10
in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione
delle merci, dei capitali e delle persone”; in particolare, i servizi comprendono
“a) attività di carattere industriale; b) attività di carattere commerciale; c) attività
artigiane; d) attività delle libere professioni”
4
. Questa elencazione è comunque
puramente esemplificativa
5
. La definizione di servizio che viene data dalle norme
del Trattato ha dunque una natura residuale; in sostanza, l’art. 60 porta a
considerare come «servizi» tutte le attività economiche che non ricevono una
apposita disciplina in altre parti del Trattato. Da ciò derivano alcuni problemi
interpretativi incrementati dalla peculiarità di un settore che si presenta nel suo
complesso sfuggente e con contorni che talvolta male si prestano ad essere
tratteggiati con precisione
6
.
Tale impostazione, se da un lato comporta una elevata disomogeneità di
contenuti delle attività ricomprese nel concetto di servizio, causa questa delle
difficoltà che si riscontrano nel realizzare una disciplina uniforme dei servizi,
dall’altro è funzionale alle caratteristiche della realtà economica in cui si
inserisce il Trattato: innanzitutto perché tiene conto del “carattere complementare
delle prestazione di servizi rispetto alle altre prestazioni contemplate dalle
disposizioni sulla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone”, ed
inoltre perché “potranno rientrare in futuro in tale definizione tutte quelle
prestazioni che attualmente non si riscontrano nella vita economica o che non
vengono effettuate dietro compenso, se e quando sarà dato riscontrarle o si
pretenderà per esse un compenso”
7
. Aspetto, quest’ultimo, molto importante
soprattutto in un’epoca come quella attuale in cui, grazie (o a causa, a seconda
dei punti di vista) allo sviluppo tecnologico e alla diffusione dell’informatica, si
riscontra un elevato tasso di natività, così come di mortalità, delle professioni.
4
Art. 60 comma 2.
5
Cfr. DRAETTA, Commento all’art. 60, in QUADRI, MONACO e TRABUCCHI (a cura di),
Trattato istitutivo della C.E.E.. Commentario, MI, 1965, Vol. I, pag. 479.
6
Cfr. GREPPI, La disciplina giuridica internazionale della circolazione dei servizi, NA, 1994,
pag. 13.
7
Per entrambe le citazioni v. DRAETTA, op. cit., pag. 479.
11
2. Caratteristiche della prestazione di servizi
Nonostante le circostanze di cui abbiamo parlato sopra, la prestazione di
servizi presenta comunque degli elementi che la caratterizzano, distinguendola
quindi dalle altre forme di svolgimento di una attività economica.
Innanzitutto essa comporta l’esercizio di una attività non subordinata. Non
identificandosi con il lavoro salariato, le attività che rientrano nel concetto di
prestazione di servizi sono perciò sottratte all’apposita disciplina che il Trattato
prevede per la libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità
8
.
Rimane però il fatto che “in certi settori non sarà certo facile determinare quando
un’attività è da considerarsi salariata o meno”
9
.
In secondo luogo, la prestazione di servizi si manifesta con “l’esercizio
temporaneo ed occasionale”
10
dell’attività non subordinata da uno Stato membro
ad un’altro; essa si distingue, perciò, dal diritto di stabilimento, disciplinato dagli
artt. da 52 a 58 del Trattato, che si traduce essenzialmente “nel diritto dei
cittadini di uno Stato membro di esercitare in modo continuo e permanente la
propria attività indipendente in un altro Stato membro, ivi appunto
stabilendosi”
11
.
Il diritto di stabilimento viene perciò a individuarsi come concetto statico, la
libera prestazione di servizi delineando invece una certa dinamicità volta a
consentire ad un soggetto economico di allargare il proprio mercato prestando la
sua attività al di fuori dei confini nazionali, senza per questo dover sopportare
tutti i costi che uno stabile insediamento ed organizzazione nello Stato membro
(ovvero negli Stati membri) di destinazione della prestazione comporterebbe
12
.
