6
Il nuovo equilibrio faticosamente conquistato e la prospettiva del
raggiungimento della tanto agognata prosperità, determina un
profondo spostamento di una serie di valori fino ad allora strettamente
condivisi. A Parigi, da sempre punto di riferimento in campo artistico,
si affianca New York. E’ emblematica in questo senso sugli artisti la
vasta immensa risonanza provocata dall’esposizione, all’interno delle
sale dell’ex padiglione greco, della collezione di Peggy Guggenheim
presentata alla Biennale di Venezia del 1948. Gli artisti italiani
sembrano ora avvertire con forza la necessità di rimettersi in pari, di
uscire dal forzato isolamento culturale determinatosi dal processo di
chiusura operato dal regime fascista, di ripercorrere le avanguardie
storiche del primo novecento, di vedere e di fare. Negli anni
successivi alla Biennale sono frequenti mostre e retrospettive
dedicate principalmente all’arte straniera con chiara funzione di
aggiornamento culturale. Nascono nuovi movimenti e nuove idee: il
fermento e l’urgenza creativa accompagnano gli anni del dopoguerra.
Il 1960, anno in cui, se da un lato l’accettazione del mezzo
ceramico si fa comune e l’interesse di critici ed esperti del settore sale,
dall’altro, il boom economico tende a stabilizzarsi. I dati statistici
contenuti nel volume di Romano Prodi: Modello di sviluppo di un
settore in rapida crescita. L’industria per la ceramica nell’edilizia,
1
1
Romano Prodi, Modello di sviluppo di un settore in rapida crescita. L’industria per la ceramica nell’edilizia, Milano
1966, ed. Franco Angeli.
7
relativi agli anni 1945-1966, confermano che la vendita di piastrelle e
ceramiche da rivestimento è in costante ascesa; causa ne è
l’impellente bisogno della ricostruzione, il cambiamento dei gusti e
l’educazione sanitaria (“bisogno di igiene”
1
) coordinata dallo stato e
rivolta a tutti gli strati della società. Dal 1960 constatiamo un
assestamento positivo seguito da una diminuzione altalenante delle
vendite, soprattutto per quanto riguarda il comprensorio di Scandiano-
Sassuolo, (soggetto a cui si riferiscono la maggior parte degli studi
considerati). Il 1960 è da considerarsi data di svolta. Ad una flessione
delle vendite interne, determinata dal rallentamento edilizio, a fronte
di una richiesta che tuttavia si mantiene ancora elevata, coincide una
prima, seppur parziale, rivalutazione critica di quegli artisti che da
sempre operano col mezzo ceramico ed affrontano le problematiche
ad esso legate. Scopriamo che alcuni imprenditori hanno deciso di
cambiare o modificare la propria strategia di mercato prima incentrata
in maniera preponderante sulla quantità, per compensare le
fluttuazioni interne; questo attraverso l’ “investimento” in designers
ed artisti in grado di creare forme nuove, di qualità e facilmente
smerciabili a favore di un pubblico danaroso e sempre più
consapevole. Emblematico è in questo senso l’esempio dell’architetto
1
Sintagma prevalentemente a carattere tecnico infermieristico.
8
Gio Ponti, chiamato a collaborare prima con la Richard Ginori, poi
con l’Ideal Standard
1
e successivamente con le Ceramiche Joo.
Ho perciò appuntato l’attenzione in primo luogo sulla conoscenza
fisica del mezzo ceramico esaminandone la formazione, le
caratteristiche chimico-fisiche e la struttura interna; tutti elementi
indispensabili per poter valutare in maniera consapevole la validità e
la consonanza degli interventi in relazione alle effettive capacità del
materiale (grado di plasticità, resistenza termica, resistenza
meccanica, resistenza alla flessione)
2
. Questo è il primo nodo cruciale.
