Introduzione
6
chia ispirazione: la completa liberalizzazione della cultura. Il di-
ritto d’autore, in questo senso, è considerato un ostacolo che pone
forti limitazioni alla diffusione del sapere e alla fruizione del pro-
dotto culturale. Del resto, già nel Settecento, nell’ambito del di-
battito illuministico sul diritto d’autore, erano emerse le medesi-
me opposte posizioni. Da una parte Diderot, che auspicava per la
proprietà intellettuale lo stesso trattamento riservato alla proprietà
di un oggetto materiale. Dall’altra Condorcet, che considerava
l’opera una proprietà di un genere del tutto diverso dalle altre
proprietà: il fatto che più uomini simultaneamente possano usare
le stesse idee non solo non priva di nulla l’autore, ma contribuisce
al progresso del sapere collettivo.
Oggi, di fronte all’emergere di impulsi sempre più estremi, i
legislatori stanno intervenendo con un costante rinnovamento del-
la normativa a livello planetario (seppure in modi diversi).
Questo lavoro intende analizzare le trasformazioni che stanno
coinvolgendo la tutela della proprietà intellettuale, il dibattito e-
sploso intorno alla legittimità o meno del diritto d’autore e le pos-
sibili prospettive future. Partendo da una panoramica sul diritto
d’autore e le sue caratteristiche, si passerà a presentare
l’argomento nel contesto delle nuove tecnologie. Verranno dun-
que affrontate le novità introdotte dal digitale, le prospettive mul-
timediali, le dinamiche legate al file sharing e le forme di tutela
delle nuove tipologie di opere; verranno presentate le diverse cor-
renti di pensiero relative al destino del copyright e le direzioni
verso cui si stanno muovendo le normative internazionali.
Infine verranno trattati alcuni casi specifici che possono rap-
presentare dei nuovi modelli di business per l’editoria del futuro:
il progetto di biblioteca virtuale portato avanti dal motore di ri-
cerca Google (Google Book Search) e la risposta europea a tale
iniziativa (Europeana); la prima casa editrice italiana completa-
mente in copyleft (Le edizioni OMP); e il caso di una libreria digi-
Introduzione
7
tale che mette a disposizione, gratuitamente, una serie di titoli in
formato elettronico (la Baen Free Library).
Capitolo 1
Il diritto d’autore
1. Dalle origini a oggi
1.1. Prima del diritto d’autore
Il diritto d’autore, inteso come corpus di norme giuridiche fi-
nalizzate alla tutela delle opere dell’ingegno, è un’invenzione re-
lativamente recente di cui non si è sentita l’esigenza fino alla dif-
fusione della stampa nel XV secolo. Nell’antichità, non essendo
possibile (se non in maniera limitata) la produzione di un numero
rilevante di copie tratte dall’originale, non si poneva un problema
di tutela economica. Nella maggior parte dei casi, le opere lettera-
rie degli autori venivano riprodotte in pochissime copie per mez-
zo della copiatura manuale da parte di scribi e amanuensi, su
commissione di quei pochi che potevano permettersi un tale one-
roso lavoro di riproduzione. Si trattava dunque di un’attività arti-
gianale che non comportava la necessità di un controllo e di una
regolamentazione attraverso strumenti giuridici, tantomeno di un
meccanismo di tutela dell’autore. Artisti e intellettuali potevano
allora vivere della loro arte senza le percentuali sulle vendite delle
copie delle proprie opere, in virtù dei rapporti clientelari che riu-
scivano a instaurare con i potenti di turno: ciò che generalmente
viene definito “mecenatismo”. Così, un pittore, dando prova della
propria abilità, poteva sperare di venire ospitato presso una corte
e di ricevere la commissione di nuove opere; un intellettuale, di-
mostrando di essere un esperto scrittore, poteva ottenere che un
ricco signore gli affidasse l’istruzione dei suoi figli (tanti gli e-
sempi di questo tipo nella storiografia greca e latina).