In sostanza, ciò che distingue la libertà di prestazione di servizi dalla libertà
di stabilimento, non è tanto l’oggetto dell’attività svolta, che può anche essere la
8
Disciplina contenuta negli artt. da 48 a 51.
9
Così DRAETTA, op. cit., pag. 479.
10
Così TIZZANO (a cura di), Professioni e servizi nella C.E.E., PD, 1985, pag. 13.
11
Id. Il corsivo è aggiunto.
12
Cfr. DRAETTA, Commento all’art. 59, op. cit., pag. 470.
12
stessa
13
, ma le modalità con le quali essa si svolge.
Non sembra perciò corretto sostenere che la libertà di prestazione di servizi è
doppiata dalla libertà di stabilimento oppure che si è in presenza di una evidente
asimmetria tra le due libertà; asimmetria individuabile, secondo chi sostiene
queste ipotesi, nel fatto che “les entreprises industrielles n’ont jamais accès à la
liberté de prestation de services alors que les entreprises de services peuvent
avoir accès à l’une quelconque des deux libertés” dal momento che “elles
peuvent offrir leurs services soit à partir d’un établissement agissant dans le pays
où se trouve leur client, soit depuis leur pays d’origine”
14
. Queste affermazioni
non trovano riscontro né nella lettera del Trattato, dal momento che il comma 2
dell’art. 60 comprende tra i servizi “le attività di carattere industriale”, né tanto
meno nella realtà economica, soprattutto nel settore dei beni destinati alla
produzione (macchinari, impianti, ecc.) in cui alla fornitura del bene è
complementare la prestazione dei servizi di installazione, montaggio, riparazioni,
manutenzioni
15
.
In terzo luogo, è necessario che la prestazione rivesta un carattere
transnazionale, nel senso cioè che “deve trattarsi di una situazione i cui elementi
non si esauriscono all’interno di un solo Stato membro”
16
. Carattere, questo, che
può trovare manifestazione in molteplici modi:
i) spostamento del prestatore del servizio in uno Stato membro diverso da quello
in cui è stabilito; è l’ipotesi tipica del libero professionista (medico, avvocato)
che si reca nel paese del destinatario del servizio;
13
Cfr. RASCAZZO, La Comunità europea e l’accordo generale sugli scambi di servizi: affinità
e differenze di metodi e di obiettivi, in SACERDOTI e VENTURINI (a cura di), La
liberalizzazione multilaterale dei servizi e i suoi riflessi per l’Italia, MI, 1997, pag. 183, in part.
pag. 192.
14
Così BERR, Perplexités juridiques à propos du marché commun des services, RMC, 1993,
pag. 448.
15
La stessa direttiva 96/71/CE, che sarà oggetto del presente studio nei capitoli successivi,
all’art. 3 comma 2 considera servizi, seppur implicitamente, “i lavori di assemblaggio iniziale
e/o di prima installazione di un bene,…, necessari per mettere in funzione il bene fornito”.
16
Così TESAURO, Diritto comunitario, PD, 1995, pag. 368.
13
ii) spostamento del destinatario del servizio nello Stato membro in cui è stabilito
il prestatore; è questa l’ipotesi del turista che usufruisce dei servizi, appunto
turistici, nel paese in cui si reca
17
;
iii) situazione in cui a spostarsi è il servizio, mentre prestatore e destinatario non
si spostano dallo Stato membro in cui sono stabiliti; in tale ipotesi rientrano,
ad esempio, i servizi bancari, finanziari, assicurativi, consulenze professionali
prestate per corrispondenza o con altri mezzi di comunicazione a distanza
18
o
ancora la diffusione transfrontaliera via cavo di programmi televisivi
19
;
iv) situazione in cui prestatore e destinatario del servizio sono stabiliti nello
stesso Stato membro ed insieme si spostano per raggiungere il luogo dove la
prestazione deve essere fornita; è il caso delle guide turistiche che si spostano
insieme ai gruppi di turisti nel paese da visitare
20
.
