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[...] In questo già vastissimo dibattito, che però vede la comunità
giuridica internazionale abbastanza unita circa i punti nodali e
l’esigenza di una maggior presa di coscienza da parte dei singoli Stati
sulle problematiche ambientali e soprattutto sull’insufficienza di un
approccio esclusivamente nazionale, si inserisce il concetto di
globalizzazione.
In particolare il dibattito si incentra su come questo fenomeno agisca
sulle soluzioni e sulle decisioni che sono state prospettate: l’analisi
giuridica vede affiancarsi - e non può in alcun modo prescinderne -
il punto di vista degli economisti, che hanno invece molteplici e differenti
visioni circa la globalizzazione e i suoi effetti, visioni che variano
notevolmente, anche in base a caratterizzazioni geografiche.
Le due tesi che si contrappongono riguardano gli influssi che questo
processo porterà nel breve, ma soprattutto nel lungo periodo sulle
decisioni internazionali circa la tutela ambientale e la risoluzione dei
problemi ambientali globali.
Da una parte si trovano coloro che sostengono che la
globalizzazione provochi solo degrado ambientale, soprattutto nei paesi
in via di sviluppo. Costoro – tra cui si colloca la maggior parte dei
movimenti ambientalisti – temono che il libero commercio e la
liberalizzazione degli investimenti e dei mercati finanziari non solo mini
lo sviluppo di una disciplina ambientale, ma comporti anche un
peggioramento generale delle regolamentazioni già esistenti in
materia. Questo perché la globalizzazione viene vista come un
processo prettamente economico che, come tale, non guarda altro che al
profitto; il timore maggiore che i sostenitori di questa tesi hanno è che la
globalizzazione porti ad una “corsa al ribasso” dei paesi in via di sviluppo,
ma soprattutto dei paesi poveri: i governi di questi paesi spesso non hanno
altro da “offrire” che il proprio ambiente sia come risorse naturali da
sfruttare sconsideratamente (giacimenti, foreste …),
6
sia come possibilità di installare fabbriche fortemente inquinanti non
badando all’aspetto della tutela ambientale. È l’unico modo che hanno
per essere considerati in questo mondo globale in cui pesa l’economia
prima di ogni altra cosa.
Dall’altra parte si trovano coloro che ritengono, invece, che la
globalizzazione porti vantaggi e benefici all’ambiente, soprattutto per
i paesi in via di sviluppo che vengono così immessi nel circuito
economico e finanziario internazionale. Secondo i sostenitori di questa
tesi, la globalizzazione porterebbe anzi ad un sistema giuridico globale
che si sforzerebbe di imporre il rispetto di regole fondamentali con
riguardo principalmente ai diritti umani e ai diritti politici. Costoro
ritengono che, con il progredire della globalizzazione, il mondo potrà
diventare più ricco e che questo è il sistema più sicuro per renderlo
anche più pulito.
I profili che verranno analizzati in questa trattazione riguardano,
in particolare, i conflitti e le tensioni globali dovute alla necessità,
percepita da tutto il mondo giuridico internazionale, di una
regolamentazione che non solo disciplini i cosiddetti “commons”, i
beni comuni, ma che acquisti anche un vero valore cogente.
I punti critici riguardo questo aspetto sono principalmente due:
da una parte, da anni si discute della mancanza di autorità da parte
delle organizzazioni internazionali nel poter imporre i comportamenti
virtuosi che gli Stati si sono impegnati ad adottare a seguito della
ratifica di trattati, accordi o intese internazionali; dall’altra si
sottolinea il problema della mancata adesione di paesi fortemente
inquinanti come gli Stati Uniti o la Cina a protocolli e intese volti alla
salvaguardia dell’ambiente. È evidente come per una tutela effettiva e
un miglioramento qualitativo dell’ambiente globale, i primi a doversi
7
impegnare nella sua salvaguardia, sono proprio i paesi più inquinanti.
