Capitolo 1
I DISTURBI DEL TONO DELL’UMORE
1.1. Caratteristiche cliniche dei disturbi
Si possono definire alcune caratteristiche essenziali, che consentono di ricondurre le
innumerevoli manifestazioni cliniche delle singole fasi di malattia, allo spettro dei
disturbi dell’umore e che permettono di identificarne vari sottotipi con precise
implicazioni prognostiche e terapeutiche.
Nell’ambito dello spettro, la presenza di manifestazioni espansive è generalmente
considerata espressione di maggiore gravità della malattia, per la tendenza ad associarsi
con una sintomatologia acuta invalidante e con un numero elevato di ricadute, aspetti
correlati con una risposta positiva alle terapie con Sali di litio e anticonvulsivanti.
Circa il 70% dei pazienti con disturbi dell’umore giunti all’osservazione medica, ha
sofferto di almeno due episodi maggiori di malattia, un numero considerevole ha
presentato manifestazioni psicopatologiche attenuate di tipo temperamentale ed episodi
minori di breve durata risolti spontaneamente.
Ricorrenza a periodicità, rappresentano caratteristiche peculiari, assumendo notevole
importanza ai fini dell’inquadramento diagnostico e scelte terapeutiche.
L’intervallo di tempo tra gli episodi (depressivi, maniacali o misti) varia in maniera
rilevante, oscillando da meno di 48 ore fino ad alcuni anni.
Il fenomeno dell’instabilità dell’umore, caratteristica comune di mania e stati misti, è
rintracciabile anche in alcune forme depressive. L’instabilità affettiva (indipendente
dalla ciclicità) potrebbe essere legata a fenomeni di comorbidità con quadri diagnostici
diversi tra cui: disturbo borderline di personalità, l’epilessia temporale, l’uso di sostanze
1.2. I disturbi dell’umore sono una malattia, non una scelta
I tentativi di suicidio sono circa 10 (con un suicidio portato a termine) ogni 100 pazienti
depressi per un anno. Negli Stati Uniti, per esempio, vengono registrati circa 300.000
tentativi di suicidio e 30.000 suicidi portati a termine all’anno, la maggior parte dei
quali associati alla depressione.
Le conclusioni sono impressionanti, i disturbi dell’umore sono patologie comuni,
debilitanti e potenzialmente fatali, che possono essere curate con successo, ma che di
solito non vengono trattate.
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Sono in corso tentativi da parte delle strutture educative pubbliche, perché si
identifichino i soggetti affetti da tali patologie e vengano trattati efficacemente.
1.3. I disturbi depressivi
1.3.1. Depressione Maggiore Cronica
Nel disturbo depressivo i sintomi soggettivi sono assai variabili. L’umore varia
dall’indifferenza all’apatia ad un profondo abbattimento, scoraggiamento e
disperazione. L’anedonia (la totale incapacità di provare piacere) è una costante esperita
come mancanza di gioia, visibile dall’espressione facciale, nel discorso,nel
comportamento e nello stile di vita.
Questa tipologia di depressione, comprende gli Episodi Depressivi Maggiori di durata
superiore ai 2 anni in assenza di disturbi attenuati cronici preesistenti. Il decorso può
essere unipolare o bipolare (quello unipolare è il più frequente). Non raramente la
Depressione Cronica costituisce il primo episodio di malattia, in questo caso
l’insorgenza è generalmente tardiva, spesso in relazione a degli stressor, sia fisici che
psicologici.
Predittori di cronicizzazione dell’Episodio Depressivo Maggiore possono essere diversi:
il sesso femminile, la durata degli episodi precedenti, l’impiego prolungato di farmaci
sedativo-ipnotici o alcool, l’uso improprio della terapia elettroconvulsivante, la presenza
di disturbi di personalità, neoplasie pancreatiche o linfomi addominali, disritmie del
lobo temporale.
Un decorso cronico interviene nel 10-15% delle depressioni, più frequente nei pazienti
anziani.
