2
1977, che ha sostituito la II Direttiva n. 67/228/CEE dell’11 aprile 1967, a
decorrere dal gennaio 1978.
La VI Direttiva stabilisce un sistema di applicazione dell’IVA uniforme in
tutti gli Stati appartenenti alla Comunità al fine di evitare i fenomeni
distorsivi della concorrenza nella circolazione dei beni e dei servizi; ma
altresì, prevede diverse regole che consentono agli Stati membri la
possibilità di introdurre regimi particolari, opzioni, facoltà e numerose
deroghe temporanee per definire con discrezionalità il proprio regime
nazionale a condizione che vengano evitati casi di doppia o mancata
imposizione.
Molto importanti sono anche l’VIII Direttiva del 6 dicembre 1979 n.
79/1072, la Direttiva 28 marzo 1984 n. 83/181, la n. 91/680 del 16
dicembre 1991 e la n. 95/7 del 10 aprile 1995.
Le regole, tuttavia, devono essere riviste dopo l’approvazione della Direttiva
n.2006/112/CE, entrata in vigore il 1° gennaio 2007, con la quale il
Consiglio ha riscritto la VI Direttiva e la precedente II Direttiva al fine di
armonizzare, semplificare e modernizzare le norme rese complesse dalle
modifiche che sono state introdotte nel tempo alla VI Direttiva.
Tali direttive sono state recepite di volta in volta dal legislatore nazionale;
oltre a costituire uno strumento interpretativo della normativa interna, le
direttive, scaduto il termine previsto per il loro recepimento, se
sufficientemente dettagliate e precise possono anche trovare diretta
applicazione nell’ordinamento interno
2
determinando, sempre che risultino
più favorevoli per il soggetto passivo, la disapplicazione della normativa
interna che risulti difforme.
La Corte di giustizia CE ha precisato quali sono le caratteristiche essenziali
dell’IVA, dalla sua giurisprudenza ne deriva che il tributo si applica in
modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni e servizi;
proporzionale al prezzo percepito dal soggetto passivo quale compenso dei
2
Ma solo nei rapporti tra Stato e singoli soggetti, e non anche nei rapporti tra
singoli soggetti.
3
beni e servizi forniti; riscossa in ciascuna fase del procedimento di
produzione e di distribuzione compresa quella della vendita al minuto, a
prescindere dal numero di operazioni effettuate in precedenza; gli importi
pagati in occasione delle precedenti fasi del processo sono detratti
dall’imposta dovuta, di conseguenza il tributo si applica in ciascuna fase,
solo al valore aggiunto della fase stessa, e il peso dell’imposta va a carico
del consumatore finale.
3
Le sentenze della Corte di giustizia hanno un valore essenziale
nell’applicazione della legislazione nazionale e ciò si rileva anche dalle
diverse interpretazioni fornite in sede di risposta alle istanze di interpello,
ove l’Agenzia delle Entrate fa ricorso alle sentenze della Corte che hanno
valore di riferimento legislativo.
Dunque, in sede di interpretazione e applicazione della normativa IVA
occorre sempre aver riguardo all’orientamento comunitario, in quanto le
disposizioni in materia di IVA della VI Direttiva 77/388/CEE e
l’interpretazione da parte della Corte di giustizia prevalgono sul diritto
nazionale e costituiscono strumenti vincolanti per l’interpretazione delle
disposizioni del diritto interno.
2. La disciplina interna.
La disciplina dell’IVA è stata introdotta nell’ordinamento italiano il
1°gennaio del 1973, con il DPR n. 633/1972, in sostituzione della
precedente Imposta generale sulle entrate (IGE) che veniva applicata in
modo forfettario e presuntivo, colpendo non solo il consumo finale, ma ogni
stadio della produzione o della commercializzazione. Tutto ciò comportava
la tassazione di elementi di costo già precedentemente colpiti, facendo
3
Sentenza del 3 ottobre 2006, Causa C-475/03 relativa all’incompatibilità tra IVA
e IRAP.
4
rientrare nella base imponibile anche l’ammontare del tributo
precedentemente pagato.
In conseguenza avveniva che per i beni uguali, potesse essere diverso il
carico tributario che veniva a gravare sul consumatore finale. L’incisione
del tributo a titolo di IGE era tanto maggiore quanti più passaggi aveva
subito il bene nel corso del suo ciclo economico. Veniva, perciò,
contemplato un sistema d’imposta cumulativa a cascata che falsava le
condizioni di concorrenza e ostacolava la libera circolazione delle merci e
dei servizi nel mercato comune.
Il D.P.R. n. 633/1972 è stato oggetto di numerose modifiche che si sono
succedute nel tempo, tra cui il DPR n. 24/1979 che ha recepito la VI
Direttiva, e il D.Lgs. n.313/1997 che ha adeguato la disciplina interna a
quella comunitaria.