L’esempio più eclatante e forse anche il più conosciuto anche al di
fuori del mondo giuridico, è la vicenda che riguarda il Protocollo di
Kyoto che verrà in seguito approfondita.
Studiando la questione ambientale e soprattutto i suoi risvolti nel
mondo globale, si nota un fenomeno che non è usuale vedere nel
mondo del diritto: la comunità internazionale, compresi i Paesi
maggiormente inquinanti, sente il bisogno impellente di una disciplina
univoca e “universale”. È evidente come ogni paese abbia una propria
idea e una propria visione circa ciò che è disposto ad accettare per la
salvaguardia dell’ambiente: idee che derivano dal retroterra culturale,
sociale ed economico. Non va infatti dimenticato che una tutela
ambientale effettiva può ottenersi solo a fronte di spese, a volte anche
ingenti, che l’economia dei singoli Paesi deve sostenere. Ma è
innegabile come questa esigenza, almeno all’interno della comunità
giuridica, sia presente ovunque.
Ed è un’esigenza che a ben vedere, è divenuta pressante
nonostante che la tutela ambientale sia una materia disciplinata
soltanto di recente dal diritto internazionale. Le relative fonti
normative sono infatti costituite da dichiarazioni di principi e trattati
miranti alla prevenzione, riduzione o riparazione di danni ambientali
causati da uno Stato al territorio di altri Stati o a spazi e risorse di
rilevanza internazionale, quali il mare, l’atmosfera, le risorse
biologiche, ecc… che sono stati stilati solo negli ultimi anni: il primo
vero passo verso il consolidamento del diritto internazionale
ambientale è stato compiuto con la Conferenza di Stoccolma,
convocata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite dal 5 e al 16
giugno 1972.
8
La comunità internazionale si è quindi impegnata a ricercare i
rimedi e le soluzioni per far fronte alla “questione ambientale
globale”.
Ne sono stati prospettati diversi, alcuni indipendenti gli uni dagli
altri, altri che meglio portano a dei risultati se usati in sinergia tra di
essi.
Un primo tipo riguarda le soluzioni cosiddette di diritto, quelle
soluzioni cioè che si affidano alla stesura di accordi, intese,
programmi, convenzioni tra gli Stati. Il problema qui sta nella portata
di questi atti programmatici: guardando il panorama del diritto
internazionale, si può notare come spesso si hanno accordi o intese
solo tra pochi Stati, nonostante che si parli di beni comuni che toccano
anche altri Paesi; Paesi che non partecipano e non sono quindi
vincolati ad alcun tipo di comportamento. Inoltre spesso questi atti
internazionali hanno una portata limitata anche nella materia che
trattano che riguarda singole situazioni che suscitano un particolare
interesse nei Paesi che li sottoscrivono. Tanti esempi possono essere
trovati nell’ambito della tutela del mare: numerosissime sono le
convenzioni sulla pesca, convenzioni che però hanno la maggior parte
delle volte carattere regionale.
La discussione internazionale è molto attiva anche circa il ruolo
dei “no-state actors”, quelli che in Italia prendono il nome di
Organizzazioni Non Governative (ONG): si pensa che questi soggetti
che non rappresentano politicamente alcuno Stato e che non
dipendono da nessuna organizzazione internazionale specifica possano
meglio perseguire gli obiettivi di tutela ambientale che si prefiggono,
proprio per la loro indipendenza e “libertà” di azione. Il punto su cui si
incentra il dibattito sulle ONG sta nella loro legittimità di azione sullo
9
scenario internazionale e sulla forza del vincolo che gli impegni e le
decisioni da loro prese impongono agli Stati.
Infine, analizzando il ruolo dei tribunali internazionali, ci si è
chiesti se non sia il caso di creare un Tribunale internazionale per i
crimini contro l’ambiente: dall’analisi di questa proposta si nota,
ancora una volta, come la comunità internazionale sia particolarmente
preoccupata dalla mancanza di forza degli atti internazionali e delle
sentenze dei tribunali internazionali attualmente esistenti. Si è visto, in
particolare, che la previsione di multe e sanzioni per far rispettare gli
impegni presi o le sentenze di condanna degli Stati, non portino a
risultati realmente soddisfacenti. In questo contesto, si inserisce
nuovamente il tema della globalizzazione: può la globalizzazione
stimolare gli Stati a quei comportamenti virtuosi che tanto la comunità
internazionale agogna?
