4
discussi, ponendo particolare attenzione ai limiti tuttora vigenti del diritto
di accesso, sia quelli derivanti dall’apposizione da parte della P.A. del
criticato segreto di Stato o del segreto d’ufficio, sia quelli dovuti alla
mancanza di un interesse concreto legittimante da parte del soggetto
richiedente, ed esaminare, inoltre, i rapporti con la normativa sulla tutela
del diritto alla riservatezza
2
, ispirata a finalità in qualche modo antitetiche
rispetto al diritto di accesso.
2
L. 675/1996 “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”, la tanto
discussa, soprattutto dall’opinione pubblica, legge sulla privacy, e le seguenti modifiche legislative sul
tema, come il D. Lgs. n. 196 del 2003 c.d. codice della privacy.
5
Capitolo I
1.1. Presupposti storici del principio di trasparenza
Uno dei principi fondanti dei moderni sistemi di governo occidentali è
senza dubbio la visibilità del potere. Si può osservare come la maggior
parte degli studiosi, che hanno concentrato il proprio lavoro sull’analisi
delle caratteristiche della democrazia, abbia definito il principio di
pubblicità essenziale per l’ideale democratico. Chi più di ogni altro ha
contribuito a chiarire l’importanza della conoscibilità dell’agire delle
istituzioni è stato Kant, che può essere considerato legittimamente come il
punto di partenza di ogni discorso sulla necessità della visibilità del potere,
una necessità che è, a detta del filosofo, non solo politica ma morale. Nella
seconda appendice alla Pace perpetua, Kant propone come «concetto
trascendentale del diritto pubblico», il seguente principio: «Tutte le azioni
relative al diritto di altri uomini, la cui massima non è suscettibile di
pubblicità, sono ingiuste»
3
. Si può commentare tale principio affermando,
quindi, che ogni massima non compatibile con la trasparenza è una
massima che, se mai fosse resa pubblica, susciterebbe una reazione tale da
rendere impossibile la sua attuazione; in sostanza vi sono azioni scorrette o
illecite che vengono compiute proprio perché l’autore ha la sicurezza che
non saranno mai rese conoscibili. Kant precisa che il suo ideale di
3
I. Kant, Risposta alla domanda: che cosa è l’illuminismo, in Scritti politici e di filosofia della storia e
del diritto, Utet, Torino 1956, p. 328.
6
pubblicità non si identifica col semplice dire qualcosa di fronte a tutti,
perché, in situazioni di disparità di potere, il governante può permettersi di
annunciare quello che vuole senza affrontare nessuna conseguenza per lui
negativa. Si tratta, piuttosto, di un carattere strutturale, che ha a che vedere
con la trasparenza e la possibilità di una circolazione delle informazioni
senza disparità.
I principi democratici di natura illuministica e di origine giusnaturalistica
hanno, come è storicamente noto, influenzato l’età della rivoluzione
francese. Tra i pensieri contenuti nelle copiose opere della rivoluzione, può
considerarsi emblematica questa citazione dal Catechismo repubblicano di
Michele Natale
4
:
Vi è niente di segreto nel Governo Democratico?
Tutte le operazioni dei governanti devono essere note al popolo Sovrano,
eccetto qualche misura di sicurezza pubblica, che gli si deve far conoscere,
quando il pericolo è cessato.
5
Si enuncia, in queste poche righe, in modo piuttosto semplice, uno dei
tratti fondamentali dello stato costituzionale: la pubblicità è la regola, il
segreto l’eccezione, e ad ogni modo è un’eccezione limitata, poiché la
segretezza è giustificata, soltanto se limitata nel tempo. Il problema della
4
Il vescovo di Vico, giustiziato a Napoli il 20 agosto 1799.
5
M. Natale, Catechismo repubblicano per l’istruzione del popolo e la rovina de’ tiranni, Mones editori,
Napoli 1998, p. 9.
7
pubblicità del potere è sempre servito a mettere in evidenza la differenza
fra due forme di governo: la repubblica, caratterizzata dal controllo
pubblico del potere, e il principato, il quale spesso fa ricorso ai c.d. arcana
imperii, cioè al segreto di stato, o al segreto amministrativo, che secondo la
tesi ormai classica di Max Weber, è la scoperta specifica della moderna
burocrazia, lo strumento mediante il quale essa, monopolizzando il proprio
sapere professionale, accresce e consolida la propria posizione di potenza
6
;
tali conclusioni sono anche di John Stuart Mill, che nel suo Saggio sulla
libertà ha descritto le possibili conseguenze dell’abuso di tale mezzo
7
.
