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PREMESSA
Il mio lavoro è diviso in cinque capitoli e un‟introduzione iniziale nella quale ho
trattato, in linea generale, del principio dell‟“esclusività” della religione
musulmana messo, però, in discussione a partire dalla seconda metà del XIX
secolo a causa dello scontro del mondo islamico con l‟Europa e la sua espansione
coloniale e a causa di un movimento generale verso la modernizzazione che ha
portato le legislazioni moderne europee a sostituirsi o sovrapporsi alla legge
musulmana in alcuni ambiti. Nel primo capitolo ho ritenuto opportuno spiegare,
brevemente, come funziona il diritto islamico e quali sono le sue fonti principali
per rendere più chiara la differenza esistente tra la nostra moderna concezione del
diritto e lo spirito della legge islamica e ho accennato, inoltre, al sistema giuridico
islamico moderno; la combinazione di diritto occidentale moderno e di diritto
islamico, infatti, è una caratteristica della situazione giuridica in numerosi stati
islamici. Nel secondo capitolo, molto più ampio, viene affrontata la questione del
divorzio partendo da una discussione generale, intervallata da alcuni cenni al
matrimonio islamico e al matrimonio cristiano, prima di approfondire l‟analisi.
Tra i temi trattati, infatti, troviamo: il ripudio nel diritto musulmano classico
spiegato attraverso una serie di citazioni coraniche (tratte di volta in volta dalla
traduzione di Alessandro Bausani, Sansoni, Firenze, 1989); il ripudio secondo
alcuni |ad†Å, ovvero la tradizione canonica musulmana; i diversi modi in cui si
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scioglie il matrimonio e le forme di ripudio rimaste nell‟Islam come ricordo
dell‟Arabia antica; il divorzio nell‟epoca moderna presentato attraverso una serie
di riforme significative introdotte nel diritto di famiglia musulmano; il ripudio
islamico pronunciato in alcuni paesi europei e, per concludere, alcune opinioni e
statistiche concernenti il divorzio. Nel terzo capitolo ho raccolto tutte le notizie
riguardanti la vita e le opere dell‟autore che ho dovuto tradurre dall‟arabo in
quanto non reperibili in nessun altra lingua europea. Il quarto capitolo, invece, è
interamente dedicato alla traduzione di una parte considerevole dell‟opera “a¥-
Ţal…q” (“Il Divorzio”), una delle più importanti di µUmar Riÿ… Ka||…lah. In linea
generale, si tratta di una ricerca riguardante il divorzio presso antichi popoli, quali
i Cinesi, i Giapponesi, gli Indiani, gli Egiziani, i Greci, i Romani e le tre leggi
divine introdotte da Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Al tempo stesso, è uno
studio riguardante le norme relative al divorzio che ricorrono negli statuti di
alcuni Stati europei e americani contemporanei e un esame delle conseguenze che
ne derivano. È su questo studio che ho deciso di concentrare maggiormente la mia
attenzione, facendone l‟oggetto principale della mia traduzione. Infatti, dopo una
generale lettura dell‟opera e un‟introduzione concernente i diversi significati dati
alla parola “¥al…q”, il divorzio nell‟epoca preislamica, i vari tipi di separazione e
di divorzio nell‟Islam e la citazione di alcuni versetti coranici sul divorzio e i
rispettivi commenti, ho preferito soffermarmi in particolar modo sugli ultimi
capitoli del libro nei quali si trattano argomenti che ho ritenuto molto più
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interessanti e attuali. Si tratta appunto di capitoli dedicati al divorzio islamico
nell‟epoca moderna e del divorzio, in linea generale, in alcuni Stati europei e
americani contemporanei. La mia intenzione, infatti, non è soltanto quella di
fornire una descrizione del divorzio islamico in sé, restringendo in tal modo la
trattazione dell‟argomento a un solo ambito, ma di ampliare la discussione
facendo qualche riferimento anche al divorzio in Occidente, in particolare alla
maggiore libertà degli occidentali nel chiederlo, che viene confermata dalle varie
statistiche presentate. Nella scelta degli argomenti trattati nella mia tesi ho cercato
anche di rispettare, quando è stato possibile, il percorso fatto dall‟autore
nell‟ultima parte del suo libro, molto più ricca di riflessioni. In essa Ka||…lah
sottopone la questione del divorzio all‟analisi di numerose personalità note o poco
note, per lo più filosofi, giuristi, criminologi, antropologi, sociologi e scrittori in
genere. Le varie opinioni, le affermazioni e i diversi punti di vista, che di volta in
volta troviamo in essa, sono spesso intervallati da dettagliate statistiche e dalla
menzione di sentenze di divorzio realmente pronunciate dai giudici. Non mancano
nel testo svariati articoli del Codice civile di alcuni Stati europei, oltre a brevi
cenni storici relativi al Cristianesimo e alla Riforma Protestante. Il quinto
capitolo, infine, riguarda la dettagliata analisi, linguistica e testuale, della
traduzione e la risoluzione dei principali problemi traduttivi. A seguire la
Bibliografia e la Sitografia di riferimento.
