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INTRODUZIONE
Il mercato globale, oggi più che mai, condiziona le strategie e il modo di operare delle
imprese che ne fanno parte. Le grandi multinazionali, competono in un unico grande mercato.
Per loro, sviluppare una efficiente rete organizzativa ed operativa a livello globale,
rappresenta una grandissima sfida. Il processo di internazionalizzazione è un processo lungo e
tortuoso, pieno di insidie e fattori che non possono essere previsti, ma solo risolti nel miglior
modo possibile. Le mosse dei principali concorrenti nel mercato globale, come l’entrata in
nuovo paese, costringono gli altri competitor ad attuare delle contromosse. Quindi, sarà
fondamentale avere grande flessibilità e capacità d’adattamento alle condizioni che genera il
mercato. Una delle strategie più usate, è l’esportazione tramite intermediario estero,
all’interno delle quali troviamo il distributore. Il ruolo del distributore come strategia di
internazionalizzazione, in letteratura, spesso è descritto semplicemente come fase iniziale
seguita da un investimento diretto estero. Come sempre però, ci sono delle eccezioni, alcune
volte il distributore può rappresentare la scelta migliore con un minor investimento, che
permette di raggiungere risultati anche maggiori rispetto ad un IDE.
Insieme con la globalizzazione, è cresciuto anche il potere della grande distribuzione. A loro
volta, anche i retailers sono diventati delle “multinazionali”, assumendo un ruolo
imprescindibile all’interno del canale di distribuzione e condizionando le strategie di
marketing e vendita, delle imprese che non possono fare a meno di loro, per raggiungere
importanti quote di mercato. Cosi che, il controllo e le relazioni che si instaurano nella catena,
produttore – distributore – retailers, rappresentano fattori chiave di successo per tutte le parti
della supply chain.
In questa tesi, andremo ad analizzare il mondo complesso della rete distributiva
internazionale. Prima di tutto, cercheremo di capire il perché una multinazionale dovrebbe
adottare il distributore indipendente estero come strategia di internazionalizzazione. Vedremo,
come la relazione e il controllo all’interno della supply chain, sono fattori critici che possono
influenzare le performance dell’intermediario. Inoltre, analizzeremo il potere e i conflitti che
si generano nel canale di distribuzione e come il fornitore riesce a gestire il grande potere dei
retailers.
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Da un analisi generale, passeremo ad un’ analisi contestualizzata nel mercato della tecnologia
di consumo, prendendo come riferimento la Nikon, impresa leader nel settore della
fotografia, che nel suo network globale fa ampio uso di distributori, riscontrando grandi
successi. Due di questi distributori, Nital SPA (distributore ufficiale in Italia) e Finicon SA
(distributore ufficiale in Spagna) sono stati oggetto di un analisi più dettagliata ed hanno
risposto alle domande che sono state poste loro, relativamente ai temi principali riscontrati nel
testo.
L’obiettivo, dunque, sarà quello di capire se i temi e i problemi riscontrati, sono rilevanti nella
realtà del mercato e per i distributori in questione. Andando ad analizzare quali sono i fattori
chiave di successo, su cui può far affidamento il distributore, quali sono le preoccupazioni
principali relativamente al rapporto con il produttore e con il canale di distribuzione. Infine,
verrà dimostrato come l’utilizzo del distributore non si limita solo al suo ruolo di
“trampolino” per accedere nel mercato estero, ma può diventare un intermediario permanente
nella strategia di internazionalizzazione.
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CAPITOLO I
FORME ORGANIZZATIVE DELLE MULTINAZIONALI
1. CATENA GLOBALE DEL VALORE
Il concetto di catena del valore viene introdotto da Porter nel 1985, come strumento di
benchmarking per le imprese. Il modello della catena del valore, permette di scomporre
l’impresa in attività individuali, attraverso le quali quest’ultima raggiunge un vantaggio
competitivo e crea valore per il consumatore. Nel nostro caso, ci interessa analizzare tale
modello in relazione alle scelte organizzative di internazionalizzazione delle imprese che si
affacciano sui mercati esteri. Infatti, la catena del valore, è utile anche quando si tratta di
prendere decisioni riguardanti l’outsourcing (esternalizzazione delle attività) o l’off-shoring
(delocalizzazione delle attività).