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
9
Anche nell’antichità è comunque possibile trovare le tracce di
una concezione embroniale del diritto d’autore. Pur potendo e-
scludere che il diritto romano contenesse una specifica disposi-
zione normativa, significativi appaiono i richiami di natura etica,
compiuti da alcuni celebri letterati della latinità, sulle prerogative
dello scrittore in ordine alla propria opera. Virgilio, Marziale, Ci-
cerone affermarono più volte la necessità di assicurare una tutela
contro il plagio delle proprie creazioni, sostenendo di fatto le ra-
gioni del diritto morale d’autore. Nello specifico, nella Roma an-
tica, si riconosceva il plagio, il diritto di non pubblicare l’opera e
il diritto di inedito. Un diritto patrimoniale era riconosciuto solo
al librario o all’editore che possedeva il manoscritto, ma non agli
autori di opere dell’ingegno. Una volta pubblicata l’opera (lettura
in pubblico o diffusione tramite manoscritto), i diritti riguardava-
no la cosa materiale che ne costituiva il supporto. Anche
nell’antica Grecia veniva condannato il plagio (l’appropriazione
di paternità). Gli autori erano tenuti in grande considerazione e
ottenevano generosi compensi ma, in mancanza di disposizioni
legislative, le opere erano liberamente riproducibili.
L’esigenza di una normativa specifica a tutela della proprietà
intellettuale restò inavvertita anche dopo la caduta dell’Impero
Romano. Lungo tutto il Medioevo gli autori si accontentarono di
proteggere le proprie opere da utilizzi illeciti col semplice inseri-
mento di “maledizioni”:
Sia maledetto chiunque utilizzi questo libro in modo illecito o pec-
caminoso e che la lebbra affligga chiunque ne modifichi il contenuto
(...). Consegni questo messaggio a Satana e lo segua all’inferno chi
vuole passare l’eternità in sua compagnia
1
.
1
Traduzione libera di una maledizione del XIII secolo (fonte: Eike von Repgow, Sachsen-
spiegel: traduzione dal tedesco medievale di Paul Kaller, Monaco 2002, p. 15).
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
10
1.2 La diffusione della stampa e l’esigenza di nuove regole
L’esigenza cominciò a essere percepita solo in epoca moderna,
con l’avvento della stampa a livello industriale. Nei suoi primi
decenni di vita la stampa era rimasta una sorta di procedimanto
artigianale e i libri così prodotti risultavano dei veri e propri beni
di lusso, rari e sempre riservati a pochi. Con la diffusione della
stampa come procedimento industriale e con la riproduzione delle
opere letterarie in serie, si ridussero di molto i costi fissi di produ-
zione. In questo modo il libro divenne via via un oggetto sempre
più comune e destinato a una diffusione “di massa”; e il sapere,
fino ad allora appannaggio di un’elite, poté raggiungere fasce più
ampie della popolazione. Se da un lato ciò contribuì
all’alfabetizzazione della società, dall’altro diede inizio al feno-
meno delle ristampe: chiunque poteva prendere una copia di
un’opera e ristamparla per proprio conto (magari apportando delle
modifiche), abbassarne i costi e riproporla in commercio. Le dia-
tribe che ne derivarono portarono alla nascita, nella seconda metà
del XV secolo, dei privilegi di stampa
2
: una sorta di garanzia,
concessa dal principe, che proibiva la ristampa dell’opera oggetto
del privilegio per un certo numero di anni. I primi privilegi furono
concessi nella Repubblica di Venezia e costituivano dei veri e
propri monopoli atti a garantire soprattutto agli editori (molto più
raramente agli autori) l’esclusiva di stampare e vendere: per que-
sto motivo si può parlare di diritto sulla copia (copyright), ma non
ancora di diritto d’autore. Il sistema dei privilegi si diffuse poi
negli Stati Italiani e in molti paesi stranieri (Francia, Spagna, In-
ghilterra, Germania etc.), segnando la definitiva uscita degli artisti
dall’anonimato dei chiostri o delle corporazioni.
Il primo vero riconoscimento giuridico moderno del diritto
d’autore risale però al 1709, anno in cui la regina Anna
2
I privilegi furono concessi inizialmente ai soli stampatori. Il loro utilizzo prese effettiva-
mente piede nella seconda metà del Quattrocento nella Repubblica di Venezia e si estese
per tutto il Settecento.
