Capitolo 2- Il mondo dei brand
Le situazioni di mercato aziendali vengono misurate da alcune metriche standard che permettono di
visualizzare lo stato di un bene o la service offering. Le variabili sono strategiche, nel senso che dalla
loro valutazione, può rivelarsi utile puntare sull’aumento di una piuttosto che l’altra. Le più generiche
che vengono utilizzate a monte del processo valutativo sono la brand awareness, l’immagine e il
valore percepito. Quelle invece utili nella fase del post-acquisto sono la customer satisfaction, la
brand loyalty e la brand equity. L’awareness è letteralmente la “visibilità” di un brand nel sistema
composto da consumatore-mercato. Se la marca ha una visibilità elevata, il consumatore sarà in grado
di riconoscerla facilmente e sapere tutto su quella marca. Le aziende puntano al brand “top of mind”,
ovvero diventare la prima marca che viene in mente al consumatore quando pensa ad una categoria
merceologico o di servizi. Ad esempio, Barilla è il brand italiano “top of mind” per la pasta, Nike e
Adidas sono due brand “top of mind” per abbigliamento sportivo e via dicendo. Oggi gran parte delle
operazioni per aumentare l’italiano “avvengono soprattutto sul web sotto forma di sponsorizzazione
digital, nello specifico sui social media. La brand image invece è ciò che il consumatore pensa di una
marca. Il cliente si crea nella sua mente una rappresentazione ideale della marca che viene influenzate
da ciò che l’azienda vuole essere (brand identity) e dalle tendenze ideologiche, cognitive e affettive
del consumatore stesso. Il valore percepito è invece un driver che indagheremo nel corso di questo
secondo capitolo, in quanto è un asset che include valori tangibili e intangibili come prezzo, valore
d’uso e valore personale.
2.1 La customer satisfaciton
La soddisfazione del consumatore è il polo attorno al quale ruotano tutti gli scambi commerciali tra i
clienti e le imprese. Come già ho largamente illustrato, nel panorama digital, non si può pensare di
gestire la propria attività senza impostare una corretta strategia di customer satisfaction. Per capire
come attuarla è fondamentale sapere che cos’è la soddisfazione del cliente, a livello psico-cognitivo
e come avviene il processo di decision making del consumatore.
La soddisfazione viene solitamente misurata attraverso dei gap e si descrive come “l’esito positivo di
una comparazione o discrepanza tra le aspettative prima dell’acquisto di un bene e la performance
sperimentata con il suo utilizzo”. (Oliver, 1997) Il modello in ambito accademico più conosciuto è il
paradigma della disconferma cognitiva, su cui si basano molte delle teorie moderne successive. Oggi
si parla sempre di più di “esperienza” piuttosto che “performance” a sé stante del bene acquistato,
poiché si tende a prendere in considerazione l’esigenza o il bisogno del cliente finale, applicandola a
tutto il processo d’acquisto. Nella pratica la CS viene analizzata attraverso dei questionari sulla
soddisfazione del cliente chiamati customer satisfaction survey. La misurazione non è difficile,
La soddisfazione si può studiare unendo tre elementi: “la valutazione effettuata di un bene, la risposta
cognitiva o emotiva e la dipendenza contestuale del momento storico in cui avviene l’acquisto”.
(Gianluigi G., Francesca B., Peluso A., 2010, pp.25). Questo approccio nasce alla fine degli anni ’50,
dagli studi sul marketing in cui già si evidenziava la necessità di “rendere felice un cliente” (ivi).
Prima degli anni ’50, l’attenzione del marketing si focalizza soprattutto sugli investimenti e sulle
quote di mercato. Questa nuova prospettiva scopre un cliente al centro del processo d’acquisto. La
gestione delle relazioni con i clienti diventa allora essenziale: instaurare relazioni di qualità porta alla
fidelizzazione del consumatore. Oggi, in un momento storico in cui abbiamo raggiunto un certo
sviluppo tecnologico, e i prodotti tendono sempre di più all’omogeneizzazione, il mercato dei servizi
assume un nuovo valore. La fedeltà d’acquisto e la reiterazione diventano il nuovo “know how” del
ventunesimo secolo.