Porter nella sua opera, “competition in global industries”, sottolinea come la competizione
internazionale già dagli anni 50, ha segnato l’inizio di un cambiamento epocale. Il vantaggio
competitivo di un impresa multinazionale, si sviluppa in funzione sia del valore fornito al
compratore, che delle stesse performance delle attività, ed entrambi dovranno essere maggiori
rispetto ai valori e le performance raggiunte dai competitors. Con lo scopo di guadagnare
vantaggi di costo o di differenzazione mantenibili nel tempo. La catena del valore, categorizza
le diverse attività di un impresa. Queste attività possono essere raggruppate in due tipologie:
Attività primarie le quali sviluppano la creazione fisica del prodotto o del servizio, come la
logistica, il marketing, i servizi post vendita; e attività di supporto, le quali forniscono gli
inputs o le infrastrutture che permettono la realizzazione delle attività primarie (vedi il
seguente riquadro per un maggior dettaglio).
Attività primarie:
Logistica in entrata, attività che comprendono l’archiviazione, elencazione e raggruppamento
degli input nel prodotto. Funzioni di manipolazione dei materiali, stoccaggio, gestione delle
scorte, pianificazione del trasporto e gestione dei fornitori.
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Operations, attività quali la lavorazione a macchina, il packaging, l’assemblaggio, la
manutenzione delle apparecchiature , il collaudo e il management operativo.
Logistica in uscita, attività che comprendono l’elaborazione degli ordini, lo stoccaggio, la
pianificazione del trasporto e la gestione della distribuzione.
Marketing e vendite, riguardano le attività che convincono gli acquirenti ad acquistare il
prodotto, come la pubblicità, la promozione, la vendita, la determinazione del prezzo, la scelta
del canale di distribuzione, e la gestione della vendita al dettaglio (retail)
Servizi post vendita, sono le attività che comprendono la gestione del prodotto dopo la
vendita, garantendo la qualità e aggiungendo valore tramite la formazione, la fornitura delle
parti di ricambio e le varie attività di CRM che perfezionano il valore del prodotto
permettendo un’interazione con il cliente anche dopo la vendita.
Attività secondarie o di supporto:
Approvvigionamento, dove sono comprese tutte le attività come l’acquisto di materie prime, le
forniture e i contratti di negoziazione con i fornitori.
Sviluppo della tecnologia, quindi le attività di R&S, i miglioramenti dei prodotto o dei
processi, la riprogettazione e lo sviluppo dei nuovi servizi.
Gestione delle risorse umane, attività quali l’assunzione e la formazione, la retribuzione e il
mantenimento dei dipendenti sono fondamentali per capitalizzare al meglio le risorse umane.
Infrastruttura aziendale, le varie attività di pianificazione, la finanza, la contabilità, le
questioni pubbliche e la gestione della qualità che possono fare la differenza tra il successo e
il fallimento.
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Le attività all’interno della catena del valore, non sono indipendenti, ma sono tutte collegate
tra loro. Sono molti i collegamenti tra le attività, non solo all’interno dell’impresa, ma anche
all’esterno, con le attività dei fornitori e con quelle dei canali di distribuzione. La catena dal
valore dei fornitori, fornirà gli input alla catena del valore del produttore; e anche i canali di
distribuzione, avranno la loro catena del valore, attraverso la quale passeranno i prodotti o i
servizi dell’impresa. Inoltre, un impresa diversificata, con più divisioni o unità di business,
potrà presentare più di una catena del valore, costituendo ciò che Porter definisce “value
system”.
Le connessioni delle attività all’interno di questo sistema, diventano essenziali per il
raggiungimento del vantaggio competitivo; e in un contesto internazionale, l’impresa dovrà
decidere come dividere le proprie attività della catena del valore tra i diversi paesi.