Caratteristiche del temperamento e personalità depressa
ξ introversione, problemi di socializzazione
ξ tendenza alla dipendenza nei rapporti interpersonali
ξ ossessività
ξ età di insorgenza prima dei 21 anni
ξ abitualmente più di 9 ore di sonno al giorno
almeno 5 delle seguenti caratteristiche persistenti, nei periodi liberi da episodi affettivi:
ξ triste, privo di humour, pessimista o incapace di gioire
ξ tranquillo, passivo e indeciso
ξ scettico, ipercritico o lamentoso
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ξ coscienzioso, autodisciplinato
ξ tendente a preoccuparsi e a rimuginare
ξ autocritico, con tendenza all’auto-rimprovero e svalutazione
ξ preoccupato per la propria inadeguatezza, fallimento ed eventi negativi
Altri studi hanno evidenziato instabilità emotiva, scarsa obbiettività nel riportare la
sintomatologia ed ipersensibilità agli stressor.
Durante la fase di malattia, un maggior numero di conflittualità, sul piano familiare,
sociale e lavorativo, potrebbe perpetuare la sintomatologia depressiva.
Sintomatologia
Sul versante sintomatologico, alcuni elementi come la tendenza a ipervalutare
l’esperienza depressiva e la prevalenza di sintomi ansiosi, sembrano contraddistinguere
le depressioni a decorso protratto. Le caratteristiche melanconiche di endogenicità come
il rallentamento motorio e psichico (esperito come incapacità di assolvere i normali
compiti), l’alternanza diurna dell’umore, la riduzione dell’appetito e della libido,
risultano poco frequenti. La sintomatologia principale è caratterizzata da ansia,
somatizzazioni, astenia, difficoltà di concentrazione, riduzione degli interessi. Spesso
questi pazienti sono incerti su ogni scelta, la persona descrive la difficoltà o
impossibilità di immaginare o ricordare le emozioni.
Alcuni studi dimostrano che alcuni sintomi quali alternanza diurna dell’umore, risveglio
precoce, rallentamento psicomotorio, riduzione dell’appetito, svaniscono o si attenuano
se la malattia persiste.
Il decorso cronico senza fasi di remissione favorisce l’adozione di particolari modalità
cognitive che determinano una percezione negativa di sé e degli avvenimenti.
La tendenza ad amplificare i propri disturbi, al vittimismo e alla manipolazione, la
spiccata sensibilità agli eventi si acuiscono con la stabilizzazione di sentimenti di
insicurezza e auto-svalutazione.
Nella DEPRESSIONE AGITATA, il grado di agitazione e mobilitazione è estremo,
portando il paziente a un serio rischio suicidiario.
Risulta difficile stabilire in che misura questi aspetti rappresentino l’espressione di tratti
personali o causa diretta della condizione di cronicità.
Specialmente nella maturità, il sorgere e protrarsi dell’ Episodio Depressivo, è
facilmente posto in relazione con eventi di perdita o cambiamenti significativi sul piano
esistenziale legato alla salute, legami affettivi, condizioni economiche o professionali.
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La Depressione Cronica, più di ogni altro disturbo a decorso protratto, è destinata ad
essere strumentalizzata e manipolata dal paziente.
1.3.2. Disturbo Distimico
Con il termine Distimia si fa riferimento a quelle forme depressive a decorso protratto,
in cui la sintomatologia si presenta in forma attenuata ma in modo cronico, senza
periodi di relativo benessere.
Il disturbo si presenta soprattutto con disagi sul piano sociale, lavorativo, familiare ed
interpersonale. L’età di insorgenza è in genere precoce (prima dei 21 anni). E’ stato
osservato che la Distimia nell’infanzia precede generalmente episodi di Depressione
Maggiore. La fascia di età più colpita è compresa dai 18 ai 45 anni, anche in questo caso
la popolazione più colpita risulta essere quella femminile.
Generalmente questi pazienti hanno una storia familiare di disturbi dell’umore ma non
sembra esistere una familiarità specifica per la distimia, è probabile che caratteri
genetici indipendenti e/o fattori acquisiti, svolgano un ruolo importante nella
determinazione del disturbo.