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
11
d’Inghilterra promulgò un editto con cui si istituiva il copyright,
sin da allora inteso strettamente come diritto esclusivo di riprodu-
zione delle opere (e di conseguenza pensato più a vantaggio
dell’editore che dell’autore). Già dal titolo dell’editto inglese è
chiara l’impostazione che giuristi ed economisti vollero dare al
copyright: An Act for encouragement of learning e cioè “Un edit-
to per l’incoraggiamento dell’apprendimento”. Concedendo que-
sti nuovi diritti ad autori ed editori e attribuendo un valore eco-
nomico alla produzione culturale, si volevano incentivare i sog-
getti a proseguire nella propria attività, potendone fare una fonte
di remunerazione (Aliprandi 2005, pp. 30-32). Nello specifico, lo
Statuto garantiva all’autore o “proprietario” di un libro il diritto
esclusivo di stamparlo, ma con un’importante limitazione: con
grande sdegno dei bookseller (così venivano allora chiamati gli
editori londinesi, a causa della crescente concorrenza degli editori
stranieri), la norma assegnava loro il diritto esclusivo di stampa
per un periodo di tempo limitato (ventuno anni per le opere già
pubblicate e quattordici per quelle inedite). Alla scadenza di quel
periodo il copyright si estingueva; l’opera diventava libera e po-
teva essere stampata da chiunque, o almeno questa si ritiene fosse
l’intenzione della legge (Lessig 2005, pp. 44-45). Per i bookseller
tale decisione del Parlamento rappresentò una forte presa di posi-
zione, un mezzo per opporsi al loro potere: limitando la durata del
copyright, si assicurava, infatti, la competizione in ambito
culturale entro un ragionevole periodo di tempo. Del resto, in
un’epoca (l’Illuminismo) che aveva come marchio distintivo
l’idea che la cultura dovesse essere libera, erano ormai molti a
ritenere eccessivo e dannoso il potere esercitato dai bookseller
sulla conoscenza.
Altra tappa fondamentale nella storia del copyright è la nasci-
ta, nel 1774, dopo una lunga battaglia, del pubblico dominio. Nel
1731, decadute le protezioni del copyright, gli editori avevano i-
niziato a preoccuparsi delle conseguenze di un aumento della
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
12
concorrenza. Inizialmente si erano limitati a ignorare lo Statute of
Anne, ma nel 1735 e nel 1737 avevano tentato di persuadere il
Parlamento a estendere i termini del copyright. Dopo il fallimento
in Parlamento, gli editori avevano portato in tribunale una serie di
casi. La loro tesi era semplice: lo Statute of Anne riconosceva agli
autori determinate protezioni tramite il diritto positivo (le parole
del corpo legislativo), tali protezioni, però, non erano intese come
una sostituzione del diritto consuetudinario (le parole dei giudici),
ma semplicemente come un suo supplemento
3
. Perciò, il solo de-
cadere delle protezioni decise dallo Statuto non significava che le
tutele garantite dal diritto consuetudinario, in base al quale risul-
tava illecito impadronirsi della “proprietà” creativa di una persona
senza il suo permesso, dovessero considerarsi estinte. Si trattava
di una tesi ingegnosa contro la quale venne ingaggiata una batta-
glia che ebbe tra i protagonisti Alexander Donaldson, editore
scozzese specializzato nella vendita di ristampe economiche di
“opere standard di cui erano scaduti i termini del copyright” (in
base allo Statute of Anne). Naturalmente una tale attività non po-
teva trovare l’approvazione dei bookseller: i libri di Donaldson
costavano dal trenta al cinquanta per cento in meno. Molte le di-
spute che ne derivarono, tra cui quella che ebbe come antagonisti
l’editore scozzese e Thomas Beckett, appartenente al consorzio di
stampatori che aveva acquistato i diritti di una poesia di James
Thomson. Quando Donaldson diffuse le opere di Thomson, Be-
ckett ottenne un’ingiunzione contro di lui. Donaldson presentò
allora appello alla Camera dei Lord, la quale respinse l’idea di un
3
Nei sistemi Civil Law, che si ispirano al modello introdotto in Francia nei primi
dell’Ottocento, il legislatore e la legge codificata assumono il ruolo di cardine del diritto,
mentre ai giudici e alla giurisprudenza viene assegnato il compito (subordinato) di applica-
re la legge attraverso la sua corretta interpretazione. Nei sistemi Common Law, tra cui
quello inglese, quello statunitense e, in genere, quelli di tutti i Paesi di matrice anglosasso-
ne, la legge diviene fonte normativa di secondo grado, assumendo funzione di pura corni-
ce, all’interno della quale vengono a inserirsi le statuizioni contenute nelle pronunce dei
giudici.
