15
1.2. La Percezione dei Diritti degli Animali in Cina: l’ “Attivo
Assorbimento” dall’Occidente
L’incessante processo di apertura operato dalla Cina a partire dal 1978 ha consentito, tra
le altre cose, ai cinesi di entrare a contatto con una realtà perlopiù sconosciuta fino a quel
momento: il diritto degli animali. L’idea che gli animali potessero avere dei diritti o che
potessero esistere comportamenti umani fondamentalmente crudeli e inadeguati, come
ricorda Singer
15
, destava infatti, inizialmente, incomprensione e non di rado ilarità. Del
tutto impensabile appariva, di conseguenza, l’ipotesi di un riconoscimento di tali diritti
nel sistema normativo del paese.
A distanza di quarant’anni, comunque, e di certo per frutto di quello che Wei ha definito
un “attivo assorbimento”
16
degli ideali di protezione animale promossi dalle azioni di
protesta e dalle sentite campagne di associazioni e movimenti animalisti sin dai loro arbori,
qualcosa nella comune percezione cinese sembra si sia smosso. Sin dal 1994, ad esempio,
l’ufficio di Pechino dell’IFAW
17
si è impegnato, in collaborazione con altre ONG
internazionali, verso progetti di reinserimento di animali da compagnia, riabilitazione
della fauna selvatica e protezione delle specie a rischio di estinzione. Analogo discorso
per le attività condotte dalla Animals Asia Foundation
18
o per i recenti piani di formazione
14
Nel mondo esistono oggi due grandi tradizioni giuridiche, ad un primo sguardo decisamente diverse l’una
dall’altra: la tradizione di civil law, o sistemi romanisti, e quella di common law. La prima fa riferimento
soprattutto ai sistemi giuridici dell’Europa continentale, nonché alle originarie colonie di nazioni quali
Spagna e Portogallo; rientrano, invece, nella seconda le impostazioni del diritto inglese, statunitense e
quelle da essi derivati. In sintesi, le tradizioni di civil law si fondano sulla legge quale fattore determinante
del diritto; le tradizioni di common law, invece, sulla giurisprudenza, ossia estraendo regole a partire da
controversie concrete. Vedi P. G. Monateri, A. Somma, Il modello di Civil Law, Torino, G. Giappichelli
Editore, 2016.
15
Il riferimento è alla prefazione di P. Singer in D. Cao, Animals in China: Law and Society, Londra,
Palgrave Macmillan, 2015, pp. vii-ix.
16
S. Wei, China Animal Welfare Legislation: Current Situation and Trends from Analysis of Three Cases
in Recent Years, in Animal Law Conference, Lewis & Clark Law School, Portland, 16-18 ottobre 2015.
17
L’International Fund for Animal Welfare, in azione dal 1969, è una delle più grandi ONG volte alla tutela
degli animali. Maggiori informazioni disponibili al sito https://www.ifaw.org/european-union
18
Maggiori informazioni al sito https://www.animalsasia.org/
16
tenuti dalla RSPCA
19
ad educatori ambientali cinesi
20
, primi interessanti segnali di una
progressiva sensibilizzazione del popolo cinese nei confronti di una tanto delicata
questione.
In sintesi, se l'attuale situazione in merito alle condizioni degli animali selvatici in Cina
vede quindi l’emergere dell’impegno di una crescente quota di animalisti indirizzati alla
promozione di attività di protezione degli animali, è altrettanto vero, dall'altro lato, che il
Paese è ancora oggi teatro di numerose azioni criminali di gruppi o singoli che hanno
condotto, fino a questo momento, circa 1/5 degli animali selvatici a serio rischio di
estinzione
21
.
1.2.1. Le Forme di Maltrattamento
Chinese love animals – They love them to death, literally. They love to eat
them, to kill them, to take them in medicine, to wear them, to watch them in
entertainment, to make an exquisite art form of them in ivory and other
carvings.