In epoca più recente, Habermas osserva come la nascita del “pubblico
politico” possa modificare i rapporti tra governanti e governati; la sfera
pubblica politica acquista un’influenza sul governo attraverso il corpo
legislativo, poiché «l’esercizio del dominio politico viene effettivamente
sottoposto all’obbligo democratico di pubblicità»
8
. La maggiore o minore
rilevanza dell’opinione pubblica come opinione relativa agli atti pubblici,
cioè propri del potere pubblico che è per eccellenza il potere esercitato dai
supremi organi dello stato, dipende dalla maggiore o minore offerta al
pubblico, intesa come visibilità, conoscibilità, accessibilità, e quindi
controllabilità degli atti di chi governa. Porre la pubblicità, rectius il
6
Cfr. M. Weber, Economia e società, volume secondo, Edizioni di comunità, Milano 1980.
7
Ho consultato l’edizione: John Stuart Mill, Saggio sulla libertà, Mondadori, Milano 2002.
8
J. Habermas, Öffentlichkeit, in Fischer-Lexikon, II. Staat und Politik, Fischer Bücherei, Frankfurt am
Main – Hamburg 1957; ora in Kultur und Kritik, Suhrkamp, Frankfurt am Main, pp. 61-69 (trad. it. Utet,
Torino 1963), tratto da N. Bobbio, Stato, governo, società, Einaudi, Torino 1985, p. 18.
8
principio di trasparenza, come discrimine tra stato democratico e
autocratico non è un azzardo privo di riscontri filosofici; in diverse opere di
analisi politica, autorevoli osservatori delle dinamiche sociali hanno più
volte affermato che uno stato governato da un potere invisibile e
inaccessibile è antidemocratico:
Il tema più interessante, su cui si può davvero mettere alla prova la capacità del
potere visibile di debellare il potere invisibile, è quello della pubblicità degli
atti del potere, che, come si è visto, rappresenta il vero e proprio momento di
svolta nella trasformazione dello stato moderno da stato assoluto a stato di diritto.
9
Ora i corollari del principio di pubblicità sono diversi: oltre a quello più
immediato che concerne il rendere partecipe il popolo alle decisioni del
governo, vi è naturalmente la possibilità di accedere agli atti e ai documenti
conservati presso i pubblici uffici, dando la possibilità agli interessati di
usufruire di tali informazioni, ma anche, e non è poco, rendersi conto di
quello che la P.A. conosce della nostra vita, anche privata, cercando in tal
modo di arginare un carattere che spesso corre parallelo a quello del potere
invisibile, e cioè quello del potere onniveggente. L’uso dei computer può
rendere possibile una conoscenza capillare dei cittadini, anche di un grande
stato, da parte di chi detiene il potere. Un monarca assoluto del passato,
9
N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino 1991, p. 106.
9
anche abbattendo ogni limite posto dalla riservatezza dei propri sudditi, non
avrebbe mai potuto raccogliere e catalogare una quantità di informazioni
simile a quella che potenzialmente può ottenere uno stato democratico
oggi.
1.2. Fondamento costituzionale del principio di trasparenza
Discusso è in dottrina il fondamento costituzionale del diritto di accesso.
L’art. 22 della legge 241/1990 fa riferimento, assicurando la trasparenza,
alla necessità di favorire lo svolgersi in modo imparziale dell’azione
amministrativa; è chiaro che la presenza del principio di trasparenza, che si
evince dalla norma, sia funzionale, in realtà, anche all’assicurazione del
buon andamento dell’azione amministrativa. Quindi troviamo un primo
sicuro riferimento costituzionale alla trasparenza nell’art. 97 Cost.
10
: a
sostegno di tale tesi depone lo spessore nettamente strumentale che riveste
il principio di trasparenza, che, nella sua essenza, mette a disposizione dei
cittadini il potere di esercitare un controllo democratico sull’operato dei
soggetti pubblici al fine di verificarne la conformità agli interessi sociali ed
alle disposizioni costituzionali.
10
«I pubblici poteri sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon
andamento e l’imparzialità dell’amministrazione».
10
La trasparenza non è un valore compiuto in sé ma un grimaldello
mercé il quale i cittadini, messi in condizione di penetrare i segreti
delle stanze dei bottoni, possono toccare con mano se le leve del
potere siano state azionate in modo funzionale agli obiettivi, di dignità
costituzionale, dell’imparzialità e dell’efficienza amministrativa.