La rivista “Faenza”, che si qualifica come bollettino d’informazione,
si sofferma più e più volte, in maniera peraltro esauriente, sulla
composizione chimico-fisica del mezzo. Gli interventi apparsi sul
periodico “La Ceramica” che è organo ufficiale dell’Assoceramica,
sono inquadrati all’interno di un apposito spazio tecnico. L’argomento
nel corso degli anni si trova inoltre ad essere spesso in primo piano,
oggetto delle numerose relazioni di convegni, riportate in forma
integrale all’interno della rivista stessa. Salta agli occhi dagli studi
esaminati come la mancanza di materie prime adeguate, la carenza di
carbone, petrolio, luce e gas, i disagi nei trasporti verificatisi nei
primi anni postbellici, vadano ad incidere in maniera determinante
sulla scelta delle tipologie di produzione, sulla sua quantità e sulla
1
Come e perché ho disegnato nuove forme, dell’architetto Gio Ponti, <<La Ceramica>> n. 12, anno XIV, dicembre
1959. Gio Ponti, una nuova serie di apparecchi sanitari, <<Domus>>, n.308, luglio 1955, p.55; p.56.
2
Vedi appendici.
9
destinazione finale del prodotto stesso. L’associazione
dell’Assoceramica, dalle pagine della sua rivista ufficiale, si affanna,
con alterne fortune, a rivendicare la necessità di un intervento diretto e
costante dello stato. Essa pretende sgravi fiscali per le materie prime e
per le esportazioni, richiede un incentivo per l’edilizia, un valido
programma educativo igienico e culturale rivolto al largo pubblico ed
ancora un’applicazione costante della ceramica all’interno di ospedali,
luoghi pubblici e di ritrovo. Non sono rari infatti gli esempi di cattiva
ospitalità, seppur involontaria, nei confronti dei turisti stranieri a
causa dell’inadeguatezza delle più elementari strutture igieniche
pubbliche, specie se confrontate con i servizi offerti dai più moderni
stati europei.
Il problema della qualità del prodotto è fatto presente all’interno
della rivista “La Ceramica” tramite numerosi articoli ed interventi, dal
presidente dell’Assoceramica il dott. Angelo Lupi, figura di spicco e
quasi ubiquitaria, dinamicamente presente alle manifestazioni, ai
convegni e a tutte le iniziative del settore volte alla promozione della
produzione ceramica sia in Italia che nel mondo.
Ho preso in considerazione alcune delle manifestazioni espositive
italiane più importanti: la Biennale di Venezia, la Triennale di Milano
e le Fiere Campionarie maggiori per numero di articoli e segnalazioni
presenti all’interno delle riviste esaminate. Ho cercato di definire
10
l’indirizzo degli eventi e la posizione che la ceramica occupa al loro
interno. In questo elenco di luoghi non potevo ignorare le città di
Albisola e Faenza, notissimi centri ceramici nonché sedi di importanti
iniziative volte alla promozione del settore.
Mi sono ritagliata uno spazio per esprimere il mio punto di vista
sulla ceramica come mezzo, sul decoro e sulle arti applicate in
generale, precisando che si tratta di personali riflessioni, non certo di
verità assolute.
Ho poi affrontato tematiche di interesse generale, riguardanti gli
ambiti di applicazione del mezzo ceramico, su cui si è appuntata
l’attenzione dei congressisti in più occasioni.
Ho ritenuto infine necessario analizzare i periodici nella loro
qualità di strumenti e come veicolo di idee, nel tentativo di ricostruire
le fondamentali linee guida di quegli anni e la differenza delle
posizioni all’interno della sopradetta cornice temporale.
Lo scritto vuole essere solo uno sguardo generale sul mezzo
ceramico e sui contesti in cui trova applicazione, lungo un filo
temporale che vede l’Italia districarsi nel travagliato momento
culturale della ricostruzione. Il mio intendimento è stato quello di
prendere atto degli aspetti produttivi, tecnici, economici del mezzo
ceramico, cercando di mettere in luce, (e mi scuso per le
manchevolezze certamente numerose nell’affrontare un argomento
11
cosi vasto), il dibattito fra artigianato e industria, il dibattito fra decoro
ed architettura, e ancora, l’uso ceramico all’interno della ricerca
artistica. Ho cercato di correlare i vari settori tentando di fornire una
visione il più possibile globale del periodo preso in esame.
12
CAPITOLO PRIMO
1.1. Premessa al capitolo
Poiché era necessario inquadrare il mezzo ceramico all’interno
della viva realtà politica ed economica del periodo, ho ritenuto
opportuno esplicitare gli strumenti a cui ho fatto maggior riferimento
nella compilazione di questo primo capitolo
1
.
