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INTRODUZIONE
I temi affrontati in questo lavoro di tesi riguardano la questione dell’adultità della persona
disabile con la conseguente acquisizione di diritti, doveri e di un ruolo attivo nella società e
il percorso che una famiglia deve affrontare sin dalla nascita del proprio figlio disabile: un
percorso lungo, travagliato che presenta non pochi ostacoli e difficoltà.
La scelta di questo lavoro nasce dopo l’esperienza di tirocinio presso la Comunità
“Arcobaleno” in provincia di Bologna, rivolta a persone adulte con varie disabilità.
Durante questa esperienza mi è più volte capitato di entrare in contatto con i familiari delle
persone disabili residenti in comunità; ho avuto l’opportunità di incontrarli nei weekend
quando visitavano e/o prelevavano i loro figli o quando svolgevano costantemente attività di
volontariato all’interno della struttura stessa.
Sono rimasta particolarmente colpita dalla volontà di alcuni genitori di voler esser
quotidianamente presenti nella vita dei loro figli accompagnandoli nel loro cammino di
crescita e di acquisizione di autonomia.
Durante questo periodo, ho avuto la possibilità di parlare con i familiari e sin da subito, ho
potuto notare in alcuni di loro la soddisfazione di veder il proprio figlio felice e sereno nel
contesto comunitario, in altri invece ancora la presenza di sentimenti di angoscia e
disperazione. Ho potuto riscontrare indirettamente, anche attraverso l’aiuto di altri educatori,
come alcuni genitori, nonostante siano passati più di 20-30 anni dalla nascita del loro figlio,
fanno ancora fatica a superare l’evento traumatico. Per tale motivo, dopo un breve periodo di
osservazione, ho pensato di voler approfondire il percorso che queste famiglie hanno dovuto
affrontare, indagando sulle loro paure e sulle difficoltà riscontrate. Quindi, in accordo con la
comunità “Arcobaleno”, abbiamo deciso di strutturare delle interviste rivolte ai familiari.
La tesi è suddivisa in tre capitoli.
Nel primo capitolo viene spiegata come la presenza di un bambino disabile possa influenzare
le relazioni familiari, le vite dei genitori e dei fratelli, il benessere generale della famiglia e la
loro progettualità futura. In particolar modo viene spiegato il percorso che un famiglia deve
compiere alla nascita del proprio figlio disabile. Il gradino più difficile da superare è la
comunicazione della diagnosi, ovvero quel momento in cui per la prima volta i genitori
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scoprono la disabilità del figlio: un figlio diverso, inaspettato, imperfetto che la natura gli ha
presentato ma di cui devono prendere atto. Prima però che questo accada il genitore vive una
serie di sentimenti complessi e contrastanti che gli rendono difficile l’adattamento; il dolore,
l’amore, i sensi di colpa, la vergogna, lo shock cominciano ad alternarsi fino ad arrivare ad
una quasi stabilizzazione. In quel momento il genitore comprende che la sua vita deve essere
riprogettata in base alle nuove esigenze e si rende conto che per andare avanti ha bisogno di
sostegno, di essere aiutato e guidato durante il suo cammino, specialmente nei momenti di
passaggio e nelle tappe evolutive. Per tale motivo è importante non solo l’aiuto da parte di
parenti e amici ma anche da parte di gruppi di sostegno. La presa di coscienza da parte della
famiglia e la scelta di essere aiutata porta ad una vera e propria “rinascita”.
Il secondo capitolo invece ha l’obiettivo di indagare sulla figura del disabile adulto.
L’ingresso nel mondo degli adulti da parte della persona disabile rappresenta un momento
molto delicato sia per la persona direttamente interessata, sia per la famiglia.
In particolar modo, in questo secondo capitolo, è emerso il percorso che la persona disabile
deve compiere giorno per giorno affinché sia riconosciuta effettivamente come adulta avente
una propria identità e un ruolo attivo nella società attraverso il lavoro, la sessualità,
l’università etc. Vi è quindi il passaggio dalla rappresentazione sociale di “eterno bambino” e
“malato da curare” a quella di persona avente diritti e doveri.
Inoltre la famiglia deve accompagnare e appoggiare il proprio figlio durante questo percorso
ma, allo stesso tempo, questa deve permettere alla persona disabile di vivere autonomamente
la propria vita, di compiere delle scelte individuali e di prendere delle decisioni.
