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INTRODUZIONE
La complessità delle dinamiche che vengono ad innescarsi in relazione alla rottura del legame
coniugale fa si che il tema del divorzio venga affrontato attraverso prospettive e modelli teorici
differenti. All’interno del primo capitolo del presente lavoro il divorzio è descritto in termini di
complessità, di trasformazione psicologica e non come singolo evento traumatico che ha
conseguenze negative per i soggetti coinvolti (sia per quanto riguarda i genitori che per i figli).
Nella società contemporanea si evince ormai come tale fenomeno stia diventando sempre piø
frequente, in altre parole, come i matrimoni siano in calo e come al contrario i divorzi aumentino
(Istat, 2012). Il primo aspetto su cui tale lavoro si sofferma è la differenza tra il processo di
trasformazione del lutto dopo la morte di una persona amata e l’elaborazione del lutto nel processo
di divorzio. Per descrivere tali dinamiche abbiamo adottato alcuni modelli teorici di riferimento
(Emery, 1994; Scabini, Cigoli, 2000) che descrivono accuratamente l’elaborazione del lutto nei casi
di divorzio o separazione.
Utilizzando una prospettiva “sistemica”, in cui l’individuo è inserito all’interno di uno specifico
ambiente ed è in relazione con esso, il divorzio rappresenta un evento differente se visto dalla
prospettiva dei figli oppure dei genitori. In relazione ai figli del divorzio la letteratura (Cigoli, 1998)
considera come variabili fondamentali: l’età del minore al momento della separazione ed il genere.
Per quanto riguarda l’età abbiamo considerato, in primo luogo, quattro fasi in cui l’evento divorzio
può accadere: la prima infanzia (da zero a tre anni), la seconda infanzia (dai quattro ai sei anni), la
fanciullezza (dai sei ai dieci anni) e l’adolescenza (dai dieci ai diciotto anni). Secondariamente, in
riferimento al modello psicodinamico, abbiamo descritto il bambino inserito nelle dinamiche
edipiche. In tal modo ad ogni fase di sviluppo le possibili conseguenze risultano differenti poichØ il
soggetto si troverà in fasi specifiche dell’evoluzione, e la separazione dei genitori sarà vissuta
differentemente a seconda della fase evolutiva in cui il bambino si trova.
In riferimento al genere del soggetto la letteratura a riguardo assume posizioni discordanti
(Cattellino, 2010) poichØ non è chiaro se siano i maschi o le femmine a soffrirne maggiormente. A
tal proposito vengono introdotte due possibili interpretazioni. La prima sostiene che i figli maschi
sono maggiormente esposti ai conflitti coniugali rispetto alle figlie femmine e quindi sarebbero piø
“a rischio”. La seconda interpretazione (teoria del ruolo sessuale) afferma che i conflitti di lealtà
sono piø frequenti e piø forti quando i figli vivono col genitore di sesso opposto e di conseguenza
non sussisterebbe alcuna differenza di genere.
La ricerca scientifica, in un’ottica di promozione del benessere psicologico, ha prestato sempre piø
attenzione alle variabili ambientali che possono influenzare il bambino durante o dopo il divorzio.
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In questa direzione abbiamo adottato quelli che in letteratura (Amato, 2000) sono indicati come
fattori di rischio (conflittualità elevata tra genitori, depressione materna, denigrazione di un
genitore, triangolazione, genitore disturbato, cattiva relazione con il genitore affidatario,
diminuzione delle risorse economiche, scarso sostegno della rete parentale ed amicale) e fattori di
protezione (buone relazioni di attaccamento ad almeno un genitore anche se l’altro è assente, buoni
rapporti con il genitore affidatario, buoni rapporti con il genitore non affidatario, genitore non
disturbato, presenza di un altro adulto significativo, buone relazioni con i fratelli, buone relazioni
amicali, tipo di famiglia costruita dopo la separazione, buona autostima, buone capacità intellettive).
Pertanto l’interazione tra fattori di protezione e fattori di rischio determineranno un buono o un
cattivo adattamento alla situazione che potrebbe sfociare in comportamenti disfunzionali, come ad
esempio la “genitorializzazione” del bambino o la triangolazione delle dinamiche familiari. Risulta
dunque fondamentale anche il contributo delle teorie sistemiche (Gambini, 2007) anche per
comprendere le famiglie divise.
