8
come finanziare i partiti resta, da questo punto di vista, il
problema originario che si dovrebbe porre una democrazia
che voglia avere delle solida fondamenta, un problema che
deve essere posto senza preconcetti e pregiudizi prendendo
atto del fatto che la democrazia ha un costo cui i cittadini
devono far fronte.
1
Non si possono lasciare i partiti, così come è successo in
Italia per quasi venti anni, in balia dei venti, e accettare che
questi vadano a elemosinare in giro. Quale politica ci può
essere se ad ogni proposta di riforma si deve domandare, a
chi ti ha dato la questua, se va bene, o se è il caso di
cambiare qualcosa, e poi vedersi rispondere che è meglio
lasciare le cose come stanno.
Quale forza può avere un governo la cui maggioranza che lo
sostiene ha dei debiti contratti con una particolare lobby, cui
prima o poi dovrà ripagare, o se i singoli onorevoli devono il
successo elettorale all’appoggio di persone influenti e
danarose.
Prima o poi questi andranno a bussare alla loro porta per
battere cassa, e quando lo faranno la democrazia avrà subito
un colpo mortale.
“Chi paga i suonatori decide che musica fanno”
2
si è detto e
ripetuto molte volte, ma quando, come è successo in Italia, a
pagare sono delle persone che fanno parte di altre bande, il
problema diviene non solo scottante per la tenuta della
democrazia, ma anche per l’indipendenza e la sovranità
nazionale.
1
“E’ un luogo comune … affermare che la politica è costosa,
specialmente in un regime democratico, da questo punto di vista i
sistemi dittatoriali sono più a buon mercato”. Vedi Enrico Melchionda,
Il finanziamento della politica, Editori Riuniti, Roma, 1997, p.20.
2
La frase è di Ernesto Rossi.
9
Fatte queste considerazioni preliminari è giocoforza
sostenere il finanziamento pubblico dei partiti, e eliminare
ogni possibile dubbio su quale sia la nostra posizione su
questo tema.
10
INTRODUZIONE
I.1 Presentazione del lavoro e ringraziamenti
Il lavoro ha come suo obiettivo quello di analizzare
il dibattito che si è avuto in Italia sul problema del
finanziamento pubblico dei partiti. Questa analisi sarà
condotta utilizzando le proposte di legge, il dibattito
parlamentare, e i provvedimenti approvati in materia.
Saranno presentate le posizioni delle forze politiche
sostenute nei dibattiti, analizzati i disegni di legge, e i tre
referendum abrogativi.
La nostra analisi si svolgerà soprattutto sugli atti
parlamentari, in modo da riportare le discussioni che si sono
svolte nelle sedi istituzionali. Sarà dato anche un certo
spazio a quel dibattito che si è svolto negli anni sessanta
nelle numerose assemblee, convegni e tavole rotonde sul
tema del finanziamento dei partiti, e ha rappresentato il
naturale presupposto del dibattito sulla legge del 1974.
L’intento è quello di dare una visione quanto più esaustiva
possibile di come si è articolato il dibattito sul
finanziamento pubblico, e di analizzare le scelte fatte dalle
forze politiche nel corso degli anni. Cercheremo nella nostra
analisi di essere avalutativi, e solo nelle conclusioni faremo
delle considerazioni generali sul problema, e su i suoi
possibili sviluppi futuri.
Ringrazio il prof. Enrico Melchionda per l’idea originale
della ricerca, e i funzionari della Biblioteca della Camera
dei Deputati, e quelli della Biblioteca Nazionale di Napoli
per la loro cortesia e disponibilità.
11
I.2 I partiti e la Costituzione
Il problema del finanziamento dei partiti risale alla
nascita della nostra Repubblica, e in particolare a quel
dibattito mancato nel seno dell’Assemblea Costituente.
Non esiste nessun articolo della nostra Costituzione che si
occupa del problema del finanziamento dei partiti. Del resto
l’unica norma che li riguarda è l’articolo 49, che
genericamente sancisce un diritto di tutti i cittadini di
”associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo
democratico a determinare la politica nazionale”.
Furono i comunisti a non voler prevedere nessuna forma di
riconoscimento giuridico per le forze politiche, incluso il
problema del loro finanziamento.
3
Quando nell’Assemblea Costituente il problema della
disciplina giuridica fu proposto da diversi costituenti,
Palmiro Togliatti, segretario del PCI, oppose una “coriacea
difesa” in favore della sovranità assoluta dei partiti.