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
13
diritto perpetuo: così da quel momento, qualunque fosse
l’interpretazione del diritto consuetudinario, al copyright era stato
assegnato un periodo di tempo limitato, scaduto il quale l’opera
tutelata diveniva di pubblico dominio.
Alla normativa inglese ne seguirono altre negli Stati Uniti, in
Francia e negli altri stati europei affermando in tutto il mondo
l’esigenza di una tutela dei creatori di opere. La legge federale
statunitense del 1790 (il Copyright Act firmato da Jefferson e
promulgato da Washington) si ispirò direttamente all’atto inglese
e considerava “ragionevole” una durata di protezione pari a quat-
tordici anni (la stessa soluzione, come si è visto, adottata in In-
ghilterra). L’aspetto “concessionario” della soluzione statunitense
risulta, però, ancora più marcato di quello inglese, dal momento
che la legge attribuiva il copyright agli autori di mappe, carte e
libri, a condizione che gli stessi avessero effettuato una registra-
zione presso un ufficio.
Nell’Europa continentale si dovettero attendere la rivoluzione
francese e le leggi Le Chapelier (1791) e Lakanal (1793) per su-
perare il regime del privilegio ed elaborare una normativa sul di-
ritto d’autore paragonabile a quella inglese. Un ritardo che permi-
se però agli illuministi di affrontare la questione della proprietà
intellettuale in modo approfondito e di aggiungere un importante
elemento: i cosiddetti diritti morali dell’autore.
Ha infatti origini
lontane la dicotomia fra sistemi di copyright (capostipite:
l’Inghilterra) e sistemi di droit d’auteur (capostipite: la Francia).
Nel dibattito sulla tutela delle opere dell’ingegno, furono di-
verse e contrastanti le idee portate avanti dagli intellettuali illumi-
nisti. Diderot, allo scopo di emancipare gli scrittori dal mecenati-
smo, concepì la proprietà intellettuale come indistinguibile dalla
proprietà di un oggetto materiale e da trattarsi, dunque, alla stessa
stregua di quella. L’autore produce la propria opera tramite
un’elaborazione di idee, esperienze e sentimenti del tutto persona-
li e per questo dà vita a una produzione unica e irripetibile. Inoltre
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
14
Diderot, a causa degli alti costi della stampa, considerava giusto
che la pubblicazione avvenisse in un regime di monopolio: la
concorrenza fra librai avrebbe danneggiato la qualità delle edizio-
ni. Diderot, dunque, allo scopo di rendere l’autore economica-
mente autonomo, mirava a trasformare la proprietà letteraria in un
diritto soggettivo, indipendente dalla concessione regia. In
un’epoca in cui la stampa costituiva ancora un’attività costosa e
rischiosa, Diderot vedeva gli editori come suoi alleati e faceva
proprie le loro rivendicazioni.
Alle tesi di Diderot si oppose un altro illuminista di primo pia-
no, Condorcet, con i suoi Fragments sur la liberté de la presse
(1776). Per Condorcet un’opera, come vettore di idee, una volta
resa pubblica non può essere trattata come privata. Le idee posso-
no essere elaborate fino a formare una conoscenza oggettiva solo
diventando comuni. Di veramente individuale c’è solo la formu-
lazione linguistica, sulla quale può essere invocata una proprietà
letteraria che, però, è soltanto temporanea: anche il linguaggio,
infatti, è il risultato dell’elaborazione collettiva umana. Condorcet
immaginava una società universale della conoscenza, alla cui
fondazione il potere politico avrebbe dovuto contribuire non certo
difendendo monopoli, ma garantendo la libertà di stampa e il
pubblico dominio.