Ovviamente, questa domanda evidenzia come il termine
ordinamento usato nel titolo faccia riferimento non ad un qualcosa di
compiuto nella dimensione globale, ma ad un processo in fieri. Esso
viene usato in senso evocativo di un processo volto a rispondere ad
un’esigenza non più rinviabile di complessiva tutela dell’ambiente che
non può che avvenire a livello globale.
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Capitolo I
1. Le origini del diritto dell’ambiente: “la questione
ambientale”
La parola “ambiente” deriva dal latino ambiens, participio
presente del verbo ambire, che significa “andare intorno, circondare”
1
.
In ecologia si definisce ambiente l’insieme dei fattori esterni a un
organismo che ne influenza la vita
2
. Il termine viene anche inteso, in
senso più ampio, come il complesso degli elementi naturali (la flora,
la fauna, il paesaggio) e delle risorse che circondano un determinato
organismo e, in particolare, gli esseri umani.
L’ambiente si configura quindi, anche secondo una definizione
scientifica, come un complesso attivo di elementi che si muovono in
un contesto comune e che si influenzano reciprocamente. Non può
essere considerato solo un insieme di fatti (gli elementi che lo
compongono), ma è anche luogo di atti (le dinamiche che tra questi
stessi elementi intercorrono).
Sotto il profilo giuridico, una delle maggiori difficoltà a cui si
assiste è trovare una definizione unanime del termine, ma nonostante
ciò, l’unanimità si trova nella “consapevolezza relativa al fatto che le
misure di protezione dell’ambiente son tanto più efficaci, quanto più
sono adottate su un piano transazionale”
3
.
La questione ambientale esige risposte bilanciate e
1
Definizione tratta dal Dizionario Italiano Devoto Oli 2014, in www.grandidizionari.it.
2
Definizione data dal FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, in www.fondoambiente.it.
3
PORENA D., La protezione dell’ambiente tra Costituzione italiana e Costituzione
globale, Giappichelli Editore, Torino, 2009, p. 46.
11
interdisciplinari; obbliga le varie articolazioni e le diverse discipline
giuridiche a compiere uno sforzo per ricercare i principi unitari dai
quali sia possibile trarre indicazioni decisive per supportare le risposte
alla sfida ambientale.
“Sul concetto di ambiente si registrano incertezze nella stessa
analisi scientifica, nonché difficoltà di consenso nell’individuazione
delle risposte di politica economica.”
4
Ciò comporta che sul piano
giuridico il concetto assuma una conformazione poliedrica, che si
colloca in posizione trasversale rispetto a tutti i settori e le discipline
che entrano in contatto con gli interessi ambientali. È per questo che,
nell’analisi dello sviluppo della normativa ambientale e dei suoi
risvolti globali, non si può prescindere dal considerare gli altri fattori:
da quelli economici, a quelli sociali, da quelli politici a quelli
scientifici e tecnologici.
Tutte le specie modificano necessariamente l'ambiente in cui si
trovano: qualsiasi attività, qualsiasi comportamento umano o animale,
qualsiasi intervento anche da parte degli agenti atmosferici stessi
modifica l’ecosistema, che deve, quindi, adattarsi e ritrovare il proprio
l’equilibrio.
Il problema sorge quando queste modifiche avvengono così
rapidamente da non dare alla natura il tempo per riequilibrarsi: negli
ultimi decenni, il modello di sfruttamento ambientale utilizzato e
imposto principalmente dal mondo occidentale e ripreso poi dai paesi
in via di sviluppo, “ha saturato la capacità della stessa di
autoproteggersi e rigenerarsi, facendo così nascere il bisogno di un
diritto ambientale per tutelare non solo la natura, ma l’uomo stesso
4
GRASSI S., Problemi di diritto costituzionale dell’ambiente, Giuffrè, Milano, 2012,
p.8.