4
Fu anche subito accantonata l’iniziativa del democristiano
Umberto Merlin, tradotta in emendamento da Mortati che
cercava di imporre ai partiti, con una norma di carattere
generale, che fossero almeno resi pubblici i loro bilanci. “I
partiti uscirono dalla Costituzione da protagonisti assoluti
della politica nazionale, sciolti da qualsiasi obbligo di
trasparenza”.
5
La formula dell’art. 49 rese le forze politiche legibus soluti,
e ciò comportò delle gravi conseguenze sul modo con cui i
3
Vedi Massimo Teodori, Soldi & Partiti, quanto costa la democrazia in
Italia, Ponte alle Grazie, Milano, 1999, p.16.
4
Massimo Teodori, ibid. Vedi anche Giuseppe Averardi, Le carte del
PCI: dai Taccuini di Eugenio Reale la genesi di Tangentopoli,
Manduria, Pietro Lacaita Editore, 2000, pp.289-290.
5
Massimo Teodori, ibid.
12
partiti si procurarono i finanziamenti necessari alla loro
attività.
6
Nel dibattito che si svolse nell’Assemblea Costituente si
temette “ragionevolmente” che ogni regola che fosse
apposta per legittimare una dipendenza dei partiti alla
volontà del governo avrebbe leso la loro autonomia e
indipendenza.
Questa preoccupazione era dovuta dal ricordo della facilità
con la quale la dittatura (con la complicità del re) aveva
soppresso i partiti politici e la democrazia liberale.
7
I.3 Il problema del finanziamento dei partiti nel dopoguerra.
Nel dopoguerra il problema del finanziamento dei
partiti fu del tutto rimosso dal dibattito politico. Le ragioni
di questo atteggiamento delle forze politiche era da
addebitare al rapporto di “reciproca tolleranza” da parte
delle due maggiori forze politiche (DC e PCI) sulle ingenti
fonti di finanziamento che gestivano senza nessun controllo.
La DC in quegli anni stava costruendo “un sistema di potere
fondato sul settore pubblico da cui attingere risorse
finanziarie con sempre maggiore larghezza. Per questo
motivo i Democristiani non avevano alcun interesse a
costruire un chiaro sistema di finanziamento della
politica…”.
8
“A ragione ritenevano … che sarebbero stati favoriti dalla
mancanza di trasparenza sia nel condizionare gli alleati
minori che nel porre in condizioni di inferiorità l’avversario
comunista”.
6
Giuseppe Averardi, op. cit. (prefazione di Ettore Gallo), p. XIII.
7
Ibid.
8
Vedi Massimo Teodori, op. cit. p.25.
13
Analogamente i comunisti “si preoccupavano di tenere al
riparo da ogni controllo le loro finanze ambigue e in un
certo senso privilegiate. La loro forza consisteva nell’essere
parte di un movimento internazionale con la centrale
nell’URSS, che forniva anche finanziariamente i partiti
satelliti. Un tale collegamento finanziario sarebbe divenuto
più problematico il giorno in cui le finanze dei partiti
fossero emerse dall’ombra”.
9
“Comunisti e democristiani … erano uniti da un patto
omertoso di silenzio in cui ognuno sapeva dove l’altro
avversario prelevava illegittimamente i soldi di cui aveva
bisogno”.
10
I comunisti che ben conoscevano “i meccanismi della
pubblica spoliazione” condotta dalle forze di governo,
tacevano in cambio del silenzio dei democristiani sui soldi
che giungevano dalla lontana Mosca”.
11
Sia la DC che il PCI non vivevano grazie ai contributi che
ricevevano dagli iscritti e dai simpatizzanti (che
rappresentavano una parte modesta delle loro entrate), ma
attraverso i contributi “in nero” degli enti economici o
parastatali, dai profitti delle attività industriali da loro
controllate, dalle sovvenzioni da parte di organismi esterni,
dagli aiuti finanziari dall’estero.
12
La DC riceveva sovvenzioni dai grandi gruppi economici
(Fiat, Montecatini, Edison) dalla Confindustria e dalla
Coldiretti
13
, dal controllo dell’industria di Stato
14
, dalla
speculazione edilizia
15
, e dai servizi segreti americani.
16
9
Ibid.
10
Ibid. p.26.
11
Ibid.
12
Ibid.
13
Vedi Roberto Crespi, Lo Stato deve pagare i partiti? Il problema del
finanziamento dei partiti in Italia, Sansoni, Firenze, pp.34-35.
14
Il PCI invece riceveva finanziamenti attraverso il controllo
della Lega delle cooperative,
17
attraverso le società che si
interessavano degli scambi con i paesi socialisti
18
(URSS,
Cina, Est Europeo) e direttamente dal PCUS.