Concentrandoci principalmente sull’internazionalizzazione delle attività downstream,
(marketing , distribuzione e vendita, logistica ecc.) è quasi indispensabile che queste vengano
stabilite vicino ai consumatori, per tutti i vantaggi che ne derivano. Oggi è normale
concentrare le attività della catena del valore in più di un paese e sarà quindi fondamentale
una efficace coordinazione tra le unità di business. Infine, un concetto che sta guadagnando
popolarità è quello di catena del valore globale (Gary Gereffi , 2011), basato sulla creazione
del valore attraverso tutta la gamma delle possibili attività della catena del valore disperse
geograficamente. Questo nuovo approccio, esplora anche il più ampio contesto istituzionale,
come le politiche commerciali, gli standard e le regolamentazioni, in base ai paesi dove sono
localizzate le varie attività della catena.
Sono diversi i fattori che possono influenzare un tipo di organizzazione piuttosto che un'altra,
spingendo l’impresa ad attuare strategie competitive a livello globale o strategie più sensibili
alle realtà locali. Influenzando cosi, la struttura di quella che abbiamo chiamato, “catena
globale del valore”.
1.1. Forze che conducono alla globalizzazione o alla frammentazione
Le forze globalizattrici e frammentatrici, influenzano le strategie internazionali in modo
contrapposto, se è solito che in base ai diversi settori possono predominare le une o le altre,
non va dimenticato che le imprese possono essere affette da entrambe allo stesso tempo
( Prahalad e Doz, 1987).
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Forze che conducono alla globalizzazione:
- Importanza dei clienti e dei competitor multinazionali; le imprese che dipendono in
buona misura dagli acquisti dei loro clienti multinazionali, sono condizionati dalle
strategie che adottano e molte volte, dovranno stabilizzarsi nei distinti paesi dove
operano questi clienti per sfruttare i vantaggi di una maggiore vicinanza. Il livello di
globalizzazione dei competitors è un buon indicatore delle caratteristiche del settore,
però allo stesso tempo rappresenta anche una pressione che forza le imprese locali a
globalizzarsi. Se non vogliono perdere i loro vantaggi competitivi, infatti, sono
costrette a seguire le strategie di internazionalizzazione dei loro competitors nei
diversi mercati esteri.
- Universalità dei gusti e dei bisogni; il fatto che consumatori di diversi paesi abbiano
gli stessi gusti e necessità rispetto ad una data categoria di prodotto o servizio,
favorisce il lavoro delle multinazionali, che forniranno un catalogo con variazioni
minime per i diversi mercati, favorendo cosi l’integrazione. Se visitiamo le pagine
web di Sony, Nikon o Samsung, di differenti paesi, possiamo notare come il formato
sia lo stesso e i prodotti che offrono hanno le stesse caratteristiche. Questo perché non
esistono grandi differenze tra il consumatore giapponese, messicano, od europeo per
quanto riguarda, ad esempio, le fotocamere digitali.
- Intensità dell’investimento; gli elevati costi di sviluppo di un nuovo prodotto, hanno
un effetto simile a quello dell’economie di scala. Per ammortizzare i forti
investimenti, sarà necessario avere la possibilità di commercializzare il prodotto nel
mercato globale. Infatti solo con una buona quota di mercato si possono coprire i costi
di sviluppo.
Forze che conducono alla frammentazione:
- Costi di trasporto e magazzinaggio; il costo di trasporto, per alcune imprese, può
rappresentare una percentuale elevata del prezzo di vendita e potrebbe anche
neutralizzare tutto il vantaggio che deriva dalla concentrazione della produzione,
obbligando l’impresa a realizzare stabilimenti produttivi vicino al mercato di
riferimento e disperdendo cosi la produzione in più paesi.
- Esigenze del governo locale; il desiderio dei governi locali di mantenere il controllo
sulla propria economia e aumentare la crescita, si traduce spesso nell’adozione di
misure che limitano le capacità di agire delle imprese estere, che operano in quel
territorio. Le restrizioni al commercio, eliminano le possibilità di competere con i
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produttori locali, quindi le imprese estere saranno costrette ad adattarsi alle specifiche
del mercato oppure ad abbandonarlo.