3. Il regime della circolazione dei servizi
La disciplina materiale della libera circolazione di servizi ruota attorno al
principio di fondo del divieto di discriminazione in base alla nazionalità;
principio, peraltro, proprio “di tutto il settore della circolazione delle persone e in
definitiva dell’intero sistema del mercato comune”
21
. Ai sensi dell’art. 60 comma
3, infatti, “il prestatore può, per l’esecuzione della sua prestazione, esercitare, a
titolo temporaneo, la sua attività nel paese ove la prestazione è fornita, alle stesse
condizioni imposte dal paese stesso ai propri cittadini”.
Il Trattato, tuttavia, non si limita a vietare le discriminazioni basate sulla
nazionalità; l’art. 59 dispone infatti che “le restrizioni alla libera prestazione di
17
Cfr. sentenza CGCE del 31/1/1984, cause riunite 286/82 e 26/83 Luisi e Carbone, Racc. pag.
377. Al p.to 10 la Corte precisa che, mentre lo spostamento del prestatore è espressamente
previsto dall’art. 60, lo spostamento del destinatario “ne costituisce il necessario complemento
che risponde allo scopo di liberalizzare ogni attività retribuita e non regolata dalle disposizioni
relative alla libera circolazione delle merci, delle persone e dei capitali”.
18
Cfr. sent. CGCE del 25/7/1991, C-76/90 Säger, Racc. pag. I-4221.
19
Cfr. sent. CGCE del 26/4/1988, C-325/85 Bond van Adverteerders, Racc. pag. 2085.
20
Cfr. sentenze. CGCE del 21/2/1991, C-154/89 Commissione c. Francia, C-180/89
Commissione c. Italia, C-198/89 Commissione c. Grecia, rispettivamente in Racc. pag. I-659,
pag. I-709, pag. I-727.
14
servizi…sono gradatamente soppresse durante il periodo transitorio nei confronti
dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia
quello del destinatario della prestazione”.
Il regime transitorio a cui fa riferimento l’art. 59 è scaduto il 31/12/1969; in
vista di questa gradualità temporale con la quale la liberalizzazione della
prestazione di servizi, così come delle altre materie previste dal Trattato, doveva
realizzarsi, il “legislatore” comunitario ha introdotto, anche in materia di servizi,
il cosiddetto «obbligo di stand-still». L’art. 62 dispone che “gli Stati membri non
introducono nuove restrizioni alla libertà effettivamente raggiunta,…, al
momento dell’entrata in vigore del presente Trattato”
22
. Tale previsione realizza
in sostanza “il congelamento delle restrizioni esistenti al momento dell’entrata in
vigore del Trattato”; aspetto, questo, che costituisce “il primo passo,
necessariamente interlocutorio ed incompleto, della liberalizzazione: il livello da
cui muovere nel processo di smantellamento degli ostacoli agli scambi”
23
.
Bisogna inoltre sottolineare che il divieto di restrizioni discriminatorie ha una
“portata sostanziale e non solo formale”, nel senso che “sono vietate anche quelle
restrizioni che, pur non discriminatorie sul piano formale in quanto colpiscono
anche i cittadini, in fatto si risolvono in una restrizione per gli stranieri, spesso
più vistosa”
24
. La Corte di giustizia è perentoria nel sostenere che costituiscono
violazione degli artt. 59 e 60 “non solo le discriminazioni palesi, basate sulla
cittadinanza del prestatore, ma anche qualsiasi forma di discriminazione
dissimulata che, sebbene basata su criteri in apparenza neutri, produca in pratica
lo stesso risultato”
25
. In particolare, discriminazioni dissimulate sono state
individuate nell’obbligo, imposto dal datore di lavoro che invii temporaneamente
21
Così TESAURO, op. cit., pag. 370.
