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INTRODUZIONE
“A distanza di cinque anni dall'impegno assunto dalla comunità internazionale per
porre fine alla fame, all'insicurezza alimentare e a tutte le forme di malnutrizione
entro il 2030, siamo ancora ben lontani dal raggiungere questo obiettivo”.
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Questa
frase, che si trova nella premessa del rapporto ONU sull’alimentazione del 2020,
sintetizza lo spirito guida della presente ricerca. Attraverso diversi punti di vista e
differenti analisi, l’obiettivo principale sarà riuscire, in primis, a declinare il diritto
al cibo come diritto fondamentale, ricostruendone la sua struttura e la sua tutela dal
punto di vista internazionale ed interno. Tutto il primo capitolo verterà dunque sulla
questione di come, quanto e fino a che punto la comunità internazionale si sia
interessata e soprattutto abbia oggi la capacità di interessarsi per il futuro, al diritto
al cibo per tutti. Agenda 2030
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, ad esempio, spinge in maniera forte verso questo
passaggio, che è fondamentale per riuscire a programmare la vita delle future
generazioni, ovviando alle enormi problematiche che le interesseranno, a partire dal
global warming, strettamente correlato, secondo numerosi studi scientifici
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, alla
capacità di garantire efficacemente il diritto al cibo adeguato in tutti i paesi. La
ricerca si svilupperà principalmente cercando di collegare ogni passaggio con la
necessità di trovare più soluzioni possibili al problema del XXI secolo, ovvero
garantire la sicurezza alimentare per tutti. La sicurezza alimentare, infatti, è un
concetto che troverà spazio nel I capitolo, come importante integrazione alla
definizione che daremo di diritto al cibo. Senza sicurezza alimentare, il diritto in
questione resterebbe sulla carta: non troverebbe mai la capacità di rendersi effettivo
1
Rapporto ONU sull’alimentazione 2020.
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Agenda 2030 è “l'Agenda globale che definisce 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable
Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese) da raggiungere entro il 2030, articolati in 169
Target, che rappresentano una bussola per porre l'Italia e il mondo su un sentiero sostenibile. Il
processo di cambiamento del modello di sviluppo viene monitorato attraverso i Goal, i Target e
oltre 240 indicatori: rispetto a tali parametri, ciascun Paese viene valutato periodicamente in sede
Onu e dalle opinioni pubbliche nazionali e internazionali. L'Agenda 2030 porta con sé una grande
novità: per la prima volta viene espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello
di sviluppo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale, superando in
questo modo definitivamente l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale e
affermando una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo”. (Vedi https://asvis.it/l-
agenda-2030-dell-onu-per-lo-sviluppo-sostenibile/).
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Per esempio: S. CASERINI, Cambiamenti climatici e sicurezza alimentare, Ingegneria
dell’ambiente, 2015.
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in tutto il globo. Tanto che oggi si è consapevoli che l’aiuto alimentare diretto alle
popolazioni in crisi (ad esempio per una carestia o un evento climatico estremo
come la siccità) non è risolutivo se non accompagnato da politiche a lungo termine
di diversificazione della produzione agricola e da investimenti oculati. Nel II
capitolo si cercherà, poi, di dare una lettura “comune” al cibo, prendendo spunto
dalla categoria dei beni comuni, provando a spiegare perché il cibo dovrebbe essere
considerato a tutti gli effetti un bene comune dell’umanità. Con tutte le conseguenze
che questo avrebbe: pensiamo solo alla stretta connessione che i beni comuni
portano in dote in riferimento alle generazioni future.
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Il cibo, se fosse davvero
considerato come bene comune, potrebbe aprire la strada ad una sua rivalutazione
a livello di comunità internazionale, non essendo più considerato quindi come mera
merce di scambio tra nazioni. Esso potrebbe diventare il nucleo intorno a cui
cambiare radicalmente modelli di vita, produzione e di gestione delle risorse. Si
pensi allo spreco alimentare, diffusissimo, in un mondo dove il cibo è merce, ma
che potrebbe ridursi notevolmente, se si rafforzasse un concetto di cibo “comune”.