12
che della natura fa parte”
5
.
Le numerose ricerche che negli ultimi tempi sono state svolte per
verificare lo stato dell'ambiente, sono infatti concordi nel rilevare
“come il quadro generale si presenti piuttosto allarmante e come
questo stato di cose dipenda essenzialmente dai modelli di sviluppo,
produzione e consumo adottati nella maggior parte dei Paesi del
mondo.”
6
Va accolta quindi positivamente la tendenza, che si è diffusa
negli ultimi decenni, ad una maggiore presa di coscienza di quella che
prende il nome di “questione ambientale”.
La questione ambientale pone interrogativi drammatici che la
conoscenza scientifica e la coscienza collettiva di strati sempre più
vasti dei paesi occidentali e dei paesi in via di sviluppo, esplicitano “a
volte in forma di previsioni catastrofiche e grande senso di impotenza
e paura, a volte con un forte senso di rabbia per le dirette
responsabilità dell’uomo nelle cause dei disastri ambientali”
7
.
Negli ultimi tempi, la tutela ambientale è finalmente sotto i
riflettori e sulle agende dei governi del mondo. Le risposte sono
ancora deboli ma perlomeno il problema adesso è stato riconosciuto.
Agli occhi di un neofita potrebbe sembrare che l'urgenza sia dettata da
un problema contemporaneo e del tutto sconosciuto nel passato. In
realtà l'attuale attenzione ai problemi ambientali è il risultato di un
lungo e complesso processo sociale e scientifico durato oltre 40 anni e
che ancora oggi non ha raggiunto gli obiettivi prefissati di una tutela
5
PAGNONI G. A., BRUNO F., Il diritto ambientale: storia e definizioni giuridiche in
www.valutazioneambientale.net.
6
OSUALDELLA S., La transnazionalità delle crisi ambientali. Le cosiddette
esternalità ambientali internazionali, in www.ambientediritto.it.
7
GRASSI S., Problemi di diritto costituzionale dell’ambiente, cit., p.7.
13
globale piena ed efficace.
La protezione ambientale è infatti diventata un’esigenza sempre
più sentita dalla comunità internazionale, la quale “ha
progressivamente riconosciuto il valore dell'ambiente naturale,
preoccupandosi di stabilire linee programmatiche da seguire per
garantirne la salvaguardia ed arginarne il deterioramento”.
8
L’analisi delle normative dei singoli Stati e dei vari testi
costituzionali, i meno recenti dei quali non hanno neppure alcun
riferimento diretto alla tutela ambientale (anche nella nostra
costituzione, la locuzione “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei
beni culturali” è stata introdotta soltanto nel 2001 con la riforma del
titolo V all’art. 117, comma 2, lett. s), ha mostrato tutte le lacune e i
limiti delle stesse. Si è constatata difatti l'insufficienza delle misure
ambientali end-of-pipe (misure che intervengono a posteriori) e la
necessità di intervenire a monte, “nella consapevolezza che qualcosa
dovesse cambiare nel rapporto uomo-ambiente e che fosse necessario
definire, anche a livello mondiale, una politica ambientale ed una
regolamentazione giuridica ad essa ispirata”.
9
Ciò ha indotto gli Stati a stipulare convenzioni multilaterali,
regionali, bilaterali ed a predisporre strumenti volti a proteggere
l'ambiente in ogni sua forma. Così, a partire dagli anni '70, la tutela
ambientale ha via via assunto un peso maggiore nella considerazione
della comunità internazionale che ha cominciato a guardare ad essa
come ad una vera e propria questione globale.
Tuttavia per tutti gli anni ’80, l’approccio all’ambiente ha avuto
8
ANTICH F., Origini ed evoluzione del diritto internazionale ambientale. Verso una
governance globale dell’ambiente, in www.ambientediritto.it.
9
Ibidem.