19
14
Vedi O. Barrese e M. Caprara, L’anonima DC, Feltrinelli, Milano,
1997, p. 190 e pp. 141-142 e Massimo Teodori, op .cit., pp. 92-93.
15
“Somme cospicue affluirono alla DC con l’intervento nel mercato
edilizio, soprattutto negli anni del boom economico. La speculazione
edilizia assunse, in un periodo di espansione urbana, un posto di rilievo
nel finanziamento illecito del partito”. Vedi Massimo Teodori, op. cit.,
p.103.
16
Vedi W. Colby e P. Forbath, La mia vita nella CIA, Mursia, Milano,
1981. Vedi anche Massimo Teodori, op. cit., pp.116-119.
17
Vedi Massimo Teodori, op. cit., p. 109 e Giuseppe Averardi, op. cit.,
p.183.
18
Vedi Giuseppe Averardi, ibid.
19
Vedi Gianni Cervetti, L’Oro di Mosca. La verità sui finanziamenti
sovietici al PCI raccontata dal diretto protagonista, Baldini & Castoldi,
Milano, 1999 (1°ed. 1993) e Valerio Riva, Oro da Mosca, Mondadori,
Milano, 1999. Vedi anche Massimo Teodori, op. cit., pp.120-121, e
Giuseppe Averardi, op. cit., pp. 205-215.
15
IL DIBATTITO POLITICO NEGLI ANNI SESSANTA
II.1. Primi interventi degli esponenti politici.
Tutti gli anni sessanta furono contraddistinti da
numerosi convegni, tavole rotonde, e conferenze, in cui i
vari leader politici, e i maggiori esponenti dell’intellighenzia
italiana dibatterono se i partiti andassero finanziati dallo
stato e in che modo.
Prima i socialisti, e poi numerosi esponenti della democrazia
cristiana dichiararono che il finanziamento statale fosse
necessario alla moralizzazione della vita pubblica per
rendere i partiti politici autonomi dai condizionamenti
esterni.
20
La prima vera e propria proposta sul tema della
regolamentazione giuridica dell’attività dei partiti si ebbe
solo nel 1958 grazie all’iniziativa del senatore
democristiano Luigi Sturzo. Nel 1961 il disegno fu
ripresentato alla camera dei Deputati dall’onorevole
D’ambrosio (cfr. III.1.1).
21
Al congresso socialista di Milano del 1961 Pietro Nenni,
segretario del PSI, sollevò la questione della necessità di un
finanziamento pubblico dei partiti. Queste furono le parole
che pronunziò nell’occasione: “Credo che dovremmo
discutere se proporre o no che i partiti siano sovvenzionati
dallo Stato, in proporzione dei loro voti alle elezioni. I
partiti sono ormai strutturalmente un organo della vita
20
A. C. Relazione della I Commissione Permanente sulle proposte di
legge n. 2860 del 20-3-1974 e n. 34 del 24-4-1972.
21
Ibid.
16
pubblica e burocratica del paese. Si può dire che il paese
intero è interessato al loro retto funzionamento.”
22
Successivamente De Martino al comitato centrale
nell’agosto del 1965 parlò in favore del finanziamento dei
partiti.
Anche il programma elettorale del PSI-PSDI per le elezioni
politiche del 1968 si occupò del problema. Esso infatti
prevedeva quanto segue:
“È necessario disciplinare il finanziamento dei partiti, i quali
devono poter contare tanto sui servizi messi a disposizione
dallo Stato e da altri enti pubblici, quanto su adeguate
contribuzioni, che in ogni caso non dovranno portare alla
cristallizzazione dei rapporti di forza esistenti, e non
dovranno essere accompagnate da controlli capaci di
mettere in pericolo l’autodeterminazione dei partiti.
Correlativa al finanziamento deve essere però la limitazione
delle spese elettorali, che oggi contribuiscono in modo
elevato alle difficoltà finanziarie dei partiti, dando luogo
d’altro canto a manifestazioni spesso estranee alla serietà
delle decisioni che si sollecitano dall’elettore”.
23
Nel Congresso di Roma dello stesso 1968 i vari
parlamentari socialisti si impegnarono ad elaborare una
proposta di legge sul finanziamento pubblico e “da allora il
problema fu sempre posto in tutte le sedi proprie, sia
all’interno del Partito che nelle trattative di governo”.
Nel Comitato Centrale del 29 Ottobre 1973, il segretario del
PSI indicò nel problema del finanziamento pubblico “uno
degli impegni che dovevano essere onorati dalla DC”.
24
22
Ibid.