11
A simili conclusioni approda anche il legislatore, che con l’articolo 22 L.
241/1990 ha voluto, in primo luogo, realizzare il «punto di raccordo tra le
esigenze di garanzia ed efficienza nello svolgimento dell’attività
amministrativa che costituisce un modo d’essere dell’amministrazione, cui
si correlano i principi costituzionalmente posti per l’attività amministrativa
(legalità, imparzialità e buon andamento). La trasparenza è quindi, innanzi
tutto un modo di essere dell’amministrazione e dell’attività amministrativa
che tende a rendere visibili i soggetti che concorrono a determinare, con
l’assetto concreto degli interessi, l’interesse pubblico e conoscibili le fasi
attraverso le quali si snoda ed articola la determinazione amministrativa,
onde realizzare l’aspirazione ad una democrazia intesa come regime del
potere visibile»
12
.
Oltre alla costruzione che vede il fondamento della trasparenza nell’art. 97
Cost., vi è una seconda impostazione, non necessariamente alternativa alla
precedente, che costituisce il diritto come una faccia del diritto di
11
F. Caringella, R. Garofoli, M. T. Sempreviva, L’accesso ai documenti amministrativi, profili sostanziali
e processuali, Giuffrè, Milano 2003, p. 17.
12
Sent. Consiglio di Stato, 12 aprile 1986, n. 325.
11
informazione, principio derivante dall’art. 21 Cost. L’assunto poggia su di
una interpretazione ampia della libertà di informazione, vista non più dal
solo versante attivo
13
ma anche da quello passivo, ossia impostando un
interesse generale dei potenziali destinatari ad una pluralità di fonti
informative e garantendo il libero accesso alle medesime con correlativa
eliminazione di «ostacoli legali, anche temporali, alla circolazione delle
notizie e delle idee»
14
. Si rielabora il diritto di accesso come capitolo
applicativo del diritto all’informazione, costruendo un rapporto conoscitivo
tra un soggetto e la P.A., che si concreta nella possibilità di ottenere
determinate notizie o documenti. Si supera in tal modo una concezione
arcaica dell’articolo 21 Cost., creando una dialettica necessaria tra profilo
attivo e passivo dell’informazione. La giurisprudenza recepisce in pieno
tale impostazione, affermando che mentre i singoli devono motivare,
fornendo elementi di prova, la propria legittimazione all’accesso, i
13
Libertà di dare e divulgare notizie, opinioni, commenti attraverso i più disparati mezzi di informazione.
14
Corte Cost., 15 giugno 1972, n. 105, in Giust. Cost., 1972, 105. Si legge in tale sentenza: «l'art. 21
Cost., che solennemente proclama uno tra i principi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico,
garantendo a "tutti" il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero "con ogni mezzo di
diffusione" e dettando per di più ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di
diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei cittadini e quindi della
formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole. Naturalmente, che "tutti" abbiano diritto di
manifestare il proprio pensiero "con ogni mezzo", non può significare che tutti debbano avere, in fatto, la
materiale disponibilità di tutti i possibili mezzi di diffusione, ma vuol dire, più realisticamente, che a tutti
la legge deve garantire la giuridica possibilità di usarne o di accedervi, con le modalità ed entro i limiti
resi eventualmente necessari dalle peculiari caratteristiche dei singoli mezzi o dalla esigenza di assicurare
l'armonica coesistenza del pari diritto di ciascuno o dalla tutela di altri interessi costituzionalmente
apprezzabili, giusta i criteri di cui questa Corte ha fatto applicazione in varie occasioni (sentenze n. 59 del
1960, n. 48 del 1964, n. 11 del 1968)»; e ancora: «libertà di manifestazione (libertà di dare e divulgare
notizie, opinioni, commenti); e ne risulta altresì menomato - dal punto di vista, invece, dei destinatari
della manifestazione - l'interesse generale, anch'esso indirettamente protetto dall'articolo 21, alla
informazione; il quale, in un regime di libera democrazia, implica pluralità di fonti di informazione, libero
accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle
notizie e delle idee».