Il volume intitolato: “Dalla fabbrica all’industria. Verso la conquista
dei mercati,” in “1771-1991 Duecentocinquant’anni di ceramica a
Sassuolo
2
”, è uno studio prodotto dal comprensorio ceramico di
Scandiano-Sassuolo mirante ad inquadrare il soggetto ceramico in un
sistema di interdipendenze strutturali, ossia, all’interno di uno
stringato quadro storico politico ed economico.
Infatti: “dal 1947 in poi, la politica industriale seguì due criteri. Da un
lato il governo si preoccupò di rafforzare e ammodernare le strutture di
base; dall’altro esso cercò di garantire alle imprese i mezzi finanziari per
accrescere le importazioni delle attrezzature richieste per la riconversione
produttiva e per il superamento del ritardo tecnologico.”
“Una volta risolti i più gravi problemi rappresentati nell’immediato
dopoguerra dalla mancanza di adeguate scorte di materie prime e di
carbone, fu possibile aumentare progressivamente la quota delle
esportazioni italiane sul mercato internazionale, soprattutto nel settore dei
manufatti e in quello dei consumi durevoli.”
1
Fra i testi presi in considerazione, una maggior importanza è stata qui data a: Camillo Daneo, “La politica
economica della ricostruzione 1945-1949”; Pasquale Saraceno, “Intervista sulla ricostruzione 1943-1953”
1
; AAVV,
“Storia economia e società in Italia 1947-1997”, studio promosso dalla Banca di Roma; il ciclostilato curato dalla
fondazione Trebeschi “Gli anni della ricostruzione”; David W. Ellwood, “L’Europa ricostruita. Politica ed economia
fra Stati Uniti ed Europa occidentale 1945-1955”; Romano Prodi, “Modello di sviluppo di un settore in rapida
crescita. L’industria per la ceramica nell’edilizia” ;“Trasformazione e sviluppo dell’industria italiana delle piastrelle
in ceramica
1
”, a cura dell’Assopiastrelle.
2
1771-1991 Duecentocinquant’anni di ceramica a Sassuolo, vol. II, Modena 1993, Cooptip, pp.108-121.
13
“Nel contesto internazionale, in una fase di progressiva liberalizzazione
nell’area dei paesi dell’ OECE (Organizzazione Europea di Cooperazione
Economica), di accresciuta fiducia e ottimismo, mentre si allontanano gli
orrori della guerra, gli anni dello sviluppo e del miracolo economico già si
intravedono all’orizzonte: i tempi del benessere e del consumismo sono alle
porte.”
“In ogni caso, alla fine del 1945, il settore ceramico risente ancora
pesantemente dei danni arrecati dagli eventi bellici, che impongono ritmi di
lavoro ridotti. Alcune aziende non hanno ancora condotto a termine i lavori
di ricostruzione delle parti dello stabilimento distrutte o danneggiate in
seguito agli eventi bellici e l’assegnazione di materie prime e, soprattutto di
combustibili si rivela insufficiente al fabbisogno.”
“Nel primo semestre del 1949, anche il settore ceramico pare avviato
sulla strada della ripresa produttiva. Gli approvvigionamenti delle materie
prime sono effettuati pressoché regolarmente, anche se la marcata instabilità
dei prezzi ha indotto gli operatori industriali ad approvvigionarsi con cautela
ed in misura limitata.”
1
Le riviste economiche consultate: “L’Industria”, “Il Giornale degli
Economisti”, “Critica Economica” ed i periodici: “Elettricità e Vita
Moderna” in primo luogo, “Il Politecnico” e la rivista “Emilia”
rimarcano con assoluta evidenza sia i problemi relativi alla mancanza
di infrastrutture e di materie prime necessarie all’approvvigionamento
industriale, sia la condizione precaria delle masse di lavoratori italiani
nel clima di diffusa incertezza di quegli anni.
Per ulteriori dettagli su testi e articoli utilizzati rimando alle note
interne al capitolo e alla bibliografia finale.
1
1771-1991Duecentocinquant’anni di ceramica a Sassuolo, voll. II, Modena 1993, Cooptip, pp.108-121.