Come per la Depressione Maggiore cronica la presenza di disturbi fisici quali: disturbi
cardiaci, gastrointestinali, urogenitali o mentali concomitanti, vengano considerati
fattori predisponenti allo sviluppo della Distimia, che può essere associata ad altre
malattie psichiatriche quali: Depressione Maggiore, Disturbi D’Ansia, Somatiformi, di
Personalità e Borderline.
Dal punto di vista psicopatologico, la Distimia si esprime con manifestazioni attenuate e
spesso il quadro è oligosintomatico. Il disturbo è caratterizzato principalmente per
sentimenti depressivi, astenia e ipersonnia (sintomi somatici più rappresentativi), il
pessimismo, l’anedonia, l’auto-svalutazione, l’insicurezza e la difficoltà di rendimento
sul piano prestazionale, è inoltre presente la tendenza a ruminazioni su problematiche
sentimentali, lavorative ed esistenziali. Non sono presenti: insonnia tardiva,
manifestazioni psicotiche o caratteristiche melanconiche, come gravi alterazioni
dell’appetito e della libido.
In molti casi non è presente la consapevolezza della malattia e spesso la tonalità
dell’umore è considerata un aspetto caratteriale, in quanto la precoce insorgenza e la
lunga durata, rafforzano questa convinzione sia nel paziente che nell’ambiente
circostante. La propensione ad assumere atteggiamenti passivi, evitanti e dipendenti può
portare ad una compromissione di rapporti familiari ed interpersonali, le conseguenti
difficoltà e frustrazioni porteranno ad un rafforzamento delle condotte disadattive.
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Akiskal ha proposto di distinguere all’interno dei quadri distimici le forme
“sub-affettive” da quelle caratteriologiche (“character-spectrum”) in base alla differente
risposta ai trattamenti farmacologici.
Distimia subaffettiva: la latenza REM sarebbe ridotta (<70 minuti) analogamente a
quanto avviene nella depressione maggiore e sarebbe presente una risposta favorevole al
trattamento con TCA e Sali di litio, in monoterapia o in associazione. In queste forme
sarebbero frequenti le brevi fasi ipomaniacali, talora in relazione ai trattamenti con
farmaci antidepressivi.
Distimia “Character-spectrum”: non mostrerebbe una risposta soddisfacente al
trattamento farmacologico con TCA o Sali di litio e la latenza REM sarebbe compresa
nel range della normalità (70-110 minuti).
Altre caratteristiche comprendono l’abuso di alcool e di farmaci ed elevate percentuali
di alcolismo nell’anamnesi familiare.
La prognosi della Distimia sarebbe meno favorevole di quella degli episodi maggiori,
con una percentuale di guarigione in un di 2-3 anni intorno al 40%. Le ricadute a un
anno sono più frequenti di quelle riportate per gli episodi effettivi pieni.
TERAPIA: nel disturbo depressivo minore si utilizzano antidepressivi in dosi blande, in
particolare SSRI e Amisulpride che causa iperprolattinemia (amenorrea e galattorrea) ed
effetti extrapiramidali, ai quali si associano Benzodiazepine per insonnia ed ansia. Nelle
forme croniche il problema dei farmaci è la ricaduta immediata in caso di sospensione
della terapia. Ai farmaci si accompagna Psicoterapia Cognitiva, che interviene sul
pensiero errato del paziente nei confronti del mondo esterno e Psicoterapia
Psicodinamica , che indaga sui vissuti emotivi del paziente per ricercare e correggere i
conflitti inconsci profondi che stanno all’origine del disturbo.
1.3.3. Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato
Questa categoria include i disturbi con manifestazioni depressive che non soddisfano i
criteri per Disturbo Depressivo Maggiore, Disturbo Distimico, Disturbo
dell’Adattamento con umore depresso e/o ansia.
Esempi di Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato includono:
Disturbo disforico premestruale: nella maggior parte dei cicli durante l’ultimo anno.
troviamo sintomi quali: umore marcatamente depresso, ansia, irritabilità, ridotto
interesse per le attività. Questi sintomi devono essere abbastanza gravi da interferire con
lavoro, scuola o attività abituali, ed essere completamente assenti per almeno una
settimana dopo le mestruazioni.
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