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Capitolo 1. IL DISEGNO: STATO DELL’ARTE DELLA
DISCIPLINA
1.1. INQUADRAMENTO DELL’AMBITO DISCIPLINARE
Il presente lavoro di tesi è stato svolto e redatto coerentemente con l’ambito
disciplinare cui fa capo, ossia l’area ICAR 17 (disegno) afferente al
Dipartimento di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Bari.
I fronti scientifico-disciplinari entro i quali opera l’ICAR 17 si indirizzano
soprattutto verso la rappresentazione dell’architettura e dell’ambiente, intesa
come:
- Strumento conoscitivo e interpretativo delle leggi che reggono la
struttura formale;
- Mezzo d’indagine e analisi dei contenuti esistenti;
- Atto di espressione e comunicazione di un’idea di progetto su varie
scale.
Per adempiere operativamente questo triplice ruolo, la rappresentazione
coordina e caratterizza le diverse attività che fanno da base all’area ICAR 17.
Esse comprendono lo studio e la successiva applicazione dei fondamenti della
geometria descrittiva e della modellazione informatica; le operazioni di rilievo
metrico, architettonico e fotogrammetrico ai fini della conoscenza della realtà
costruttiva, ambientale e urbana, eseguite secondo passaggi, strumenti e
tecniche ben precise; la fase di restituzione grafica, svolta tramite metodologie
tradizionali o digitali, atte a evidenziare i caratteri metrici, morfologici, artistici
e tematici dell’ oggetto di studio; l’ uso del disegno come linguaggio info
grafico e multimediale tramite cui comunicare l’ idea progettuale alla base di
un percorso di studio ed elaborazione.
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1.2. IL DISEGNO DI ARCHITETTURA NELLA STORIA DEI
POPOLI
Se è vero, come afferma Leon Battista Alberti (1404 – 1472) nel “ De re
aedificatoria” che l’architettura discende direttamente dalla natura, è pur vero
che il disegno nasce quando tale disciplina prende consapevolezza di sé.
E’ possibile identificare questo processo di coscienza progressiva nell’epoca
dell’ascesa delle civiltà del Mediterraneo. Fino a quel tempo l’uomo era già a
conoscenza di tecniche e modalità operative con cui soggiogare la natura a sé
e al proprio bisogno primordiale di protezione e sopravvivenza; esse tuttavia
venivano tramandate per lo più per via orale, come fossero quasi pratiche
esoteriche.
Fu Marco Vitruvio Pollione (80 – 15 a.C.) a porre per primo le basi teoriche e
rappresentative dell’architettura, con la redazione del primo trattato, il “De
architectura”, nel quale egli raccolse il sapere architettonico fino a quel
momento accumulato, grazie alla trasposizione orale delle tecniche, che si
perpetrava da generazioni.
Accanto all’eccezionale contributo trattatistico di Vitruvio, non bisogna
dimenticare che lo studioso romano fu anche il primo a fissare dei canoni di
rappresentazione architettonica; la pratica da lui adottata consisteva nello
studio delle principali opere civili e religiose dell’Urbe, e nella loro
trasposizione grafica per mezzo di: iconografia (pianta), ortografia (prospetti),
scenografia (prospettive).
Nonostante non sia ben accreditata la paternità di questo modus operandi, è
certo che Vitruvio sia stato il primo a fissare in forma scritta i canoni grafici,
oltre che teorici dell’architettura.
Sempre a Roma, nel III sec. D.C. nascono i primi esperimenti di disegni e
pratiche urbanistiche; si tratta della Forma Urbis Romae, un insieme di 150
lastre in marmo rettangolari disposte lungo le pareti del Foro della Pace.
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Esse rappresentano in scala 1:240 (ossia un piede corrisponde a 2 actus) in
dettaglio il piano terra di tutti gli edifici, compresi colonnati e scale interne,
della Roma fino a quel punto edificata, ovvero l’ Urbe di epoca Severiana (le
tavole sono datate 203 D.C.).