14
Poiché l’importanza di un’adeguata fornitura energetica si segnala
come uno degli elementi di base per lo sfruttamento pieno delle
capacità e dello sforzo produttivo nel quadro dello sviluppo delle
industrie ceramiche italiane
1
, è necessario spendere alcune parole a
proposito di una figura di primo piano all’interno del panorama
economico di quegli anni che ci accingiamo ad analizzare, si tratta di
Enrico Mattei, deputato democristiano dal 1948 al 1953, industriale,
che messo a capo dell’ENI
2
ne sviluppa le potenzialità, riuscendo a
ritagliare per l’Italia uno spazio autonomo all’interno del mercato
petrolifero internazionale. Precipitato in volo lungo la tratta Sicilia-
Milano, è venuto purtroppo a mancare il 27 ottobre 1962.
1
Per quanto concerne il ruolo attivo dell’ENI si veda a pagina 13.
2
ENI: Ente Nazionale Idrocarburi.
15
1.2. Albori
Al termine del primo conflitto mondiale troviamo alcuni settori
industriali in stato di elefantiasi.
1
Le banche si trovano ad essere
indebolite ed appesantite dalla continua emorragia di capitali,
necessaria a sostenere l’abnorme sviluppo industriale. La crisi
mondiale del 29
2
si ripercuote sull’Italia a pochi anni di distanza. Il
rischio di fallimento delle più grandi banche, in una situazione di
quasi totale illiquidità, e le grandi industrie, largamente indebitate
verso le banche,
3
determinano il decisivo intervento statale.
4
Lo stato
acquista partite finanziarie industriali immobilizzate e in perdita,
5
assumendo il controllo delle tre maggiori banche di credito ordinario
6
:
la Banca Commerciale, il Credito Italiano, il Banco di Roma;
7
e
procedendo alla loro sistemazione.
8
Nel 1933 nasce l’IRI, istituto per la ricostruzione industriale,
9
che
creato dapprima come espediente di salvataggio a carattere
1
Jean Natta, Vita e miracoli dell’IRI, Genova 1971, Caffaro ed., p.6.
2
Il crollo dei mercati finanziari di Wall streat.
3
Massimo Pini, I giorni dell’IRI storie e misfatti da Benedici a Prodi, Milano 2000, Mondadori.
4
2.Formazione dell’ IRI fenomeno del capitale finanziario italiano, <<Il Politecnico>>, n. 29, maggio 1946, p.48. “Il
fatto che lo stato fosse fascista non fu minimamente un motivo determinante; la situazione era tale che, in quella stessa
condizione, qualsiasi stato avrebbe finito col comprare.”
5
2.Formazione dell’IRI…, op.cit., p.47.
6
Jean Natta, op.cit., p.37.
7
Problemi alla costituente: l’IRI 1. Che cosa è l’IRI? Che cosa ne pensano i partiti?, <<Il Politecnico>>, n. 29, maggio
1946, p.44.
8
Camillo Daneo, op.cit., pp.306-307.
9
J.L.Harper, op.cit., p.12. “L’IRI era stato creato nel 1933, quando le banche che controllavano la maggior parte
dell’industria italiana si erano trovate sull’orlo della bancarotta. La sua funzione originaria era quella di ricomprare le
azioni industriali alle banche e concedere prestiti a lungo termine alle imprese.” L’IRI nasce con decreto legge n°5 del
23 gennaio 1933.
16
transitorio,
1
si trova a detenere pacchetti di maggioranza e di
minoranza di un gruppo cospicuo di società; queste sono imprese
miste,
2
nelle quali stato e privati formano il capitale e ne dividono la
gestione, organizzate in “holding”
3
all’interno delle quali le industrie
vengono riassestate procedendo all’eliminazione dei doppioni,
modernizzando gli impianti, riducendo i costi di produzione.
4
Si riteneva che l’IRI si sarebbe liberato entro breve termine delle
proprietà risanate,
5
a patto però che i gruppi acquirenti avessero
dimostrato di possedere una solida consistenza;
6
cosa che non è
successa a causa della mancanza di capitale privato sufficiente.
7
Nel
secondo dopoguerra la sopravvivenza dell’istituto non viene mai
messa in discussione.
