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venivano venduti ai clienti finali come riproduzioni, ma spesso come
originali. I primi stili che si impararono a riprodurre furono quelli del
Settecento, veneziano in particolare, per poi passare all’Ottocento, al
Novecento ed agli stili precedenti. Il mobile della zona, conosciuto come
mobile d’arte, perché imitava alla perfezione l’originale, sia per i legni , sia
per le lavorazioni, diventò così mobile in stile: se infatti non si potevano
usare sempre i legni antichi, (che man mano che cresceva l’attività nell’area
diventavano sempre più rari), si prestava comunque attenzione ai particolari
delle diverse epoche, ricreando le stesse forme e finiture. La domanda
diventò sempre maggiore e per accontentare i diversi clienti, dalle diverse
possibilità di spesa, si abbandonò in parte il mobile d’arte, il quale, se anche
si poteva produrre con ottimi legni stagionati (anche se non antichi), risultava
troppo costoso ai più. Non è facile fare una distinzione fra mobile in stile e un
mobile d’arte, ma come la parola stessa dice, nel secondo c’è un apporto di
manualità, di artigianaltà che lo elevano sopra altri mobili in stile meno
pregiati. Mentre gli anni passavano, i gusti dei consumatori si rivolgevano
meno ad un determinato stile o periodo storico, ma richiedevano comunque
un mobile raffinato le cui forme richiamassero comunque la tradizione e
l’antico; si iniziò così a chiamarlo mobile classico. Oggi la denominazione
non è certa nemmeno presso gli stessi titolari delle diverse attività, se non per
quei prodotti che escono ancora dalle poche botteghe artigianali che si sono
mantenute su alti livelli qualitativi, creando anche in questo nuovo secolo
degli autentici mobili d’arte.
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Non è possibile fissare una definizione precisa ad un prodotto come il
mobile veronese; noi chiameremo l’insieme delle diverse tipologie, realizzate
nella Bassa veronese, mobile classico e in stile e riservando la
denomimìnazione “d’arte” solo al ristretto numero di prodotti di qualità
superiore.
Dopo momenti alterni nelle vicende economiche del settore dell’area,
come il boom degli anni sessanta e settanta e il crollo degli anni intorno al
1980, e dopo le varie problematiche che ancora oggi affliggono la Bassa
veronese del mobile, oggi la produzione d’arredamento classico e in stile si
presenta nel distretto così: 1.574 aziende del settore, 5.898 addetti e un
fatturato che si aggira sui 1.000 miliardi di lire. I paesi considerati sono 14,
per il loro tradizionale ruolo che hanno avuto nell’ospitare questi produttori e
perché ancora oggi concentrano la maggior parte delle aziende del settore.
Il mercato attuale in Italia e all’estero è molto diverso da quello di
cinquanta anni fa; è cambiata la distribuzione, sono cambiati i gusti, sono
cambiati i modi di produrre. In questa tesi di laurea cercheremo di capire
come si è evoluto il distretto, a partire dalla sua origine fino ai giorni nostri;
si conoscerà la sua situazione attuale, attraverso analisi quantitative, e il
contesto socio-economico nel quale è inserito, con uno sguardo agli attori che
sono coinvolti nel suo sviluppo. Successivamente l’analisi si allargherà alle
altre produzioni nazionali e estere, utili per capire quali concorrenti possono
minacciare la sua produzione, ma anche per avere dei termini di confronto e
valutare le opportunità mancate e ancora attuabili che si sono presentate negli
anni. Nell’ultimo capitolo, la discussione si concentrerà soprattutto sulla fase
di declino della domanda e sulle difficoltà che le aziende stanno affrontando
soprattutto da qualche anno. Con l’utilizzo dell’analisi SWOT, cioè
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esaminando i punti di debolezza e di forza, le opportunità e le minacce, si
delineerà il profilo del distretto, con attenzione alle possibili evoluzioni
future.
Un’ultima precisazione: poiché la maggior parte dei dati relativi a
valori monetari (del distretto veronese e delle altre produzioni italiane), è
precedente al 2002, si è utilizzata come valuta la lira.
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CAPITOLO PRIMO
IL DISTRETTO DEL MOBILE DELLA BASSA VERONESE
Premessa
In questa esposizione useremo un termine ormai consolidato nella prassi,
(usato dai giornali e dai libri) definendo quindi una delimitata zona di produzione
del mobile, nella Bassa veronese, come distretto. Dal dopoguerra esso è sempre
stato caratterizzato da una fortissima concentrazione delle industrie nel settore del
mobile, raggiungendo negli anni sessanta anche punte del 75-80% sul totale
dell’industria manifatturiera dell’area.