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Introduzione
L‟Islam determina la vita dell‟individuo nei suoi aspetti sia privati che pubblici;
nello stesso tempo esso è stato la base dell‟ordinamento dello stato e della società
del “mondo islamico”. Ciò che fondamentalmente distingue la storia dell‟area
islamica da quella dell‟“occidente cristiano” è il fatto che non c‟è stata una netta
separazione tra questioni temporali e questioni religiose dal punto di vista teorico.
Lo sviluppo della stessa religione, dello stato islamico e dei suoi ordinamenti
sociali nonché della cultura islamica si sono delineati perciò in modo decisivo.
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Avendo esteso la sua egemonia e la sua influenza sui paesi conquistati dagli Arabi
al di là della penisola arabica, l‟Islam nascente si trovò in presenza di
civilizzazioni e di sistemi giuridici più vecchi, le cui regole non erano
necessariamente in armonia con i suoi principi.
Bisogna ricordare che lo Stato musulmano era fondato sul principio
dell‟esclusività della religione musulmana. Quella superiorità implicava, dunque,
per i suoi adepti, una sorta di egemonia dell‟Islam su tutte le altre fedi. I fedeli
delle altre credenze religiose riconosciute dall‟Islam avevano, quindi, in terra
d‟Islam, solo il diritto a certe pratiche rituali e a regolare lo statuto personale
secondo le proprie leggi applicate dai loro tribunali religiosi.
1
Agostino Cilardo (ed. italiana a cura di), L‟Islam oggi, Edizioni Dehoniane, Bologna, 1993, p.
303.
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Questo postulato di base deve essere preso in considerazione per valutare
l‟ampiezza dell‟evoluzione che ha avuto luogo a partire dalla seconda metà del
XIX secolo.
Lo scontro con l‟Occidente e la sua civiltà superiore ha scosso profondamente i
musulmani e il mondo islamico nell‟età moderna. All‟inizio del XIX secolo, si è
resa evidente l‟inferiorità del mondo islamico in molti settori, un‟inferiorità che
non sarebbe dovuta affatto esistere secondo la convinzione, che il musulmano ha
saldamente radicata in sé, dell‟ordinamento perfetto e della superiorità del mondo
plasmato dalla sua religione.
La decadenza dell‟Impero Ottomano, che ha rappresentato politicamente
l‟ecumene islamico per molti secoli, era già iniziata prima del secolo XVIII anche
se le strutture politiche, economiche e sociali nonché il sistema di valori culturali
erano rimasti ancora completamente intatti. Lo scontro con l‟Europa del secolo
XIX, che allora stava realizzando la sua espansione coloniale, portò gran parte del
mondo islamico a perdere la sua indipendenza. Ciò fu dovuto, in particolar modo,
alla parziale occupazione o l‟amministrazione da parte delle potenze coloniali
europee e alla nascita della produzione industriale in Europa occidentale, causa di
una rapida decadenza economica dell‟area islamica e di un crescente processo di
marginalizzazione e dipendenza economica. Con la diffusione della scienza
occidentale, inoltre, la cultura basata sulle tradizioni islamiche si dimostrò
incapace di accettare la sfida spirituale del mondo che si stava trasformando.
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In certo qual modo apparve chiaro al musulmano che la superiorità della sua
religione era messa in discussione. Per lui, infatti, la situazione del suo mondo era
segno dell‟azione di Dio nella sua comunità, che egli aveva fondato con il Profeta
Mu|ammad e che aveva guidato con la legge islamica (šar†µa).
Nel quadro del movimento generale verso la modernizzazione, nella seconda metà
del XIX secolo, numerose legislazioni di origine o di ispirazione europea furono
adottate in alcuni ambiti. Queste legislazioni moderne si sono sostituite, in molte
sfere di attività, alla legge musulmana, oggi considerata come il diritto comune di
applicazione generale. Così, malgrado una somiglianza apparente tra le norme di
conflitto
2
introdotte nel sistema di diritto positivo in vigore in alcuni paesi
musulmani e quelle applicate nella maggior parte dei paesi europei, i tratti
distintivi della legge musulmana (šar†µa) rimangono indiscutibili. Ciò è
soprattutto percepibile nelle norme di conflitto della legge in materia di diritto di
famiglia e di successione.