2.1.1 Il paradigma della discrepanza
Il modello della discrepanza aiuta a comprendere come avviene la valutazione del cliente attraverso
due prospettive: da una parte l’aspettativa che si crea nel momento del pre-acquisto, dall’altra la
performance percepita nel post-acquisto. Lo studio del paradigma della discrepanza parte da Festinger
(1957), Heider (1958), Osgord e Tannenbaum (1955). In questo modello i consumatori valutano le
proprie esperienze e formulano dei giudizi sulla soddisfazione comparando la performance percepita
del prodotto o dal servizio confrontandole con uno standard presente nella loro mente prima
dall’acquisto. Lo standard è come una soglia cognitiva, in base alla quale le performance sono
giudicate positivamente o negativamente. Di conseguenza, la discrepanza citata nel nome del
modello, è proprio la differenza che c’è tra la performance percepita e lo standard stesso.
Riassumendo, l’attività di comparazione svolta dal cliente si base quindi su:
• Le aspettative
• La performance
• La disconferma cognitiva o discrepanza
Ecco uno schema che sintetizza bene il paradigma:
Figura 20- Il paradigma della discrepanza
Guido G., Bassi F., Peluso Alessandro M., (2010), La soddisfazione del consumatore. La misurazione della costumer
satisfaction nelle esperienze di consumo, Franco Angeli, Milano
L’equazione della customer satisfaction sarà allora: CS=f, dove f equivale alla discrepanza positiva
o negativa o pari allo zero. Invece, il modello EKB di Engel Kollat e Blackwell evidenzia gli elementi
che guidano il comportamento umano. Per gli autori esistono quattro sistemi che dirigono il processo
di scelta. Un primo sistema percettivo che capta le informazioni e le rielabora sottoforma di valori e
atteggiamenti, dalle quali derivano le preferenze. Un secondo sistema motivante cioè quel sistema
che spinge l’individuo all’azione. Questa forza viene individua dagli autori nella motivazione
personale. Un terzo sistema valutativo che spiega il modo in cui le informazioni sono utilizzate per
valutare la “product offering”. A seconda del livello di coinvolgimento del consumatore possono
conseguire diversi comportamenti. La matrice logica di Assael del 1987 identifica un modello
idealtipico del processo valutativo dove il differente livello psicologico di coinvolgimento orienta le
scelte del consumatore. Questo involvement dipende in parte dai bisogni dei clienti e in parte
dall’appeal dei prodotti o dei servizi.
2.1.2 Le aspettative
Le aspettative sono in generale l’idea che qualcosa possa accadere o meno. Vengono create dai “belief
elements” cioè l’insieme di credenze di un individuo su un bene o un servizio. Le aspettative si
presenta allora come l’insieme di tre elementi quali:
• La capacità di prevedere, cioè la probabilità che si verifichi una certa situazione
• L’incertezza
• E l’arousal, cioè il grado di tensione relativa al fatto che un accadimento possa verificarsi
o meno
Se attribuissimo all’aspettativa il valore di credenze, cioè quell’insieme di considerazioni a priori su
un bene o un servizio, avremo delle inclinazioni positive e negative. Le nostre inclinazioni
ideologiche si riflettono sulle nostre azioni e le nostre azioni determinano il nostro comportamento.
Gli atteggiamenti, e il modo in cui ci poniamo, dipendono spesso da terzi per il modo in cui ci vengono
presentati i prodotti. Di conseguenza, dalla combinazione della valutazione e dell’aspettativa nasce il
giudizio globale. Infatti, Fishbein e Ajzen (1991,1980) sostengono che “un individuo possiede diverse
credenze in relazione a differenti caratteristiche, attributi, valori, obiettivi riferiti all’oggetto, e questi
concetti sono positivamente o negativamente associati con l’oggetto”. Le valutazioni che un
individuo fa, che possono essere di natura tangibile (commenti sui social) o intangibile (ideologie,
valori personali) vengono sommate per dare vita ad una valutazione media data dall’equazione figura
21.
Figura 21- Il modello di Fishbein/Ajzen
Fonte: A Critical Examination of the Causal Structure of the Fishbein/Ajzen Attitude-Behavior Model Author(s): Allen E. Liska,
1984
In questo approccio, l’intenzione di effettuare l’acquisto è il primo passo verso l’azione d’acquisto
stessa, come evidenziato dall’articolo di Liska Allen. E (1984) dal titolo “A Critical Examination of
the Causal Structure of the Fishbein/Ajzen Attitude-Behavior Model”, pubblicato sulla rivista
“American Sociological Association”. Nella pubblicazione si legge infatti che: “Behavior intentions
(BI) are considered a necessary, although not a sufficient, immediate cause of behavior.”
