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al lavoro alla cui tutela è finalizzato l’intervento attuativo
del legislatore.
Il dettato dell’art. 4 Cost. così recita: “La Repubblica
riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove
le condizioni che rendono effettivo tale diritto. Ogni
cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie
possibilità e la propria scelta un’attività o funzione che
concorra al progresso materiale o spirituale della
società”. La Carta costituzionale, pertanto, non prende
solo in considerazione l’uomo come cittadino della res
publica, ma, lo inserisce nella sua realtà sociale per
garantirgli quei diritti che, genericamente, si dicono
“sociali”, e che devono essere effettivi al pari dei
tradizionali diritti pubblici soggettivi, vale a dire, delle
libertà garantite
1
.
La garanzia del diritto al lavoro contenuta nell’art. 4, I
comma, è estremamente ampia e non può prescindere
dagli altri fondamentali principi costituzionali contenuti
agli art. 1, 2 e 3 al fine di interpretare il significato esatto
1
Baldassarre A., Diritti inviolabili, in Enc. giur. Treccani, XI, Roma, 1989.
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del concetto di lavoro
1
. L’art. 1 indica l’archetipo della
società fondata dalla Costituzione nella quale il lavoro
diviene espressione centrale delle caratteristiche di
democrazia sostanziale del nostro ordinamento, e pone il
fattore lavoro come esclusivo parametro di valutazione
del contributo sociale del singolo
2
. “ L’Italia è una
Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
Accanto all’art. 1 si deve citare l’art. 2 che riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo ma, allo stesso
tempo, richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale. “ La Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia
come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la
sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
La norma chiave comunque è il principio cardine
contenuto nel II comma dell’art. 3 della Costituzione
3
,
cioè il principio di eguaglianza sostanziale che sancisce
1
Galantino L., Diritto del lavoro, Giappichelli, Torino, 1998.
2
V.M.S. Giannini, Rilevanza costituzionale del lavoro, in Riv. giur. lav. 1949 - 50.
V.P. Greco, I rapporti economici nella Costituzione italiana, in Atti
dell’Accademia delle Scienze di Torino, vol. 84, 1949 - 50, tomo II; C. Mortati, in
Commentario della Costituzione diretto da G. Branca.
3
Pera, Diritto del lavoro, Cedam Padova, 1991, edizione 1996.
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l’interesse pubblico in campo economico
1
: “E’ compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando, di fatto, la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale
del Paese”
2
.
Pertanto, con questa disposizione, grazie ad un sistema
di interventi si tende a modificare e rimuovere le
strutture economico - sociali impeditive di un’eguaglianza
intesa in senso sostanziale.
L’assetto economico-sociale deve essere tale da
consentire al cittadino il pieno e libero sviluppo delle sue
possibilità umane nell’interesse comune dell’eguaglianza
e delle pari opportunità.
Dal collegamento dell’art. 4 Cost. con l’art. 3 deriva
appunto la concezione del lavoro come mezzo di
1
V. Romagnoli, Commentario della Costituzione diretto da G. Branca, Bologna-
Roma, Zanichelli, I, 1975, in proposito all’art. 3, 2° co. Cost.
2
V. A. Predieri, Pianificazione e costituzione, Milano, Comunità 1963; V.
Romagnoli, Commentario della Costituzione diretto da G. Branca, Bologna-Roma,
Zanichelli, I, 1975.
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valorizzazione dell’individuo che può scegliere l’attività
lavorativa che meglio realizza la sua personalità.
Non solo quindi si parla di libertà di scelta come libertà
materiale di esplicazione della propria attività ma anche
come opportunità di selezione di diverse prospettive
professionali in rapporto alle proprie possibilità. La
disciplina costituzionale configura il lavoro come
possibilità di concorso di ciascuno alla vita e al progresso
sociale, e, come criterio di valutazione delle capacità
individuali
1
; aspetto di un diritto di libertà non
sottoponibile a condizionamenti diretti. Anche la
giurisprudenza della Corte Costituzionale accoglie questa
interpretazione
2
secondo la quale la libertà di lavoro può
risultare limitata ma non soppressa
3
in presenza di altri
interessi costituzionali protetti
4
. Coerentemente all’art. 4
I comma si asserisce che “la Repubblica riconosce a tutti
i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
1
Mancini F., in Commentario della Costituzione, diretto da G. Branca, Principi
fondamentali, sub artt. 1 - 12, Bologna - Roma, 1975.
2
Dell’Olio M.., Presentazione, in Lavoro. La giurisprudenza costituzionale, 1956 -
1986, Roma, Asap - Intersind, 1987.
3
Mengoni V. L., I principi del diritto e la scienza giuridica, in Dir. lav. 1992, n. 1.