3
L‟Islam e la sua legge, la šar†µa, sono consacrati come il pezzo forte e il tratto
distintivo della società musulmana contemporanea, malgrado l‟introduzione di un
diritto di origine occidentale nel diritto positivo. Questo è vero anche nei paesi che
hanno adottato delle norme di conflitto vicine alle nozioni e ai concetti propri alla
2
Norme del Diritto Internazionale Privato la cui funzione è quella di individuare il diritto
materiale applicabile alle fattispecie che presentino significative connessioni con diversi sistemi
giuridici nazionali, ovvero di individuare la tipologia di trattamento da adottare per tutti quei casi
che presentano elementi di estraneità rispetto all'ordinamento giuridico statale dov‟è nata la
conflittualità. Si tratta di norme meramente strumentali, nel senso che non si applicano alla
disciplina materiale dei rapporti giuridici.
3
Jean-Yves Carlier-Michel Verwilghen, Le statut personnel des musulmans:Droit comparé et
droit international privé, Bruylant, Bruxelles, 1992, pp. 313-314.
10
cultura giuridica contemporanea dell‟Occidente. Dietro le apparenti somiglianze
dei testi giuridici in vigore nei paesi arabi e in quelli dell‟Europa occidentale,
l‟analisi della realtà giuridica dimostra chiaramente che l‟Islam e le soluzioni
apportate dalla sua legge, la šar†µa, continuano ad essere onnipresenti e
preponderanti.
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1
Cenni sul diritto islamico
1.1 Il diritto islamico e le sue fonti
Prima di addentrarci nella descrizione del diritto islamico e delle sue fonti è
opportuno fare una breve precisazione.
Secondo il diritto musulmano, il mondo si divide essenzialmente in d…r al-isl…m
(terra d‟Islam) e d…r al-|arb (terra di guerra). La prima è il territorio in cui si
applica la legge musulmana, cioè sottomesso al potere dello Stato musulmano; la
seconda, terra di guerra, sarebbe ogni regione o paese fuori dal controllo del
potere politico islamico, anche se comprende dei musulmani tra i suoi abitanti.
4
Lo spirito della legge islamica è assai diverso dalla nostra moderna concezione del
diritto. Infatti, al posto dello Stato, fonte della norma giuridica, c‟è Dio, Capo
della comunità islamica (Ummah). Dio ha stabilito le norme che devono regolare
la condotta dell‟uomo nei suoi rapporti con la divinità, con il prossimo e con sé
stesso. Il complesso di queste norme è chiamato Šar†µa; la dottrina sviluppatasi
per lo studio, l‟interpretazione e l‟attuazione delle norme della šar†µa è chiamata
Fiqh. Quest‟ultimo non è applicato integralmente in quasi nessun paese
4
Carlier-Verwilghen, Le statut personnel des musulmans:Droit comparé et droit international
privé, cit., p. 315.
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musulmano, tranne che nella parte relativa al culto, allo statuto personale e al
diritto familiare e successorio.
Quanto alle fonti del diritto islamico, le principali sono il Corano e la Sunna.
5
Ad
esse si aggiungono l‟IÞm…µ, ossia il “consenso”, grazie al quale poterono
penetrare nell‟Islam norme giuridiche proprie di popoli diversi da quello arabo,
che la dottrina islamica accolse, fuse e completò, e che divennero uno dei fattori
dell‟evoluzione storica dei musulmani. La quarta fonte del diritto è detta Qiy…s,
“analogia” o deduzione analogica, in virtù della quale un caso non contemplato
dal Corano, dalla Sunna o dall‟IÞm…¼, viene assimilato a un caso previsto in una
di queste fonti, in base a un elemento che colleghi fra loro i due casi.
6
Oltre alle quattro fonti ufficialmente riconosciute, una certa rilevanza viene data
anche alla Consuetudine, grande fonte di norme giuridiche, specialmente ai nostri
giorni in cui si sente il bisogno di un adeguamento alla realtà moderna.
Le differenti opinioni sul contenuto delle fonti e la diversa applicazione delle
norme ai singoli casi, causarono il sorgere di varie scuole di diritto, tra cui ne
prevalsero quattro, riconosciute come ortodosse: la hanafita, la malichita, la
sciafiita e la hanbalita, ciascuna delle quali prende il nome dal suo fondatore.