Nell’articolo Liska rielabora le teorie dei due psicologi comportamentali e le arricchisce con i modelli
successivi, sviluppando il seguente schema logico-matematico:
Figura 22- Rivisitazione del modello Fishbein/Ajzen
Fonte: A Critical Examination of the Causal Structure of the Fishbein/Ajzen Attitude-Behavior Model Author(s): Allen E. Liska,
1984
Lo schema mostra che, oltre alla capacità predittiva, si possono utilizzare anche variabili come i
bisogni, i valori, la performance ideale, le norme sociali, le emozioni correlate al consumo o i desideri.
Tutte, in un modo o nell’altro, portano alla “B”, che identifica il “behavior”, cioè comportamento.
Westbrook e Reilly (1983) propongono un modello della “Disparità del valore percepito” molto
simile al concetto di discrepanza. Nell’approccio dei due autori lo standard di confronto sono i valori
e i bisogni dei consumatori, che si sostituiscono all’aspettativa. C’è da dire che anche un’esperienza
precedente d’acquisto può essere utilizzata come termine di paragone come nel modello “experience-
based standard”. In conclusione, La summa di Liska, ci dice che gli standard di riferimento possono
cambiare da persona a persona: per alcuni sono le aspettative, per altri i desideri. Quello che non
cambia mai è il giudizio finale sull’esperienza complessiva. La valutazione del post-acquisto crea le
basi per il rapporto di fiducia che si instaura tra cliente e venditore. Questa è la customer satisfaction
che genera fidelizzazione e permette di aumentare le vendite
2.1.3 La performance percepita
D’altra parte, la performance percepita rappresenta “le credenze relative agli attributi del prodotto, al
loro livello, o ai loro risultati” (Oliver, 1997, pp.28). Ovviamente la performance è soggettiva, solo
in rari casi si verificano performance collettive qualitativamente buone. Queste si verificano quando
un prodotto o un servizio raggiunge lo status di “Hit” (Anderson) come già spiegato nel primo
capitolo di questa tesi. L’elaborazione del giudizio sulla performance percepita viene influenzata
dagli stimoli come quelli del marketing. Alcuni esempi logici di categorizzazione che vengono
sfruttati dal marketing e possono essere considerati come dei prototipi ideologici sono ed esempio:
• Alto valore Km/h = Macchina veloce
• Persona esteticamente bella = Persona in salute
• Libro molto lungo = Pesante da leggere
• Veloce = Facile e conveniente
La performance tradizionale viene confrontata con la performance pre-acquisto. Si introduce quindi
un ulteriore termine di paragone che si suddivide in: performance equa, ideale e attesa. Le
performance equa rappresenta uno standard basato sul rapporto economico costi/benefici. Viene
influenzata dal prezzo pagato, dagli sforzi effettuati e dalle esperienze precedenti sul prodotto. Quella
ideale si basa sui valori e sulle preferenze del consumatore mentre quella attesa si riferisce alle
aspettative, intese come predizione degli avvenimenti. Soprattutto nei servizi, il giudizio positivo o
negativo della performance deriverebbe dalla relazione che si istaura tra cliente e azienda. Il giudizio
viene ampliamente influenzato anche dalla dissonanza cognitiva (Festinger). La dissonanza cognitiva
introduce la giustificazione come ricalibrazione del giudizio.
Nei servizi, la percezione ha un valore differente. Infatti, siccome i servizi sono soggetti a più fattori
d’influenza in quanto sono: intangibili, non prevedibili in termini di qualità, contestuali al luogo in
cui vengono erogati e deperibili, cioè impossibili da immagazzinare. (Mattiacci A., Pastore A. 2018).
Inoltre, la qualità dei servizi viene definita olistica poiché il giudizio o la valutazione del cliente
vengono basati sull’esperienza complessiva della “service offering”, e non su un singolo elemento.
Mattiacci e Pastore (2018) nel volume “Marketing: il management orientato al mercato” parlano di
tre “service mix” che presi insieme danno vita alla percezione del cliente sul servizio offerto e sono:
• Service mix del produttore; concept, networking, price point, brand system e sito web
• Service mix del distributore; processo di vendita, punto vendita e personale di vendita
• Service mix dell’erogatore; sistema di erogazione, personale di contato, supporto fisico, e
customer service
2.1.4 La disconferma delle aspettative
La disconferma è il confronto tra le aspettative del consumatore e la performance percepita.