8
Manca tuttavia un programma organico in
grado di sfruttarne le potenzialità. Grazie alla loro vitalità unita alla
nuova dinamicità di gestione, le industrie che hanno subito il riassetto
sono in grado di assumere un ruolo attivo all’interno del complesso
panorama socio-economico italiano; sono le stesse imprese dell’IRI
1
Problema della costituente: l’IRI 3. Come ha funzionato l’IRI: capitale finanziario, tecnici, proletariato, <<Il
Politecnico>>, n. 30, giugno 1946, p.47.
2
Jean Natta, op.cit., p.15. “Per evitare la statalizzazione dell’economia, l’IRI in alcuni settori si è accontentato di
assistere le aziende al loro sorgere o nel loro ordinamento e ha poi ad esse consentito una vita autonoma; in altri settori
ha assunto la direzione delle aziende acquistando la maggioranza delle partecipazioni nazionali.” p.33. “Con questa
operazione l’IRI si trova ad essere interessato in un gruppo cospicuo di società il cui capitale nominale complessivo si
valuta ammontasse al 44,15% del totale azionario italiano, e a detenere pacchetti di maggioranza e pacchetti di
minoranza che ammontano al 17,80% e al 2,37%, rispettivamente del totale stesso”.
3
Camillo Daneo, op.cit., p.308. Holding: società finanziaria che detiene la maggioranza azionaria di un gruppo di
imprese controllandone le attività.
4
Jean Natta, op.cit., p.41.
5
J.L.Harper, op.cit., p.12.
6
Jean Natta, op.cit., pp.42-43.
7
J.L.Harper, op.cit.,p.12. I tecnici gestiscono le aziende mantenendo al loro interno una struttura tipica dei processi
capitalistici, evitando la burocratizzazione e acquistando un’agilità tale da consentir loro di resistere al tentativo forzato
di riprivatizzazione.
8
Massimo Pini, op.cit., p.20
17
infatti, a sollecitare l’afflusso di capitale americano
1
ed a fornire
(assieme all’ENI)
2
all’industria italiana, prodotti di base a prezzi
allineati a quelli internazionali;
3
bilanciando così l’incapacità delle
imprese private in posizione di monopolio.
1.3. Danni di guerra
Le valutazioni dei danni di guerra risultano essere più che mai
incerte
4
e lo stesso censimento ISTAT delle zone industriali si rivela
parziale. Osserviamo un accavallarsi di cifre non controllabili.
5
Il polo industriale, localizzato nel nord del paese, individuato nel
triangolo: Genova-Milano-Torino,
6
subisce una perdita pari all’ 8%
circa del totale (valutata in edifici e macchinari).
7
I ripristini degli
impianti elettrici
8
e delle vie di comunicazione iniziano nei mesi
precedenti al termine del conflitto
9
; a ciò si aggiunge la cessione di un
1
J.L.Harper, ivi.
2
ENI, ente nazionale idrocarburi, viene istituito con legge n°136 del 10 febbraio 1953. E’ creato per riorganizzare e
ristrutturare il settore delle fonti energetiche.
3
Giancarlo Nardozzi, Miracolo e declino; l’Italia fra concorrenza e protezione, Bari 2004, Laterza, pp.16-17.
4
Pasquale Saraceno, op.cit., pp.2-3.
5
Camillo Daneo, ivi.
6
D. W. Ellwood, op.cit., p.28.
7
Ciclostilato della fondazione Trebeschi, ivi.
8
Dieci anni di attività dell’ industria elettrica italiana 1945-1954, <<Emilia>>, 1954, pp.6-9. “La guerra ha distrutto
circa ¼ della potenza degli impianti idroelettrici e 1/3 circa degli impianti termoelettrici, fortemente danneggiate le reti
di trasporto ad altissima tensione e quelle di distribuzione. Le restrizioni dei consumi hanno termine nei primi mesi del
1950, il presidente della ANIDEL rileva che l’Italia è la prima nazione a riportare la produzione di energia elettrica al
livello corrispondente al fabbisogno d’ utenza. Il ministro dell’ industria on.Cortese riconosce la rilevante capacità di
ripresa e di sviluppo produttivo compiuto dalle imprese elettriche. La produzione di energia elettrica registra 20.761
milioni di Kwh nel 1941, un calo a 12.648 milioni di Kwh nel 45, una ripresa nel 48 con la cifra di 22.694 e un costante
aumento fino al 54 di 35.574 Kwh.” “Il consumo di energia elettrica rappresenta il metro per la misura del progresso di
un paese, essendo strettamente legato all’ incremento della meccanizzazione e al miglioramento del tenore generale di
vita.” (gli stessi dati compaiono anche sulla rivista <<Elettricità e Vita Moderna>>, qui in forma più stringata.)