22
Lo stesso obbligo è previsto agli artt. 12, 31 e 32, per quanto riguarda la circolazione delle
merci, e all’art. 53, per quanto riguarda il diritto di stabilimento.
23
Così, per entrambe le citazioni, FORLATI PICCHIO, Tecniche giuridiche per il superamento
degli ostacoli agli scambi intracomunitari, in STEFANI (a cura di), Mercato comune e
neoprotezionismo, PD, 1987, pag. 132.
24
Così TESAURO, op. cit., pag. 374.
15
i propri lavoratori nello Stato membro di destinazione della prestazione, di
versare la quota di contributi a carico dei datori in tale Stato membro; questa
imposizione, non discriminatoria dal punto di vista formale in quanto colpisce
anche i prestatori nazionali, provoca comunque un onere supplementare per il
prestatore di servizi, già tenuto a versare i contributi nel paese di stabilimento, di
fatto discriminandolo rispetto ai datori di lavoro del paese in questione
26
.
Ancora, è stato dichiarato incompatibile con gli articoli del Trattato esigere
che i lavoratori distaccati dall’impresa nello Stato membro di destinazione della
prestazione, siano in possesso di un permesso di lavoro rilasciato dall’autorità di
quest’ultimo
27
, anche qualora essi non siano cittadini di uno Stato membro, ma
siano comunque regolarmente residenti nello Stato membro di stabilimento
dell’impresa e, qui, titolari di un regolare permesso di lavoro
28
.
25
Sent. CGCE del 3/2/1982, cause riunite 62-63/81 Seco e Desquenne&Giral, Racc. pag. 223,
p.to 8.
26
Cfr. sent. Seco, cit., p.to 9.
27
Cfr. sent. CGCE del 27/3/1990, C-113/89 Rush Portuguesa, Racc. pag. I-1417.
28
Cfr. sent. CGCE del 9/8/1994, C-43/93 Vander Elst, Racc. pag. 3803.
16
Il divieto di discriminazione sancito dall’art. 60 comma 3 non è però
assoluto; comportamenti discriminatori anche nella forma sono infatti legittimi
se, e solo se, rientrano nelle fattispecie previste all’art. 56
29
(applicabile anche
alla libera prestazione di servizi in virtù del rinvio effettuato dall’art. 66),
secondo il quale le norme del Trattato lasciano “...impregiudicata l’applicabilità
delle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative che prevedano un
regime particolare per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi di
ordine pubblico, pubblica sicurezza e di sanità pubblica
30
. Da sottolineare che la
Corte ha stabilito che “scopi di natura economica non possono costituire motivi
di ordine pubblico ai sensi dell’art.56”
31
.
La Corte ha però precisato che uguaglianza di trattamento “non può
significare che tutta la legislazione nazionale applicabile ai cittadini di uno Stato
membro e relativa normalmente all’attività permanente delle persone in esso
stabilite possa essere applicata integralmente e allo stesso modo alle attività di
carattere temporaneo esercitate da persone stabilite in altri Stati membri”
32
. Se
così fosse, essendo tali persone già soggette alla legislazione del loro Stato di
stabilimento, si verrebbe a “privare di effetti la nozione stessa di mercato unico
nel campo dei servizi”
33
.
La Corte ha confermato che l’art. 59 prescrive “non solo l’eliminazione di
qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore in ragione della sua
29
“Normative nazionali che non si applicano indistintamente alle prestazioni di servizi di
qualsiasi origine sono compatibili con il diritto comunitario solo se possono rientrare in una
deroga espressamente contemplata come l’art. 56 del Trattato”, Sent. CGCE 25/7/91, C-288/89
Gouda, Racc. pag. I-4007, p.to 11.
30
Per i problemi di interpretazione dei concetti di ordine pubblico e pubblica sicurezza, v.