A livello legislativo non ha ancora ottenuto un definitivo riconoscimento,
ma la Regione Veneto si sta apprestando ad approvare una normativa che possa
fornire strumenti adeguati ai distretti veneti. Con tali strumenti sarà possibile
accedere a finanziamenti mirati a sviluppare le attività di produzione e
promozione distrettuale, sostenere le nuove imprese e promuovere i settori. Si sta
ancora molto discutendo, nella provincia di Verona, su chi avrà l’incarico di
rendere attuabili tali mezzi, cioè su chi avrà la funzione di intermediario fra
Regione e Bassa veronese (nello specifico). Nel capitolo terzo vedremo quali
attori si sono fatti avanti per questo compito.
Nella attesa di ottenere un elenco definitivo e ufficiale dei comuni
appartenenti al distretto in esame, detto anche di Bovolone-Cerea, dal nome dei
due comuni principalmente interessati dallo sviluppo del settore del mobile,
saranno qui considerati i 14 comuni più coinvolti dalla fase di espansione della
produzione del mobile in stile, iniziata ottanta anni fa ad Asparetto, una frazione
di Cerea; è un elenco utilizzato fin dagli anni sessanta da alcuni libri aventi come
10
oggetto quest’area di produzione e da ricerche recenti, come quella dell’IRES del
1989.
Una prima precisa individuazione fatta dalla Regione risale al 1995, con la
legge del 18 Aprile per la tutela della denominazione di origine del mobile d’arte
in stile, individuando 13 dei 14 comuni considerati in questa tesi di laurea,
escludendo Roverchiara. Si è ritenuto di non escludere questo comune per la
rilevanza che ha mantenuto negli anni in termini di imprese e addetti.
L’area che prendiamo in esame è formata dai seguenti comuni: Bovolone,
Casaleone, Cerea, Concamarise, Gazzo Veronese, Isola della Scala, Isola Rizza,
Legnago, Nogara, Oppeano, Roverchiara, Salizzole, Sanguinetto e San Pietro di
Morubio. Sono situati a sud e sud-est di Verona, in uno spazio delimitato ad ovest
dalla statale n.12, che da Verona porta ad Ostiglia, a sud dalla statale n.10, che da
Mantova porta a Legnago, ad est e a nord dal fiume Adige. E’ attraversato inoltre
dalla regionale n.434. La linea ferroviaria Bologna-Brennero attraversa Isola della
Scala, mentre la Rovigo-Mantova passa per Nogara e Legnago.
1.1 Nascita e sviluppo del distretto
1.1.1 Nascita e crescita fino alla seconda guerra mondiale.
L’artigianato del mobile d’arte nacque ad Asparetto, una frazione del
comune di Cerea, intorno al 1920, per opera di Giuseppe Merlin, un artigiano che
a quei tempi era definito un “marangon”. Egli provvedeva, infatti, alla riparazione
di mobili, soprattutto sedie e tavoli, ma anche di biciclette e altri attrezzi
meccanici. Negli anni si occupò sempre maggiormente di mobili antichi, dei quali
imparò a riconoscere gli stili e le principali caratteristiche. Spesso accadeva che i
11
suoi clienti gli portassero mobili molto rovinati e occorresse ricostruirne parti
intere, divenendo quindi necessaria un’applicazione della sua conoscenza degli
stili unita ad una buona dose di creatività, in modo tale che la parte rovinata o
mancante, una volta riparata o sostituita, rispettasse le caratteristiche stilistiche
proprie di quel mobile.
Un’occasione importante per dimostrare le sue capacità venne da un cliente
che gli affidò una scrivania antica in pessime condizioni: Merlin doveva
ricostruire gran parte del mobile, eseguire un lavoro non da semplice artigiano, ma
da vero e proprio artista. Il risultato fu di tale pregio che la sua fama si diffuse in
breve tempo presso molti antiquari e benestanti dell’epoca. Iniziò così ad
incrementare i suoi rapporti d’affari con i primi, che acquistavano mobili antichi
rovinati per poi affidarli alle mani esperte di Merlin. Quando le sue disponibilità
economiche furono tali da ottenere una certa indipendenza dai suoi principali
clienti, per acquistare in prima persona mobili antichi, ripararli, copiarli e poi
rivenderli, la sua attività commerciale si sviluppò lungo un nuovo percorso. Essa
si concentrava maggiormente nella copiatura dei mobili e nell’interpretazione
degli stili, così da creare rispettivamente opere simili in tutto e per tutto agli
originali e opere nuove, ma fedeli alle caratteristiche stilistiche di una data epoca.
I clienti di queste produzioni appartenevano alla classe media e alta, cioè persone
facoltose che si potevano permettere un mobile costruito da Merlin, il cui prezzo
era notevolmente superiore a quello della gran parte dei mobili prodotti in quel
tempo, che arredavano le case dei meno abbienti, ma sempre inferiore a quello
che avrebbero pagato acquistando un mobile antico originale. Il legno usato era
solitamente molto vecchio, talvolta ricavato da mobili antichi ormai irrecuperabili,
e questo comportava un innegabile pregio che andava a comporre il valore del
mobile, insieme al valore aggiunto dall’abilità di Merlin.
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Oltre ad essere stato un ottimo artista, egli fu anche un ottimo imprenditore:
si preoccupò di diffondere la sua conoscenza del mobile presso gli apprendisti,
che dopo qualche anno di lavoro presso la sua bottega si mettevano in proprio per
vendergli i loro prodotti, in genere mobili grezzi, che si occupava di rifinire e poi
di rivendere. In breve tempo si diffuse questo lavoro nei paesi vicini (oltre Cerea, i
primi furono Bovolone, Casaleone, Isola della Scala, Nogara, Salizzole e
Sanguinetto), tale perciò non era sufficiente il solo insegnamento di Merlin per
permettere ai nuovi artigiani di imparare il mestiere. Per risolvere questo
problema l’Istituto Nazionale del Lavoro organizzò e finanziò nel 1934 la Scuola
Artigiana, ad Asparetto, diretta dal figlio di Merlin. Anche a Bovolone e a Cerea
fu fatto altrettanto. Le lezioni si tenevano alla sera e alla domenica, per permettere
a tutti gli studenti di lavorare e studiare contemporaneamente. La rapida
diffusione del lavoro dell’artigiano del mobile fu favorita dalla perdita di interesse
che manifestavano i giovani nei confronti del lavoro nell’agricoltura, che spesso
era svolto dai loro genitori: vedevano di fronte a sé la possibilità di lasciare una
vita fatta di sacrifici, rischiosa e difficilmente redditizia (almeno per la maggior
parte dei contadini) per un lavoro meno rischioso, che garantiva un buon
guadagno e sicuramente più prestigioso .
Ebbero una grande importanza i rapporti che Merlin sviluppò con altri tre
artigiani: due laccatori (provenienti da Venezia e da Mestre) e l’intagliatore Rizzo
da Venezia. Durante la seconda guerra mondiale essi si stabilirono a Cerea e ad
Asparetto, dove queste figure mancavano, ed insegnarono l’opera agli artigiani
locali.
A differenza di quanto aveva fatto con la sua conoscenza del mobile,
l’artigiano mantenne inizialmente segreta un’innovazione di produzione che gli
permise di ridurre i tempi di lavorazione: applicò un seghetto ad una cucitrice,
13
togliendo quindi l’ago, creando una macchina per ritagliare gli intarsi direttamente
sul legno. Prima di questa invenzione, essi venivano ricalcati su carta oleata, cosa
generalmente fatta da donne e ragazzi giovani, per poi riportarli con carta da
ricalco sui fogli di legno che sarebbero stati segati con il traforo.
1.1.2 Lo sviluppo a partire dalla la seconda guerra mondiale.
Il distretto conobbe due momenti storici di crisi: il primo si ebbe a partire
dagli anni della seconda guerra mondiale a quelli immediatamente successivi; il
secondo durante gli anni ’80.