22
Esordisce con queste parole Deborah Cao in quello che è lo studio più recente e completo
sulla tradizione e la concezione degli animali in Cina. Parole schiette che, con un evidente
taglio sarcastico fondato sul valore semantico del verbo “amare”, forniscono una puntuale
istantanea del tradizionale pensiero del suo popolo e di quella che l’autrice definisce parte
essenziale della cultura cinese. Nel contesto internazionale, in effetti, la Cina è uno dei
paesi che si è certamente meno distinto per la cura e la salvaguardia delle specie animali.
Seppur tralasciando, difatti, i comuni stereotipi deformemente alimentati sulla Cina, certe
pratiche crudeli nei confronti degli animali malauguratamente esistono. Molte, in realtà,
affondano le radici nell’antica tradizione cinese che si serviva di alcune specie per la
19
Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals. Maggiori informazioni al sito
https://www.rspca.org.uk/
20
Per le informazioni circa le attività delle organizzazioni citate, vedi P. Littlefair, “Why China is waking
up to Animal Welfare”, in J. D’Silva, J. Turner (a cura di), Animals, Ethics and Trade: The Challenge of
Animal Sentience, Londra-Sterling, Earthscan, 2006, p. 232.
21
J. Zhou 周建新 et al., Wo Guo yesheng dongwu baohu falü ruogan wenti yanjiu 我国野生动物保护法
律若干问题研究, in Guangxi daxue xuebao (zhexue shehui kexue ban)广西大学学报( 哲学社会科学版),
vol. 27 n. 1, Guangxi, 2005, p. 41.
22
D. Cao, Animals in China: Law and Society, op. cit., p. 4:
“I cinesi amano gli animali – li amano da morire, letteralmente. Amano mangiarli, ucciderli, farne dei
medicinali, indossarli, guardarli in spettacoli di intrattenimento e farne oggetti di avorio o intagli.”; trad. it.
mia.
17
produzione di medicinali e, naturalmente, cibo e bevande. Non si tratta in questi casi
semplicemente dell’uccisione di animali, quanto piuttosto del frequente ricorso ad
innumerevoli tipi di tortura e alla violenza. Una delle più comuni forme di maltrattamento
in questo senso consiste nell’estrazione della bile dall’orso tibetano, volta alla
realizzazione di medicinali, shampoo, vini e olii di varia natura.
23
A quanto riportato si
sono aggiunte più di recente altre tipologie di maltrattamento, mosse prevalentemente da
fini commerciali. In primis, la vendita di animali o carni e prodotti da essi derivati.
Sottolinea Littlefair
24
, infatti, che, nel mondo, carni dapprima rinvenibili esclusivamente
sui tavoli di specifici ristoranti orientali o nelle grandi città stanno gradualmente
diventando più ampiamente accessibili. O ancora, il commercio di prodotti di valore,
quali avorio o pelli di varia natura per la realizzazione di capi di abbigliamento e accessori
è un’ulteriore e netta testimonianza dell’intenzione del paese di procedere nella direzione
dei recenti trend capitalistici internazionali. Mosse da analoghi motivi sono anche le
crudeli e disumane pratiche di allevamento intensivo ideate da imprese occidentali, e
ugualmente trapiantate in Cina, in nome dei principi di efficienza ed economicità che
governano il mercato attuale. A conclusione di questa non felice rassegna, non possono
di certo essere tralasciati gli innumerevoli, e sovente spietati, esperimenti scientifici o
testing su animali di prodotti cosmetici e medicinali, né tantomeno esibizioni, festival,
fiere e ricorrenze, come i tristemente noti festival della carne di cane, tenuti annualmente
in città quali Yulin e Jinhua.
25
1.2.2. La Tutela degli Animali nella Tradizione Cinese
26
Il rispetto e la tutela nei confronti degli animali, a dire il vero, non sono ideali del tutto
estranei al pensiero cinese. Percorrendo per intero l’ultramillenaria storia della Cina,
23
. Per un approfondimento e l’interessante caso di una compagnia farmaceutica coinvolta in un simile
sfruttamento, vedi D. Cao, Animals in China: Law and Society, op. cit., pp. 160-162.