23
Sisino Zito, Finanziamento e riforma dei partiti, Mondoperaio, n.4,
1974.
24
Ibid.
17
Da parte democristiana il problema fu sollevato nel
convegno di studi organizzato nel 1963 a San Pellegrino con
le dichiarazioni dell’onorevole Taviani e del professor Elia.
L’onorevole Taviani affermò che il finanziamento statale
fosse necessario per moralizzare la vita pubblica italiana e
per rendere i partiti politici autonomi dai condizionamenti
esterni. “Se si vogliono evitare confusioni, equivoci e non di
rado tentazioni, se non addirittura episodi di malcostume,
questo problema (del finanziamento dei partiti) deve trovare
una adeguata soluzione. I risultati principali da raggiungere
sono quelli di moralizzare la vita pubblica e al tempo stesso,
rendere i partiti autonomi, anche sotto il profilo economico,
dai condizionamenti esterni”.
25
L’onorevole Taviani propose un sistema con il quale tutti i
partiti potessero “usufruire con adeguati controlli, di un
finanziamento proporzionale alla loro importanza,
democraticamente individuato sulla base del consenso
popolare”. Il prof. Elia invece si occupò principalmente del
problema della mancanza di una disciplina interna dei
partiti.
26
Nello stesso convegno l’allora Presidente del Consiglio,
l’onorevole Leone, ribadì l’urgenza dell’intervento
affermando che il finanziamento dei partiti fosse
indispensabile. Queste le parole che pronunziò: “Io credo
che non si possa più ritardare la risoluzione del problema del
finanziamento dei partiti. Le due obiezioni fondamentali,
una di natura economica ed una politica, che vengono mosse
a questa affermazione sono superabilissime. Quella politica
indica il problema del finanziamento del partito comunista
Orbene se il partito di opposizione si presenta nell’agone
politico della lotta democratica deve anch’esso partecipare
25
Ibid.
26
Vedi Roberto Crespi, op. cit., p.112
18
di quelle che sono le garanzie di tutti … quella economica
sembra non debba preoccupare. Io non so … quale sarebbe
la spesa; però se voi paragonate l’eventuale spesa per
finanziare i partiti al deficit dei comuni come Roma,
Napoli… io ritengo che quest’ultima cifra certamente
sarebbe molto superiore a quella che sarebbe per finanziare i
partiti.”
27
Tranne alcune eccezioni la maggioranza dei delegati al
convegno furono favorevoli al finanziamento pubblico dei
partiti in considerazioni delle loro funzioni costituzionali.
L’onorevole Galloni, esponente della sinistra democratica,
precisò che i partiti erano “uno strumento della
Costituzione” per garantire ai cittadini l’esercizio dei diritti
stabiliti dall’articolo 49.
L’onorevole Scelba affermò invece che il finanziamento
pubblico avrebbe aiutato le forze democratiche nella lotta
contro il comunismo. “Certo sarebbe spiacevole dover
finanziare anche il partito comunista, però fatti i calcoli il
partito comunista verrebbe a prendere meno di quanto oggi
dispone, essendo inteso che anche il PCI dovrebbe rendere
conto pubblicamente di tutte le entrate …”.
È interessante notare come tutti i delegati affermarono
l’esigenza di un sistema di pubblicità obbligatoria dei
bilanci.
28
Una posizione più cauta fu espressa solo dall’onorevole
Greggi favorevole al finanziamento statale solo come un
rimedio provvisorio in attesa di ritornare al finanziamento
volontario dei cittadini.
29
Dopo San Pellegrino ci furono altre occasioni in cui
discutere della questione del finanziamento dei partiti. Noi
27
Vedi ibid. p.114.
28
Ibid.
29
Cfr. par. III.1.2 Proposta di legge Greggi.
19
possiamo ricordare il dibattito che si tenne a Roma il 22
Ottobre 1963, dibattito promosso dal movimento Salvemini,
che vide la partecipazione di Ernesto Rossi, del
democristiano Domenico Ravaioli, del repubblicano Adolfo
Battaglia, e del socialista Lelio Basso.
30
Poi successivamente la questione fu di nuovo sollevata
dall’onorevole Leone, nell’assemblea organizzata dalla DC
a Sorrento nell’Ottobre del 1965, nel dibattito svolto nella
sede dell’ISLE
31
nel 1966 e 1967, e nel Convegno del Club
Turati del 1970. Ricordiamo, infine, la proposta
dell’onorevole Curti del 1966 (che rimase nello stato di
progetto) e tre schemi normativi elaborati dalla
commissione di studi costituzionali del PRI nel 1965, dal
Club Turati nel 1968, e dal Movimento d’opinione pubblica
nel 1971.