Allo scoppio della guerra molti giovani furono chiamati alle armi e la
manodopera a disposizione dell’artigianato subì una grave riduzione. La domanda
di mobili crollò, quasi dell’80%, occupando la produzione di quelli che avevano
avuto la fortuna di non partire per il fronte. C’erano in ogni caso altri due
importanti problemi, che aggravavano la già pesante situazione economica della
zona: la difficoltà di trasporto e di pagamento. La maggior parte dei mobili
viaggiava sui treni, che grazie ai collegamenti esistenti, poteva essere trasportata
lungo le linee principali. Il carico era trasportato, con carri trainati da muli, alla
stazione di Cerea (attraversata dalla linea Rovigo - Verona
1
) oppure a Sanguinetto
(dove passava la linea Pavia –Cremona – Mantova - Monselice
2
). I collegamenti
ferroviari erano però utilizzati per lo spostamento delle truppe, mentre all’arrivo
degli alleati furono bombardate per impedire il ritiro dei militari tedeschi. Il
trasporto dei mobili divenne quindi troppo rischioso, anche in relazione al fatto
che il pagamento avveniva solo alla consegna. Anche se il mobile giungeva a
1
Questa linea si collegava poi alla Verona-Bologna.
2
Monselice era attraversata dalla linea Padova-Bologna.
14
destinazione, accadeva talvolta che il cliente fosse impossibilitato a procurarsi il
contante necessario a pagare l’acquisto e l’impegno di pagamento che si assumeva
non veniva sempre onorato.
Nel dopoguerra la situazione finalmente migliorò: l’economia italiana fu
rilanciata dagli aiuti del piano Marshall, le imprese furono favorite da politiche
volte ad agevolare la produzione nazionale, la domanda di beni di lusso (quali i
mobili prodotti nel distretto) riprese a crescere e nel 1950 il reddito prodotto nella
zona raggiunse i livelli degli anni precedenti la guerra.
I rapporti fra gli artigiani e Merlin mutarono da questo periodo. Prima della guerra
essi lavoravano esclusivamente, o quasi, per l’imprenditore, in quanto temevano
di non essere in grado di terminare la costruzione del mobile con la stessa capacità
di Merlin, sapendo che, se avessero rischiato, avrebbero inoltre perso le sue
commissioni. Inoltre non potevano vantare l’ampia rete di rapporti commerciali
che egli aveva costituito e che si estendeva in tutta Europa e perfino negli Stati
Uniti.
La situazione economica, nella quale si ritrovarono nel dopoguerra, era
molto difficile e la necessità di lavorare li spinse a compiere quelle lavorazioni
che anni prima non osavano fare. Il distretto riuscì a risollevarsi, le richieste di
mobili in stile tornarono a dare lavoro ai molti artigiani, in un contesto ora più
complesso, in quanto il ruolo predominante che aveva assunto Merlin fin dalla
nascita di questa realtà industriale risultava ora notevolmente diminuito, mentre
era aumentata l’indipendenza degli artigiani, che si occupavano personalmente dei
rapporti con il cliente finale. Il numero di artigiani, che ora potevano lavorare
senza più il controllo di Merlin, crebbe rapidamente soprattutto negli anni ’60 e
’70, periodo in cui la domanda e la notorietà del distretto raggiunsero il loro apice.
In quegli anni i paesi di Bovolone, Cerea e Sanguinetto, principalmente, erano
15
visitati personalmente da molti acquirenti o persone interessate al mobile che si
produceva nella Bassa Veronese. Gli artigiani si organizzarono quindi per
pubblicizzare i propri prodotti in maniera semplice, ma efficace: ancora oggi si
possono vedere, lungo la statale 10 (che da Mantova passa attraverso Nogara,
Sanguinetto e Cerea) e lungo la strada che collega Bovolone con Cerea, molti
edifici adibiti a vetrine che contengono alcune esposizioni di mobili. Soprattutto
nei decenni scorsi, coloro che viaggiavano lungo quelle strade rimanevano stupiti
dal grande numero di esposizioni, che attiravano i clienti che poco conoscevano la
zona e che quindi non si spingevano all’interno dei paesi per effettuare l’acquisto.
Generalmente queste grandi vetrine, che si estendevano lungo tutta la parete
dell’edificio, rivolte verso la strada, mostravano esemplari che non venivano
venduti, ma avevano la funzione di modelli ai quali i visitatori della mostra
potevano ispirarsi e grazie ai quali i mobilieri mostravano la propria abilità di
artigiani. Terminata la visita all’esposizione, l’acquirente aveva gli elementi per
effettuare l’ordine, ovvero per descrivere il tipo di mobile desiderato e i vari
elementi decorativi da inserire.