9
Elettricità metro della civiltà moderna, <<Elettricità e Vita Moderna>>, n. 4, gennaio-febbraio 1955, pp.2-6.
P. Saraceno, op.cit., p.19.
18
rilevante parco di automezzi militari da parte degli alleati al termine
delle operazioni di guerra.
1
La flotta mercantile subisce la perdita del
76% delle imbarcazioni
2
ed è necessario ricorrere a noli. Gravi le
difficoltà nei cantieri navali. Gravi le distruzioni alle linee ed agli
impianti fissi.
3
Nell’immediato dopoguerra riscontriamo una
“strozzatura”
4
sia a livello dei trasporti
5
che in quello della
distribuzione di energia elettrica,
6
a cui si aggiungono difficoltà di
comunicazioni postali, telegrafiche e telefoniche.
7
Emerge il
preoccupante problema della mancanza di mezzi di pagamento per
l’acquisto di materie prime
8
necessarie alla lavorazione industriale. La
ripresa dei ritmi di sviluppo prebellici, con riferimento ai dati del 39, è
pesantemente intralciata dalla mancanza di carbone.
I rifornimenti giungono principalmente dall’America, ma si rivelano
discontinui a causa delle agitazioni sindacali dei minatori statunitensi,
e comunque insufficienti per i primi anni
9
. Nel 1946 le importazioni
1
Pasquale Saraceno, op.cit., p.15.
2
C. Daneo, op.cit., p.8. La perdita è dovuta sia alla distruzione di parte della flotta, sia agli accordi stipulati sul disarmo.
3
C. Daneo, op.cit., p.9. “Distrutti o gravemente danneggiati il 7% delle gallerie, il 28% dei ponti in muratura, il 44% di
quelli in ferro, il 36% dei binari a doppia corsia, il 46% delle linee aeree, il 57% dei magazzini merci, il 68% della
capacità delle officine di riparazione. Dati raccolti dal ministero dei trasporti.”
4
Terminologia economica; definita figurativamente come restringimento a collo di bottiglia.
5
P. Saraceno, op.cit., p.40; pp.50-51.
6
C. Daneo, op.cit., p.9.
7
P. Saraceno, op.cit., p.56.
8
P. Saraceno, op.cit., p.52. Mancano mezzi di pagamento per acquistare materie prime di importazione in quantità
crescente rispetto al fabbisogno annuale. Nell’intervista si fa costante riferimento al “piano di massima per la
determinazione delle importazioni industriali dell’anno 1946”, un documento di 123 pagine, il cui riassunto del
contenuto è alle pp.52-53. Qui, nell’“introduzione ai problemi di trasporti ed energia”, vengono indicati, in dieci
capitoli, i programmi eseguibili nei vari settori industriali se riforniti di materie prime, e le quantità di merci di
importazione occorrenti a tali ipotesi.
9
G. Gualerni, Ricostruzione e industria per un interpretazione della politica industriale nel secondo dopoguerra 1943-
1951, Milano 1980, ed. Vita e Pensiero, pp.30-31.
19
coprono meno del 40% del fabbisogno
1
e la situazione torna a
stabilizzarsi solo alla fine del 49. La penuria di carbone incide sulle
scelte di governo e privati in campo energetico. Si costruiscono nuovi
impianti idroelettrici e si ampliano quelli esistenti;
2
si realizzano
strutture industriali alimentate da combustibili liquidi. Nel 1950 si
scoprono giacimenti di metano
3
e petrolio in Val Padana. In questo
contesto è fondamentale il ruolo ricoperto dall’ ENI e da Enrico
Mattei.
1
G. Gualerni, op.cit., p.28.
2
Dieci anni di attività, op.cit., pp.6-9.
3
G. Gualerni, op.cit., pp.30-31.