Matematicamente, la disconferma sarebbe la differenza tra la performance e lo standard di
riferimento. La disconferma allora sarà il confronto tra le aspettative del consumatore e la
performance. Il confronto del consumatore è basato su tre elementi: l’esperienza passato, l’esperienza
di altri consumatori, e l’informazione commerciale sul prodotto. In realtà, si è capito che, la
soddisfazione che deriva dalla discrepanza, non è un semplice rapporto algebrico ma deriva anche da
fattori emotivi e soggettivi. Infatti, secondo la già citata teoria della dissonanza cognitiva di Festinger
(1957), il consumatore tende sempre a minimizzare la discrepanza che deriva dal rapporto
aspettative/percezione per giustificare di aver compiuto una scelta sbagliata. Secondo Russo O. i
meccanismi che il consumatore adotta per ridurre questa dissonanza sono:
• Revoca di alcune decisioni
• Rivalutazioni delle opinioni personali
• Cambiamento di atteggiamento
• Ricerca di nuove informazioni che giustifichino la dissonanza
In sostanza, cerchiamo sempre di ridurre al minimo la situazione spiacevole che viene percepita come
non gradita.
Contrariamente a ciò che afferma Festinger, la Teoria del contrasto (Hovland, Harvey e Sherif 1975)
tende ad amplificare il divario tra aspettative e percezione, rivelando una discrepanza maggiore,
soprattutto in quelle situazioni in cui le aspettative sono alte e vengono tradite. La teoria
dell’assimilazione (Hovland. Harvey e Sherif 1975) afferma invece che esistono delle “zone” o
“latitudini” in cui ricade il giudizio del cliente. Queste zone sono il livello di accettazione o negazione.
Se la valutazione rientra nella zona d’accettazione allora il consumatore sarà disposto nascondere i
lati negativi del prodotto o servizio. Se invece, di contro, ci si ritrovasse nella latitudine nella
negazione avverrà un rigetto e la discrepanza sarà elevata. Sempre Festinger evidenzia come quando
il cliente sceglie, la sua decisione può essere associata all’alto engagement, ovvero quando la scelta
è importante e implica un alto costo.
2.2 La soddisfazione e il processo di decision making del consumatore
Il prodotto finale dei costrutti sin ora elencati genera la soddisfazione, che può essere positiva o
negativa. Soddisfazione e insoddisfazione deriverebbero quindi dalla discrepanza, anch’essa positiva
o negativa. Detto ciò, se consideriamo un prodotto fisico, la soddisfazione può essere espressa
algebricamente come la somma di tutti i suoi tratti salienti (Bass e Talarzyk 1972; Seth e Talarzyk
1972; Talarzyk 1972), ai quali si aggiungono eventualmente alcuni stati emozionali e bisogni del
cliente. A mio avviso, per quanto concerne la soddisfazione è molto importante il concetto di soglia
cognitiva. In generale, la soglia in psicologia è definita come la stimolazione minima che può essere
rilevata dagli organi di senso. Il discorso diventa interessante perché come sostenuto da Kano (1984)
e Matlzer (2004) sono gli attributi di un’oggetto a decretare una soddisfazione positiva o negativa. I
due studiosi, a mio avviso, meritano un maggiore approfondimento. In particolare il giapponese
Noriaki Kano (1978) il quale identifica cinque diverse tipologie di esigenze dei clienti.
• Gli attributi fondamentali o di base: sono tutte quelle caratteristiche che una categoria di
oggetti deve avere, senza le quali non può essere considerato tale. Ad esempio, è logico che
se ho bisogno di un tagliaerba per il mio giardino, il tagliaerba deve necessariamente svolgere
la funzione di tagliare l’erba. La soddisfazione di questi elementi non aumenta la
soddisfazione.
• Gli attributi di prestazione o performance: fanno riferimento al modo in cui viene svolta la
performance. Sempre prendendo come esempio il tagliaerba, se eseguirà la sua funzione
egregiamente sarò soddisfatto dell’acquisto. Quando un bene o un servizio si rileva superiore
al suo standard, la soddisfazione aumenta considerevolmente grazie all’effetto sorpresa.
• Gli attributi di soddisfazione o delight: Questi sono gli attributi completamente inattesi dal
cliente. Infatti, se il tagliaerba oltre che svolgere il suo compito di semplice tagliaerba si rivela
anche perfetto per altre funzioni, la soddisfazione aumenterà rapidamente.
• Gli attributi indifferenti: La loro presenza o assenza non ha alcuna o pochissima influenza
sulla soddisfazione o insoddisfazione del cliente.
• Gli attributi inversi: sono quelle caratteristiche che si presume siano assenti. L’insorgere di
questi attributi lascia il cliente spiazzato e spazientito.