Successivamente sono stati illustrati i diversi modelli teorici di riferimento sviluppati in relazione
agli effetti del divorzio sui genitori (Modello di Bohannan, 1973; Modello di Kaslow, 1995; Everett
e Volgy, 1987; Modello di Gutmann, 1993), e che descrivono le varie fasi della trasformazione
psicologica rispetto al divorzio. Inoltre attraverso ulteriori modelli concettuali (Maccoby, 1993;
Emery, 2008) e in riferimento a recenti studi scientifici (Lubrano Lavadera, Laghi, Togliatti, 2011)
abbiamo descritto le relazioni genitoriali (sia tra ex coniugi che tra genitori e figli) durante e dopo la
separazione. Infine è stato dedicato uno spazio a due “funzioni” fondamentali chiamate in causa nel
processo del divorzio: quella coniugale e quella genitoriale. Infatti lo scopo della transizione
psicologica in relazione al processo psicologico del divorzio è di salvare il legame genitoriale
nonostante il vincolo coniugale si sia sciolto, allo scopo di tutelare il benessere psicofisico dei figli.
Il secondo capitolo si propone di delineare gli aspetti legali del divorzio, a partire dall’introduzione
del divorzio in Italia, per concentrarsi poi sull’evoluzione giuridica che esso ha prodotto. Il divorzio
ha fatto la sua prima comparsa in Italia il 1° Dicembre del 1970; tale legge è stata modificata varie
volte: prima con la l. 1 Agosto 1978 n. 436, successivamente con la l. 6 Marzo 1987 n. 74, ed infine
con il d.l. 14 Marzo 2005 n. 35 (convertito nella l. 23 Gennaio 2006, n.51).
Per quanto concerne la locuzione “separazione legale”, essa indica sia uno specifico stato dei
rapporti fra i coniugi, sia i procedimenti giudiziari che vi portano. Attualmente i procedimenti
giudiziari di separazione legale sono due: consensuale (ove vi è accordo fra i coniugi su tutte le
condizioni della separazione) e giudiziale (pronunciata dal giudice con una sentenza, quando la
prosecuzione della convivenza è diventata intollerabile). Inoltre vi è una terza possibilità di
separazione che è quella di fatto in cui può accadere che i coniugi decidano di comune accordo di
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vivere separati o che uno di essi si allontani dalla residenza familiare, senza ricorrere al giudice
affinchØ pronunci la separazione.
Lo scioglimento del vincolo matrimoniale ha effetti diversi per i genitori e per i figli. Ciò che
sembrava molto complesso sotto l’aspetto psicologico risulta chiaro e regolamentato sotto l’aspetto
giuridico ove il divorzio determina la cessazione dei vincoli matrimoniali. Gli ex coniugi,
riacquistando lo stato libero, non avranno alcuna relazione giuridica familiare tra loro. Lo
scioglimento del vincolo coniugale e la conseguente fine della convivenza non influiscono sui
doveri verso i figli. Tuttavia con la separazione si pone il problema pratico della coabitazione dei
figli con i genitori e il criterio guida per prendere qualsiasi decisione in merito è l’interesse del
minore. Il modello piø utilizzato prima del 2006 era quello dell’affidamento esclusivo in cui i figli
erano affidati ad un solo genitore, che esercitava la potestà, appunto, in via esclusiva.
Con l’entrata in vigore della l. 54/2006 sull’affidamento condiviso i figli sono affidati ad entrambi i
genitori, che esercitano la potestà di comune accordo, come se il nucleo familiare fosse ancora
unito. La legge pone l’affidamento condiviso come regola di base e fa dell’affidamento esclusivo
l’eccezione (Lenti, Long, 2012). Tale criterio intende realizzare il principio secondo il quale i figli
hanno il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e con i
rami parentali da cui discendono, nonostante la cessazione della convivenza dei loro genitori (diritto
alla bigenitorialità). L’interesse morale e materiale dei figli è l’unico criterio che il giudice
considera nel decidere sul loro affidamento, sulla loro collocazione residenziale e sui tempi e le
modalità della loro permanenza presso ciascun genitore ed anche sugli interventi a tutela del minore
stesso.
