Introduzione
4
“Any time is a good time to start a company”
Ron Conway
Il Venture Capitalist apporta capitale di rischio ad un business con
un elevato potenziale di sviluppo, che necessita di risorse finanziarie per
affrontare l’avvio o la crescita. Nell’ottica dell’investitore, l’obiettivo è
aumentare il valore della partecipazione e realizzare un guadagno in
conto capitale al momento dello smobilizzo.
Oltre all’apporto finanziario, il Venture Capitalist tipicamente
supporta il management aziendale con la propria consulenza di tipo sia
finanziario, sia strategico, sia gestionale. E’ così che scarta o migliora le
proposte elaborate dall’azienda, formula piani di sviluppo di lungo
periodo e offre la propria rete di contatti ai fini di una migliore
commercializzazione del prodotto o servizio.
In un orizzonte temporale di medio-lungo termine, il Venture Capital
produce un forte impatto sia sui livelli di innovazione dell’industria, sia
sulla crescita economica, aumentando anche i livelli occupazionali.
Questi risultati sono basilari per un Paese economicamente avanzato.
La letteratura ha dimostrato che il focus d’investimento dei VCs
riguarda le imprese di piccole dimensioni e di recente creazione. Queste
non hanno naturalmente quantità consistenti di asset tangibili da offrire
al circuito bancario come garanzia e spesso necessitano di capitali
indirizzati ancora alla ricerca, allo sviluppo e alla commercializzazione
del prodotto. Il finanziamento tramite capitale di rischio diventa così il
canale preferenziale per la crescita aziendale.
Le imprese con questi connotati si quotano in borsa con un alto grado
di asimmetria informativa. Difatti, gli investitori istituzionali conoscono
sia lo “stato di salute” dell’azienda, sia la domanda di mercato, mentre i
possibili sottoscrittori possiedono solo le informazioni che l’emittente ha
Introduzione
5
voluto rendere note. L’impatto è duplice: da una parte si rileva un
underpricing minore, dall’altra una performance migliore.
Nello specifico, il Venture Capitalist può sfruttare la propria
reputazione per attestare la qualità di un’azienda, basandosi sull’azione
di monitoraggio che viene svolta prima e dopo la quotazione, anche
tramite l’acquisizione di diritti di voto nel Consiglio di Amministrazione.
Con questa premessa, può offrire gli stock azionari ad un prezzo
maggiore del valore reale (overpricing), riducendo in tal modo il
fenomeno dell’underpricing.
Inoltre, quando l’IPO avviene grazie ad un’operazione di Venture
Capital, i sottoscrittori ritengono che sarà svolto un monitoraggio
accurato e maggiore rispetto ad un’impresa NVB. La fiducia nell’azienda
aumenta ed essi sono portati ad acquistare un maggior numero di quote.
Da qui il buon andamento della performance finanziaria a breve
termine.
I Venture Capitalist riducono quindi al minimo il problema
dell’asimmetria informativa, fungendo da soggetti qualificanti per
l’azienda. Si crea di conseguenza una relazione positiva tra l’ottimismo
degli investitori e la funzione di monitoraggio delle performance.
L’ammissione ad una borsa valori permette all’azienda di accedere a
più ampi canali di finanziamento, che le consentiranno di avere liquidità
per ogni stadio del suo percorso di crescita e consolidamento. Gli
investitori sono più propensi ad impiegare le proprie risorse economiche
in imprese quotate, in quanto queste rispondono a requisiti di solidità
patrimoniale e sono quindi meno rischiose. Con la possibilità di
usufruire di nuove fonti di finanziamento, l’azienda potrà affrontare
anche i momenti critici o quelli più impegnativi: riorganizzazioni
aziendali, fusioni e sostituzione dell’azionariato o del management.
Da queste premesse deriva la formulazione della Grandstanding
hypothesis: accade che i Venture Capitalist conducano prematuramente
Introduzione
6
le aziende alla quotazione, effettuando il loro collocamento ad un prezzo
molto inferiore al valore reale (underpricing). Un maggior numero di
investitori pertanto viene attratto dalla prospettiva di guadagni
maggiori. Da qui il miglioramento “fittizio” della performance e, di
conseguenza, l’affermazione di una buona reputazione per l’investitore
professionale.
Gli USA sono a tutt’oggi i leader mondiali nel settore del Private
Equity e del Venture Capital. Realtà di successo quali Apple, Cisco,
Starbucks e FedEx hanno incoraggiato lo sviluppo del mercato europeo
degli ultimi decenni.
Con queste premesse, l’analisi empirica condotta ha riguardato UK,
Germania e Italia: tre Paesi europei differenti sia per dimensione del
mercato dei capitali, sia per livello di sviluppo dell’attività.