4
V. in tal senso, ad esempio, Corte cost. 5 giugno 1956, n.. 1; 16 gennaio 1957;
n. 2; 7 aprile 1959 , n. 27; 21 gennaio 1969, n. 1; 13 febbraio 1969, n. 6; 7
giugno 1965, n. 61.
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rendono effettivo questo diritto” poiché, come già si è
detto, la prima fondamentale misura di giustizia sociale
consiste nell’assicurare ad ogni cittadino la possibilità di
inserimento in concreto nelle attività produttive.
Si parla di diritto al lavoro, quindi, come diritto sociale da
riconoscere non solo, sul piano giuridico - formale, ma
anche sul piano della sua effettiva realizzazione
1
.
In pratica ogni cittadino italiano ha il diritto di lavorare:
un diritto che, evidentemente, non può restare
proclamato solo in astratto
2
, ma, deve essere, al
contrario, reso effettivo, concreto attraverso una
adeguata azione dello Stato
3
.
Della portata di questa disposizione centrale si discute
molto in dottrina soprattutto per accertare se ne derivi o
meno un vero e proprio diritto del cittadino in concreto
azionabile
4
.
1
Questi diritti sociali vengono comunemente definiti libertà positive: Corso, I
diritti sociali nella Costituzione italiana, in Riv. trim. dir. pubbl. ,1981; Materici, Le
radici storiche della Costituzione e i nuovi di libertà; Canossa, Le libertà in Italia. I
diritti civili e sociali nell’ultimo decennio, Torino 1981.
2
V. , C. Cost., 24-4-1988. n. 497, in Foro it. 1988; C. Cost. 13-7-1994 n. 288 in
Foro it. 1994, sulla sopravvenuta inadeguatezza dell’indennità di disoccupazione.
3
Olivelli P. , Previdenza complementare: I) Dir. del lav., in Enc. giur. Treccani,
XXIV. Roma, 1995.
4
V., con impostazioni radicalmente opposte, M. Mazziotti, Il diritto al lavoro,
Milano, Giuffrè 1956; G. F. Mancini, in Commentario della Costituzione diretto da
G. Branca.
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Secondo Martines, ad esempio, in linea con ciò che è
stato appena affermato, l’art. 4 “non attribuisce un diritto
soggettivo pieno ed azionabile ad ottenere (sia dallo Stato
che da altro ente pubblico sia dai privati) un posto di
lavoro
1
.
Spetta, infatti, alla Repubblica, di promuovere le
condizioni per rendere effettivo questo diritto, che
effettivo, pertanto, non è”. Taluno, ha autorevolmente
parlato di vero diritto, ma “virtuale”, cioè condizionato, in
concreto a positivi interventi pubblici (Mortati).
Non è errato, inoltre, secondo alcuni affermare che la
garanzia costituzionale del diritto al lavoro si specifichi in
una serie di diritti, articolabili in una scala progressiva,
ma inscindibilmente collegati fra di loro: il diritto al
conseguimento del posto di lavoro, il diritto alla
conservazione dello stesso, alla tutela della
professionalità, alla tutela della salute e della sicurezza
nell’ambiente di lavoro, alla retribuzione
2
.
1
Mortati, Il diritto al lavoro secondo la Costituzione della Repubblica, ora in
Raccolta di scritti, III, Milano 1972; Mancini, Art. 4, in Comm. della Cost., a cura di
G. Branca, Bologna-Roma 1975.
2
Così nell’art. 36 Cost. per il diritto alla retribuzione, che deve essere “
proporzionata alla quantità e qualità di lavoro” e “ sufficiente” ad assicurare al
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La tesi che pare più condivisibile
1
è quella che vede il
diritto al lavoro come un vero e proprio diritto soggettivo
indisponibile, la cui attuazione sia prevalentemente
collettiva proprio perché l’individuo è colto nel suo
aspetto di socius, cioè come appartenente a determinati
gruppi sociali posti in situazione di inferiorità. Si tratta,
quindi, di una situazione giuridica soggettiva
2
strumentale della quale sono titolari i lavoratori come
cittadini, cui la norma mira a garantire la libertà di lavoro
intesa come offerta di forza lavoro e quindi interesse
all’occupazione.
Infatti, la tutela dell’interesse dei lavoratori
all’occupazione non dà luogo ad una pretesa sui singoli
posti di lavoro (coerentemente con quanto afferma anche
il Martines), ma, è intesa come possibilità di soddisfare il
bisogno generalizzato di accesso alle occasioni
disponibili.
lavoratore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa; v. sul punto M.
Dell’Olio, Retribuzione, quantità e qualità di vita, in Arg. dir. lav., 1996
1
Sostenuta, tra gli altri, anche da: E. Ghera in Diritto del lavoro, Bari 1996.