Nella conclusione del secondo capitolo sono state illustrate alcune sentenze che riconoscevano la
presenza di PAS (Sindrome da Alienazione Genitoriale) in relazione ai casi di separazioni
conflittuali.
All’interno del terzo capitolo, infine, abbiamo descritto alcune sindromi che possono essere
associate ai casi di separazione conflittuale. Le prime sindromi analizzate sono state la Sindrome
della Madre Malevola (Turkat, 1995) e la Sindrome di Medea (El Khayat, 2006), entrambe
connotate da una serie di azioni malevole (come ad esempio menzogne) e comportamenti dolosi
messi in atto dalla donna contro l’ex marito, da cui ha divorziato o sta divorziando, per punirlo, per
allontanarlo o escluderlo dalla vita dei figli. Esso è uno schema comportamentale anomalo sempre
piø frequente nei divorzi di genitori con figli.
Successivamente è stata descritta la sindrome del Padre Interdetto (Rowles, 2002), caratterizzata da
una serie di fattori di stress che possono investire i padri divorziati, associati a traumi da divorzio da
perdita del ruolo paterno. Si manifesta attraverso sintomi di depressione e di stress post traumatico
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che investono gli ambiti di vita quotidiana (ad esempio ripercussioni sul posto di lavoro). Tale
situazione è stata distinta dal Mobbing Genitoriale. Quest’ultimo indica l’adozione da parte di un
genitore, separato o in via di separazione dall’altro genitore, di comportamenti aggressivi
preordinati e/o comunque finalizzati a impedire all’altro genitore, attraverso il terrore psicologico,
l’umiliazione, e il discredito familiare, sociale, legale, l’esercizio della propria genitorialità; è svilita
e/o distrutta la sua relazione con il figlio o i figli, impedendo al genitore mobbizato di esprimerla
socialmente e legalmente (Cavedon, Magro, 2008).
Infine verrà descritta la Sindrome da Alienazione Parentale (Parental Alienation Syndrome, PAS)
(Gardner, 2004), identificata, all’interno di un acceso dibattito scientifico, come un vero e proprio
quadro patologico. Essa è un disturbo che può insorgere nei figli, in conseguenza alle controversie
tra i genitori per il loro affidamento. Avviene principalmente nei casi di divorzio conflittuale e di
affidamento esclusivo, quando il genitore a cui sono stati affidati i figli mette in atto strategie di
esclusione nei confronti dell’altro genitore, servendosi direttamente o indirettamente del “conflitto
di lealtà” per influenzare i figli in modo che rifiutino l’altro genitore o interrompano il rapporto con
esso. Dunque all’interno di tale dinamica psicologica vi è un genitore “alienante” e un genitore
“alienato”. Il genitore alienante agisce in modo tale da influire sui figli affinchØ si deteriori
maggiormente il loro rapporto con quello affidatario. Inoltre abbiamo ritenuto necessario prendere
in considerazione gli aspetti psicologici del genitore alienante, di quello alienato e del minore
vittima di alienazione.
Tale patologia mostra come sia indispensabile un modello teorico sistemico che consideri il
genitore alienante, il genitore alienato ed il minore vittima di tale sindrome. La complessità del
fenomeno PAS richiede interventi preventivi multidisciplinari in cui vari ambiti (psicologico,
sociale e giuridico) comunichino tra loro.
In conclusione sarà possibile evidenziare come il divorzio si configuri come un processo
decisamente complesso che si snoda attraverso un doppio binario – giuridico e psicologico – in cui
però troppo spesso si tende a dare per scontato che i tempi legali e quelli psicologici siano gli stessi
– cosa che invece raramente avviene.
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CAPITOLO 1
Il divorzio: processo di trasformazione psicologica.
In un certo senso tutta la nostra vita potrebbe essere
descritta come un continuo processo di separazione:
infatti la capacità di separasi dai primi attaccamenti infantili
sta alla base del processo di individuazione e dello sviluppo
di un «senso di sØ» autonomo. Ed è attraverso successivi distacchi
che ci costruiamo come individualità capaci di rapportarci ad altre individualità.
(D. Francescato)
All’interno di questo primo capitolo dedicheremo la nostra attenzione al tema del divorzio e della
separazione genitoriale
1
.
