezza dell’arte sentimentale attraverso la “tonicità” dello
spirito borghese. Nasce così una letteratura della forma in cui più importante di ciò che si
dice è come questo viene detto e in cui il borghese che vuole restare fedele alla propria
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classe sociale viene a delinearsi come uno sviato che produce un’arte di ascesi, rigore e,
appunto, forma.
Lo scrittore non deve, per Mann, lasciarsi andare al sentimento dell’ispirazione ma
pianificare attentamente la costruzione della narrazione, attraverso la quale tenta di mettere
ordine al caos della materia dei fatti che accadono e che necessitano di essere organizzati
secondo uno schema che conferisca loro un senso. È per queste ragioni che Thomas Mann
si oppone fortemente all’altra tendenza del Novecento, ovvero la rivoluzione
dell’avanguardia: entrambi condividono la percezione della crisi ma la letteratura
avanguardistica si lascia andare, in alcuni casi più estremi ad un’arte tendente al caos e alla
dissonanza. La prosa di Mann, al contrario, è uno straordinario saggio di eleganza e di
equilibratissima perfezione.
Secondo il pensiero di Lukács, in un momento in cui la borghesia chiude gli occhi
rifiutandosi di vedere e di confermare il proprio momento di decadenza, l’ulteriore
spaccatura tra gli scrittori del Novecento si manifesta nel conflitto tra il “narrare” e il
“descrivere”. Ci sono scrittori, (l’analisi volge lo sguardo anche al secolo XIX), primo su
tutti il grande Émile Zola, che nei romanzi si perdono in minuziose e accuratissime
descrizioni, le quali rischiano di distogliere l’attenzione del lettore dai fatti della storia
rendendolo passivo ed estraneo al contesto narrativo. La descrizione dei paesaggi e degli
oggetti, sovrastando lo spazio dinamico del racconto legato alle azioni vere e proprie, è un
espediente letterario di evasione dalla descrizione del contesto sociale di depressione.
Al contrario, Thomas Mann, per Lukács, pur essendo il modello del borghese per
eccellenza, non chiude gli occhi di fronte alla decadenza e alla crisi della propria classe
sociale; la sua grandezza sta proprio nella capacità di operare una critica dall’interno e
nella ricerca di una soluzione per la sopravvivenza dell’arte borghese. Mann, oltre a fornire
descrizioni dettagliate e precise dei paesaggi, dei particolari e dei personaggi che
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compongono la materia del romanzo, riesce allo stesso tempo a costruire una narrazione
attiva e dinamica, in cui i fatti coinvolgono il lettore e lo rendono attivamente partecipe
della vicenda.
Secondo tali presupposti, si vuole dimostrare, in quest’elaborato, come l’arte di Thomas
Mann segua il criterio del «conoscere in profondità e rappresentare in bellezza»
1
, ovvero
del perfetto connubio tra la conoscenza precisa del tema o contenuto che vuole
rappresentare nella propria opera letteraria e la perfezione estetica raggiunta attraverso
un’attenta pianificazione costruttiva. Il romanzo che prenderemo in considerazione, il
Doctor Faustus, noto come romanzo della vecchiaia, riunisce in sé tutta la concezione
artistico-creativa dello scrittore ormai giunta alla piena maturità. Per questo motivo, si
procederà a una critica tematica attraverso i criteri della scuola formalista, la scuola di
pensiero sviluppatasi in Russia tra il 1915 e il 1930. Legata allo strutturalismo linguistico
del Circolo di Praga, il formalismo fonda le proprie basi sul metodo di scomposizione
strutturale dell'opera d'arte letteraria al fine di individuarne le parti minime della
composizione artistica. I maggiori esponenti, per quanto riguarda il filone strettamente
letterario, furono Victor Šklovskij, Boris Eichenbaum e Boris Tomaševskij. Il critico che
ha offerto gli spunti maggiori ai fini della nostra analisi è proprio l’ultimo di questi:
Tomaševskij fu il teorico principale della distinzione, in un testo narrativo, tra fabula e
intreccio, e degli elementi costruttivi del racconto in un’opera letteraria.
In base a questi spunti teorici, seguirà una critica della costruzione narrativa, analizzando
come l’architettura del libro sia stata progettata e come siano stati costruiti i personaggi che
al suo interno svolgono le loro azioni, motivando anche queste ultime.
In conclusione ci si soffermerà sull’importanza del concetto di cronotopo nella definizione
dei generi letterari e in special modo nella definizione del tipo di romanzo inerente al
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Thomas Mann, Diari, Parigi, Gallimard, 1985.
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Faustus. Nell’ultimo capitolo, infatti, si procederà ad un’analisi del contesto temporale e
spaziale del racconto secondo la teoria del cronotopo letterario sviluppata dal critico russo
Michail Bachtin.
Approfondiremo, in primo luogo, il rapporto che intercorre tra il contesto spazio-temporale
del protagonista del romanzo e la definizione del suo carattere, e in conclusione il rapporto
tra il contesto spazio-temporale del narratore come personaggio del suo personale racconto
e le ripercussioni dei fatti del suo tempo sulle proprie attitudini narrative.
L’intento è quindi quello di dimostrare come sia avvenuta la costruzione di un romanzo
così complesso che nella sua perfezione attribuisce a Mann il grande merito di essere
riuscito a produrre un’opera di estrema scorrevolezza narrativa e di grande impatto
emotivo per il messaggio che vuole comunicare: il ritratto di un’epoca, di una civiltà e
della musica come tramite e simbolo della crisi della società tedesca e dell’arte nel XX
secolo.
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CAPITOLO I: I TEMI
1. Come sono trattati i temi nel formalismo russo.
Come affermò Boris Tomaševskij, uno dei maggiori esponenti e fondatori del metodo
formalista russo
Nell’opera letteraria le singole proposizioni, combinandosi secondo il loro significato, danno
origine ad una costruzione, tenuta insieme da un’idea comune o tema. Il tema (ciò di cui si
parla) rappresenta l’unità dei significati dei singoli elementi dell’opera; ne possiede uno sia
questa nel suo complesso, sia ognuna delle sue parti.
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Ne consegue, quindi, che avremo un tema principale il quale riunisce in sé il significato
portante dell’intera opera, e una serie di altri temi minori, o sottotemi, specifici di una
determinata parte del testo e della storia, i quali si armonizzano, nonostante la propria
specificità, con il tema maggiore da cui dipendono. Il tema principale, perciò, ha la
funzione di unificare la costruzione verbale dell’opera e di renderla un prodotto unitario,
prendendo forma nel corso del suo sviluppo. Per questo motivo, possiamo aggiungere che
tutto lo sviluppo del racconto è finalizzato all’arricchimento e all’approfondimento di quel
determinato tema principale. Per quanto concerne la scelta del tema da parte dell’autore,
gioca un ruolo fondamentale la figura del lettore. Quando si parla di lettore, la parola in
questione si riferisce spesso ad un gruppo indeterminato di persone ed è quindi difficile per
l’autore individuare una figura effettiva del proprio fruitore.
Nonostante ciò, l’autore tiene sempre conto del pubblico al quale si sta rivolgendo nel
momento dell’atto creativo. Insieme alla preoccupazione del lettore, si determina un altro
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Boris Tomaševskij, La costruzione dell’intreccio, (1928), in T.Todorov, a cura di, I formalisti russi. Teoria
della letteratura e metodo critico, Torino, Einaudi, 2003, p. 307.
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obiettivo: quello dell’interesse. Come il pubblico a cui l’opera è indirizzata si presenta
ampiamente eterogeneo, anche il concetto di interesse può spaziare a seconda delle
preferenze personali e specifiche di ogni lettore che si avvicina all’opera e delle proprie
caratteristiche intellettuali e culturali. A proposito di questo, Tomaševskij sostiene che
Il tema prescelto deve essere interessante, ma può esserlo nei modi più diversi. Per gli scrittori
ed il pubblico ad essi più vicino è di estrema importanza il raggiungimento di un alto livello
letterario, e con ogni probabilità questo interesse costituisce per essi il movente più forte […]
D’altro lato anche l’interesse del lettore oggettivo, lontano dai problemi di tecnica letteraria, può
assumere le forme più varie, dalla semplice richiesta di una lettura piacevole […] fino ad una
combinazione di interessi letterari e di esigenze culturali generali.
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Dunque, gli interessi sono vari e legati alle qualità individuali del lettore. A proposito del
primo tipo di lettori (scrittori ed intellettuali ad essi vicini), l’interesse è rappresentato dalla
ricerca della novità professionale, dell’invenzione e della risoluzione delle problematiche
letterarie lasciate in eredità dalla tradizione ad essi precedente. Per quanto riguarda invece
il lettore medio, che non s’inserisce in questo ambito di problematiche tecnico-letterarie e
si appresta alla lettura con aspettative differenti rispetto a quelle dell’élite intellettuale,
soddisfano i suoi interessi i cosiddetti temi d’attualità, ossia quelli che rientrano
nell’ambito degli interessi culturali del momento. Bisogna fare una precisazione al
riguardo; bisogna chiarire che, essendo la forma più elementare di attualità quella
rappresentata dai problemi del giorno, i quali sono spesso effimeri, i prodotti letterari che
se ne occupano non sopravvivono a lungo proprio per l’interesse passeggero che essi
suscitano nel pubblico. Al contrario, quanto più un tema è di rilievo, tanto maggiori ne
saranno la resistenza al tempo e la vitalità. All’interno del campo dell’attualità, sono
compresi anche i temi cosiddetti “umani”, il cui livello d’interesse è rimasto inalterato e
3
Tomaševskij, op. cit., p. 308.
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indiscusso nel corso dei secoli. In ogni caso, affinché questi temi “umani” risultino
interessanti, essi devono essere legati ad un materiale che sia a sua volta legato all’attualità.
È importante precisare, come fa anche il teorico russo, che per attualità non si intende la
mera rappresentazione del presente. Possono risultare attuali anche temi che si rifanno a
epoche storiche passate e queste possono inoltre suscitare un livello di interesse maggiore
rispetto alla realtà contemporanea, in quanto, anche di quest’ultima bisogna saper
descrivere gli aspetti che effettivamente possono catturare l’interesse del lettore. Tuttavia,
non è sufficiente solamente scegliere un tema interessante; bisogna mantenerlo vivo, in
altre parole, stimolare l’attenzione del lettore: «L’interesse è ciò che attira, l’attenzione è
ciò che avvince»
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. Cerchiamo di approfondire e di chiarire il concetto ancora una volta
tramite le parole del critico russo:
Nel tener desta l’attenzione ha grande importanza l’aspetto affettivo del tema […] Le emozioni
sono il mezzo principale per mantenere viva l’attenzione nei confronti dell’opera che le suscita.
Non è sufficiente registrare le fasi di movimenti rivoluzionari col tono freddo del relatore;
bisogna che il lettore se ne faccia partecipe, ne provi indignazione, gioia, turbamento. In questo
modo l’opera diventa attuale nel senso esatto del termine, poiché agisce sul suo pubblico
evocando in esso emozioni che ne orientano gli impulsi […] Il lettore deve essere orientato nella
sua partecipazione affettiva e nelle sue emozioni.
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Dunque, il lettore deve provare delle emozioni nei confronti di ciò che sta leggendo, deve
provare sentimenti di approvazione, di avversione, di compassione o antagonismo rispetto
ai fatti narrati o rispetto ai protagonisti che compiono le azioni del racconto. La
partecipazione affettiva, tiene appunto desta l’attenzione e invoglia la lettura. Le figure dei
personaggi, primo su tutti l’eroe, sono appunto l’espressione del momento valutativo da
4
Tomaševskij, op. cit., p. 310.
5
Ibid.
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parte del lettore nei confronti dell’opera letteraria che sta affrontando, poiché essi
rappresentano il mezzo principale di valutazione attraverso le sensazioni che gli suscitano.
Inoltre, l’autore deve essere in grado di orientare queste sensazioni, ovvero, la costruzione
del racconto deve essere operata proprio affinché il lettore abbia simpatia o indignazione
verso il tema trattato e non solo verso il singolo personaggio, reazione provocata dal
colorito affettivo di cui il tema è dotato. Quest’ultima precisazione serve ad introdurre
un’ulteriore postilla a quanto detto: ciò che è interessante osservare non è se un eroe sia
positivo o negativo, va notato invece l’atteggiamento affettivo nei suoi confronti, quale
risulta dall’opera. Ciò è supportato dal fatto che l’aspetto affettivo è insito nell’opera e non
costituisce un contributo del lettore. Conclude Tomaševskij, affermando che
Questa tonalità affettiva, univoca nei generi letterari primitivi (ad esempio nel romanzo
d’avventure, con il premio alla virtù e la punizione del vizio) può essere molto raffinata e
composita nelle opere più elaborate, e a volte tanto complessa che una formula semplice non
basta ad esprimerla. E tuttavia è principalmente la componente della partecipazione emotiva a
indirizzare l’interesse e a tener desta l’attenzione, quasi impegnando personalmente il lettore
nello sviluppo nel tema.
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Sarebbe interessante integrare queste affermazioni di Tomaševskij con quelle di un suo
illustre connazionale, György Lukács, il quale sosteneva proprio che il problema
fondamentale del romanzo del Novecento fosse la differenza tra il narrare e il descrivere.
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Questa non è la sede per approfondire esaustivamente il concetto, tra l’altro molto ben
articolato, ma possiamo limitarci a dire che un’opera letteraria che si limita a descrivere
una serie di fatti (anche minuziosamente nei minimi particolari) tiene il lettore a distanza e
non lo coinvolge nelle vicende della storia. Al contrario, un romanzo in cui ci sia una vera
6
Tomaševskij, op. cit., pp. 310-311.
7
György Lukács, Narrarare o descrivere, in Il marxismo e la critica letteraria, Torino, Einaudi, 1977.