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Analizzeremo anche la normativa italiana sullo spreco alimentare. Ma si pensi
anche, appunto, al fatto che il cibo come bene comune, necessariamente implica
cambiamenti nella produzione e gestione delle risorse, tali che vengano tutelati
anche i diritti delle generazioni future. Inoltre, secondo la dottrina di Rodotà
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, diritti
fondamentali e beni comuni, sono strettamente connessi: vedremo come risulterà
facile considerare il cibo come bene strumentale alla realizzazione di numerosi
diritti fondamentali, incluso quello alla salute. Infine, analizzeremo la pratica del
Land Grabbing: l’usurpazione, da parte di grandi multinazionali o Stati sovrani
delle terre dei paesi più poveri, con l’obiettivo di produrre in modo intensivo grandi
quantità di cibo e senza alcun vantaggio concreto per i territori “conquistati”.
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4
Per esempio, vedi G. CORDINI, Il diritto al cibo, le generazioni future e il mercato, Diritto
pubblico comparato ed europeo, maggio, 2019 oppure S. RODOTÀ, Il diritto di avere diritti,
Economica Laterza, 2015.
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Uno degli obiettivi di Agenda 2030 è letteralmente “dimezzare lo spreco alimentare globale pro-
capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le
catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post-raccolto”.
6
Per approfondire il pensiero di S. Rodotà: G. MARINI, Trasformare la critica: l’eredità di
Stefano Rodotà, Rivista critica del diritto privato, 2019.
7
Ugo Mattei e Laura Nader parlano di “saccheggio”: Il saccheggio. Regime di legalità e
trasformazioni globali, Bruno Mondadori, Milano, 2010.
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Nel III Capitolo, invece, ci soffermeremo, in primis, sui diritti dei contadini, oggi
tutelati dalla normativa internazionale, ma ancora considerati come un’entità di
poco valore nella società. In realtà, per quanto ci interessa in questa ricerca, è
proprio il contadino una delle figure chiave per l’attuazione di Agenda 2030.
Proprio attraverso l’opera dei contadini, infatti, si possono raggiungere, come
vedremo, alti standard di sicurezza alimentare per tutti i paesi. L’ONU stessa, tutela
energicamente le attività dei contadini.
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In connessione con quanto detto fin ora,
nell’ultima parte del III Capitolo, tratteremo delle diverse implicazioni dovute
all’ingegneria genetica applicata ai semi e al sistema di brevetti sulle invenzioni che
riguardano, appunto, la materia vivente. Implicazioni che, come vedremo, sono
estremamente vaste: le problematiche legate ai contratti stipulati dalle grandi
multinazionali che possono permettersi di investire nella ricerca di semi OGM e i
piccoli/medi contadini, assoggettati a quelle clausole. Poi, gli effetti, non del tutto
chiari, dei semi OGM sulla biodiversità, altro bene da tutelare secondo Agenda
2030. Infine, cercheremo di capire come si sta provando a rendere comunque
accessibile l’utilizzo delle risorse genetiche da tutti i paesi. È sembrato opportuno
ancorare questa ricerca agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU
2030, perché tra di essi vi è “la garanzia di cibo sicuro, nutriente e sufficiente per
tutte le persone e sradicare ogni forma di malnutrizione”.
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Effettivamente, la
tematica del cibo riguarda prima di tutto la comunità internazionale, di cui l’ONU
è espressione, proprio perché, in un mondo globalizzato, le soluzioni vanno cercate
insieme e il problema del diritto al cibo adeguato per tutti è un problema complesso,
implicante anche le questioni ambientali, impossibili da risolvere dentro le mura
dei singoli Stati. Nel nuovo rapporto FAO 2021, si legge che circa il 30% della
popolazione mondiale non ha avuto accesso ad un’alimentazione adeguata e
continuativa. Le cause sono dovute ai cambiamenti climatici, alla recessione
innescata dalla pandemia di covid-19 e ai conflitti. Per ultimo appunto, nel
momento in cui si scrive, a causa dell’attacco Russo in Ucraina, entrambi paesi
enormi produttori di grano, si è registrato un forte aumento del prezzo di questa
materia prima. Un altro segnale di come sia importantissimo diversificare la
8
Dichiarazione ONU sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle aree rurali.