24
P. Littlefair, “Why China is waking up to Animal Welfare”, in J. D’Silva, J. Turner (a cura di), Animals,
Ethics and Trade: The Challenge of Animal Sentience, op. cit., p 226.
25
Per un approfondimento sulle possibili implicazioni ideologiche dietro al consumo della carne di cane,
vedi M. DeMello, Animals and Society: An Introduction to Human-Animal Studies, New York-Chichester,
Columbia University Press, 2012, p.129; J. M. Newman, Food Culture in China, Westport-Londra,
Greenwood Press, 2004.
26
Le informazioni riportate sono prevalentemente tratte da D. Cao, Animals in China: Law and Society, op.
cit., pp. 3-26.
18
difatti, appare subito evidente la posizione di prim’ordine occupata dagli animali
nell’ambito della cultura cinese. È innegabile, in effetti, che chiunque visiti la Cina, entra
a contatto con animali, specialmente morti, ovunque: sui tavoli dei ristoranti, sotto forma
di statue o intagli decorativi nelle case o nei palazzi storici, nelle fiere e nei mercati e in
molte altre occasioni ancora. Tracce di una tale pervasività sono riscontrabili anche in
certi assetti culturali. Molte festività cinesi, nonché tradizioni religiose dalle radici assai
lunghe, ad esempio, prevedono un massiccio impiego di simbologia animale. Simbolica
è, a tal proposito, la celebre danza del dragone, tenuta in occasione di numerose cerimonie,
tanto locali, quanto nazionali, come nel caso dei festeggiamenti del capodanno cinese. La
scelta del drago, realizzato generalmente con materiali quali bambù, legno, carta o stoffa
e trasportato su delle aste da persone che imitano i sinuosi e ondulati movimenti dello
spirito delle acque, è motivata dalla sua storica associazione con la buona sorte e
prosperità.
27
Altrettanto nota e suggestiva è la tradizione che vede lo zodiaco cinese costituito da dodici
segni animali. L’astrologia cinese, come peraltro qualunque aspetto della civiltà in
questione, si è sviluppata in maniera del tutto indipendente da quella occidentale.
Dovendo qui tralasciare aspetti sicuramente più tecnici, non essendo, del resto, questa la
sede per una trattazione in merito, è però opportuno, a mio parere, ricordare altre
informazioni sicuramente coerenti con l’obbiettivo del paragrafo e, dunque, degne di
menzione. Il calendario cinese, il calendario antico rimasto più a lungo in uso, ha, ad
esempio, una natura estremamente complessa: tiene infatti conto, contemporaneamente,
del ciclo lunare, di quello solare e di calcoli numerici. L’unità di misura più grande è
l’epoca, un periodo di 3600 anni articolato in cicli di sessanta anni ciascuno; ogni ciclo è,
a sua volta, suddiviso in cinque “Grandi anni”, ognuno composto da dodici anni. Questi
ultimi sono infine numerati secondo una sequenza di caratteri che rappresentano animali:
in ordine, topo (shu 鼠), bue (niu 牛), tigre (hu 虎), coniglio (tu 兔), drago (long 龙),
serpente (she 蛇), cavallo (ma 马), capra (yang 羊), scimmia (hou 猴), gallo (ji 鸡), cane
(gou 狗) e maiale (zhu 猪).
28
È interessante notare che l’ordine riportato, assolutamente
27
Per un approfondimento sulla tradizione della danza in Cina, vedi D. Zhi, History of Dance in China,
DeepLogic, 2019.
28
Per le informazioni qui riportate e un approfondimento più tecnico e dettagliato, vedi D. Walters, The
Chinese Astrology Bible: The Definitive Guide to Using the Chinese Zodiac, New York-Londra, Sterling,
2009.
19
invariabile, sembra non essere casuale. Esistono, infatti, numerose fiabe per bambini e
leggende che illustrano la presunta origine della scelta dei dodici animali e della loro
precisa sequenza. La versione certamente più popolare riporta di un bando proclamato da
Buddha nel mondo degli animali, per cui le prime dodici specie che si sarebbero
presentate nel luogo e all’ora fissati, sarebbero entrate d’ufficio nel calendario cinese.