Lo studio concerne l’impatto del Venture Capital nello sviluppo delle
imprese e vede la dimostrazione delle ipotesi sotto riportate.
Ipotesi 1
Le VB presentano un livello di underpricing
inferiore rispetto alle NVB
Ipotesi 2
Le VB registrano performance finanziarie
migliori rispetto alle NVB nel medio periodo
Ipotesi 3
Le VB registrano performance operative
migliori delle NVB nel breve e nel medio periodo
Le aziende dei due campioni sono state selezionate in base ai seguenti
criteri:
localizzazione esclusiva nei Paesi selezionati: Regno Unito,
Germania e Italia;
quotazione rintracciabile nell’arco temporale che va dall’1
Gennaio 2004 al 31 Dicembre 2007;
Introduzione
7
quotazione avvenuta nei mercati regolati ufficiali;
collocamento di nuova emissione;
non operanti nel settore finanziario, bancario, assicurativo, real
estate o affini.
L’elaborato è strutturato presentando nel primo capitolo
l’investimento di Venture Capital e inquadrandone gli operatori, il
relativo ruolo nel ciclo di vita dell’impresa e le modalità d’azione.
Nel successivo, si delinea l’evoluzione del mercato del VC. Il
riferimento riguarda sia l’evoluzione storica a livello internazionale, sia
l’evoluzione stessa dell’attività in Europa, con una particolare attenzione
ai Paesi europei oggetto di studio.
Nel terzo capitolo si effettua una rassegna della letteratura esistente,
approfondendo il legame tra underpricing e quotazione in borsa valori e
tra underpricing e performance operative e aziendali. Si esamina inoltre
la letteratura che interessa l’impatto economico del VC, confrontando le
performance di imprese Venture Backed e imprese non-Venture Backed.
Vengono quindi contestualizzate la Certification hypothesis e la
Grandstanding hypothesis.
Nel capitolo conclusivo, viene illustrata l’analisi empirica condotta,
tramite una descrizione del campione, della metodologia utilizzata e dei
risultati raggiunti.
Capitolo Primo - IL VENTURE CAPITAL
8
CAPITOLO PRIMO
IL VENTURE CAPITAL
Capitolo Primo - IL VENTURE CAPITAL
9
1.1
Aspetti introduttivi
Un’impresa che nasce attraversa più fasi di sviluppo: ognuna di
queste è caratterizzata da necessità di capitali e da aspettative
differenti. Il finanziamento avviene tipicamente tramite il sistema
bancario, il mercato mobiliare o il capitale di rischio. Quest’ultima
modalità rappresenta tuttavia l’unica soluzione se non si hanno
collaterals da offrire, garanzie quali i propri asset tangibili. Le aziende
nascenti possiedono infatti frequentemente un’alta concentrazione di
asset intangibili, come i brevetti, e questo rende complicato il ricorso ai
finanziamenti bancari. In aggiunta, la sottocapitalizzazione rappresenta
un ostacolo per le società in fase di avvio.
Di seguito si riporta una sintesi dei pro e dei contro derivanti dal
ricorso al capitale di rischio e al capitale di debito:
PRO
Capitale
di rischio
PRO
Capitale
di debito
CONTRO
Capitale
di rischio
CONTRO
Capitale
di debito
Nessun
onere finanziario
E’ noto
fin dall’inizio il
costo del capitale
Limitazione del
potere
decisionale
dell’imprenditore
Oneri finanziari
indipendentemente
dall’andamento
del business
Garanzie
in caso di
fallimento
del business
L’imprenditore è
l’unico titolare
del business
Divisione dei
profitti
con il partner
finanziario
L’eventuale
fallimento ricade
totalmente
sull’imprenditore
L’investitore
è coinvolto
e fornisce
capitali extra
in caso
di necessità
Tabella 1 - Finanziamento tramite capitale di debito e capitale
di rischio
Fonte: elaborazione propria
Capitolo Primo - IL VENTURE CAPITAL
10
La letteratura vede pertanto la preferenza verso il finanziamento
tramite capitale di rischio quando l’azienda si colloca nelle fasi iniziali
del suo sviluppo. In questo stadio infatti la sua quota di asset intangibili
è verosimilmente dominante e/o il prodotto o servizio dev’essere ancora
commercializzato.
Nelle fasi successive di maggior consolidamento si nota la tendenza
inversa: sono di conseguenza accessibili i canali tradizionali, quali il
leasing, il credito di fornitura, il factoring, il forfaiting, etc.
1
.
Berger e Udell
2
intervengono in materia, esaminando gli aspetti
economici del finanziamento alle piccole imprese statunitensi tramite
Private Equity e mercati di debito. Giungendo all’output riportato in
Appendice A - tabella 1, evidenziano che le piccole imprese ricorrono sia
al capitale di debito (50.37%) che al capitale di rischio (49.63%).