9
Vedi su https://www.ilgiornaledelcibo.it/fame-nel-mondo-rapporto-fao-2021/.
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produzione agricola ed investire nel raggiungimento della sicurezza alimentare di
ogni singolo paese: dipendere in larga parte dalle importazioni può essere
controproducente, soprattutto quando i prezzi non sono più gestibili da Stati poveri.
Possiamo dire che “la guerra ha fatto piuttosto emergere come tema di fondo la
profondità dell’interdipendenza a livello globale. Si pensi ai mercati delle materie
prime (cereali, fonti energetiche, minerali, etc.), che sono compiutamente
finanziarizzati e organizzati attorno a contratti a medio e lungo termine, che
rendono praticamente impossibile la conversione a uso interno di risorse destinate
all’importazione. L’aumento del 30% del prezzo della farina in Argentina, uno dei
principali produttori mondiali di grano, può valere in questo senso come esempio
paradigmatico. La stessa vicenda delle sanzioni economiche e finanziarie alla
Russia è in questo senso molto significativa”.
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10
S. MEZZADRA, Disertare la guerra, Rivista Euronomade, 2022, disponibile in
http://www.euronomade.info/?p=14889.
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CAPITOLO I
IL DIRITTO AL CIBO COME DIRITTO FONDAMENTALE
1.1.1. La dichiarazione universale del 1948 e il contenuto del “diritto al cibo”
Lo scopo di questo primo capitolo è analizzare e provare a qualificare il diritto al
cibo come diritto fondamentale: per farlo occorre capire cosa si intende per “diritto
fondamentale” e per “diritto al cibo”. Luigi Ferrajoli definisce i diritti fondamentali
come “tutti quei diritti soggettivi che spettano universalmente a 'tutti' gli esseri
umani in quanto dotati dello status di persone, o di cittadini o di persone capaci
d'agire; inteso per 'diritto soggettivo' qualunque aspettativa positiva (a prestazioni)
o negativa (a non lesioni) ascritta ad un soggetto da una norma giuridica, e per
'status' la condizione di un soggetto prevista anch'essa da una norma giuridica
positiva quale presupposto della sua idoneità ad essere titolare di situazioni
giuridiche e/o autore degli atti che ne sono esercizio”.
11
La dottrina osserva che si
intendono fondamentali quei diritti soggettivi che sono attribuiti da un ordinamento
a tutti i soggetti in quanto capaci di agire.
12
Il termine “cibo” è scarsamente
utilizzato dalla dottrina giuridica, la quale privilegia, invece, il termine “alimento”.
La definizione giuridica di “alimento” è inserita nell’art. 2 del Regolamento CE
178\2002, regolamento che, come vedremo successivamente, istituisce l’Autorità
Europea per la sicurezza alimentare. Dunque, «Si intende per alimento qualsiasi
sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato,
destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere
11
L. FERRAJOLI, Diritti fondamentali, Editori Laterza, 2001 cit., p. 5.
12
Ibidem, p. 282.
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ingerito, da esseri umani».
13
Il cibo è qualificato in diversi modi dalla dottrina e
dalla legislazione. A livello Europeo esso è considerato come merce, soggetto alle
disposizioni dei trattati sulla libera circolazione delle merci (artt. 28-37 TFUE) e
sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri (artt. 114-118 TFUE).
Parte della dottrina, come vedremo nel secondo capitolo, lo qualifica invece come
bene comune. Altra dottrina invece come “bene patrimoniale”, nella misura in cui
eccede il minimo per il sostentamento biologico della persona.