12
rappresentanti degli organi di stampa hanno un interesse da considerarsi
presunto, in base all’art. 21 Cost., di entrare in possesso di informazioni
possedute dall’amministrazione. I giornalisti sono d’altra parte i destinatari
privilegiati del dovere informativo assolto dalla p.a., che consente a questi
di accedere ai documenti amministrativi. Emblematico il caso del giornale
“Viva Trieste” che in primo grado si vede rifiutare la possibilità di accedere
a documenti regionali, poiché secondo il T.A.R. i giornalisti avrebbero
agito «per meri fini divulgativi e, quindi, senza rispettare le condizioni
richieste dalla legge per ottenere l’accesso agli atti della p.a.»
15
, mentre in
secondo grado il Consiglio di Stato riconosce il diritto di accesso al
giornale in base al rilievo per cui: «Una testata giornalistica ha titolo ad
accedere ai documenti amministrativi, ai sensi della l. dir. acc., per poterli
successivamente pubblicare onde informarne i propri lettori; ciò in quanto
il diritto di accesso si presenta come strumentale rispetto alla libertà di
informazione, costituzionalmente riconosciuta agli organi di stampa, ed
occorre altresì riconoscere alla testata giornalistica una posizione
qualificata e differenziata alla conoscenza degli atti non riservati della p.a.,
che possano interessare i propri lettori»
16
.
Interessante, a tal riguardo, il tentativo della Commissione parlamentare per
le riforme istituzionali di introdurre nel testo costituzionale un nuovo
15
T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 16 dicembre 1995, n.469, in FA, 1996, 1634.
16
Cons. St. 6 maggio 1996, n.570, in FA, 1996, 1475.
13
articolo così formulato «Art. 21 bis.– Nei limiti e nei modi stabiliti dalla
legge, tutti hanno il diritto di cercare, trasmettere e ricevere informazioni,
nonché di accedere ai documenti e agli atti amministrativi che li
riguardano.– Sono vietati la raccolta e l’uso di informazioni che
implichino discriminazioni o lesioni dei diritti fondamentali della
persona»
17
. Ultima tappa, del percorso legislativo, del principio di
trasparenza è la disposizione contenuta nella legge 11 febbraio 2005, n. 15
che modifica ed integra la L. 241/1990. Nell’art. 1 della legge sul
procedimento viene infatti inserito, accanto ai criteri di economicità, di
efficacia e di pubblicità, il criterio della trasparenza. Tale integrazione può
considerarsi importante poiché rafforza il principio della pubblicità
mettendolo per iscritto e ponendolo tra quelli che reggono l’attività
amministrativa, anche se giuristi importanti, come Cerulli Irelli, la
considerano un’innovazione alla legge «non significativa», anzi
«superflua», dato che in realtà la trasparenza era un principio «già
pacificamente ritenuto sussistente nel nostro sistema legislativo quale
conformato dalla legge n. 241/90»
18
.
17
In particolare, Camera dei Deputati–Senato della Repubblica, IX Legislatura, Disegni di legge e
Relazioni – Documenti, Doc. XVI bis, n. 3, vol. I, (ed. provv.), 66–67.
18
V. Cerulli Irelli, Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell’azione amministrativa,
pubblicato in “Astrid Rassegna” n.4 del 2005.
14
1.3. Il principio di trasparenza nella Comunità Europea
Analizzati i riferimenti al principio di trasparenza presenti nel nostro testo
costituzionale, è doveroso osservare in che modo anche l’Unione Europea
abbia recepito tale fondamentale criterio, sia per quanto riguarda l’accesso
ai propri atti sia per come ha influenzato le legislazioni dei singoli stati
membri. Il principio di trasparenza e il diritto di accesso si sono affermati
in ambito comunitario solo di recente. Oggi, l'Unione europea tutela in
modo significativo il diritto all'informazione ed assicura, in applicazione
del principio di trasparenza, la possibilità per i cittadini di esercitare un
effettivo controllo sull'operato delle istituzioni comunitarie, non solo
rendendo possibile l'accesso alle informazioni prodotte e possedute dalle
istituzioni stesse, ma anche con la semplificazione del linguaggio delle
decisioni. I trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell'uomo,
come la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali (Roma, 1950) e il Patto internazionale sui diritti civili e
politici (New York, 1966), riconoscono un ampio diritto dell'individuo di
accedere alle informazioni ufficiali. Il riconoscimento del diritto di accesso
alle informazioni delle istituzioni è un risultato molto importante, in quanto
la trasparenza del processo decisionale delle istituzioni contribuisce a
rafforzare il loro carattere democratico e ad accrescere la fiducia dei
cittadini nei confronti dell'amministrazione. Il principio di trasparenza ha
