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proiezione di sé nel sociale rispecchi fedelmente la
realtà”; “diritto a che l’attuale modo di essere di una
persona non venga travisato dal comportamento di
terzi”; “diritto a non vedersi disconosciuta la paternità
delle proprie azioni e a non sentirsi attribuire la
paternità di azioni non proprie, a non vedersi, cioè
travisare la propria personalità individuale”, ed altri
ancora.
L’identità personale comporta, quindi, il diritto di
una persona ad essere rappresentata nella vita di
relazione, con la propria vera identità, quale è
conosciuta o conoscibile, applicando i criteri della
normale diligenza e della buona fede soggettiva, nella
realtà sociale in cui il soggetto vive.
Tale diritto è sorto al fine di salvaguardare, in
buona sostanza, il profilo ideale della persona dai
potenziali riflessi negativi che l’azione dei mass-media
può provocare attraverso la manifestazione del
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pensiero, la libertà di stampa, la raccolta e la
divulgazione di informazioni riguardanti la stessa.
Esso viene annoverato tra i diritti della
personalità e sotto il profilo normativo sia gran parte
della dottrina ( anche se non si è, ovviamente, avuta
una unanimità di vedute in tal senso e vi sono, quindi
state critiche da parte di alcuni autori) che la
giurisprudenza hanno indicato come suo fondamento
l’art. 2 Cost., quale clausola aperta nella quale
possono farsi confluire tutte le situazioni giuridiche
soggettive afferenti alla persona.
Comunque, vi è anche chi ha individuato
nell’ordinamento molti referenti normativi a sostegno
della tutela giuridica dell’identità personale, come ad
esempio la normativa sui segni dell’identità personale
(nome, pseudonimo, immagine); quella sul diritto
morale d’autore e l’art. 8 della legge sulla stampa.
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Tra i diversi problemi sollevati dall’istituto in
questione, uno è quello concernente il modo in cui
esso va determinato.
Ciò vale a dire, quindi, che sembra ragionevole
ritenere che l’identità tutelabile di una persona si
debba desumere da eventi, situazioni e comportamenti
che ad essa si riferiscono e che siano accertabili
“oggettivamente” secondo l’esperienza comune e la
cultura dell’ambiente sociale in cui essa vive.
Infatti, l’identità tutelabile, non può essere
giuridicamente determinata dalla persona stessa, cioè
dalla rappresentazione che questa ha di sé medesima,
poiché ciò non consentirebbe spazio ad altre libertà,
come la libertà di manifestazione del pensiero,
garantita dalla Costituzione(art. 21).
Ma, tale identità, non può neppure essere
determinata dai pubblici poteri ai quali verrebbe in tal
caso dato un potere che potrebbe comportare degli
ostacoli alla corretta esplicazione della personalità o,
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addirittura, sacrificare la verità ideologica e culturale
di ogni individuo, che è ciò che si vuole tutelare.
Un altro aspetto interessante del diritto in
questione è, inoltre, la sua variabilità: l’identità ideale
varia, infatti, con l’evoluzione interiore della persona,
con la sia maturazione e con le sue interne
contraddizioni.
Da qui nasce la diatriba tra il diritto di sapere ed
il diritto di occultare. Il giudice, infatti, chiamato a
difendere un individuo dalle aggressioni di terzi tese a
smascherare il nuovo volto ideale che questo si è
voluto imporre deve ragionevolmente orientarsi
tenendo presente sia l’interesse sociale
dell’informazione ed il ruolo svolto dal soggetto
nell’ambiente in cui vive sia difendere la collettività
dalla soppressione della memoria storica della
persona, che deve prevalere solo se giustificata da
esigenze sociali e se la sua ricerca non tende a
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sfruttare la notorietà di un individuo a danneggiarlo
intenzionalmente o è mirata a puro pettegolezzo.
Un altro problema, invece, di ordine pratico
riscontrato nell’analisi del diritto oggetto di tale studio,
concerne la linea di confine tra l’identità personale e
gli altri diritti della personalità: l’onore, l’immagine, il
nome, il diritto morale d’autore, la riservatezza.
Comunque, dal punto di vista contenutistico il
diritto all’identità personale rappresenta un’esigenza
umana differente e non riconducibile alle altre,
nonostante abbia, con tutti questi diritti, molti
elementi di somiglianza.