5
CAPITOLO SECONDO
LA STRUTTURA DEL TRIBUTO
Sommario: 1. Lo scopo dell’IVA - 2. Il meccanismo di funzionamento del tributo
- 3. La neutralità dell’imposta - 4. I requisiti essenziali - 4.1 Il
profilo oggettivo: le cessioni di beni e le prestazioni di servizi - 4.2 Le
importazioni - 4.3 Il profilo soggettivo: l’esercizio di imprese e di arti
o professioni - 4.4 Il profilo territoriale - 4.5 Il profilo temporale - 5.
La base imponibile.
1. Lo scopo dell’IVA.
Il tributo sul valore aggiunto è un’imposta indiretta
4
applicata alle cessioni
di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio di imprese, arti e
professioni, agli acquisti intracomunitari nonché alle importazioni da
chiunque effettuate.
Lo scopo dell’IVA è tassare i beni e i servizi immessi al consumo da
determinati soggetti; tale scopo si individua dalla disciplina delle aliquote
determinate con riferimento a beni e servizi, in quanto l’imposta si applica
con un’aliquota esattamente proporzionale al prezzo di vendita dei beni e
servizi ed è esigile per massa di operazioni, previa detrazione
dell’ammontare dell’imposta che ha gravato direttamente sul costo dei
4
Il tributo non colpisce direttamente la capacità contributiva del soggetto nelle
due forme del patrimonio o del reddito, ma è una manifestazione che
indirettamente rivela l’esistenza di ricchezza.
6
diversi elementi costitutivi del prezzo. Pertanto attraverso un sistema
basato sull’istituto della rivalsa e su quello della detrazione, l’imposta
colpisce l’incremento del valore che subisce un bene nelle singole fasi della
produzione e del commercio fino ad incidere nei confronti del consumatore
finale.
In linea generale, salvo eccezioni
5
, l’IVA non costituisce un tributo
monofase, che colpisce cioè una sola fase del ciclo produttivo distributivo,
bensì un tributo plurifase applicato ad ogni passaggio che il bene subisce,
dalla fase della produzione fino al consumatore finale. Pur essendo un
tributo plurifase, tuttavia, l’IVA non presenta gli effetti distorsivi del
cumulo perché l’onere tributario viene applicato di volta in volta sul valore
che, in ogni stadio del ciclo economico, si aggiunge a quello già
precedentemente assoggettato al tributo.
2. Il meccanismo di funzionamento del tributo.
La disciplina del funzionamento del tributo si rinviene negli articoli 17 e 18
del D.P.R. 633/72 dedicati rispettivamente ai soggetti passivi e all’obbligo
di rivalsa
6
. L’IVA riguarda essenzialmente tre categorie di soggetti, i
5
Il legislatore ha previsto dei casi in cui l'imposta "colpisce" soltanto all'origine e
non anche nelle successive fasi della commercializzazione. Si può quindi parlare di
un "regime speciale monofase". Ciò vuol dire, altresì, che gli operatori coinvolti
nelle varie fasi successive non hanno l'obbligo di applicazione della rivalsa,
previsto dall'articolo 18 del Dpr n. 633/72; di conseguenza, per tali soggetti le
operazioni non devono essere riportate nella dichiarazione IVA. L'articolo 74 del
D.P.R n. 633/72, individua una serie di settori per i quali l'applicazione
dell'imposta avviene secondo quanto sopra esposto, ovvero allorché si realizza la
primaria cessione del bene o prestazione di servizio, tali sono:il commercio di
prodotti di monopolio quali sali e tabacchi, fiammiferi ; le prestazioni telefoniche
pubbliche; la rivendita di documenti di viaggio, documenti di sosta e prodotti di
natura editoriale.
6
Il concetto di rivalsa è contenuto in tale articolo ma non se ne trova traccia nella
sesta direttiva comunitaria.
7
fornitori che devono essere imprenditori o lavoratori autonomi, denominati
anche soggetti IVA, i clienti e l’Erario.
L’articolo 17 individua esattamente la figura di colui che deve assolvere gli
obblighi dell’imposta, il titolare dei diritti previsti dalla disciplina del
tributo: si tratta, cioè, del “debitore d’imposta” o “contribuente IVA”, il
soggetto che effettua le cessioni di beni e le prestazioni di servizi.
Il fornitore deve addebitare al cliente il tributo, proporzionale al
corrispettivo contrattuale, e a sua volta deve versarlo all’Erario, al netto del
tributo da lui stesso corrisposto ai propri fornitori; l’IVA corrisposta ai
fornitori di beni e servizi acquistati nell’esercizio di imprese, arti o
professioni, può essere detratta dall’IVA sulle operazioni attive, con il
diritto al rimborso di eventuali eccedenze. In questo modo l’IVA colpisce il
consumo finale, rivelandosi, però, neutrale nei passaggi intermedi di beni e
servizi tra produttori, commercianti e professionisti. Il diritto alla
detrazione e l’obbligo di rivalsa sono i due baricentri del tributo. Attraverso
il meccanismo della rivalsa si realizza il passaggio dell’imposta dal soggetto
passivo ad un operatore successivo, fino ad arrivare al consumatore finale,
il quale non potendo recuperare nei confronti di nessun altro l’imposta
pagata e non potendola detrarre, risulterà alla fine colui che resta inciso
dall’imposta. L’istituto della rivalsa è strettamente collegato al versamento
dell’imposta ed è contemporaneamente correlato al meccanismo della
detrazione quando il soggetto che acquista i beni e i servizi opera
nell’esercizio di impresa, arti o professioni.