Stando alla leggenda, gli animali giunti tra le prime dodici posizioni sarebbero dunque
stati quelli riportati sopra, in quell’esatto ordine.
29
Secondo lo zodiaco cinese, poi, ad ogni
animale corrisponderebbero determinati valori e caratteristiche, condivisi da tutti coloro
nati nel corrispondente anno; è per tale ragione che spesso i genitori deciderebbero a priori
l’anno di nascita dei propri figli, in modo da poterne stabilire segno e tratti corrispondenti.
Analogamente, è facilmente possibile in Cina intuire l’età esatta di una persona
conoscendone soltanto il segno zodiacale.
Occupano un posto di altrettanto rilievo, infine, i numerosi proverbi sugli animali di cui
è ricca la tradizione cinese. Tra i più noti, ho deciso di riportarne tre a titolo
esemplificativo:
a) Se non entri nella tana della tigre, non ne catturerai i cuccioli;
b) Non importa che sia nero o bianco, finché cattura i topi è un buon gatto;
c) Il cane che morde non mostra i denti.
30
Premettendo quanto riportato, è ora possibile affrontare un discorso dai toni più filosofici,
presupposto indispensabile ai fini di uno studio e una comprensione più completi dello
status attuale degli animali in Cina dal punto di vista culturale e giuridico. In questo senso,
si deve a Borges, popolare autore argentino, un interessante passaggio che consente
efficacemente di introdurre la materia accennata:
[…] il dottor Franz Kuhn attribuisce a un’enciclopedia cinese che s’intitola
Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto
che gli animali si dividono in (a) appartenenti all’Imperatore, (b) imbalsamati,
(c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h)
inclusi in questa classificazione, (i) che s’agitano come pazzi, (j)
29
Per una suggestiva versione della fiaba citata, vedi A. Grignola (a cura di), Fiabe millenarie della Cina:
Imperatori, Spiriti divini, Animali: la grande saggezza, Bussolengo, Demetra, 1996, p. 34 ss.
30
Proverbi tratti da L. Jiao, B. M. Stone, 500 Common Chinese Proverbs and Colloquial Expressions: An
annotated frequency dictionary, Londra-New York, Routledge, 2014, a) p. 92, b) p. 133, c) p. 370:
“a) 不入虎穴,焉得虎子; b) 不管黑猫白猫,会捉老鼠就是好猫; c) 咬人的狗不露齿”; trad. it. mia.
20
innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l)
eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
31
La tassonomia presentata da Borges, artificiosamente tratta da una fittizia enciclopedia
cinese di sua invenzione
32
ha un merito notevole: rivela, difatti, l’esistenza di un sistema
di pensiero profondamente differente dal senso comune occidentale, svelando la
possibilità di nuove prospettive e categorie cognitive di rappresentazione della realtà,
nonché, nello specifico, di diverse forme di concettualizzazione delle specie animali.
Nell’ambito del tradizionale pensiero cinese, in effetti, gli animali appartengono al
medesimo universo morale degli uomini, sicché atteggiamenti di compassione e
benevolenza devono necessariamente essere anche ad essi rivolti. Già il Buddhismo,
incoraggiando alla pratica del vegetarianismo e della totale soppressione di pratiche di
uccisione e violenza sugli animali, rivendicava, infatti, come essi altro non fossero che
anime di pari livello a quelle degli uomini.
33
Ma notevole considerazione è attribuita agli
animali anche dalle due grandi tradizioni filosofico-religiose cinesi, il Taoismo e il
Confucianesimo. Entrambe, in effetti, sottolineano in sintesi la necessità di mantenere
equilibrio e armonia tra uomini e natura e di interrompere qualsiasi forma di sofferenza
impartita agli animali.