5
La parola Qur´…n, Corano, nel senso di lettura recitata, recitazione deriva dal verbo arabo qara½a
(leggere). Esso è il Libro che contiene la dottrina comunicata, con assoluta certezza, da
Mu|ammad ai suoi seguaci, dopo averla ricevuta da Dio, tramite l‟Arcangelo Gabriele. La Sunna,
invece, è composta dagli atti, dai detti e dall‟approvazione di altri fatti e detti da parte del Profeta e
ha un‟autorità altrettanto valida quanto quella del Corano. Si veda Rita di Meglio, Islam, uno
sconosciuto in Occidente: la religione islamica alla luce del Corano e della Sunna, Pironti,
Napoli, 2003, pp. 47-52.
6
Ad esempio: il Corano proibisce il vino. Lo proibisce perché ubriaca; perciò, saranno vietate tutte
le bevande inebrianti e le sostanze stupefacenti.
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La prima scuola ha un‟impronta di liberalismo, la seconda è legata alla tradizione
ma non contraria all‟analogia e alla ricerca di ciò che è più utile alla società
musulmana. La terza si trova in una posizione intermedia fra le altre due citate,
mentre la quarta è rigidamente tradizionalista.
Tra esse non vi sono differenze fondamentali e, in linea di massima, queste
potrebbero essere paragonate alle diversità esistenti tra i codici europei.
La preponderanza di una scuola piuttosto che un‟altra nei vari paesi musulmani è
dipesa dalla tendenza del sovrano che l‟ha imposta in una determinata epoca,
come anche da altri fattori storici.
Le scuole menzionate sono considerate quelle che, all‟epoca dei loro fondatori e
in quelle immediatamente successive, hanno stabilito per sempre tutti i principi e
le norme del diritto.
Più precisamente, con la fine del III secolo dell‟Egira si è chiusa la porta
dell‟Iºtih…d, cioè dello “sforzo” per l‟elaborazione del diritto, mediante lo studio e
l‟impiego diretto delle fonti. I giuristi successivi e quelli moderni hanno avuto e
hanno soltanto la possibilità di seguire le decisioni degli elaboratori delle quattro
Scuole, per cui non possono riferirsi ai versetti del Corano e della Sunna per
trarne delle norme. Inoltre, non hanno potuto e non possono contraddire l‟IÞm…µ e
servirsi del qiy…s in maniera personale. Possono solo usare il taql†d,
l‟“imitazione”, mettendo in pratica quanto stabilito dai predecessori.
14
Per questo motivo i giuristi successivi hanno potuto e possono soltanto
commentare le opere dei maestri, creare corollari e casistiche e, se costretti,
cercare di evadere dalle strettoie della legge.
1.2 Il sistema giuridico islamico moderno
Il sistema giuridico islamico nell‟insieme rappresenta una fusione di elementi
occidentali e tradizionali. La šar†µa, il diritto islamico, comprende il diritto
ereditario e di famiglia nonché il diritto penale e il diritto dell‟economia.
La trasformazione politica, sociale ed economica del mondo islamico, dovuta al
suo scontro con l‟Occidente ha messo in questione la validità delle disposizioni
della šar†µa e le ha sostituite con i valori, i principi e gli ordinamenti giuridici del
mondo occidentale.
Caratteristica della situazione giuridica in numerosi stati islamici è una
combinazione di diritto occidentale moderno e di diritto islamico. Nell‟impeto del
processo di modernizzazione dell‟Impero Ottomano, che comprendeva gran parte
del mondo arabo, già nel secolo XIX furono eliminate parti della šar†µa a favore
di disposizioni giuridiche europee. Nell‟epoca del colonialismo europeo questa
evoluzione è continuata e con l‟indipendenza degli stati arabi furono introdotti
ordinamenti europei in molti rami del diritto
7
.
7
Come nell‟ambito del diritto pubblico e costituzionale, il mondo islamico ha così assimilato
anche i principi europei del diritto internazionale. Cfr. Cilardo (ed. italiana a cura di), L‟Islam
oggi, cit., p. 311.
15
Tuttavia, il ramo del diritto ereditario e del diritto di famiglia è rimasto più di tutti
gli altri nell‟ambito di validità del diritto islamico. In numerosi stati islamici,
infatti, nonostante la limitazione della validità del diritto religioso, continua a
esistere la giurisdizione dei tribunali sciaraitici soprattutto per questioni di diritto
di famiglia e s‟intende, generalmente, che il diritto di famiglia comprenda
matrimonio, divorzio, eredità e questioni relative alla custodia dei figli.