Allora, in Francia, dopo che la rivoluzione francese aveva eli-
minato tutte le istituzioni monarchiche, il mercato editoriale ver-
sava in uno stato di completa anarchia. Sieyés e Condorcet, nel
1790, proposero una soluzione di compromesso, che riconosceva
un diritto d’autore limitato, tentando di tutelare da una parte gli
interessi privati degli editori e degli autori, dall’altra il sapere
pubblico. Tale proposta, però, suscitò le critiche sia dei fautori di
un privilegio perpetuo sia dei libertari culturali. Nel 1791 venne
soppressa la corporazione degli editori e degli stampatori, che era
stata la sostenitrice più accanita della proprietà intellettuale. Ciò
permise agli autori di rivendicare le proprie esigenze e aspirazioni
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
15
evitando l’accusa di essere sostenitori dei vecchi privilegi. In par-
ticolare, gli autori della Comédie Française, che durante l’Ancien
régime non potevano essere titolari del privilegio (in quanto que-
sto spettava esclusivamente ai direttori teatrali), pretesero il diritto
alla titolarità del proprio lavoro. La legge Le Chapelier del 1791
abolì i privilegi sulle opere teatrali e riconobbe i diritti degli auto-
ri per un periodo limitato alla durata della loro vita più cinque an-
ni, dopo di che i testi sarebbero ricaduti nel pubblico dominio.
Agli autori, dunque, non si riconosceva la proprietà delle loro o-
pere, come auspicava Diderot, ma un compenso per l’attività
svolta al servizio di un patrimonio culturale pubblico. Come so-
steneva Le Chapelier:
La più sacra, la più legittima, la più inattaccabile, e, se posso aggiun-
gere, la più personale di ogni proprietà, è l’opera, frutto del pensiero
d’uno scrittore; tuttavia è una proprietà di un genere completamente
diverso dalle altre proprietà. Quando un autore ha consegnato la sua
opera al pubblico, quando quest’opera è nelle mani di tutti, tutti gli
uomini colti la conoscano, si sono impadroniti delle bellezze che
contiene e hanno affidato alla loro memoria le sue battute più riusci-
te, sembra che in quel momento lo scrittore abbia associato il pubbli-
co alla sua proprietà o addirittura gliela abbia trasmessa nella sua in-
terezza...
4
La successiva legge Lakanal del 1793 estese tali principi agli
autori di “tutte le opere dello spirito e del genio appartenenti alle
belle arti”, garantendo loro un diritto esclusivo per tutta la durata
della loro vita più dieci anni, come ricompensa per l’attività svol-
ta al servizio del rischiaramento pubblico. Anche in Francia, dun-
que, il dibattito sulla proprietà intellettuale si concluse con un
compromesso: si attribuì – come auspicava Diderot – un monopo-
4
Rapport fait par M. Le Chapelier Au nom du Comité de Constitution, sur la Pétition des
Auteurs dramatiques, dans la Séance du Jeudi 13 Janvier 1791, avec le Décret rendu dans
cette Séance.
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
16
lio all’autore, ma per un periodo di tempo limitato, al di fuori del
quale l’opera sarebbe ricaduta nel pubblico dominio sancendo –
come auspicava Condorcet – il carattere essenzialmente comune
del patrimonio delle idee
5
. Ma in Francia, allo scopo di proteggere
il legame indissolubile che si riteneva esistesse tra l’opera creata e
l’autore, venne elaborato un ulteriore concetto: il diritto morale
d’autore.
