3
come la sovrapposizione di schemi formali alla realtà sottostante, ne
restano incise, ed il dilemma che attanaglia il giurista si pone talvolta
in termini alternativi: se sia opportuno adattare le vecchie regole alle
nuove realtà o se sia necessario creare nuove regole.
Innovazioni giuridiche senz’altro radicali sono già intervenute,
soprattutto negli ultimi venti anni, nei quali non solo si sono resi
disponibili nuovi mezzi e nuovi servizi ma è stato realizzato il
progressivo smantellamento di assetti giuridici precedenti.
Solo attraverso un percorso circolare che includa esperienza pregressa
e attenzione verso le nuove opportunità dei new media e della loro
convergenza si potrà, secondo l’opinione di chi scrive, analizzare la
realtà giuridica nella maniera più equa possibile.
Un’analisi, cioè, che parta dal piano fattuale dei profili tecnici del
comunicare, traendo da questi gli stimoli e le chiavi di ri-lettura della
norma costituzionale, per tornare poi all’esperienza concreta al fine di
verificare la tenuta della nuova interpretazione sul piano della
disciplina ordinaria e degli strumenti di attuazione, ultima necessaria
tappa sul percorso dell’inveramento dei principi costituzionali.
4
Il presente lavoro ha inteso tracciare un quadro generale delle
trasformazioni giuridiche e dei relativi problemi che hanno
accompagnato questi processi.
Dopo una prima parte, dedicata alle nozioni di telecomunicazione e di
convergenza nel diritto, con un interessante excursus storico, il
secondo capitolo si sofferma sulla rilevanza costituzionale dei diritti
relativi agli articoli 15 e 21.
Di essi verranno indicate le trasformazioni che li hanno interessati,
con particolare riguardo alle interpretazioni evolutive, permeabili a
sfide più moderne che richiedono nuove tutele.
Si è affrontato, con vigore tipicamente liberale, il problema concreto
che si affaccia alla mente del giurista, quello della fonte normativa che
deve farsi carico di discipline di media importanza, se debba cioè
trattarsi di fonte autoregolamentare o di fonte autoritativa.
Non poteva naturalmente mancare l’approfondimento dell’effettività
dei diritti in questione, a partire dal cardine costituzionale costituito
dall’articolo 3, comma II.
Chiude il terzo capitolo con la contrapposizione cronologica di due
questioni che hanno agitato le riflessioni dei giuristi e dei legislatori
europei: il monopolio come logica antica e il suo superamento,
5
attraverso una previa analisi delle barriere giuridico-economico-
sociali, sempre in parte presenti, come dimostrano le due recenti case
history presentate, e in parte superabili attraverso il novello concetto
di “servizio universale”.
6
I SISTEMI DI COMUNICAZIONE
1. Nozione di telecomunicazione
Per comprendere il senso di un processo giuridico di convergenza di
un mercato, occorre preliminarmente prendere in esame l’oggetto
specifico su cui tale fenomeno va a incidere.
Nell’addentrarci in questa materia, giova in primo luogo fornire una
chiara definizione del concetto di “telecomunicazione”.
Secondo la nozione convenzionalmente utilizzata, risalente alle
Convenzioni internazionali di Madrid (6/12/1932) e di Buenos Aires
(22/12/1952), “per telecomunicazioni si intende ogni emissione,
trasmissione o ricezione di segni, di segnali, di scritti, di immagini, di
suoni o di informazioni di qualsiasi natura, per filo, radioelettrica,
ottica o a mezzo di altri sistemi elettromagnetici”.
1
Mentre la attuale nozione di rete di telecomunicazione, di matrice
comunitaria, definisce coma tale il “sistema di trasmissione e, se del
caso, le apparecchiature di commutazione o le altre risorse che
permettono la trasmissione di segnali tra punti terminali di rete definiti
1
Roberto Zaccaria, Diritto dell’informazione e della comunicazione, 193, 3^ed, Cedam 2002
7
con mezzi a filo, radio, ottici o altri mezzi elettromagnetici” (art. 1/I
comma, lett.h, d.p.r. n.318/1997).
2
Questa definizione, certamente più aderente all’assetto tecnologico
attuale in quanto mostra la centralità della funzione trasmissiva
rispetto ai tipi di supporto, non si discosta peraltro in modo
significativo da quella tradizionalmente utilizzata in sede
internazionale e risalente, come detto sopra, al 1932.
Da tale ampio paradigma emergono quelli che possono essere
considerati i tre momenti costitutivi delle comunicazioni a distanza,
vale a dire:
- l’emissione
- la trasmissione
- la ricezione dei segnali
Mentre la prima comporta la diffusione di onde radioelettriche, la
trasmissione può essere effettuata via etere, ovvero tramite l’uso di
conduttori artificiali; la ricezione, infine, richiede il possesso di
apparato tecnico, opportunamente predisposto e strutturato allo scopo
di riprodurre, nella forma originale, l’oggetto del messaggio emesso e
trasmesso.
2
Alessandra Valastro, Libertà di comunicazione e nuove tecnologie, ed.2001, 3
8
La definizione di cui sopra individua, inoltre, le tre forme possibili che
possono essere assunte dai messaggi trasmessi, oltre ai mezzi tecnici
attraverso i quali la comunicazione può svolgersi.
In via generale, dunque, è possibile osservare che la telefonia, la
telegrafia e le radiocomunicazioni costituiscono le tre species nelle
quali si viene ad articolare il più ampio genus delle telecomunicazioni.
Nei primi due casi (telefonia – a eccezione di quella mobile – e
telegrafia), il supporto tecnico utilizzato è costituito da un conduttore
fisico, mentre la differenza di funzionamento è tutta riposta nella
tipologia dei segnali che vengono trasmessi: parole e suoni, nella
prima ipotesi; segnali di carattere convenzionale, nella seconda.
Le radiocomunicazioni – comprendenti la telefonia senza fili – invece,
vengono realizzate sfruttando la proprietà tipica dei campi elettrici di
generare onde, che si diffondono nell’etere a velocità costante, senza
alcuna necessità di conduttori artificiali.
L’assetto tradizionale delle telecomunicazioni è stato caratterizzato in
gran parte dalla netta distinzione fra le tipologie di mezzi trasmissivi,
con conseguente rilievo sullo sviluppo e la disciplina dei servizi.
9
Infatti, di questa distinzione tra i vari tipi di sistemi trasmissivi ha
tenuto conto il codice postale e delle telecomunicazioni (d.p.r.
29/3/1973, n.156), tuttora vigente sebbene in buona parte superato.
Infatti, nonostante l’ampiezza che caratterizza la formula dell’art.1,
riferito ai servizi di telecomunicazione in genere, i titoli II, III e IV
richiamano poi la distinzione fra servizi telegrafici, telefonici e
radioelettrici, risentendo evidentemente della necessità di collocare i
servizi secondo le diverse possibilità della loro realizzazione.
In particolare, la telefonia e la telegrafia si distinguono tra loro non
per il mezzo utilizzato bensì per la tipologia dei segnali trasmessi.
Entrambe si distinguono invece dalle radiocomunicazioni per il mezzo
utilizzato. I servizi radioelettrici vengono infatti realizzati sfruttando la
proprietà dei campi elettromagnetici di generare onde che si
diffondono nell’etere senza necessità di conduttori artificiali e in tutte
le direzioni, a distanze che sono limitate soltanto dalla potenza
dell’apparato emittente e con frequenze determinate dal numero di
onde irradiabili in un dato intervallo temporale.
Le applicazioni pratiche delle radiocomunicazioni comprendono a
loro volta la radiotelegrafia, la radiotelefonia e le radiodiffusioni.
10
La radiodiffusione, infine, è la trasmissione di programmi radiofonici
o televisivi destinati ad ampie zone di ricezione ed è caratterizzata
dalla “circolarità”, ossia la possibilità di ricezione del messaggio da
parte di una pluralità indistinta di destinatari e dalla impossibilità di
corrispondenza bilaterale.
3
Ora, la netta distinzione operata in passato fra le tipologie di supporto
e la conseguente accentuazione della corrispondenza mezzi/servizi
hanno fatto sì che, nonostante le comuni radici tecnologiche, le
singole tipologie di servizi si sviluppassero autonomamente; ciò si è
verificato soprattutto per le due grandi reti della telefonia e della
radiotelevisione vie etere terrestre.
Sotto il profilo tecnico, si è posto l’accento sulla differente funzione
svolta dai due sistemi di telecomunicazione: di collegamento nel caso
della telefonia e di diffusione nel caso della radiotelevisione.
4
Ciò ha fatto sì che “nel corso degli anni l’innovazione tecnologica su
queste reti venisse introdotta in maniera differenziata, ottimizzando e
specializzando ognuna di esse nel trattare e trasportare solo specifiche
3
Alle peculiari modalità diffusive delle onde hertziane è connesso il procedimento di
pianificazione delle frequenze, volto ad assicurare il razionale utilizzo delle stesse: basti ricordare
che la ripartizione tra i singoli Stati viene effettuata dalla U.I.T. (Unione Internazionale delle
Telecomunicazioni), in conformità alle prescrizioni del RIR (Regolamento Internazionale delle
Radiocomunicazioni), adottato a Ginevra il 6/12/1979 e ratificato dall’Italia con dpr 740 del 1981;
e che in Italia le attività di ripartizione e di assegnazione sono ora disciplinate dalla legge n.249 del
1997
4
A. Valastro, Libertà di comunicazione e nuove tecnologie, 2001, 6
11
tipologie di contenuti, senza approfondire gli aspetti legati alla loro
interconnessione”.
5
A tale percorso è corrisposta una analoga differenziata
specializzazione delle connesse figure imprenditoriali: il gestore delle
reti trasmissive dedicate ai servizi telefonici che si qualifica come
“vettore” e l’utilizzatore della rete di radiodiffusione che ne usa per
trasmettere al pubblico messaggi da lui confezionati.
Sul piano giuridico ne è seguita una disciplina che ha guardato più alle
funzioni svolte che al sostrato tecnologico dei due settori.
Ciò ha portato sin dall’inizio ad una funzionalizzazione della
disciplina alla tipologia dei messaggi trasmessi, come dimostra
l’evoluzione normativa.
La suddetta distinzione è entrata in crisi allorchè nuovi tipi di mezzi e
nuovi sistemi di trasmissione dei segnali sono stati messi a punto,
consentendo ad un unico mezzo di offrire svariati tipi di servizi:
l’introduzione di simili innovazioni ha finito per spezzare quella
corrispondenza mezzi/servizi dell’assetto precedente, preparando il
campo per una sempre più accentuata convergenza delle infrastrutture
e delle tecnologie impiegate.
5
Alberto Arcangioli, Le dinamiche della convergenza, in Europa Europe, Fondazione Istituto
Gramsci, 1996, n.2-3, 45
12
Il profondo cambiamento intervenuto sul piano delle tecnologie non
toglie, tuttavia, che permangano nei due settori alcune specificità tali
da giustificare (anche) interventi normativi autonomi: né è conferma
l’art. 1/I comma lett. r) del d.p.r. n.318/1997, che esclude la diffusione
circolare di programmi radiotelevisivi dalla nozione di servizi di
telecomunicazione, non certo per negarne la configurazione tecnica
quale species del genus telecomunicazioni quanto piuttosto per
circoscrivere l’ambito applicativo di risposte normative che non
sarebbero adeguate alle peculiarità del broadcasting.
2. L’evoluzione normativa
Il secolo XX ha segnato una netta linea di sviluppo crescente di tutti i
media, i quali hanno assunto una consistenza ed una rilevanza di
interesse generale per cui si sono istituzionalizzati all’interno di tutte
le società progredite.
Ciò significa che essi hanno acquisito, attraverso le legislazioni che
nei vari Paesi ne hanno elaborato le regole fondamentali, una forma,
una struttura ed una serie di funzioni precisamente individuate.
13
Al fine di delineare la linea di sviluppo inerente alla legislazione sui
vari media nel corso del Novecento, va rilevato innanzitutto che la
prima parte di questo secolo è stata dominata nettamente dalla stampa
(che storicamente ha rappresentato il primo dei mezzi di
comunicazione di massa), mentre la seconda ha segnato la crescente
importanza della radio e della televisione.
Tali attività in un primo tempo generano un primo nucleo di principi
riguardanti la comunicazione e in particolar modo: i diritti individuali
di pubblicazione, l’autorizzazione degli stampatori e la loro
responsabilità per le opinioni che pubblicavano.
E sorgono anche le prime forme di controllo, tra cui, in alcuni Paesi, la
censura dei contenuti della stampa da parte di autorità, laiche o
religiose, che affermavano il loro potere di controllare le forme di
manifestazione del pensiero rivolte ad un pubblico di lettori.
In un secondo periodo, intorno alla metà del XIX secolo, il concetto di
comunicazione pubblica assume la fisionomia più moderna, sicchè la
libertà di manifestazione del pensiero attraverso il mezzo stampato si
va affermando come un tratto normale della vita politica e perfino
come un diritto dei singoli.
14
Lo spirito dell’illuminismo sostiene con forza la necessità di avere
cittadini istruiti, di diffondere una sana discussione pubblica di
importanti eventi ed accadimenti aventi un interesse generale, di
promuovere un veloce progresso della scienza e della conoscenza.
Affermazioni classiche inerenti alla libertà di stampa si rinveranno poi
nella dichiarazione dei diritti umani dell’ONU del 1948, ma già
presenti nel primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti
del 1791, così come in molte carte costituzionali europee dal 1848 in
poi.
Il terzo periodo di sviluppo della stampa (dai primi anni del
Novecento fino ai nostri giorni) consolida e porta ad ulteriori
conseguenze i principi già delineatisi nel secolo precedente circa i
diritti di espressione e di diffusione del pensiero e circa il fondamento
e la presenza di un interesse pubblico nella comunicazione stampata.
A tali profili si riconnette il bisogno di porre alcune norme di base
regolatrici del giornalismo e dei suoi diritti e doveri.
Ciò ha una duplice valenza: da un lato si chiede il riconoscimento dei
diritti fondamentali della libertà di manifestazione del pensiero e
dall’altro si introducono limiti alle pubblicazioni nell’interesse della
sicurezza dello Stato, dell’ordine pubblico o della morale pubblica.
15
Sin dai primi del Novecento, dunque, presso i Paesi caratterizzati da
ordinamenti democratici, le legislazioni esprimono consenso nei
confronti del principio della libertà di stampa, pur nei limiti stabiliti al
rispetto di diritti fondamentali dei cittadini e dalla necessità di
salvaguardare alcune prerogative dello Stato che garantisce tale
libertà.
C’è stata però una diversificazione sul come regolamentare
concretamente tale libertà, dal momento che esistono alcuni sistemi in
cui si vieta qualsiasi legislazione che possa limitare la libertà di
informazione (Stati Uniti), altri in cui non sussistono leggi specifiche
ma criteri generali (Gran Bretagna) e altri ancora in cui le garanzie di
libertà sono specificate nelle carte costituzionali.
In genere l’aspetto principale della libertà viene indicato nell’assenza
di qualsiasi forma di censura o di condizioni limitative o
discriminatrici dell’attività di diffusione del pensiero attraverso la
stampa.
Man mano che, durante il corso del secolo, gli assetti istituzionali dei
vari Paesi si sviluppano verso forme più evolute, la questione dei
diritti e doveri inerenti alla organizzazione e ai compiti della
16
comunicazione scritta solleva molte controversie, legate soprattutto al
crescere del potere attribuito all’informazione quotidiana a stampa.
Sorgono una serie di problemi concernenti la responsabilità
dell’esercizio del diritto di informazione, le esigenze di equità
connesse a siffatto compito e anche i limiti della proprietà dei giornali.
La libertà economica della stampa viene considerata quasi ovunque
come imprescindibile; ma, poiché non viene considerata un’attività
imprenditoriale come ogni altra, si fa strada la concezione che, pur in
presenza di evidenti vantaggi prodotti dalla concorrenza, i normali
meccanismi del libero mercato richiedono correttivi e bilanciamenti.
6
La legislazione dei maggiori paesi europei (Gran Bretagna, Germania,
Francia, Italia) ammette la duplice natura di questa industria,
riconoscendo ai giornali lo statuto giuridico di impresa e al tempo
stesso considerandoli quali prodotti dotati di prerogative speciali in
quanto espressioni della libertà di manifestazione del pensiero.
6
I termini del dibattito sono bene esemplificati in una frase tratta dalla sentenza di un tribunale
statunitense (nella causa Associated Press contro il governo USA): «oltre ad essere un’impresa
commerciale, la stampa ha un rapporto con l’interesse pubblico che si differenzia da quello di ogni
altra impresa. Il compito della stampa è la diffusione della verità su questioni pubbliche e ciò si
può realizzare solo fornendo una informazione adeguata per la loro comprensione»