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2
Il divorzio
2.1 Discussione generale
Quello del divorzio è un tema controverso. Da un lato, non si può negare che la
dissoluzione del matrimonio sia causa della disgregazione della famiglia con
conseguente incertezza e infelicità per i figli nati dal matrimonio, ma dall‟altro
lato tale dissoluzione è auspicabile quando gli sposi, avendo perso il rispetto
reciproco, non riescono più a vivere in armonia. Portare avanti un matrimonio
infelice genera odio e repulsione e può, così, rovinare la vita delle persone in esso
coinvolte.
L‟Islam ha una visione realistica e positiva delle relazioni umane e quindi
attribuisce grande importanza alla felicità dei coniugi. Secondo questa visione
bisogna fare qualsiasi tentativo per mantenere in piedi un matrimonio ma, nel
momento in cui esso si rivela un fallimento, la legge musulmana non si fa
scrupolo di permettere alle due parti di separarsi.
In linea di principio, il matrimonio islamico è destinato a durare fino alla morte di
uno dei due coniugi. Tuttavia, se il marito e la moglie non vivono più serenamente
insieme e il matrimonio diventa una vera e propria farsa, la sua continuazione non
è più considerata auspicabile. In tali circostanze la legge islamica permette il
17
divorzio e la dissoluzione del matrimonio, sebbene questa soluzione sia la più
detestata da Dio.
Il matrimonio, secondo alcune religioni, è considerato un vincolo sacro e la sua
dissoluzione o non è ammessa oppure è permessa sotto rigide condizioni.
Il matrimonio cristiano in Europa è ritenuto un sacramento e quindi è
indissolubile. Il matrimonio musulmano non è un sacramento. Alcuni autori hanno
affermato che si tratta di un contratto civile, ma quest‟affermazione è inesatta in
quanto il matrimonio islamico non è un mero contratto civile. Esso è un “virtuous
act”
8
, un atto virtuoso, onesto; quindi dire che è un sacramento oppure descriverlo
come un vero e proprio contratto civile è sbagliato.
Elogiato dalla religione, il matrimonio tende a essere trattato come un‟ingiunzione
sacra e assume una posizione intermedia tra i due, l‟essere un sacramento o un
contratto civile. Per quanto riguarda i diritti e i doveri delle due parti, essi, però,
sono governati dalla legge ordinaria dei contratti.
È permesso ai coniugi specificare e limitare i rispettivi diritti e doveri che sorgono
dal matrimonio e fissare, di comune accordo, le condizioni per la sua fine. Gli
autori musulmani lo considerano come “something between religious matters and
worldly affairs ”
9
.
Un matrimonio lega due individui con amore e affetto e unisce due famiglie
mediante un legame di parentela. Quando questi vengono a mancare, la
8
Cfr. Kazi N. Ahmed, The Muslim Law of Divorce, Kitab Bhavan, New Delhi, 1984, p. 2.
9
Ibid., p. 2.
18
continuazione del matrimonio non è più possibile e, dunque, la sua dissoluzione è
permessa.
L‟Islam ha accordato ogni sorta di facilità per formare una famiglia e ha rimosso
tutti gli ostacoli, ma ha anche rigorosamente complicato il divorzio. Esso prova,
dunque, in primo luogo a rinforzare il più possibile i legami coniugali, a meno che
non vi sia più speranza di accordo.
Il Corano dice agli uomini:
“Trattatele comunque con gentilezza, ché, se le trattate con disprezzo, può darsi
che voi disprezziate cosa in cui Dio ha invece posto un gran bene.”
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E alle donne ha detto:
“E se una donna teme maltrattamenti o avversione da parte di suo marito non
sarà male per essi che si mettan d‟accordo fra loro, in pace; poiché la pace è
bene.”
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L‟Islam non considera il divorzio come una disgrazia e nemmeno come
un‟inevitabile conseguenza della cattiva condotta del marito o della moglie; non
costringe i coniugi a condurre una vita infelice quando il matrimonio finisce per
rivelarsi un fallimento, anzi garantisce ai coniugi il diritto di separarsi, solo
quando ogni sforzo di riconciliazione risulterà inefficace. Nello stesso tempo non
riconosce come sufficiente la separazione per motivi frivoli e futili, come in altre
parti del mondo.
10
Cor. Sura IV, 19.
11
Ivi, Sura IV, 128.