Sempre dal sostrato ideologico della rivoluzione francese trae
le sue radici il diritto d’autore italiano. È infatti sulla spinta delle
idee illuministe che si andò componendo nella penisola un nutrito
gruppo di intellettuali progressisti, determinante per
l’introduzione (tra il XVIII e il XIX secolo) negli Stati italiani con-
quistati o influenzati dalla Francia (in seguito alla campagna
d’Italia napoleonica) di una serie di costituzioni “giacobine”. Fu
proprio un governo temporaneo rivoluzionario (quello piemonte-
se) a emanare nel 1799 il primo decreto disciplinativo della mate-
ria del diritto d’autore, il quale, seppure nella sua semplicità, già
esprimeva i principi della legislazione moderna. Una legge orga-
nica e completa, anch’essa ampiamente ispirata alle leggi rivolu-
zionarie francesi, venne promulgata due anni dopo nella Repub-
blica Cisalpina. Tale normativa entrò in vigore nel 1801, introdu-
cendo un diritto esclusivo di vendita e di cessione dell’opera per
gli scrittori, i musicisti e gli artisti. Essa stabiliva che “gli autori
di scritture d’ogni maniera, i compositori di musica, i pittori, i di-
segnatori che faranno incidere quadri o disegni, godranno per
l’intero decorso della loro vita il diritto esclusivo di vendere, far
vendere, distribuire le opere loro nel Territorio Cisalpino, e di ce-
derne la proprietà in tutto o in parte”. Questo diritto durava vita
natural durante per l’autore e dieci anni post mortem auctoris per
gli eredi (periodo quest’ultimo che un decreto del 1810 estese a
venti anni). A poco a poco tutti gli Stati pre-unitari cominciarono
5
Cfr. l’articolo consultabile all’indirizzo web: bfp.sp.unipi.it/dida/fpa/ar01s03.html.
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
17
a elaborare normative sul diritto d’autore (anche con spunti inno-
vativi rispetto alla legislazione francese). All’epoca risultava però
molto semplice, a causa delle numerose frontiere che dividevano
gli Stati italiani, aggirare tali diritti spostandosi solo di alcuni chi-
lometri oltre il confine. Un problema che indusse nel 1840 gli
Stati Sardi e l’Austria a stipulare una convenzione allo scopo di
coordinare la disciplina legislativa dei diversi Stati, segnalando
già allora lo spirito sovranazionale del diritto d’autore. La prima
legge italiana unitaria (che ebbe tra i suoi relatori Antonio Scialo-
ja) seguì di poco l’unificazione politica e fu adottata con il r.d. 25
giugno 1865, n. 2358 all. G, esteso poi alle province di Venezia e
Mantova (nel 1867) e a Roma (nel 1871).
Nei paesi di lingua tedesca
6
, rispetto a ciò che avvenne in In-
ghilterra e Francia, il diritto d’autore si sviluppò in modo decisa-
mente più lento e indiretto. Qui, nel secolo XVIII, l’attenzione era
tutta rivolta a stabilire i rapporti che dovevano intercorrere tra co-
loro che si occupavano della pubblicazione dell’opera e gli autori
stessi, allo scopo di punire i contraffattori e coloro che pubblica-
vano opere senza l’autorizzazione dell’autore. Se in Francia si
operò principalmente per ottenere una delegittimazione del potere
regio in merito alla pratica della concessione dei privilegi, i paesi
dell’area tedesca si concentrarono su un altro aspetto della que-
stione: ossia riconoscere come indispensabile l’accordo
dell’autore ai fini della pubblicazione. Per tale motivo la storia del
diritto d’autore germanico è lastricata di provvedimenti che non
presentano nulla di generale, ma che rispondono a necessità sol-
levate da problematiche occasionali. Rientrano in tale categoria i
provvedimenti di polizia, le ordinanze e le istruzioni date dal po-
tere centrale, affinché le licenze di stampa e i privilegi fossero
6
Per comodità espositiva si fa riferimento sia all’area della futura Germania, sia ai territori
appartenenti all’Impero Asburgico, i quali presentano in questo settore un forte paralleli-
smo nelle elaborazioni dottrinali prima e legislative poi.
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
18
concessi solo una volta provata l’esistenza dell’accordo (per lo
meno verbale) con l’autore. Per l’introduzione di legislazioni in
grado di disciplinare la materia nel suo complesso sul modello
britannico e francese bisogna attendere la metà del XIX secolo.