La legge pone a carico del soggetto IVA l’obbligo di addebitare l’imposta ed
esercitare la rivalsa nei confronti del cessionario o del committente, con un
obbligo parallelo a carico dello stesso cedente o prestatore, il quale risulta
debitore dell’imposta nei confronti dell’Erario e si rivale sul cessionario, che
può esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta stessa ma deve
corrispondere al cedente l’IVA che questi gli ha addebitato in fattura. Di
conseguenza, secondo una consolidata giurisprudenza, il cessionario o il
committente non ha la facoltà di scegliere se corrispondere l’IVA
8
addebitatagli dal cedente o dal prestatore ma bensì ha l’obbligo di
corrispondere l’imposta che gli viene addebitata in fattura appunto in via di
rivalsa
7
.
La detrazione costituisce, in astratto, un diritto del soggetto passivo ma
non è obbligatoria, e si configura in realtà come una facoltà; il diritto alla
detrazione costituisce infatti un diritto disponibile per il soggetto passivo
che può decidere se esercitarlo o meno e, dopo il suo esercizio, anche di
rinunciare al relativo credito. Se il soggetto passivo non si avvale
correttamente di questa facoltà deve versare l’intero ammontare del tributo
dovuto . Dunque non vi è alcun obbligo o dovere giuridico di effettuare la
detrazione e a conferma di questo assunto la disposizione dell’articolo 19
del D.P.R. 633/72 stabilisce che, ai fini della determinazione dell’imposta
dovuta dai soggetti passivi, dall’ammontare del tributo relativo alle
operazioni effettuate “è detraibile” cioè può essere detratta, l’imposta
assolta o dovuta in via di rivalsa dal soggetto passivo in relazione ai beni o
ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o
professione.
Dunque, il fornitore soggetto IVA addebita l’IVA al cliente e computa
l’imposta a debito verso l’Erario. Se il cliente è un consumatore finale, cioè
il soggetto che viene inciso in maniera definitiva dall’imposta non potendo
esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta stessa, paga l’IVA al
fornitore, non la può detrarre e in questo modo si compie la tassazione.
Diversamente se il cliente è a sua volta un soggetto IVA, quindi un’impresa
o un professionista, paga l’IVA al fornitore e la detrae dalla propria IVA
sulle vendite ai clienti, con il diritto di credito sulle eventuali eccedenze. Il
cliente è a sua volta fornitore dei propri clienti, il meccanismo prosegue e si
blocca solo quando trova il consumatore finale, o nel caso di operazioni
esenti.
Il contribuente “di diritto” che intrattiene i rapporti con il fisco è l’impresa o
il professionista, mentre colui che non intrattiene alcun rapporto con gli
7
Cassazione,sezione seconda civile, sentenza 24 Novembre 2003, n. 17861.
9
uffici fiscali, ma su cui grava l’onere economico dell’imposta è il
contribuente “di fatto” (consumatore finale), inteso come chiunque non
agisca nell’esercizio di imprese, arti o professioni.
Le differenze tra IVA sulle operazioni attive e IVA sugli acquisti non
vengono calcolate per ciascun singolo bene, ma vengono effettuate per il
complesso delle operazioni attive e degli acquisti relativi ad una certa unità
di tempo (tassazione per masse di operazioni).
3. La neutralità dell’imposta.
Il principio della neutralità trova compiuta attuazione attraverso l’istituto
della rivalsa e del diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte. La
detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti e il diritto al rimborso
dell’eccedenza rendono il tributo neutrale rispetto ai passaggi compiuti dal
bene prima di essere acquistato dai consumatori finali.
Ugualmente avviene per i servizi, il prestatore di servizi recupera l’IVA sugli
acquisti effettuati nell’esercizio dell’attività, e il tributo viene acquisito
dall’Erario solo per i servizi finali prestati al consumatore finale.
Tuttavia occorre precisare che, prima delle cessioni ai consumatori finali
l’applicazione dell’IVA non è irrilevante, infatti la mancata o insufficiente
applicazione dell’IVA in un passaggio “intermedio” di beni e servizi
comporta i medesimi recuperi di imposta e le medesime sanzioni che si
verificherebbero se il cliente fosse un consumatore finale.
Il “valore aggiunto”, caratteristica del tributo, si riferisce alla misurazione
della capacità economica individuale manifestata dai consumatori e
tassata attraverso i loro fornitori “al netto” delle precedenti applicazioni
dell’imposta nei rapporti tra operatori economici; il “valore aggiunto”
dell’IVA è dunque “aggiunto” rispetto alle precedenti applicazioni del
medesimo tributo.