La figura della lesione dell’identità personale, che
è stata analizzata nel corso di questo studio, consente
una tutela nelle ipotesi in cui, ad esempio, pur non
sussistendo gli estremi della lesione all’onore e alla
reputazione, tuttavia, la rappresentazione estrema
della personalità, delle idee, dei contenuti professionali
del singolo individuo (concretizzata soprattutto per
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mezzo della stampa) venga travisata ad un punto tale
da ingenerare nel lettore convincimenti ed opinioni
errate.
Un altro caso di lesione dell’identità personale è
stato individuato, ad esempio, nell’uso di immagini di
attrici risalenti a fasi della loro carriera ormai
superata, senza specificare l’epoca in cui tali immagini
erano state riprese
Ma il caso più frequente si è avuto con
riferimento a quella che viene definita l’identità politica
della persona, che viene lese nelle ipotesi di
attribuzione ad un esponente politico di dichiarazioni o
azioni difformi da quelle che questi compiute
realmente, che possano ingenerare nei cittadini dubbi
sull’affidabilità dello stesso, in relazione alla sua
ideologia o al programma politico presentato..
E’ pacifico, inoltre, allo stato attuale ricordare, a
conferma di un principio ormai consolidato, secondo
cui anche le associazioni non riconosciute sono titolari
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dei diritti della personalità, che anche ad un partito
politico è stata accordata tutela di fronte ad atti lesivi
della propria “identità politica” (Partito Radicale).
Tra gli strumenti di tutela presi in esame, un
ruolo fondamentale assume in materia l’art. 700 c.p.c.
(che mira a conseguire un’inibitoria per mezzo di una
pronuncia giudiziale alla cessazione del fatto lesivo, -
provvedimento di natura cautelare e provvisoria - al
quale successivamente, in sede di merito, si può
aggiungere l’ordine di pubblicazione della sentenza di
condanna ex art. 120 c.p.c. e, se esistono i
presupposti, il risarcimento del danno), ed infatti di
fronte alla divulgazione di una notizia non esatta ed
equivoca, la lesione dell’identità personale subita trova
difficilmente reintegrazione nel solo risarcimento del
danno.
Risultati più efficaci si possono ottenere
attraverso un provvedimento cautelare, oppure la
pubblicazione di una rettifica. Comunque, anche in
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mancanza di univocità di conclusioni, sembra
possibile poter affermare che, in caso di lesione del
diritto all’identità personale, siano applicabili sul piano
risarcitorio sia la forma specifica che quella nella
modalità per equivalente (quest’ultima ripristina una
situazione, solo economicamente, uguale a quella
anteriore all’illecito e sembra, per questo, quindi,
sempre attuabile rispetto all’altra, non sempre di facile
attuazione).
Un vasto dibattito sia a livello dottrinale che
giurisprudenziale si è avuto in merito alla tutela
risarcitoria del diritto in questione nei suoi due
aspetti: il risarcimento del danno patrimoniale e il
risarcimento del danno non patrimoniale (detto anche
danno morale).
Poiché il diritto all’identità personale rientra nella
categoria dei diritti della personalità tra le cui
caratteristiche spicca quella della non patrimonialità, e
dal momento che i danni di natura non patrimoniale
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possono essere risarciti solo nei casi previsti dalla
legge (art. 2059 c.c.), in pratica, nelle sole ipotesi in
cui il fatto lesivo costituisca reato (art. 185 c.p.), la
giurisprudenza ha cercato di trovare una soluzione
elaborando apposite categorie o tipi di danni alla
persona qualificati come patrimoniali (e perciò sempre
risarcibili9 assumendo che si verificassero
praticamente in ogni caso di lesioni alla persona fino a
giungere alla nozione di danno biologico, come
pregiudizio non patrimoniale alla persona in ogni caso
risarcibile.
Così anche la tendenza espressa dalla Corte di
Cassazione con la sentenza 6 giugno 1981 n. 3675 è
stata quella di riconoscere il diritto al risarcimento del
danno alla persona, sotto il profilo del danno biologico,
nuova categoria per definire la quale si afferma la non
necessaria coincidenza tra patrimonialità e capacità di
guadagno, evidenziando, quindi, la possibilità di
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riconoscere un danno patrimoniale che nel caso in cui
la capacità di guadagno dell’individuo non risulti lesa.
L’avallo definitivo a tale impostazione è venuto
dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 184, 14
luglio 1986.