15
iniziato ad affermarsi solo a metà degli anni '80 con due risoluzioni del
Parlamento europeo
19
, attraverso le quali l'istituzione auspica una maggiore
pubblicità della gestione e delle procedure comunitarie. Prima di questo
momento la necessità di garantire la trasparenza o il diritto di accesso del
pubblico ai documenti delle istituzioni non era avvertita e i relativi principi
non erano menzionati nei Trattati CECA (Parigi, 1951), Euratom e CEE
(Roma, 1957). L'inversione di tendenza, verso una maggiore attenzione alla
trasparenza, è avvenuta soltanto nel 1992 con la firma del Trattato di
Maastricht sull'Unione Europea. In apertura il Trattato dichiara: «nel
processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli
dell'Europa»
20
le decisioni devono essere prese nel modo più trasparente
possibile e il più vicino possibile ai cittadini. Un ulteriore passo in avanti si
ha con il Trattato di Amsterdam, sottoscritto il 2 ottobre del 1997 ed entrato
in vigore nel 1999, che dedica due disposizioni al diritto di accesso ai
documenti delle istituzioni comunitarie. L'articolo 255 prevede, innanzi
tutto, che «qualsiasi cittadino dell'Unione e qualsiasi persona fisica o
giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il
diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e
della Commissione». La stessa disposizione al paragrafo 2 demanda, poi, al
Consiglio la definizione dei principi generali e delle limitazioni per la tutela
19
Risoluzione Parlamento Europeo del 24 maggio 1984 e risoluzione del Parlamento Europeo del 2
gennaio 1988.
20
Trattato di Maastricht, art. 1 paragrafo 2.
16
degli interessi pubblici e privati da applicare al diritto di accesso, mediante
deliberazione secondo la procedura di codecisione ex art. 251, entro due
anni dall'entrata in vigore del Trattato stesso. Inoltre, è data facoltà al
Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione di definire, nel
proprio regolamento interno, le ulteriori disposizioni specifiche che
riguardano l'accesso ai propri documenti. L'articolo 207 par. 3 del Trattato,
relativo al regolamento interno del Consiglio, proprio al fine di applicare il
suddetto articolo 255 par. 3, prevede che il Consiglio ha la facoltà di
fissare, nel proprio regolamento interno, le condizioni per l'accesso del
pubblico ai suoi documenti. La norma sancisce che il Consiglio, quando
delibera in qualità di legislatore, deve consentire un maggior accesso ai
documenti, preservando nel contempo l'efficacia del processo decisionale, e
dispone la pubblicazione dei risultati delle sue votazioni, delle
dichiarazioni di voto e delle dichiarazioni a verbale. L'art. 255 del trattato
di Amsterdam acquista rilievo e portata più ampi con la proclamazione
della «Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea»
21
. L'art. 11 della
Carta riconosce il diritto di ogni individuo alla libertà di espressione e
dichiara che «tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di
ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere
ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera».
L'art. 42, poi, rubricato «Diritto d'accesso ai documenti», afferma che
21
Approvata dal Consiglio europeo di Nizza il 7 dicembre 2000.
17
«qualsiasi cittadino dell'Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che
risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere
ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione.»
L'art. 41 del documento in questione sancisce il diritto a una buona
amministrazione e, al punto 2, specifica che questo diritto comprende
anche «il diritto di ogni individuo di accedere al fascicolo che lo riguarda,
nel rispetto dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto
professionale». Anche il recente progetto di Trattato che istituisce una
Costituzione per l'Europa, adottato dalla Convenzione europea il 13 giugno
e il 10 luglio 2003 e presentato al Consiglio europeo riunito a Salonicco il
20 giugno 2003, all'interno del Titolo IV ("La vita democratica
dell'Unione") dedica l'articolo 49 alla «Trasparenza dei lavori delle
istituzioni dell'Unione». Il primo punto dell'articolo in questione introduce
appunto il principio di trasparenza e afferma: «al fine di promuovere il
buon governo e garantire la partecipazione della società civile, le
istituzioni, gli organi e le agenzie dell'Unione operano nel modo più
trasparente possibile». Nel terzo punto sancisce specificatamente il diritto
di accesso ai documenti delle istituzioni, degli organi e delle agenzie
dell'Unione per qualsiasi cittadino dell'Unione o persona fisica o giuridica
che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro.