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PREMESSA
“Ciascun soggetto ha interesse, ritenuto generalmente meritevole di tutela
giuridica, di essere rappresentato, nella vita di relazione, con la sua vera
identità, così come questa nella realtà sociale, generale e particolare, è
conosciuta o poteva essere conosciuta con l’applicazione dei criteri della
normale diligenza e della buona fede soggettiva; ha, cioè, interesse a non
vedersi all’esterno alterato, travisato, offuscato, contestato il proprio patrimonio
intellettuale, politico, social, religioso, ideologico, professionale ecc. quale si era
estrinsecato od appariva, in base a circostanze concrete ed univoche, destinato
ad estrinsecarsi nell’ambiente sociale” ( Cass. 22.6.1985, n. 3769, 1985).
La Cassazione definisce nei termini appena riportati il diritto dell’identità
personale come il diritto appartenente a ciascuno soggetto di essere
rappresentato e riconosciuto nelle relazioni sociali, sulla base delle proprie
caratteristiche personali.
L’elemento distintivo per eccellenza dell’identità personale è rappresentato
dal diritto al nome, oggetto del presente elaborato.
L’identità personale e il diritto al nome trovano il loro riconoscimento
costituzionale nell’art. 2 della costituzione secondo cui “La repubblica riconosce
e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità”. Nella normativa costituzionale si evince
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il carattere dell’inviolabilità dei diritti della personalità al quale si aggiungono il
l’imprescrittibilità e l’indisponibilità.
Due risultano essere i segni distintivi della personalità, dalla complementarità
necessaria, che si ricavano dalla diposizione civilistica prevista nell’art. 6,
comma 2, secondo cui ogni persona è identificata con un nome, che consta del
nome in senso stretto, o prenome e del cognome, esattamente nome e
cognome.
Nel presente elaborato si analizzeranno le caratteristiche univoche dei due
segni distinti della personalità unitamente alle modalità di acquisto, sostituzione
e modifica degli stessi; cosi come un breve excursus su quella relazione che
sussiste tra il diritto al nome e gli altri diritti della personalità quali: il diritto
all’immagine, alla riservatezza e all’onore.
Verranno analizzati gli strumenti di tutela civile del diritto al nome quali:
l’azione di accertamento, volta ad accordare la certezza del diritto al nome in
capo al titolare; l’azione di reclamo, attraverso cui si inserisce il processo di
rettificazione e, l’azione di usurpazione del nome, contro il comportamento
lesivo del nome.
In base all’art. 24, della Legge n. 218 del 1995 di Riforma del Diritto
internazionale privato, sarà analizzata la tutela in sede internazional-privatistica
del diritto al nome atteso che al nome si applica la legge dello Stato al quale la
persona appartiene.
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Sarà il requisito della cittadinanza, introdotto dalla Convenzione di Monaco
del 1980, invece, a gettare le basi attraverso cui analizzare i casi: Grunkin Paul,
relativo al principio di libera circolazione, Garcia Avello, relativo al principio di
non discriminazione e il caso Runevič-Vardyn relativo al principio di non
discriminazione per ragioni etniche.
La Convenzione di Monaco volta ad assicurare un certo margine di uniformità
tra regolamento e certezza del diritto inerente il diritto al nome e le sue
peculiarità, a seguito della continua mobilità degli individui da un Paese all’altro,
porterà ad una valutazione del caso Micheletti, quale punto di equilibrio
nell’applicazione tra cittadinanza straniera e cittadinanza del foro.
Ulteriore tendenza della convenzione è il suo interesse a garantire all’individuo
la continuità del proprio nome, circoscritto in uno spazio giuridico europeo,
garantito dalla traslitterazione del nome.
Infine, sarà la Corte di Strasburgo a delineare i parametri cui ricondurre il
diritto al nome partendo dalla ratio dell’art. 8 Cedu, proseguendo nell’analisi del
principio del margine di apprezzamento, dell’obbligazione positiva, del grado di
importanza e della tutela dell’identità linguistica.
Un confronto del differente approccio della Corte di giustizia e della Corte di
Lussemburgo, del diritto al nome, attraverso una breve analisi della casistica
qui riportata, concluderà il presente elaborato.
IL DIRITTO AL NOME COME ELEMENTO IDENTIFICATO DELLA PERSONA NELLA NORMATIVA NAZIONALE
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CAPITOLO I
IL DIRITTO AL NOME COME ELEMENTO IDENTIFICATIVO DELLA PERSONA
NELLA NORMATIVA NAZIONALE
“nomen est, quod uni cuique personae datur, quo suo quaeque proprio et certo
vocabolo appellatur”, CICERONE, De inventione, I, p.24
Sommario: 1. Evoluzione storica-esegetica del diritto al nome 2. L’approccio costituzionale tra
dato normativo, dottrina e giurisprudenza 3. La composizione della fattispecie giuridica tutelata
3.1 L’acquisto, sostituzione e modifica del cognome 3.2 Il ricorso ad altri mezzi di
identificazione: lo pseudonimo e il caso di omonimia 4. La relazione tra il diritto al nome e gli
altri diritti della personalità 5. Gli strumenti di tutela civile del diritto al nome 6. Merchandising
del nome: crisi dell’identità personale?