34
Centrale ai fini del discorso sull’evoluzione della concezione degli animali in Cina è,
inoltre, il concetto di natura (ziran 自然, letteralmente “tale di per sé”), percepito nel
paese soprattutto in virtù dell’ideale di spontaneità che incarna. Nel pensiero comune
cinese, in effetti, la ziran definisce più uno stato dell’essere che una concreta realtà
osservabile, con la conseguenza che l’uomo diviene un partecipante al continuo processo
di autorigenerazione della natura, e non un “conquistatore”, mosso esclusivamente da fini
utilitaristici
35
. In questo, tanto il Taoismo quanto il Confucianesimo concordano nel
31
J. L. Borges, Otras inquisiciones, Buenos Aires, Emecé, 1960:
“el doctor Franz Kuhn atribuye a cierta enciclopedia china que se titula Emporio celestial de conocimientos
benévolos. En sus remotas páginas está escrito que los animales se dividen en: (a) pertenecientes al
Emperador, (b) embalsamados, (c) amaestrados, (d) lechones, (e) sirenas, (f) fabulosos, (g) perros sueltos,
(h) incluidos en esta clasificación, (i) que se agitan como locos, (j) innumerables, (k) dibujados con un
pincel finísimo de pelo de camello, (l) etcétera, (m) que acaban de romper el jarrón, (n) que de lejos parecen
moscas.”; trad. it. di F. Tentori Montalto (a cura di), Altre inquisizioni, Milano, Feltrinelli, 1963, p. 104.
32
D. Cao, Animals in China: Law and Society, op. cit., p. 10.
33
J. Meng, Origins of attitudes towards animals, Brisbane, Ultravisum, 2009, p.62.
34
Interessante è, a tal proposito, la riflessione sul Taoismo proposta in
34
J. Meng, Origins of attitudes
towards animals, op. cit., p.62 ss. Quanto al Confucianesimo, vedi N. Dalal, C. Taylor (a cura di), Asian
Perspectives on Animal Ethics: Rethinking the nonhuman, Londra-New York, Routledge, 2014, p. 22 ss.
35
Come nel caso dell’uomo dell’Occidente.
21
parlare in termini di unificazione tra uomo e natura. Ne deriva che è nell’interesse degli
uomini salvaguardare la natura e le forme che la costituiscono, inclusi, naturalmente, gli
animali. E a dire il vero, diversamente dalla tradizione classica occidentale, sembra non
esistere, nel pensiero cinese, una netta differenza tra uomini e animali, considerati
entrambi parte del medesimo cosmo. Non era lo stesso per Aristotele, ad esempio, il quale
riteneva che “as men exhibit art, wisdom and intelligence, animals possess, by way of
compensation, some other physical power”.
36
O ancora Cartesio riteneva l’animale una
macchina, un automa, al punto da negargli qualsiasi forma di consapevolezza o razionalità
e distinguerlo, quindi, dall’uomo, tanto che “if the essence of the human soul, or mind, is
to think, the attribution of feelings and awareness to animals would entail that they have
a human, that is, an immortal, soul”.
37
Diversamente dalle posizioni appena esposte, di
cui si avverte comunque una certa eco anche in alcune linee di pensiero sorte in Cina, il
pensiero cinese si fonda di gran lunga sulla teoria per cui non esisterebbe alcuna
superiorità dell’uomo sull’animale. Per il Taoismo, ad esempio, tracce del potere
dell’universo possono essere rinvenute, in egual misura, in ogni sua parte e, dunque, tanto
negli esseri umani quanto in quelli animali
38
. Nonostante questa riconosciuta parità
ipotizzata da Cao, tuttavia, è pur vero che all’atto pratico la realtà quotidiana è stata ed è
tuttora ben lontana dagli ideali delucidati sopra. Seppur accordando una certa dignità
morale alle diverse specie, difatti, sembra corretto, anche in riferimento alla Cina, parlare
della tendenza ad un approccio strumentale nei confronti degli animali, il cui valore
deriverebbe soltanto dall’utilità che essi possono recare all’uomo. Palesandosi in maniera
sempre più evidente un notevole gap tra la sfera ideale e la realtà concreta, appare
immediatamente chiaro, dunque, il ruolo cruciale che la legge può arrivare a giocare in
un tale contesto.