Non è ben chiara la funzione di questa enorme pianta parietale, è chiaro però
che essa simboleggia una delle prime rappresentazioni consapevoli in
architettura.
Dopo questi reperti di origine romana, bisognerà attendere oltre settecento
anni prima di giungere alla redazione del primo, vero documento urbanistico
della storia: la pianta di San Gallo.
Essa, datata 1092, descrive una completa abazia benedettina, comprese le
chiese, le abitazioni, stalle, cucine laboratori, birreria, infermeria e anche un
edificio particolare per i salassi. La pianta non fu mai realmente edificata, e il
suo nome le deriva dalla biblioteca dell'abbazia di San Gallo, dove è
conservata. Si tratta della prima pianta che mostra il compimento di un’idea
progettuale matura, corredata di simbologia grafica e di quote. Fino a quel
momento, infatti, gli esperimenti rappresentativi più audaci non si erano mai
spinti oltre la riproduzione di opere già eseguite; la pianta di San Gallo pone
invece le basi per lo sviluppo dello “schizzo”, che farà da base progettuale ai
capolavori architettonici dei maestri delle epoche future.
Il Rinascimento vede poi fiorire e portare all’eccellenza il disegno
d’architettura, che diventerà da quel momento parte fondante non solo dello
lo studio e del progetto dell’opera, ma anche della presentazione al futuro
committente, spesso uomo colto e facoltoso, conoscitore a sua volta dell’arte
e dell’architettura.
Il grande Donato Bramante (1444-1514) impiega il disegno da un punto di vista
tecnico e quasi contemporaneo: piante, prospetti, visioni che materializzano le
sue grandiose idee progettuali, e che in alcuni casi rappresentano l’unico
strumento con cui valutarne lo splendore. Basti pensare a Palazzo Caprini,
realizzato attorno al 1510 e distrutto nel corso del XVII secolo; di esso
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rimangono solo schizzi e incisioni, ma nonostante ciò esso ha rappresentato
per secoli un prototipo architettonico dal quale molti altri maestri hanno
attinto.
Michelangelo (1475-1664) poi lavora su tre differenti livelli di definizione, che
vanno dallo schizzo abbozzato, al disegno tecnico ben strutturato e definito.
Secoli più tardi, con il neoclassicismo del XVIII secolo, fanno capolino in Europa
e oltre l’amore per le civiltà Classiche e per l’immenso bagaglio culturale,
artistico ed architettonico che esse hanno lasciato. E’ la stagione delle grandi
scoperte archeologiche, dei mirabolanti racconti di viaggio, dei carnet de
voyage che molti giovani artisti e architetti portano con sé durante i loro
soggiorni nel Mediterraneo. Lo schizzo e il disegno tecnico rappresentano ora
non solo il momento dell’idea che si materializza e si fa progetto, ma anche
quello dello studio e della memoria dell’oggetto già esistente ed osservato con
stupore e curiosità.
Si fa largo nell’animo dello studioso del ‘700 l’interesse per l’antico e per la
storia dei luoghi, che animerà lo sviluppo dei temi e delle modalità del
rilevamento architettonico moderno.
Fino a questo momento, tuttavia, luoghi e architetture vengono per lo più
riportate attraverso vedute e prospettive avulse da ogni riscontro geometrico,
seppur dal forte impatto emozionale, oppure tramite planimetrie e volumetrie
che, seppur nella loro razionalità, non sanno ancora cogliere quelle peculiarità
che fanno vivere un’ ambiente al di là della sua connotazione fisica.
Una maggiore attenzione agli aspetti tecnici del disegno è riscontrabile per
tutto il XX secolo, anche se saranno gli ultimi trent’anni del ‘900 a dare una
svolta sostanziale alla rappresentazione architettonica e urbana: di là dalla sua
caratterizzazione, il singolo edificio è legato agli altri e al contesto urbano in
genere da relazioni paesistico-ambientali che ne completano la connotazione.
L’ambiente storico, poi, è visto nella sua interezza come “bene culturale” da
preservare come tale.