La crescita continua ed elevata della domanda causò una rapida
frammentazione delle aziende. Molti dei dipendenti delle botteghe, anche con
poca esperienza, si mettevano in proprio, consci del fatto che, iniziando
un’impresa con scarsi investimenti iniziali, tutto ciò che avrebbero prodotto si
sarebbe facilmente venduto. Gli investimenti venivano effettuati in macchinari
generalmente di scarso contenuto tecnologico (pialle, torni, seghe circolari,
levigatrici ecc.), ma che permettevano una produzione più veloce e che meglio
poteva soddisfare la crescente domanda. La maggior parte di queste imprese non
mutò il suo carattere artigianale per assumerne uno industriale, specializzandosi in
una produzione in serie, ma semplicemente adoperava queste macchine per
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produrre in maggior quantità ciò che prima era prodotto manualmente, con
logiche conseguenze negative per la qualità dei prodotti.
Fino al 1975, anno in cui si registrarono i primi segnali di un rallentamento
che sarebbe poi aumentato negli anni successivi, le imprese conobbero un facile
successo, la disoccupazione era praticamente inesistente e il benessere economico
si diffondeva nei paesi appartenenti al distretto.
Questo generò due effetti negativi: da un lato i mobili venivano costruiti
spesso senza la dovuta cura, frettolosamente, con materiali scadenti e legni poco
stagionati, per cercare di soddisfare tutta la clientela e raggiungere un facile
guadagno; dall’altro lato il benessere economico ottenuto dagli artigiani permise
ai loro figli di avere una vita più facile rispetto a quella che essi avevano avuto,
una vita dove era maggiore il tempo libero da dedicare ad attività non lavorative. I
giovani artigiani passavano minor tempo a lavorare e a capire gli stili, di quello
utilizzato dai primi apprendisti di Merlin. Inoltre le aziende preferivano
organizzarsi autonomamente per formare gli apprendisti, in quanto la forte
domanda di mobili rendeva necessaria una preparazione breve e un rapido
inserimento nella produzione, a scapito di una cultura che avrebbero potuto
apprendere andando nelle scuole per gli artigiani. Si perdeva così quella
conoscenza del mobile e delle varie epoche che aveva caratterizzato la produzione
dei primi anni del distretto; si perdeva la capacità di capire gli stili e di saperli
interpretare, mentre sempre più spesso si copiavano malamente i mobili antichi o
addirittura se ne costruivano nuovi caratterizzati dalla compresenza di più stili
differenti e lontani fra loro.
In questi anni si verificò una trasformazione dell’organizzazione produttiva
del distretto, sia in senso verticale sia in senso orizzontale. Per fare fronte ad una
richiesta di mobili superiore all’offerta, le imprese ricorrevano sempre più spesso
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alla subfornitura, esternalizzando le quote eccedenti la loro capacità produttiva,
originando un processo di specializzazione per alcune delle fasi di produzione che
portava ad un ulteriore aumento del numero delle unità produttive (accanto a
quelle sorte da ex-dipendenti che organizzavano una propria produzione e vendita
del mobile). Nonostante questa tendenza, nel distretto non si è evoluta questa
specializzazione: poche aziende maggiormente strutturate esternalizzavano gran
parte delle fasi, ma la miriade di piccole imprese, che svolgeva l’attività della
subfornitura e riservava una parte della produzione alla vendita diretta, costruiva il
mobile per intero, portando all’esterno solo le lavorazioni particolari, come la
laccatura, la lucidatura, l’intaglio e l’intarsio.
In senso orizzontale si è avuta una specializzazione per tipologia stilistica e
di prodotto: anche se le aziende si sono concentrate soprattutto su alcuni degli stili
ripresi o copiati nella Bassa veronese, come il veneziano (in passato
particolarmente), si sono dedicate e specializzate solo in uno o due per azienda.
Lo stesso non è avvenuto per i diversi tipi di mobile, in quanto la grande
maggioranza produce arredamento per camere da letto, soggiorni e bagni.
Il quadro delle imprese che vendevano mobili si presentava così composto:
sul mercato esistevano ditte che si dedicavano solo alla produzione, sorte da
apprendisti o artigiani che avevano maturato esperienza nel settore, alcune delle
quali si erano ingrandite e avevano assunto connotazioni industriali, mentre altre
erano rimaste imprese di piccole dimensioni ed a carattere familiare; accanto a
queste si erano moltiplicate le aziende i cui titolari erano sempre stati impiegati in
agricoltura, ma poi avevano cambiato settore e si erano messe a costruire mobili,
approfittando del momento favorevole; infine si dedicavano alla vendita anche
molte di quelle aziende che producevano per conto terzi, cercando margini
maggiori con i clienti privati.