RUGGIERO e DE DOMINICIS, commento all’art. 56 del Trattato, in MONACO, QUADRI,
TRABUCCHI (a cura di), op. cit., pag.437. Gli AA. sostengono che “...non si può,...,
contrapporre la nozione di ordine pubblico a quella di pubblica sicurezza. Si tratta in realtà di
una endiadi che vuole esprimere un unico concetto generale nel cui ambito vengono a
distinguersi l’interesse della tutela dello Stato come unità politica [concetto di ordine pubblico]
e l’interesse della tutela della pace sociale e della incolumità collettiva [concetto di sicurezza
pubblica]. Non sembrano esserci problemi interpretativi relativamente alla nozione di sanità
pubblica.
31
Sent. Bond van Adverteerders, cit., p.to 34. Sent. Gouda, cit., p.to 11.
32
Sent. CGCE 10/7/91, C-294/89 Commissione/Francia, Racc. pag. I-3591, p.to 26.
33
Cfr. RASCAZZO, op. cit., pag. 203.
17
cittadinanza [salvo i motivi ex art. 56] ma altresì “la soppressione di qualsiasi
restrizione alla libera prestazione di servizi imposta per il motivo che il prestatore
è stabilito in uno Stato membro diverso da quello nel quale la prestazione viene
fornita”
34
, “anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali
ed a quelli degli altri Stati membri, allorché essa sia tale da vietare od ostacolare
in altro modo le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove
fornisca legittimamente servizi analoghi”
35
.
Siamo in sostanza di fronte all’applicazione, nel settore dei servizi, del
principio del mutuo riconoscimento delle legislazioni nazionali, attraverso il
quale la Corte mira ad eliminare tutte le forme di discriminazione “de facto”
36
,
estendendo ai servizi la politica anti restrizioni già sperimentata con successo nel
settore delle merci.
34
Sent. Gouda, cit., p.to 10.
35
Sent. Säger, cit., p.to 12.
36
Cfr. RASCAZZO, op. cit., pag. 195.
18
4. Ritardi nella realizzazione del mercato unico dei servizi ed intervento
della Corte di giustizia
Durante il periodo transitorio, l’attenzione delle istituzioni comunitarie nei
confronti del settore dei servizi è stata però deficitaria. Nonostante il “legislatore”
comunitario abbia provveduto all’adozione di un Programma generale per la
soppressione delle restrizioni alla libera circolazione dei servizi
37
, così come
prescritto dall’art. 63 comma 1 del Trattato, l’assenza di intervento normativo
volto a rendere effettiva questa soppressione ha tuttavia ritardato i tempi di
liberalizzazione di questo settore
38
.
Fin dall’istituzione della C.E.E., gli sforzi maggiori per la realizzazione del
mercato comune sono stati infatti indirizzati verso il settore delle merci; scelta,
questa, “giustificata dalla preponderanza dell’industria manifatturiera nelle
economie degli Stati avanzati e dalla conseguente volontà di assicurare un
contesto normativo favorevole ad un allargamento degli scambi di merci”
39
; una
scelta, in sostanza, funzionale alla struttura dei sistemi economici dell’epoca.
Questa volontà trova manifestazione anche nelle parti del Trattato che non
disciplinano direttamente il settore delle merci; infatti, “sia con le norme sul
diritto di stabilimento che con quelle sulla circolazione di servizi, il Trattato si
propone di raggiungere una effettiva libertà di circolazione delle merci: il diritto
di stabilimento, infatti, permette agli operatori economici la creazione di una rete
di succursali e filiali in tutti gli Stati membri per meglio rappresentarvi e
vendervi i propri prodotti, mentre i tecnici delle società produttrici possono
venire liberamente, in base alle norme sulla libera circolazione dei servizi ad
effettuare riparazione o a prestare consulenza nel paese di vendita”
40
.
Conseguentemente le attenzioni delle istituzioni comunitarie verso il settore dei
37
Programma adottato dal Consiglio il 18/12/1961, GUCE del 15/1/1962.
38
Cfr. TESAURO, op. cit., pag. 372.