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In quest’ottica il rilievo urbano assume nuove valenze e adotta nuovi modi di
descrivere l’ambiente. Il disegno diviene allora lo strumento fondamentale con
cui evidenziare quegli elementi, fisici e non, che il nuovo approccio
rappresentativo pone come essenziali per cogliere il cosiddetto genius loci.
1.3. IL DISEGNO DELL’ ARCHITETTURA E LA
CONOSCENZA DELL’ AMBIENTE STORICO URBANO
La conoscenza e la costruzione di luoghi e architetture si possono manifestare
con un disegno che da un lato concretizzi un codice intellettuale di
comprensione del mondo reale, e dall’ altro diventi forma-pensiero
fondamentale dell’ architetto, luogo di congiunzione tra significante e
significato, deputato alla rappresentazione della forma nella sua essenza più
pura e durevole.
Per questa sua duplice funzione possiamo dire che il disegno è, nell’ordine,
pensiero, comunicazione e memoria. Permette nella maniera più efficace e
immediata lo sviluppo di un’idea progettuale o la rappresentazione postuma
della stessa, quando si opera su luoghi e oggetti già realizzati; è il pensiero e l’
espressione del fare architettura.
Essa, rispetto alla forma-pensiero letteraria e a quella della costruzione diretta,
ha il dono raro della “pre-visione” e della precisione, e per ciò è l’unica che
riesce, in modo oggettivo e scevro da interpretazioni soggettive, a prefigurare,
discutere, trasformare il simulacro di un edificio futuro.
Il disegno dell’architettura si pone, nelle sue molteplici forme, a cavallo tra
l’idea che diventa architettura e l’architettura costruita che, attraverso
percorsi analitici, ritorna al disegno; e lo fa attraverso percorsi spazio-
temporali che possono condurre al futuro, o ricalcare il passato. Sono queste le
due direttrici fondamentali che portano da un lato al disegno-progetto,
dall’altro al disegno-rilevamento. Esse trovano poi notevoli punti d’incontro
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nell’ambito della riqualificazione e trasformazione dell’ambiente costruito,
dove conoscenza dei luoghi ed ipotesi sul loro futuro si fondono in un’
esperienza unica di ricerca e progettazione.
Quando si eseguono operazioni del genere, il primo passo è sicuramente
quello della conoscenza dell’ambiente urbano.
Un nucleo architettonico vive attraverso le relazioni tra le sue forme, le luci, i
colori, gli odori, le esperienze, e una molteplicità di altri elementi che
dialogano e s’intrecciano tra loro; lo studioso deve innanzitutto vivere questa
esperienza concreta, emozionale e intellettuale, resa ancora più intensa dopo
una meticolosa “educazione allo sguardo”. Dopo di che si passa a un’analisi
rigorosa di piante, prospetti, sezioni e modellazioni, con le quali l’ architetto
può raggiungere la sapienza metrica che contraddistingue il suo lavoro. Tale
grado di conoscenza non si acquisisce tanto con un rigoroso studio della storia
dell’architettura, quanto con quello dell’architettura nella storia
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, come
direbbe il grande Franco Purini.
Giochi di parole a parte, s’intende con questa dicitura l’individuazione di quegli
elementi chiave che si ripresentano in ogni epoca saliente della storia
dell’architettura, seppur sotto forme, declinazioni e interpretazioni differenti.
E’ proprio da questi paradigmi che dovrebbe partire il lavoro compositivo
successivo alla fase conoscitiva. Sapere che tutto è già stato fatto non deve
costituire un limite all’immaginazione dell’architetto, ma anzi deve essere una
continua sfida a cercare di reinventare e stravolgere proprio quegli elementi
chiave che hanno fatto la storia dei luoghi; del resto, come afferma Giorgio De
Chirico(1888-1978), “l’ architettura si ispira all’ architettura”, ed è quindi lecito
partire nel proprio processo creativo dai capisaldi dell’ arte del costruire.
1
Purini Franco, Una lezione sul disegno. Gangemi, Roma 1996