2
Baldassarre A., Diritti inviolabili, in Enc. giur. Treccani, XI, Roma, 1989.
____________________________________________________Capitolo I
Il diritto al lavoro non può che svilupparsi sul terreno
dell’interesse collettivo all’occupazione attraverso
principalmente l’opera dell’attività sindacale rivolta alla
difesa dei livelli di occupazione e al controllo a alla
distribuzione delle occasioni di impiego.
Il lavoratore pertanto vede rafforzata la sua posizione nel
mercato del lavoro, per quanto riguarda l’offerta, contro
gli effetti della concorrenza, per ciò che invece attiene alla
domanda, contro la riduzione dell’impiego. L’interesse del
legislatore ha quindi obiettivi tipicamente protettivi che si
svolgono nell’imposizione di limiti all’autonomia negoziale
delle parti, in norme sul collocamento e sulla domanda di
lavoro saltuario e temporaneo, in norme di sostegno e
incentivazione della domanda di lavoro proveniente dai
datori di lavoro, in norme sul licenziamento e, infine,
nella disciplina sull’eccedenza del personale.
Per quanto riguarda in particolare la fase dell’incontro tra
domanda e offerta di lavoro, il legislatore ha istituito il
collocamento per regolare, non il rapporto, ma
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l’avviamento all’occupazione tramite la compensazione
tra domanda e offerta
1
.
Nel suo insieme, la disciplina del mercato del lavoro, non
ha solo la funzione di rafforzare la posizione del
lavoratore agevolando la conclusione del contratto di
lavoro, ma, assolve anche alla funzione di tutela contro il
rischio sociale della disoccupazione
2
, è quindi uno
strumento di sicurezza sociale.
L’obiettivo da perseguire e raggiungere è pertanto quello
della piena occupazione
3
che, a causa di scelte
economiche non sempre adeguate e alla mancanza di
una organica politica di programmazione, non sembra
ancora conseguito
4
.
1
Il collocamento nasce nel periodo precorporativo, per iniziativa dei sindacati,
quale strumento di controllo sindacale del mercato del lavoro. Con l’avvento della
Repubblica si pone in particolare a carico dello Stato il compito di promuovere le
condizioni che rendono effettivo tale diritto. La crisi occupazionale,
manifestatasi a partire dalla prima metà degli anni ‘70, ha avviato un acceso
dibattito sull’insufficienza e ineffettività della disciplina del collocamento,
mettendo in luce la necessità di ripensare, integralmente, al sistema nella più
ampia prospettiva del controllo del mercato del lavoro. L’attenzione degli studiosi
si sposta così alla ricerca di meccanismi che consentano l’avvio di un sistema
dinamico dell’occupazione.
2
Liso F., I trattamenti di disoccupazione. Riflessioni critiche, in Riv. it. dir. lav.,
1995.
3
Cinelli M., La tutela del lavoro contro la disoccupazione, Milano, 1982.
4
Anche se occorre dire che sull’andamento dell’occupazione incidono fattori
esterni quali il prezzo delle materie prime, la recessione economica in altri paesi,
ecc. Fra le leggi attuative del I comma dell’art. 4 si può citare la legge n. 285 del
1977 (Provvedimenti per l’occupazione giovanile), la cui parziale inadeguatezza è
stata riconosciuta dallo stesso potere politico.
____________________________________________________Capitolo I
Nell’intento di garantire questo interesse collettivo il
legislatore ha previsto interventi, non solo rivolti alla
riparazione dello stato di disoccupazione, e quindi, di tipo
indennitario, ma, altresì rivolti alla promozione
dell’occupazione
1
, agevolando o stimolando lo sviluppo
della domanda e, di conseguenza, la creazione di nuovi
posti di lavoro
2
.
Non è comunque da trascurare che, l’evoluzione più
recente dei sistemi di produzione di beni e servizi, in
connessione con la mondializzazione dei mercati
3
, rende
ormai evidente la necessità di un complessivo
ripensamento dei modelli di governo del mercato del
lavoro
4
.Ciò, nella prospettiva di riconoscere l’esigenza, sia
di un ruolo più flessibile e dinamico delle strutture
1
Olivelli P., Il lavoro dei giovani, Milano, 1981.
2
All’inizio degli anni ‘80, con le prime proposte legislative di riforma complessiva
della disciplina del mercato del lavoro, il dibattito si è focalizzato sull’analisi delle
varie proposte di riforma che hanno trovato una prima sperimentazione sulle
Regioni della Campania e della Basilicata. Si veda al riguardo Scamuzzi, Riforma
del collocamento e mercato del lavoro, Angeli, Milano, 1981; Ghera, Mercato del
lavoro: prospettive di riforma, in Giornale dir. lav. rel. ind., 1982; Ferraro-
Oliviero, L’ordinamento del mercato del lavoro tra riforma e sperimentazione,
Cedam, Padova, 1982. Si tenga presente che analoghe forme di sperimentazione
sono state avviate anche in altri Paesi europei ugualmente colpiti dalla crisi
occupazionale.