Nel terzo capitolo abbiamo approfondito la tematica dell’adultità. In particolare, abbiamo
stilato una serie di domande da rivolgere ai genitori avente un figlio disabile. L’obiettivo è
quello di indagare sul percorso la famiglia ha dovuto affrontare dalla nascita del proprio
figlio fino ai giorni nostri. In particolare le aree prese in considerazione sono essenzialmente
tre:
1. il momento della comunicazione della diagnosi, con le conseguenti difficoltà
quotidiane che si sono succedute nel corso della vita;
2. le motivazioni che hanno spinto i familiari ad inserire il proprio figlio in comunità e i
benefici che questa ha prodotto qualora ce ne fossero stati;
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3. il futuro della persona disabile.
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è quello di ricostruire il percorso che una famiglia deve
affrontare dalla nascita del proprio figlio disabile. In particolar modo, attraverso le interviste,
si vuole comprendere se tali famiglie sono state aiutate e guidate durante la crescita della
persona disabile. Per tale motivo, alle luce di queste considerazioni, la finalità di questo
lavoro è quella di capire in che modo poter aiutare e migliorare la vita dell’adulto disabile e
della sua famiglia sia nel momento iniziale, quindi quando viene scoperta la disabilità del
figlio e sia nella progettazione del “dopo di noi” quindi quando i genitori dovranno iniziare
concretamente a preparare il futuro del proprio figlio “durante il noi”.
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CAPITOLO 1
1.1 La nascita di un figlio disabile
“Quando stai per avere un bambino, è come programmare un favoloso viaggio
in Italia. Compri una guida sull’Italia e fai dei meravigliosi progetti: il
Colosseo, il David di Michelangelo, le gondole a Venezia. Cominci ad
imparare alcune frasi in italiano e dopo qualche mese di sogni anticipati, il
giorno finalmente arriva, fai le valigie e parti. Alcune ore più tardi, l’aereo
comincia ad atterrare, lo steward entra e dice: “Benvenuti in Olanda”. “In
Olanda?” Domandi. “Che c’entra Olanda? Io ho comprato un biglietto per
l’Italia! Io credevo di essere arrivata in Italia!”. “C’è stato un cambiamento
nel piano di volo, abbiamo optato per l’Olanda e qui devi stare”. Non è un
posto orribile, disgustoso: è solo un posto diverso. Così devi andare a
comprare una nuova guida, devi imparare alcune frasi in una nuova lingua e
incontrerai nuovi gruppi di persone che non avresti altrimenti incontrato. È
solo un luogo diverso, è più calmo e pacifico dell’Italia.
Quando sei lì, prendi confidenza, ti guardi intorno e cominci a pensare che
l’Olanda ha i mulini a vento, ha i tulipani e ha Rembrandt.
Però tutti quelli che conosci sono occupati ad andare e venire dall’Italia e
ognuno si vanta di quale meraviglioso periodo ha trascorso là. Per il resto
della tua vita tu dirai: “Sì, quello era il luogo dove avevo progettato di andare,
è ciò che avevo programmato. E la pena di tutto ciò non se ne andrà mai,
perché la perdita dei propri sogni è una perdita molto significativa.
Ma se passerai la vita a piangerti addosso per il fatto che non sei andato in
Italia, non sarai mai libero di godere delle cose molto speciali e molto amabili
dell’Olanda.” (Emily Per Kingsley, Benvenuti in Olanda)
La famiglia è una struttura complessa e articolata, presente in tutti i sistemi sociali. Essa può
esser definita un’unità di cooperazione, basata sulla convivenza, avente lo scopo di garantire
ai suoi membri lo sviluppo e la protezione fisica e socioeconomica, la stabilità emotiva, il
sostegno nei momenti difficili. Fondata su un’alleanza di adulti, la famiglia ha, tra i suoi
compiti cardinali, la generazione e l’allevamento della prole (Sorrentino, 2006, p. 31).
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E' importante ricordare che la famiglia prima di tutto rappresenta la più grande istituzione
assistenziale italiana. Questa ha il dovere di prendersi cura dei propri componenti,
attivandosi ad ogni situazione di difficoltà, attivando risorse interne ed esterne. Infatti,
normalmente, è in essa che si manifesta la situazione di bisogno e che contemporaneamente
viene organizzata una risposta al problema.