1.EVOLUZIONE STORICA-ESEGETICA DEL DIRITTO AL NOME.
Collocato all’interno dei diritti della personalità, più generale nella
problematica della libertà individuale e degli strumenti giuridici di tutela della
persona: il diritto al nome è il segno che identifica ogni persona e che permette
di riferire ad ogni essa atti e vicende personali, anche qualora fosse assente.
IL DIRITTO AL NOME COME ELEMENTO IDENTIFICATO DELLA PERSONA NELLA NORMATIVA NAZIONALE
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L’ordinamento giuridico attribuisce le regole secondo cui ogni individuo sin
dalla nascita oltre ad acquisire la capacità giuridica, insita nell’art. 1 c.c., deve
essere identificato attraverso un nome
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.
Seppur il codice civile non fornisce una nozione del nome all’art. 6, comma 2°,
c.c., si evince che “ogni persona è identificata con un nome, che consta del
nome in senso stretto, o prenome e del cognome
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”. Il nome di cui si occupa il
diritto civile è soltanto uno dei possibili mezzi di identificazione della persona, o
meglio, rappresenta il segno distintivo principale, idoneo a connotare il soggetto
nei rapporti civili e sociali. Il diritto al nome, frutto di una lenta evoluzione,
emerge in tempi recenti.
La mancanza di una tradizione romanistica del diritto al nome, cosi come
inteso nell’attuale accezione, ha reso la dottrina particolarmente attenta
all’influenze dottrinali del diritto al nome elaborate da ordinamenti stranieri.
Nel diritto romano vigeva il principio della mutabilità del nome la quale non
poneva alcuna distinzione nel caso in cui fosse assunto un nome non
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LENTI L. Nome e cognome, in Digesto, sezione civile, vol. XII, Utet, 1995, p. 136. Tuttavia il
nome non rappresenta l’unico mezzo identificato di una persona. Vi sono altri elementi meno
percettibili nell’immediatezza come ad esempio il genoma personale, inteso come l’insieme
delle informazioni genetiche, dal punto di vista biologico. Vi sono anche i connotati morfologici
che determinati dal genoma e in concorso con fattori ambientali sono soggetti a continui
mutamenti. I due elementi appena analizzati definiscono però un dato fisico naturale attraverso
il quale possiamo distinguere un determinato corpo umano da un altro mentre il nome è
espressione di un dato sociale.
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COVIELLO N., in Manuale di diritto civile italiano, a cura di Pietro Perlingieri, Napoli, 1992, p.
170.
IL DIRITTO AL NOME COME ELEMENTO IDENTIFICATO DELLA PERSONA NELLA NORMATIVA NAZIONALE
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appartenente ad alcun altro, ovvero un nome ad altri spettante, per cui era
lecita tale assunzione purché non fraudolenta o ingiuriosa dell’altrui fama o
decoro. Con il declino della tradizione tardo-romana, grazie allo sviluppo dei
comuni, in Italia, assunsero importanza i cognomi. In questo periodo storico il
prenome non aveva un’autonoma funzione identificatrice seppur accompagnato
dall’indicazione del prenome del padre del soggetto.
Il riconoscimento del prenome come criterio di identificazione del singolo e del
cognome come criterio di identificazione di un soggetto appartenente ad una
determinata comunità familiare coincide con l’avvento degli Stati unitari.
Sono la concezione privatistica e pubblicistica ad aver maggiormente influito
la dottrina italiana nell’elaborazione di un diritto al nome, di origine francese.
Secondo la concezione privatistica, il diritto al nome sarebbe configurabile alla
pari di un diritto di proprietà che ogni soggetto può vantare sul nome che gli
viene assegnato al momento della nascita. Tale tesi viene respinta per il
semplice fatto che il diritto al nome non ha ad oggetto un bene patrimoniale
seppur grazie alla stessa si è introdotto sulla falsa riga del diritto di proprietà il
concetto di usurpazione del nome, inteso come illegittima appropriazione dello
stesso da parte di terzi.
In contrapposizione alla teoria privatistica, la teoria pubblicistica invece
concepiva il nome come una istituzione di polizia civile, retta dall’esigenza da
parte dello Stato di identificare i propri consociati. Tale teoria affermò il divieto di
ogni arbitrario mutamento secondo cui vi era l’obbligo della persona di usare il