- Differenze di gusti e bisogni, esistono diversi bisogni che una categoria di prodotto
può soddisfare in varie forme, per le quali differenti caratteristiche del prodotto sono
apprezzate in diversi modi dai consumatori dei vari paesi. Le specifiche esigenze dei
mercati, raramente si presentano in una forma chiara e articolata, andranno capite solo
mediante una interazione giornaliera con gli agenti del mercato domestico, obbligando
le imprese a localizzarsi in tale mercato,(o ad attuare modalità operative estere che
permettano una maggiore conoscenza, affidandosi a distributori locali).
- Struttura del marcato; in base a come è caratterizzato il mercato di riferimento, le
multinazionali incontreranno più o meno difficoltà, per esempio, alcune delle grandi
catene europee di distribuzione sono da molto tempo entrate nel mercato brasiliano,
argentino e messicano, dove hanno raggiunto i primi posti. In Cile invece, la
situazione è diversa, catene come Carrefour hanno dovuto abbandonare il mercato
Cileno a seguito di diversi anni di perdite. Wal-Mart, non ha neanche provato ad
entrare in questo mercato. È successo che di fronte alla minaccia internazionale, i
distributori cileni, hanno rafforzato le loro relazioni con i fornitori e i consumatori
locali, hanno osservato e imitato le migliori modalità operative dei competitor
stranieri, adattandole al loro profondo conoscimento del mercato locale,
incrementando cosi, la logistica, l’offerta del prodotto e dei servizi per il consumatore.
Annullando qualsiasi vantaggio dei competitor internazionali.
- Differenze nei canali di distribuzione; le differenze all’interno dei canali di
distribuzione nei vari paesi e le differenze nelle politiche di prezzo, posizionamento
del prodotto, promozioni e pubblicità, favoriscono la sensibilità locale. Favorendo la
creazione di filiali che sono incaricate di realizzare queste funzioni.
Fondamentalmente, le imprese estere adattano la loro strategia in base a chi detiene la
distribuzione nel paese di riferimento.
Quindi, in linea generale, le forze globalizzatrici favoriscono l’integrazione delle attività a
livello mondiale, mentre le forze frammentatrici generano come risposta la sensibilità locale
da parte delle imprese. Senza dubbio, quando bisogna essere sensibili alle differenze dei vari
mercati, senza perdere però i vantaggi che derivano dall’integrazione globale, sarà necessaria
una coordinazione globale delle attività. Definiamo questi tre aspetti:
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Integrazione, (secondo Prahalad e Doz 1987) è la gestione centralizzata, in modo continuo,
delle attività geograficamente disperse. L’integrazione, va vista come un sistema di
interdipendenze che racchiude tutta l’impresa.
Sensibilità locale, si riferisce alle decisioni che riguardano le risorse che vengono assegnate e
usate in modo autonomo dalla filiale, principalmente come risposta alla domanda competitiva
e ai clienti locali. La sensibilità locale, la possiamo intendere come la disposizione della
multinazionale, ad includere nella propria strategia le esigenze particolari dei distinti mercati
in cui opera, in base alle quali adotterà diverse modalità operative estere.
Coordinazione strategica, riguarda la gestione congiunta dell’assegnazione delle risorse tra le
varie unità dei diversi paesi. La coordinazione, viene associata alla capacità decisionale delle
distinte unità, che godranno di un elevata autonomia, però con il fine di una strategia comune.
2. PRINCIPALI FORME ORGANIZZATIVE DELLE MULTINAZIONALI E
TECNICHE OPERATIVE
Relativamente alle prospettive globali, le modalità operative estere (o foreign operation
methods) molte volte, sono prese in base alle decisioni dei competitor globali, che possono
influenzare i vari stakeholders locali, incluso il management. La scelta ottimale di switch o
combinazione delle modalità operative, dipende in parte, da che punto si è nel processo di
internazionalizzazione (Andersen, 1993)
In questo paragrafo, analizzeremo solo gli stage di una multinazionale matura e una neonata:
La multinazionale neonata (infant) si caratterizza per avere un distinto centro operativo nel
paese di origine, dove si concentra il management. Tutte le attività downstream e upstream
sono soggette ad una coordinazione centrale. Mentre la multinazionale matura, è
caratterizzata da diverse strutture corporative, che possono essere più o meno indipendenti
oppure le possono essere assegnate speciali responsabilità.