La nascita di un figlio comporta all’interno del nucleo familiare confusione e
destabilizzazione, un vero cambiamento nella vita dei genitori e un certo livello di stress per
riuscire a far fronte alle molteplici esigenze del nuovo nato. In particolar modo, la nascita
del primo figlio, è vissuto come il compimento di un gradino maturativo. Nonostante sia una
nascita attesa e desiderata, si verificheranno all’interno della coppia cambiamenti
significativi che porteranno ad una ristrutturazione della relazione. I genitori capiranno sin
da subito di dover assumere numerose responsabilità nei confronti del figlio, responsabilità
nel pensare di trovare modalità relazionali per farlo crescere in modo adeguato, per educarlo
e per far sì che trovi il suo spazio e abbia un futuro nel nuovo mondo per lui ancora
sconosciuto e misterioso.
I genitori iniziano a idealizzare aspettative su come sarà il nuovo ciclo vitale. Ogni familiare
così creerà e conserverà al suo interno una mappa di riferimento contenente tappe
fondamentali da rispettare durante il percorso di crescita del figlio (asilo nido, scuola
dell’infanzia, scuola primaria, secondaria, secondaria di secondo grado, probabilmente
l’università, lavoro etc.) e comportamenti adeguati da dover mettere in atto.
Quando, però, a nascere non è il bambino desiderato ma un bambino “diverso”( Pavone &
Tortello, 2009; Baldini, 1995;) dalle aspettative dei genitori, la situazione si capovolge e si
complica.
La diversità la incontriamo ogni giorno, in ogni momento della nostra vita: ogni essere
umano è diverso. Ma molto spesso la diversità non è vista in chiave positiva, non è vista
come una risorsa, un valore, una ricchezza, bensì come una minaccia, un limite che genera
sentimenti di paura, ansia e sospetto. Si tende a rifiutare tutto ciò che è diverso da noi, non
per una questione di intolleranza o di chiusura mentale, ma per la paura e l’insicurezza che
deriva dalla non conoscenza.
Non si pensa quasi mai ad arricchirsi culturalmente partendo dalle proprie differenze, perché
non essendo omologabile alla ragione umana, la diversità fa paura.
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Ed è per questo che con la nascita di un figlio diverso, il sogno di un figlio ideale e la
progettazione del suo futuro vengono sconvolti; i sentimenti positivi maturati nel corso della
gravidanza sono costretti a confrontarsi con l’evidenza di un figlio con difficoltà: un figlio
diverso dagli altri. Ciò porterà i genitori stessi a porsi numerose domande a cui spesso non
riescono a trovare risposta perché premature e perché non si possiedono gli strumenti e le
conoscenze per comprendere a pieno la condizione del figlio e prevedere il suo avvenire.
Questo bambino potrà scombinare l’armonia che si era creata, di conseguenza si romperanno
gli equilibri personali e familiari e la nuova nascita verrà per lo più assimilata alla perdita del
bambino sognato e atteso e ad una conseguente “condizione di lutto” (Farber, 1959; Freud,
1915). Naturalmente, vi sono casi differenti che variano a seconda dell’età dei genitori, della
loro esperienza generativa precedente, a seconda anche della complessità della diagnosi. La
disabilità che colpisce un figlio si evidenzia con modalità molto diverse e variabili: a volte
entra nella vita della famiglia in modi subdoli che per molto tempo possono essere
misconosciuti, a volte appare in maniera dirompente in momenti in cui tutti sono totalmente
impreparati, sorprendendoci proprio quando meno ce lo aspettiamo e costringendoci a fare i
conti con qualcosa che avevamo creduto colpisse solo agli altri. Raramente la disabilità
rappresenta una presa di coscienza che i membri responsabili della famiglia possono vivere
tra di loro.
Non è possibile pensare che l’evento “disabilità” in una famiglia riguardi solamente il
bambino: la disabilità non è una malattia, ma è una condizione di vita che lo accompagnerà
per sempre, e coinvolgerà tutti coloro che stanno intorno
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. Per questo motivo, l’obiettivo di
entrambi i genitori è quello di dover ritrovare un ordine nella rilettura del proprio mondo per
poter integrare la disabilità del figlio nelle proprie progettualità.
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http://www.cittametropolitana.mi.it/export/sites/default/affari_sociali/Allegati/ds_figli_con_disabilita_2ed.
pdf (ultima consultazione: 25/06/15)