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Intorno al 1980 la domanda iniziò a crollare a causa delle frequenti
produzioni scadenti, della crisi economica e del mutamento dei gusti; il distretto si
trovò ad affrontare la seconda crisi.
La conseguenza delle cattive produzioni dei due decenni precedenti si
manifestò in una perdita di fiducia nei confronti degli artigiani del distretto.
Anche molti importatori iniziarono a cessare le loro ordinazioni, stanchi dello
stato in cui arrivavano i mobili dopo lunghi tragitti e del malcontento dei loro
clienti.
Sul fronte del cambiamento dei gusti si riscontra, oggi come allora, una
maggiore tendenza delle giovani coppie nello scegliere l’arredamento della loro
casa con stili moderni, più funzionali, con l’introduzione di elementi di alluminio
o materie plastiche nella composizione dei mobili che diventano così più leggeri;
gusti che poco si adattano con un mobile in stile prodotto nel distretto veronese.
Inoltre questi mobili sono prodotti su scala industriale e hanno costi minori,
elemento questo decisivo nelle scelte degli acquirenti, dopo la crisi economica che
scoppiò sul finire degli anni ’70.
Cessata l’esigenza di esternalizzare la produzione per fare fronte alla vasta
domanda, si ebbe una notevole contrazione del flusso di subfornitura, che invece
aveva contraddistinto gli anni del boom. Tutte quelle imprese nate velocemente
per approfittare della situazione e tutte quelle imprese terziste rimaste con poco
lavoro, e convertitesi alla produzione diretta di mobili, si trovarono così in forte
concorrenza fra loro, in un mercato che offriva ora meno spazio di quanto ce ne
fosse in precedenza.
Le aziende che riuscirono a fare fronte al calo della domanda, soprattutto
interna, furono quelle dotate di una adeguata struttura produttiva e commerciale,
di dimensioni maggiori e di contatti con i mercati esteri. La destinazione delle
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produzioni era spostata da un contesto nazionale ad uno internazionale, l’unico
capace di assorbire l’offerta di mobili che ora più difficilmente trova una
collocazione nei mercati del settore arredamento.
La mancanza, allora come oggi, di aziende di grandi dimensioni capaci di
trainare e regolare il distretto, l’incapacità di organizzare forme attive ed efficienti
di associazionismo (come consorzi o comitati di tutela della qualità), ha impedito
la risposta immediata del complesso produttivo distrettuale ad una situazione di
flessione produttiva costante, intervallata da pochi momenti di ripresa, che si
protrae tuttora, sebbene con variazioni notevolmente minori rispetto agli anni
intorno al 1980, e che al momento non sembra trovare soluzioni sicure e
soprattutto avviate.
1.2 I dati: imprese e addetti
Esamineremo ora i dati riguardanti il numero di imprese e i loro addetti nel
2001, e successivamente procederemo al confronto con quelli riguardante gli anni
precedenti, per studiare l’evoluzione del distretto e i cambiamenti che sono
avvenuti al suo interno. Il confronto avverrà prendendo in esame l’ultimo
decennio, guardando i dati relativi al distretto degli anni 1991, 1996, 2001.
Successivamente gli anni 1971, 1981, 1991 e 2001 secondo la classificazione
ATECO 1991, disponibili solo per la provincia di Verona, sempre esponendo i
dati della sezione “Fabbricazione di mobili”; successivamente si esporranno le
tabelle concernenti agli anni 1961, 1971 e 1981, appartenenti alla precedente
classificazione, contenenti i dati della sezione “Legno-mobile”. Non sarà possibile
quindi un confronto omogeneo fra i dati delle due classificazioni, ma entrambe
saranno utili per capire la vita del distretto fino ad oggi. La scelta di includere
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anche il secondo confronto è data dalla importanza che il decennio 1961-1971 ha
avuto per il distretto, periodo in cui ha conosciuto la massima espansione. Inoltre
per questa classificazione sono disponibili i dati relativi ai comuni interessati.
L’ultima analisi riguarderà la distribuzione di imprese e addetti per
specializzazione produttiva.
1.2.1 Imprese e addetti nella provincia di Verona e in Italia nel 2001.
Iniziamo ad esaminare i dati effettuando una “fotografia” della situazione
attuale. Bovolone e Cerea ospitano in modo evidente il maggior numero di
aziende e di addetti presenti nel distretto. Rappresentano insieme quasi il 51% del
totale delle imprese registrate e il 46% del totale degli addetti.