Per quanto riguarda le “infant multinational”, possiamo distinguere tra export sales firm e
international sourcing firm (Bartlett and Ghoshal, 1989). Invece, le multinazionali mature, si
possono dividere in quelle che seguono una strategia di risposta rapida in base ai bisogni
locali, multidomestic corporations, e quelle che perseguono una strategia globale integrata,
global corporation, fino ad arrivare alle imprese che, grazie ad un ottima coordinazione tra le
attività su scala globale riescono a formare delle organizzazioni transnazionali.
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Le tipologie di imprese che analizzeremo ora sono dei casi estremi, nel mondo reale ci sono
infinite possibilità di combinare le seguenti strategie.
Nel caso di multinazionali neonate è probabile che ci troveremo di fronte a queste due
tipologie organizzative:
2.1. The export sales firm
(Example of value chain configuration of an export sales firm, from Foreign operation methods)
Questa prima tipologia, è caratterizzata principalmente da attività downstream, vendite,
servizio clienti, marketing, situate in diversi paesi. Però, il sourcing viene fatto nel paese di
origine. L’obiettivo della export sales firm è aumentare velocemente il suo volume di vendita.
La soluzione più rapida è nominare degli intermediari esteri (distributori o agenti di vendita) o
franchisees, ed entrare cosi in molti mercati in poco tempo. Però a causa del rischio di Hold-
up e l’avversione alla crescita dell’intermediario, lo sfruttamento delle piene potenzialità del
mercato sarà difficilmente raggiungibile. Ma sarà utile all’inizio per accrescere il knowledge
del mercato di riferimento.
Successivamente il mode switching, per una export sales firm, rappresenterà il passaggio da
un intermediario estero ad una filiale o ufficio vendite di rappresentanza. Un primo step,
verso l’internalizzazione dei suoi canali di vendita, sarà quello di servire direttamente i clienti
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chiave. La segmentazione del mercato in clienti locali e globali, può essere combinata con la
divisione delle responsabilità di marketing, tra il distributore estero e l’impresa entrante.
Attraverso la dual distribution, l’impresa entrante, accorcia i tempi per misurare la
potenzialità di vendita e ottiene anche una notevole esperienza sul mercato di riferimento. Ma
entrambi i benefici, portano a un rischio di conflittualità nel canale di distribuzione.
Dual distribution: Consiste nel distribuire il prodotto attraverso l’utilizzo di più distributori
autorizzati all’interno di un mercato, non è illegale, ma la legge vuole che si trattino i
distributori allo stesso modo. Per prevenire conflitti all’interno del canale è consigliabile
limitare i distributori autorizzati in un dato mercato o area geografica. Cercare cioè di
assegnare i distributori sufficienti per il raggiungimento degli obiettivi di vendita.
2.2. The international sourcing firm
(Example of value chain configuration of an international sourcing firm, from Foreign operation
methods)
Questa tipologia di impresa è caratterizzata dall’internazionalizzazione di attività upstream,
come la produzione, l’approvvigionamento di materie prime, in diversi paesi, mentre solo le
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vendite restano nel paese di origine. Queste imprese, non sono comuni come le exporting
sales firm, ma possiamo trovare diversi esempi nell’industria tessile e dell’abbigliamento di
qualche paese industrializzato, dove il prezzo maggiormente competitivo dei produttori
asiatici, ha condotto a una delocalizzazione delle cosiddette attività upstream ad alta intensità
lavorativa. Le International sourcing firm, tipicamente stipulano contratti per le attività
upstream con gli operatori esteri (oppure tramite outsourcing), per guadagnare l’accesso ad
una manodopera di basso costo. Soprattutto nel settore tessile e dell’abbigliamento, si è fatto e
si fa grande ricorso alla delocalizzazione nei paesi del sud est asiatico. Tuttavia, dopo che
molte attività della catena del valore sono state de-localizzate, il bisogno di internalizzare è
diventato più pressante. Mentre l’internalizzazione delle export sales firm, viene fatta per
risolvere i problemi tra gli agenti esterni, nel caso delle International sourcing firm, si tende a
internalizzare quando l’importanza strategica delle attività delocalizzate inizia ad aumentare.