In letteratura è ampiamente condivisa l’introduzione del termine “processo” e non di evento
(necessariamente traumatico), quando si affronta il tema legato alla separazione proprio per
sottolinearne la dinamicità che comporta un’evoluzione delle relazioni famigliari sul piano
coniugale, sul piano genitoriale e su quello che riguarda l’ambiente esterno (famiglie d’origine,
amici). Cigoli (1998) sottolinea come le tendenze della ricerca empirica sul tema del divorzio
presentino i seguenti aspetti:
1. l’attenzione dei ricercatori si rivolge al divorzio inteso come un processo psicosociale
multidimensionale all’interno del contesto socioculturale e non come un singolo evento
traumatico;
2. si ritiene che un modello del processo di divorzio e dell’adattamento delle persone alla
separazione debba tener conto della natura dinamica del fenomeno e dei reciproci effetti che
esistono tra le percezioni che gli individui hanno delle relazioni e le relazioni che
costruiscono e le circostanze associate al cambiamento di vita;
3. tale concezione della separazione-divorzio come processo ha aperto la strada a una
valutazione degli effetti di tale processo che considera gli stadi di sviluppo individuale in
ogni suo aspetto (psicosociale, psicosessuale e socio cognitivo) e delle differenti fasi del
ciclo di vita familiare, in cui è osservato l’impatto dell’evento.
Dunque all’interno di questo capitolo descriveremo alcuni modelli teorici del divorzio che
presentano le caratteristiche sopra elencate.
1
Per approfondimenti sulla distinzione giuridica tra divorzio e separazione si rimanda il lettore al capitolo secondo.
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1.1.1 Il fenomeno sociale del divorzio: alcuni dati Istat (2012)
Riportiamo alcuni dati ISTAT in merito all’epidemiologia del fenomeno Separazione e Divorzio.
La prima tabella mette a confronto la frequenza assoluta dei matrimoni, delle separazioni e dei
divorzi. Riscontriamo i seguenti i risultati:
Tab. 1. Matrimoni, Separazioni e Divorzi. Anni 1995-2010 (Istat, 2012)
divorzi
separazioni
matrimoni
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010
27,0 32,7 33,3 33,5 34,3 37,6 40,1 41,8 43,9 45,1 47,0 49,5 50,7 54,4 54,5 54,2
52,3 57,5 60,3 62,7 64,9 72,0 75,9 79,6 81,7 83,2 82,3 80,4 81,4 84,2 85,9 88,1
29,00 27,86 27,77 28,00 28,03 28,44 26,00 27,00 26,41 24,90 24,77 24,60 25,04 24,66 23,06 21,77
Da questi dati emerge come il numero dei matrimoni sia in calo: dal 1995 riscontriamo un valore
pari al 29% invece nel 2010 il valore raggiunge il 21,7%. Le separazioni aumentano dal 1995
passando dal 52,3% al 88,1% nel 2010. Anche la frequenza dei Divorzi aumenta dal 27% arriva fino
al 54,2% nel 2010.
Riportiamo i risultati del numero medio di separazioni e divorzi in valori assoluti:
Tab. 2. Numero medio di separazioni e divorzi per 1000 matrimoni. Anni 1995-2010 (Istat, 2012)
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010
Divorzi 79,7 96,9 99,9 100,9 104,2 114,9 123,8 130,6 138,6 143,8 151,2 160,6 165,4 178,8 180,8 181,7
Separazioni 158,3 175,4 185,6 195,0 203,8 228,0 242,6 256,5 250,4 272,6 272,1 268,1 273,7 286,2 296,9 307,1
Tale tabella specifica i risultati di quella precedente in cui è evidente l’incremento sia del numero
delle separazioni che dei divorzi. Si evince come la frequenza dei divorzi pervenga da un 7,9%
(1995) ad un 18,17% (2010). Anche la frequenza delle separazioni aumenta da 15,83% (1995) a
30,71% (2010).
La frequenza con cui separazione e divorzio si presentano nel ciclo di vita della coppia e della
famiglia è tale per cui alcuni autori s’interrogano su quanto essi siano ancora da considerarsi un
evento critico paranormativo oppure un’eventualità attesa (Arace, 2008).