Tale nuova categoria di danno (danno biologico,
appunto,) viene analizzata in modo positivo da quanti
tendono ad estendere l’ambito di operatività del
sistema risarcitorio. Nello stesso tempo essa viene,
però, anche esaminata in maniera critica ed
approfondita poiché non comporta una precisa
nozione sul danno risarcibile che si possa tradurre in
perdita di capacità di guadagno ma sembra, invece,
protendere verso la specificazione di un genere
distinto, sia dal danno patrimoniale che da quello non
patrimoniale, consistente nel riconoscimento di un
diritto alla riparazione di aspetti del danno alla
persona che non siano riconducibili alla figura
tradizionale di danno patrimoniale (ma questo
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percorso sembra piuttosto difficoltoso, a meno che non
si proceda ad una ridefinizione del concetto di
patrimonialità).
Nell’ambito giurisprudenziale, comunque, tra le
varie posizioni assunte, ne emergono diverse che
cercano di applicare i principi in modo più elastico al
fine di consentire una maggiore risarcibilità rispetto a
quella tradizionale, proprio in funzione del sorgere,
nell’attuale vita sociale, di nuove situazioni tra le
quali, rientra anche il diritto all’identità personale.
Il conflitto che si riscontra tra il diritto all’identità
personale e gli altri diritti costituzionali garantiti
concerne:
il diritto di cronaca: nei confronti di questo, il
diritto all’identità personale prevale nel caso in
cui l’informazione relativa alla persona non sia
vera, poiché il principio di libertà della
manifestazione del pensiero non copre la
diffusione di notizie false;
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il diritto di critica: il diritto all’identità
personale (fermo restando il principio della
libera interpretazione dei fatti e delle
dichiarazioni altrui, specie in campagna
elettorale) prevale quando i fatti attribuiti alla
persona sono manipolati ed alterati in modo
volontario per fornire al pubblico una versione
mistificata e tendenziosa della sua attività.
Nella disamina del diritto all’identità personale è’
stata analizzata, inoltre, anche la cosiddetta legge
sulla privacy n. 675, 31.12.1996, che pone tra le sue
finalità l’obiettivo di far rispettare i diritti, le libertà
fondamentali, la dignità della persona fisica con
riferimento sia alla riservatezza che all’identità
personale (per quest’ultima cfr.:art. 1; art. 13; art. 15;
art. 17; art. 22; art. 23; art. 25; art. 30; art. 34; art.
35) in questo ultimo caso con riferimento al
trattamento dei dati personali, che vanno custoditi e
controllati, al consenso dell’interessato, al trattamento
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dei “dati sensibili”, quindi agli strumenti necessari al
fine di tutelare ciascuno a non vedere distorta la
propria personalità attraverso la diffusione di
rappresentazioni non veritiere, in merito a profili
inerenti ad essa.
Sebbene, quindi, la ratio sottesa da questa
normativa riguardi in modo particolare la tutela della
riservatezza, concepita come diritto a non vedere
divulgate in modo arbitrario informazioni relative alla
propria sfera personale, essa presenta, in buona
sostanza, risvolti tali da consentire una sua
applicazione anche in tema di identità personale.
Ed infatti, la cultura del rispetto da parte di
chiunque tratti informazioni dei cittadini, che davvero
costituisce un altro dei grandi obiettivi della legge
675/96, fonda anche una solida base per il diritto
all’identità personale: di fronte alla frammentazione,
che la persona ormai subisce nella dimensione
informatica, il riferimento all’identità costituisce il
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mezzo che consente di ricostituire l’integrità della
persona stessa.
Nel corso di questo approfondimento è stato
analizzato anche l’aspetto concernente l’identità
personale delle formazioni sociali, cioè del
riconoscimento di una tutela dell’identità personale
anche alle associazioni sia a quelle provviste di
personalità giuridica, sia a quelle che ne siano
sfornite.
Una particolare sfaccettatura della tutela della
identità personale del soggetto è l’aspetto riguardante
la personalità dei gruppi, che si qualificano in base ai
fini che attraverso di essi vengono perseguiti in un
contesto sociale, e che necessitano di tutelare la loro
denominazione anche per mezzo della sigla che li
possa identificare.
A differenza di quanto esposto sulla tutela del
singolo individuo, nel caso di lesione del diritto
all’identità personale, sembra che l’unico strumento