Infine, in Spagna, fu Carlo III (1716-1788), spinto dalla neces-
sità di raccogliere all’interno di un quadro unitario tutta la legisla-
zione spagnola, ad affrontare il tema del diritto d’autore. Le sue
Ordinanze, però, si limitarono a estendere il sistema dei privilegi
librari anche agli autori, senza proporre soluzioni nuove al pro-
blema della tutela. Un primo vero regolamento spagnolo sui diritti
d’autore fu promulgato solo nel 1834
7
.
Nel corso dell’Ottocento, dunque, tutti gli Stati europei rag-
giunsero una legislazione specificamente dedicata al diritto
d’autore che fornisse tutela, più o meno mediata, agli interessi
degli artisti. I primi interventi furono tutti legati alle contingenze,
all’evoluzione giuridico-dottrinale e politica dei singoli Stati. Co-
sì, in Inghilterra si operò, con netto anticipo sugli altri Paesi, per
assicurare all’autore una protezione attraverso una normativa che
disciplinasse la riproduzione della sua opera. In Francia si svilup-
parono, per gli autori, privilegi elaborati sulla falsariga di quelli
degli editori, per poi riconoscere l’esistenza di un diritto legato
esclusivamente ai primi. In Germania, invece, si sottolineò
l’importanza di un rapporto privilegiato tra autore ed editore,
vigilato dalla presenza di sanzioni. Infine in Spagna si concepiro-
no privilegi a esclusivo vantaggio degli autori.
1.3 Verso un’armonizzazione internazionale
Eccezion fatta per l’Inghilterra, la cui esperienza di common
law differenzia le vicende, la fine del XIX secolo ha visto
l’uniformarsi delle legislazioni in materia di diritto d’autore. Filo
conduttore è stato l’identificazione di un diritto esclusivo degli
7
Cfr. l’articolo consultabile all’indirizzo web:
www.ubertazzi.it/it/storia/tesi/pubblicate/bassi.pdf.
Capitolo 1 – Il diritto d’autore
19
autori alla pubblicazione, riproduzione ed esecuzione pubblica
delle loro opere, dopo l’adempimento, a volte, di alcune formali-
tà
8
; e la durata sempre temporanea del diritto (comprendendo la
vita degli autori e un certo periodo dopo la morte di costoro, con
il passaggio del diritto agli eredi). Del resto, non si può non tenere
conto dell’attitudine peculiare delle opere letterarie e artistiche a
essere diffuse e utilizzate al di fuori del paese di origine, anche
nel quadro di un positivo scambio culturale internazionale. Limi-
tare la tutela di un artista a un singolo Stato significa permettere
che gli abusi nei suoi confronti possano essere comunque com-
messi al di fuori di quel territorio. Il problema era noto già a molti
giuristi del XVIII secolo, i quali auspicavano la creazione di una
generale protezione sovrannazionale. Paradigmatico risulta
l’esame di una thèse de doctorat presentata da Rudolf Thurneysen
a Bâle nel 1738. L’autore riteneva necessaria l’attuazione di una
tutela internazionale della proprietà letteraria e artistica e a tal fi-
ne suggeriva la sottoscrizione di un trattato internazionale.
Ciò accadeva ben centocinquant’anni prima della firma della
Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e
artistiche (1886), la più antica fonte di diritto internazionale in
tema di diritto d’autore. La convenzione stabiliva che ogni stato
aderente dovesse riconoscere e accettare i diritti d’autore relativi a
una qualsiasi opera di autori appartenenti alle altre nazioni firma-
tarie dell’accordo (Belgio, Francia, Germania, Haiti, Italia, Libe-
ria, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Tunisia). Inizialmente gli
Stati Uniti rifiutarono di entrare nella Convenzione poiché ciò a-
vrebbe richiesto importanti cambiamenti nella loro legislazione
sul copyright (in particolare per quanto riguardava i diritti morali
e la rimozione della necessità di registrazione e della nota di co-
pyright), per aderirvi molto tempo dopo, nel 1989.
8
Per esempio il deposito di copie dell’opera presso le autorità.