36
Aristotele, J. Gottlob Schneider, R. Cresswell (a cura di), Aristotle's History of Animals in Ten Books,
Londra, H. G. Bohn, 1862, p. 194; trad. it mia:
“Così come gli uomini esibiscono arte, saggezza e intelligenza, gli animali possiedono, in compenso,
qualche altro potere fisico”.
37
R. Ariew et al. , Historical Dictionary of Descartes and Cartesian Philosophy, Lanham-Londra, 2015,
pp. 26-27; trad. it. mia:
“Se l’essenza dell’anima, o della mente, umana è quella di pensare, attribuire sentimenti e consapevolezza
agli animali implicherebbe che essi hanno un’anima umana, e quindi immortale.”
38
J. Meng, Origins of attitudes towards animals, op. cit., p.63.
22
1.2.3. I Riconoscimenti Normativi dei Diritti degli Animali
In tempi recenti, per frutto del progressivo processo di accostamento all’esperienza
occidentale, la società cinese si è mossa in maniera decisa verso una riforma del sistema
normativo a favore del riconoscimento dei diritti degli animali. I primi segnali di una tale
svolta giungono dall’emergere di movimenti animalisti e di episodi di volontariato, frutto
in entrambi casi di una nuova e spontanea sensibilizzazione alla tematica. A dire il vero,
anche in linea con quanto riportato nel precedente paragrafo, non si tratta propriamente
di una novità nella storia cinese: sembrano, infatti, risalire addirittura al 2100 a. C. le
prime tracce di un riconoscimento normativo in materia di diritto animale. Stando a Cao
39
,
sono precisamente di quegli anni, in effetti, i primi decreti volti alla tutela degli animali,
tra i quali, ad esempio, il divieto di pesca nei mesi estivi. Ma fu soprattutto sotto la dinastia
Zhou che la questione animale divenne parte integrante del sistema di governo cinese.
Risale a quegli anni, infatti, il primo decreto recante la possibilità di condanna alla pena
di morte in caso di violenza a danno di animali, con ufficiali appositi incaricati del
controllo e di tutte le responsabilità derivanti. A distanza di anni, la dinastia Han si mosse,
poi, nella medesima direzione, introducendo regolamenti che limitavano drasticamente
l’uccisione di cuccioli di animali. In seguito, passi sicuramente fondamentali
nell’evoluzione del diritto animale in Cina furono condotti a partire dal 629 con la
promulgazione del codice Tang ad opera della dinastia omonima. Il codice, che ha
notevolmente influenzato tanto i successivi ordinamenti imperiali cinesi quanto quelli dei
sistemi limitrofi, introduce, infatti, una serie di articoli sulla cura e la protezione degli
animali.
40
Seppur si tratta di provvedimenti concernenti prevalentemente animali
addomesticati adibiti a scopi ufficiali del governo, è altrettanto vero, comunque, che
costituiscono di certo una mossa non trascurabile nell’ottica dello sviluppo di un sistema
di diritto animale più completo.
Quanto a tempi più recenti, l’attenzione sembra essersi spostata maggiormente nei
confronti dell’ambito della fauna selvatica. A partire dai tardi anni Ottanta del secolo
scorso, infatti, si sono susseguiti con una certa rapidità provvedimenti costituzionali, leggi
39
D. Cao, Animals in China: Law and Society, op. cit., p.18.
40
Per un confronto con gli articoli originali in lingua cinese vedi W. Zhangsun 長孫無忌, Tang lüshu yi 唐
律疏議 [Codice Tang], Pechino, Zhongguo zhengfa daxue chuban she 中国政法大学出版社, 2013, p. 263
ss.; per una versione in lingua inglese vedi, invece, W. Johnson (a cura di), The T’ang Code: Volume II
Specific Articles, Princeton, Princeton University Press, 1997, p. 178 ss.