Invece, se il processo di internazionalizzazione delle imprese, si è già compiuto o è in uno
stato di maggiore avanzamento, le tre principali modalità organizzative sono le seguenti
(Porter 1986; Prahalad and Hammel, 1990; Barlett and Ghoshal, 1989; Yip 1992) :
2.3. Impresa Multidomestica
In questo tipo di focus strategico, la mentalità dell’impresa è finalizzata ad ottenere posizioni
importanti nei mercati chiave. La gestione delle operazioni estere, viene pianificata come un
insieme di attività indipendenti, (come se fossero ognuna un impresa domestica), unite da una
proprietà comune e dalla tecnologia sviluppata dalla casa madre. Il modello multi-domestico,
permette alle imprese di essere estremamente sensibile alle differenze dei mercati locali e alle
politiche nazionali, acquisendo una forte presenza locale che è considerata la chiave di questo
modello. La scarsa interazione tra le distinte unità dell’impresa multidomestica, non implica
che non esistano vincoli tra di esse, ma questo è semplicemente dovuto dal fatto che l’impresa
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non ottiene grandi vantaggi dall’integrazione delle attività. Il controllo e la coordinazione si
raggiungono principalmente attraverso relazioni personali di fiducia tra l’apice strategico
della casa madre ed i dirigenti delle filiali. Per quanto riguarda la distribuzione delle risorse e
la delegazione di responsabilità, le imprese nazionali hanno un autonomia organizzativa ed
una grande libertà strategica.
(Example of value chain configuration of a Multidomestic firm, from Foreign operation methods)
Le modalità operative estere nell’ impresa Multidomestica:
La Multidomestic corporation, è caratterizzata dalla replicazione delle attività downstream nei
diversi paesi, ma non solo, perché replica anche alcune attività upstream come il back
office/supporting. In altre parole, la M.D pratica una dispersa configurazione della catena del
valore globale, questo significa che il valore delle singole attività, è replicato a seconda del
paese di riferimento (Porter 1986). L’impresa M.D, è solita usare una vasta gamma di M.O.E,
tra cui l’esportazione, modalità contrattuali e investimenti diretti. Gli ultimi, sono i più
utilizzati per i mercati che raggiungono un livello sufficiente rispetto le varie attività della
catena del valore. In mercati con grandi risorse e potenziali di vendita, la M.D da un certo
punto in poi, inizia ad internalizzare le sue attività (sia upstream che dowstream), per
esempio, può passare da un accordo di licence ad una filiale di produzione interamente
posseduta, oppure da un distributore a una filiale di vendita. Inoltre, la competizione globale
può indurre l’impresa ad abbassare i prezzi al di sotto del costo totale per danneggiare i suoi
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competitors. Queste strategie, sono difficili da implementare usando degli intermediari esteri,
per esempio, un distributore si opporrebbe fortemente a delle politiche di riduzione di prezzo.
L’impresa M.D in alcuni casi, è portata anche ad esternalizzare alcune parti della catena del
valore. L’esternalizzazione (outsourcing) di attività locali, è data dal bisogno di
specializzazione che sarebbe svantaggioso se fatto all’interno dell’impresa su piccola scala.
Invece, la combinazione di modalità operative estere complementari, dipenderà dal trade off
che si crea, tra avere una specializzazione della M.O.E e i costi fissi che si hanno per
intraprenderla.
2.4. Global Corporation
La strategia globale, definisce, il disegno del prodotto, la localizzazione, gli impianti di
produzione, la scelta della tecnologia, la strategia competitiva, sotto il presupposto di un
mercato unificato ed omogeneo. Riguarda, il classico metodo di esportazione del prodotto
standardizzato, fabbricato su scala globale da un impianto centrale. La configurazione
globale, è basata sulla centralizzazione di risorse e responsabilità nella casa madre. Le unità
straniere, sono semplicemente canali di distribuzione per un mercato globale unificato, in
maniera che si riesce ad ottenere una elevata integrazione tra le differenti unità. In caso ci
fossero grandi pressioni economiche, potrebbero installarsi stabilimenti di montaggio locali,
ma anche in questo caso, le linee direttive continuerebbero ad essere emanate dalla sede
centrale che mantiene uno stretto controllo. Le filiali, hanno molta poca libertà per creare
nuovi prodotti o strategie, essendo filiali strettamente controllate, comunque, è abituale il
flusso di componenti tra i vari impianti specializzati. Un modo di coordinamento che viene
utilizzato, è il controllo diretto attraverso visite alle filiali da parte dei dirigenti della sede
centrale. Molto spesso il personale che occupa posizioni chiave in qualsiasi parte del mondo è
della stessa nazionalità della casa madre.