39
Così GREPPI, op. cit., pag.13.
40
Così DRAETTA, Commento all’art.59, op. cit., pag.469.
19
servizi sono passate in secondo piano
41
o si sono manifestate relativamente a
quegli aspetti della circolazione dei servizi strumentali alla circolazione delle
merci. Inoltre, “i servizi tendono ad essere altamente regolamentati, e
regolamentazioni e standard differenti inibiscono il commercio e la concorrenza
all’interno della Comunità”
42
.
Nel frattempo, però, nella realtà economico-produttiva si sono verificati
radicali cambiamenti favoriti dal progresso tecnologico, dall’enorme diffusione
dell’informatica, dallo sviluppo di nuovi mezzi di comunicazione. In tutti gli
Stati avanzati il settore dei servizi ha conosciuto una evoluzione travolgente,
realizzando livelli di sviluppo superiori a quelli delle merci
43
. Ma, a fronte di
questo progresso all’interno dei singoli Stati, ed in particolar modo all’interno dei
singoli Stati membri della Comunità, a livello comunitario gli scambi di servizi
con carattere di transnazionalità hanno continuato ad essere un fenomeno, se non
marginale, comunque limitato
44
.
In tale contesto, è stata “la giurisprudenza della Corte a rivelarsi ancora una
volta determinante”
45
, al fine della realizzazione del mercato interno. Attraverso
la sua attività interpretativa, che si è col tempo trasformata in una giurisprudenza
oramai costante, ed affrontando il problema applicando alla circolazione dei
servizi gli stessi principi che aveva in passato utilizzato nel campo della libera
circolazione delle merci
46
, essa ha sopperito alla latitanza del legislatore
comunitario.
41
Cfr. GREPPI, op. cit., pag. 13.
42
Così RASCAZZO, op. cit., pag. 185.
43
Cfr. BERR, op. cit., pag. 447: “le secteur des services connait un developpement beaucoup
plus rapide et important que celui de la production de biens matériels.”
44
Cfr. ANNABOLIS, La libre circulation des services dans l’Union européenne: évolution et
perspectives, RMUE 2/1994, pag. 173, in part. pag. 174. L’A. evidenzia come, a fronte dello
spazio che il settore dei servizi rappresenta all’interno dei singoli Stati membri il (64,6% in
termini di PIL e il 60,3% in termini di impiego), a livello di scambi intracomunitari la quota
parte relativa ai servizi sia solo del 18,4%.
45
Così TESAURO, op. cit., pag. 372.
46
Cfr. TESAURO, op. cit., pag. 381. L’A. sottolinea che la Corte “ha applicato anche alla
materia dei servizi la formula Cassis de Dijon utilizzata in tema di misure restrittive degli
scambi di merci”; la formula a cui fa riferimento l’A. è stata elaborata dalla Corte nella sent. del
20/2/1979, C-120/78 Rewe Zentrale, Racc. pag. 649.
20
L’impulso iniziale si è avuto con la sentenza Van Binsbergen
47
, in occasione
della quale la Corte ha rilevato che l’applicazione dell’art. 59, subordinato nel
corso del periodo transitorio all’emanazione di direttive, non è più sottoposto,
dopo la scadenza di questo termine, ad alcuna condizione. Conseguentemente, gli
artt. 59 e 60 del Trattato “hanno efficacia diretta e possono venir fatti valere
dinanzi ai giudici nazionali”.
L’attività interpretativa della Corte si è sviluppata attorno a due principi: da
un lato, essa ha confermato il divieto di restrizioni alla libera circolazione di
servizi; dall’altro, ha regolato il regime delle deroghe al divieto stesso.