32
La proposta del deputato della DC, Aurelio Curti, fu
pubblicata nel 1966 sulla rivista “Mondo finanziario”.
Questa non risolveva la questione del finanziamento dei
partiti con la previsione di un contributo statale, ma
attraverso una contribuzione obbligatoria a carico dei
cittadini, che traevano vantaggi dall’appartenenza ad una
forza politica. La proposta, inoltre, escludeva un controllo
dei bilanci dei partiti, in considerazione del fatto, che non si
poteva prevedere un controllo senza ledere la loro libertà.
33
Lo schema normativo del PRI prevedeva il riconoscimento
della personalità giuridica, una disciplina di garanzia
30
Per analizzare le posizioni espresse dai vari relatori vedi Roberto
Crespi, op. cit., p. 123.
31
Ibid. p. 138.
32
Vedi AAVV, Indagine sul partito politico, la regolazione legislativa,
tomo terzo (dibattiti), Giuffré Editore, Milano, 1966.
33
Vedi Ibid., p.137.
20
comune a tutte le forze politiche, nonché delle norme sulla
gestione finanziaria con forme di controllo penetranti.
34
Lo schema del Club Turati invece disciplinava la
registrazione, il riconoscimento della personalità giuridica, il
finanziamento statale (per metà uguale a tutte le forze
politiche e per l’altra metà in proporzione alla
rappresentanza parlamentare) la pubblicità e il controllo dei
bilanci.
35
Il progetto elaborato dal Movimento d’opinione pubblica
introduceva la distinzione tra le spese per le campagne
elettorali, e quelle per l’attività ordinaria dei partiti, tra il
finanziamento diretto mediante sovvenzioni, e quello
indiretto attraverso la concessione di beni e servizi. Si
prevedeva inoltre il contributo pubblico solo per quei partiti
che avessero ottenuto una determinata percentuale di voti.
36
II.2 Posizione delle varie forze politiche
La ferma posizione assunta dalla DC, nel Convegno
di San Pellegrino, fece supporre che di lì a poco sarebbe
stata presentata una proposta di legge. Le indiscrezioni della
stampa parlarono anche di un assenso a tal proposito delle
altre forze della maggioranza (PSDI, PSI, PRI). Erano anche
corse delle voci circa l’ammontare dello stanziamento e
delle spese che avrebbe comportato per l’erario.
37
34
Vedi A. C. Relazione della I Commissione Permanente sulle proposte
di legge n.2860 e n.39.
35
Vedi Ibid.
36
Vedi Renato De Luca, La nuova normativa del finanziamento dei
partiti, Sansoni, Firenze, 1982, p.17.
37
Si trattava di circa 500 lire per ogni voto e con una spesa di circa 15
miliardi per l’erario. Vedi Roberto Crespi, op. cit., pp.116-117.
21
Ma di tutto quel parlare non si fece più nulla. Il rinvio della
questione fu determinato da diverse cause, tra le quali la
difficile situazione economica, che sconsigliava un aumento
delle spese per l’erario.
Dal punto di vista politico le maggiori difficoltà si
incontravano nel mettere d’accordo le varie anime della DC.
Nella stessa relazione dell’onorevole Taviani al Convegno
di San Pellegrino non era chiaro, se il finanziamento statale
avesse comportato l’esclusione di qualsiasi finanziamento
privato, o se questo fosse stato aggiuntivo a quello pubblico.
I cittadini sembravano inoltre ben disposti circa questa
problematica, e i partiti non se la sentivano di portare avanti
un’iniziativa impopolare.
Nei partiti di opposizione (soprattutto PCI) era visto con
sospetto la possibilità della statalizzazione dei partiti e della
conseguente limitazione della loro autonomia. Qualora al
finanziamento statale si fosse aggiunto la possibilità di un
controllo dei bilanci era giocoforza supporre, che questo
controllo si fosse esteso anche all’attività politica.
38
La posizione dei democristiani – L’avvocato Ravaioli
espresse le sue tesi nel dibattito promosso dal movimento
Salvemini nel 1963. Egli si dichiarò favorevole ad un
finanziamento pubblico erogato alle forze politiche, in base
all’entità dei gruppi parlamentari, e a un controllo delle sole
spese dei partiti.
39
Il senatore democristiano Gava in una intervista rilasciata
sul Mattino nel 1965 sostenne che le precarie situazioni di
bilancio dei partiti e i pericoli della limitazione della loro
38
Ibid.
39
Ibid. p.125.