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(Example of value chain configuration of a Global comp. from Foreign operation methods)
Le modalità operative estere nella Global Corporation:
L’impresa globale, è caratterizzata dalla replicazione delle attività downstream nei mercati
esteri. Invece, per quanto riguarda le attività upstream, c’è una divisione globale del lavoro in
in unità specializzate, principalmente internalizzate. L’impresa globale impiega una catena del
valore concentrata a livello globale, per queste imprese, la sfida sarà coordinare le attività
estere interdipendenti su scala mondiale. L’impresa globale tendenzialmente concentra le
attività upstream e disperde geograficamente quelle downstream. La forte dipendenza tra le
attività concentrate (centralizzate), implica che ci sia una forte internalizzazione di queste
attività e quindi saranno utilizzati investimenti diretti esteri (FDI). Le unità estere,
acquisiscono responsabilità a livello mondiale e vengono viste come centri di eccellenza, per
queste ragioni, non è conveniente fare un outsourcing di tali attività. Infine, la divisione
globale del lavoro, è associata ad una intenso scambio di beni intermedi, servizi, diritti di
proprietà e conoscenze (anche in termini di brevetti). Riguardo alle attività downstream
l’internalizzazione è invece meno probabile, le vendite cosi come il servizio clienti, sono
attività che restano disperse geograficamente ed adattate ai singoli paesi.
2.5. L’impresa transnazionale: “pensa globalmente e agisci localmente”
Tale impresa, si caratterizza per l’esistenza di molti tipi di centri nei differenti paesi, ognuno
di questi apporta nuove idee e prodotti che saranno utilizzati su scala globale (Prahalad y Doz,
1987). Le funzioni della direzione generale sono disperse geograficamente. Nella situazione
più estrema ogni filiale potrà essere allo stesso tempo, un centro di coordinazione di attività a
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livello globale in un determinato campo e un agente periferico che si occupa della
distribuzione globale per un altro campo. Potrà esistere, un centro di R&S in Olanda, con
responsabilità globali, una sede centrale di una divisione di prodotto in Germania,
responsabile del prodotto principale, un centro di marketing per i mercati dell’Asia e un
centro di acquisto a livello globale a Londra. Questo ci porta a considerare, tale impresa,
come una rete integrata di operazioni. La strategia corporate, si deve formulare e
implementare in una rete geograficamente dispersa. Ci saranno ruoli diversi per ogni filiale,
favorendo cosi la flessibilità necessaria per operare e competere a livello mondiale. A
differenza delle relazioni di dipendenza, che si formano nell’impresa globale, o della forte
indipendenza nell’impresa multidomestica, in questo tipo di organizzazione, si sviluppano
relazioni di interdipendenza tra le varie unità di prodotto, geografiche o funzionali, e tra
queste e la direzione generale. Quindi, possiamo parlare, di una rete che viene creata e
mantenuta grazie all’eliminazione della burocrazia, alla differenziazione e alla delegazione e
dispersione delle strutture. L’informazione, viene compartita e diffusa in tutte le parti
dell’organizzazione, cosi che, tutti i membri siano coscienti delle strategie e degli obiettivi
primari. In questo modo, potranno rispondere rapidamente alle opportunità locali,
conciliandole con l’interesse globale. Per quanto riguarda la pianificazione strategica,
metaforicamente parlando, possiamo dire che non ci sarà un cervello dell’impresa che si
occupa di questo, ma sarà l’impresa tutta, il cervello che pianifica la strategia.