Quanto al primo aspetto, “secondo la Corte, la nozione di restrizione alla
libera circolazione dei servizi va oltre al divieto di discriminazione”
48
. Con la sua
giurisprudenza essa ha confermato che l’art. 59 prescrive, non solo
l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore in ragione
della sua cittadinanza, ma anche:
i) la soppressione di qualsiasi restrizione alla libera prestazione di servizi
imposta per il motivo che il prestatore è stabilito in uno Stato membro diverso
da quello nel quale la prestazione viene fornita
49
; nonché
ii) la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi
indistintamente ai prestatori nazionali ed a quelli degli altri Stati membri,
allorché essa sia tale da vietare o da ostacolare in altro modo le attività del
prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisca legittimamente
servizi analoghi
50
.
Relativamente al secondo aspetto, la Corte ha ritenuto necessario verificare
in concreto se una disposizione nazionale contiene restrizioni alla libera
prestazione di servizi e, in caso affermativo, verificare se esse possono essere
giustificate. Le conclusioni a cui si arriva, alla luce delle decisioni della Corte,
47
Cit., p.ti 23-27.
48
Comunicazione interpretativa della Commissione, cit., pag. 1.
49
Sent. Gouda, cit., p.to 10.
50
Sent. Säger, cit., p.to 12.
21
sono che “le restrizioni sono compatibili con l’art. 59 unicamente qualora sia
provato che”
51
:
a) “sussistono nel settore di attività considerato, esigenze imperative connesse
all’interesse generale che giustificano restrizioni alla libera prestazione dei
servizi”
52
. Fra le esigenze imperative individuate dalla Corte, il cui
perseguimento può dar luogo a restrizioni non incompatibili con l’art. 59, si
trovano la tutela dei consumatori
53
, la tutela dei lavoratori
54
, la deontologia
professionale
55
, la protezione della proprietà industriale
56
, la valorizzazione
delle ricchezze storiche e la miglior diffusione del patrimonio storico, artistico
e culturale
57
, l’onorabilità, l’indipendenza e il funzionamento della giustizia
58
;
b) “che tale interesse non è già garantito dalle norme dello Stato in cui il
prestatore è stabilito”
59
. La Corte ritiene infatti che le condizioni previste dallo
Stato membro di destinazione “non possono aggiungersi a condizioni legali
equivalenti già soddisfatte nello Stato di stabilimento e che le autorità di
controllo dello Stato destinatario devono tener conto degli esami e delle
verifiche già effettuate nello Stato membro di stabilimento”
60
;
c) “e che lo stesso risultato non potrebbe essere ottenuto mediante provvedimenti
meno incisivi”
61
. Per non essere incompatibile con l’art. 59 è necessario che la
restrizione sia “«proporzionata» e «giustificata», cioè indispensabile,
obiettivamente necessaria, idonea a raggiungere l’obiettivo ed infine non
eccessiva”.
51
Comunicazione interpretativa della Commissione, cit., pag. 3.
52
Sent. Commissione c. Italia, cit., p.to 18.
53
Sent. del 4/12/1986, C-220/83 Commissione c. Francia, Racc. pag. 3663, p.to 20.
54
Sent. CGCE del 17/12/1981, C-279/80 Webb, Racc. pag. 3305, p.to 19; sent. Seco, cit., p.to
14; sent. Rush Portuguesa, cit., p.to 18.
55
Sent. Van Binsbergen, cit., p.to 12.
56
Sent. CGCE del 18/3/1980, C-62/79 Coditel, Racc. pag. 881.
57
Sentenze del 26/2/1991, cit.
58
Sent. Van Binsbergen, cit., p.to 14.
59
Sent. Commissione c. Italia, cit., p.to 18.
60
Sent. CGCE del 4/12/1986, C-205/84 Commissione c. Germania, Racc. pag. 3755, p.to 47.
61
Sent. Commissione c. Italia, cit., p.to 18.
22
Si sottolinea, in particolare, che una restrizione è eccessiva “se lo stesso risultato
può essere ottenuto tramite norme che ostacolino in misura minore gli scambi o
siano meno drastiche”
62
.
62
Entrambe le citazioni da Comunicazione interpretativa della Commissione, cit., pag.5.