14
Il tema alimentare è posto a fondamento di ogni ordinamento giuridico: “il diritto
gioca un ruolo cruciale nel consolidamento dell’attuale modello di produzione,
distribuzione e consumo del cibo. In particolare, il rapporto tra diritto e cibo ruota
attorno a tre pilastri principali: i) il cibo è un oggetto del diritto commerciale
globale, perché deve esse-re fatto circolare liberamente attraverso le frontiere, e del
diritto della concorrenza, perché spesso gli attori del mercato agiscono in ambiti
oligopolistici che garantiscono loro potere economico sufficiente per determinare
le modalità di produzione, favorire il commercio internazionale e rinforzare la
visione del cibo come merce, così da poter accumulare la maggior parte del valore
di scambio; ii) il cibo porta con sé potenziali rischi per la salute (food safety) che
richiedono l’intervento dei legislatori nazionali e l’introduzione di sistemi interni di
governance della catena di produzione; iii) il cibo è un diritto riconosciuto da alcuni
accordi internazionali, da qualche decina di Costituzioni nazionali e, in pochissimi
casi, da legislazioni e regolamenti locali”.
15
È evidente a tutti come il cibo sia un
bene essenziale per ogni individuo ma anche per il regolare e ordinato svolgimento
della vita economica. Senza cibo non vi è stabilità sociale. Le politiche alimentari,
in particolare, sono fondamentali in tutti quei stati, in cui si attribuisce valore
13
Art. 2 del Regolamento CE 178\2002 continua: “Non sono compresi: a) i mangimi; b) gli
animali vivi, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano;
c) i vegetali prima della raccolta; d) i medicinali ai sensi delle direttive del Consiglio 65/65/CEE e
92/73/CEE; e) i cosmetici ai sensi della direttiva 76/768/CEE del Consiglio ; f) il tabacco e i
prodotti del tabacco ai sensi della direttiva 89/622/CEE del Consiglio ; g) le sostanze stupefacenti
o psicotrope ai sensi della convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961 e
della convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971; h) residui e
contaminanti”.
14
Si definisce “diritto fondamentale” il diritto al cibo solo nella misura in cui coincide con il
sostentamento della persona. (L. FERRAJOLI, Principia iuris. Teoria del diritto e della
democrazia. Vol. II.Teoria della democrazia, Roma – Bari, Editori Laterza, 2012, p. 599).
15
T. FERRANDO, Il sistema cibo come bene comune, in Beni comuni 2.0, Mimesis edizioni,
2016.
9
preminente alla persona umana e alla sua dignità. Il diritto al cibo entra in maniera
dirompente nella scena giuridica internazionale il 10 dicembre 1948, quando a
Parigi viene approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite la
“Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”. Il preambolo così recita:
«L’Assemblea Generale proclama la presente Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni,
al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente
presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e
l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante
misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo
riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra
quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione».
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È importante notare, già dal
preambolo, la sostanziale efficacia innovativa di questo atto. Esso è, infatti, il primo
atto a positivizzare la prevalenza dei diritti umani e della dignità dell’uomo, rispetto
alla sovranità dei singoli stati. La Dichiarazione Universale è stata promulgata dopo
la seconda Guerra Mondiale e contiene la volontà della comunità internazionale,
che è esplicita nell’impegno a non permettere mai più gli orrori del periodo
bellico.
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Orrori che derivano proprio dal mancato rispetto dei basilari Diritti
dell’Uomo. Nell’Art.1 troviamo l’esplicita consacrazione dei principi che sono oggi
alla base della nostra cultura giuridica: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed
eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire
gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».
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In questo contesto si inserisce
ovviamente anche il diritto al cibo e più in generale, il diritto a godere di un livello
di vita sufficiente a garantire salute e benessere. L’Art.25 afferma che «Ogni
individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere
proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario,
all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla
16
“Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”, Assemblea Generale delle NU, Parigi, 1948,
Preambolo.
17
È dibattuto se la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosca davvero diritti
“Universali” riconosciuti a livello globale, oppure se si tratta di una volontà “occidentale” con
pretesa di universalità: per approfondire A. ALGOSTINO, L’ambigua universalità dei diritti.
Diritti occidentali o diritti della persona umana? Casa editrice Jovene, Napoli, 2005.
18
“Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”, Assemblea Generale delle NU, Parigi, 1948,
Art.1.