3
Carabelli U., Ciucciovino S., Mazzamano C., Giovani verso il lavoro, in Lav. e Inf.
15 gennaio 1998, anno XVII, n. 1.
4
Santoro-Passarelli G., Lavoro dei giovani, IV) Dir. com., in Enc. giur. reccani,
XVII, Roma, 1996.
____________________________________________________Capitolo I
dell’amministrazione pubblica, sia di una più moderna
formazione professionale che la renda in grado di
rispondere con efficacia e immediatezza ai bisogni del
mercato del lavoro.
Si manifesta sempre più necessario, da questo punto di
vista, affrontare il fenomeno della disoccupazione, non
seguendo una logica particolaristica ma globale, in
stretta connessione anche con i problemi della
flessibilizzazione
1
e delle eccedenze del personale.
1
Checchi D., Ichino A., Presentazione, in Lav. e Rel. Ind., n. 2, luglio- dicembre
1997.
____________________________________________________Capitolo I
2 LA LIBERTÀ’ DI INIZIATIVA ECONOMICA.
Lo studio del diritto del lavoro non può prescindere da
una adeguata considerazione dell’assetto economico -
sociale delineato nella nostra Costituzione.
Questa segna, storicamente, un tentativo di
compromesso tra le forze sociali nettamente contrapposte
del liberismo e del socialismo, per delineare un contesto
in cui possano utilmente convivere
1
.
In questo senso, la norma centrale più interessante, è
rappresentata dall’art. 41 della Costituzione: “L’iniziativa
economica privata è libera. Non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno
alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge
determina i programmi e i controlli opportuni perché
l’attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata ai fini sociali.”
1
V. C. Mortati, Il lavoro nella Costituzione, in Dir. lav .1954, I; Pugliatti, Proprietà
nell’impresa, in Riv. giur. lav. 1954; V. Spagnuolo Vigorita, L’iniziativa economica
privata nel diritto pubblico, Napoli, Jovene 1959.
____________________________________________________Capitolo I
La norma contenuta in questo articolo quindi, definisce il
rapporto tra iniziativa economica e intervento dei
pubblici poteri in una economia che, possiamo definire
mista, e, tende ad istituire un sistema di economia
regolata.
La cosa primaria per realizzare al meglio la coesistenza
dell’attività economica privata e dell’intervento pubblico
nell’economia è armonizzare questi due tipi di intervento
per raggiungere i fini sociali e il benessere collettivo cui
sono predisposti
1
.
E’ la legge, pertanto, secondo l’art. 41 III comma, che
deve individuare lo strumento per indirizzare ai fini
sociali l’attività pubblica e privata
2
.Nell’economia privata,
infatti, non è configurabile un diritto inviolabile della
persona o della libertà del singolo. Questa è garantita
solo in quanto socialmente utile, considerando l’utilità
sociale, non come uno scopo ulteriore che si pone
accanto a quello del titolare del diritto, ma come lo stesso
metro di valutazione giuridica di quest’ultimo, condizione
1
Olivelli P., Previdenza complementare: I) Diritto del lavoro, in Enc. giur. Treccani,
XXIV, Roma, 1995.
2
Pera, Diritto del lavoro, Cedam, Padova, 1991, edizione 1996.
____________________________________________________Capitolo I
necessaria per lo svolgimento dell’iniziativa privata che,
solo in questa dimensione, può dirsi libera
1
.
In altre parole l’utilità sociale non ne è tanto il limite,
quanto il fondamento.
In quest’ottica tale norma ben si collega con l’art. 4 II
comma della Cost., che, sancisce il principio di libera
scelta dell’attività lavorativa. Poiché, quest’ultima norma,
presta garanzia solo a quell’attività che concorra al
progresso materiale e spirituale della società
2
.
Pertanto non è la sola iniziativa economica privata,
idonea a contribuire a questo progresso, ma, in prima
linea, incombe allo Stato imporre limiti al suo esercizio,
in modo da realizzare il maggior benessere collettivo.
Il riferimento all’utile sociale in pratica sfocia in un
controllo di merito delle decisioni imprenditoriali che
incidono sulla sorte del rapporto di lavoro.
1
V. A. Baldassarre, Iniziativa economica privata, in Enciclopedia Dir. XXI, 1971.
2
Galantino L., Diritto del lavoro, Giappichelli, Torino, 1998.