Queste due macrocategorie sono state così suddivise:
Tabella 2 - Classificazione equity e debito
Fonte: Berger e Udell 1998
1
Per approfondimenti vedere Frignani A., Factoring, Leasing, Franchising, Venture
capital, Leveraged buy-out, Hardship clause, Countertrade, Cash and Carry,
Merchandising, Know-how, Securitization, Giappichelli Editore, Torino, 1996.
2
Berger A.N., Udell G.F., The Economics of Small Business Finance: The Roles of
Private Equity and Debt Markets in the Financial Growth Cycle, 1998.
Principal
Owner
Angel
Finance
Venture
Capital
Other
Equity
Sources of Equity
Commercial
Banks
Finance
Companies
Other
Fin. Insts.
Trade Credit Other Business Govt.
Principal
Owner
Credit
Card
Other
Indiv.
Financial Institutions Nonfinancial Business and Government Individuals
Sources of Debt
Capitolo Primo - IL VENTURE CAPITAL
11
Per quanto concerne la categoria delle partecipazioni di capitale, le
risorse economiche sono fornite perlopiù dal Principal Owner, vale a dire
colui che detiene la quota maggiore di proprietà aziendale (31.33%).
Seguono Other Equity, sottoinsieme che racchiude i membri del team di
start-up, come familiari e amici. Da sottolineare che circa l’80% dei
finanziamenti di VC deriva dai fondi d’investimento mobiliari.
All’interno delle 9 categorie di finanziamento tramite debito, le banche
commerciali sono “in testa” con il 18.75%, seguite dal credito di settore
con il 15.78%.
Da una prima analisi si rileva che le piccole aziende sono sostenute
principalmente dalla proprietà, ma tramite un focus sull’età aziendale si
ha una visione particolare. Lo studio classifica le aziende in “neonate”
(0-2 anni), “adolescenti” (3-4 anni), “media età” (5-24 anni), “anziane”
(>25 anni). Si richiama quindi una similarità con gli stadi di “seed”,
“start-up”, etc. Emerge che le aziende giovani dipendono principalmente
dal capitale di rischio (47.90% vs 15.66% delle banche commerciali).
All’aumentare del consolidamento aziendale, aumenta anche la
percentuale di approvvigionamento tramite circuito bancario (17.25%
per aziende formate da più di 25 anni).
Ai fini dell’elaborato è fondamentale sottolineare che i dati riportano
una forte dipendenza delle aziende più giovani dalle istituzioni
finanziare: questo potrebbe rappresentare una violazione alla
consuetudine (le aziende giovani non hanno garanzie tangibili da offrire,
quindi si rivolgono raramente al circuito bancario). In realtà, Berger e
Udell sottolineano come spesso le garanzie vengano offerte non
dall’azienda stessa, ma dalle ricchezze personali degli Inside Owners.
Quindi, la prevalenza di un finanziamento “esterno” è in realtà un
finanziamento “interno”. Si conclude inoltre che le piccole aziende in
crescita, che operano in settori rischiosi, spesso dipendono da
finanziamenti di Business Angel e Venture capitalist. Viceversa, le
Capitolo Primo - IL VENTURE CAPITAL
12
imprese con entrate più stabili tendono a ricorrere al finanziamento di
banche e istituzioni finanziarie (Appendice A – tabella 2).
Gli investitori istituzionali e professionali intervengono in tutti gli
stadi della vita di un’impresa, secondo una strategia definita stage
financing
3
, vale a dire che essi apportano capitale di rischio in misura
differente in momenti successivi, proporzionalmente alle necessità di
ogni singola fase.
L’obiettivo principale di tale metodologia è l’evitare crisi di liquidità, che
potrebbero senza indugio far derivare la fine del business. Da
aggiungersi, lo stimolo continuo dato al management della partecipata
in vista del raggiungimento degli obiettivi.
L’investimento nel capitale di rischio è suddivisibile in informal
venture capital e in formal venture capital. I Business Angels
appartengono al primo genere, i Venture Capitalists e i Private Investors
al secondo.
Figura 1 - Investimento nel capitale di rischio
Fonte: elaborazione propria
3
AIFI, Venture Capital. Capitale di rischio per lo sviluppo, collaborazione di KPMG
Peat Marwick, prefazione di Vitale M., Edizioni del Sole 24 Ore, Milano, 1987.
Angel
Finance
Venture
Capital
Private
Equity
Capitolo Primo - IL VENTURE CAPITAL
13
I Business Angel sono investitori privati che apportano capitale in
cambio di una partecipazione nell’azienda. L’ammontare
dell’investimento è ridotto rispetto a quello di un VC e varia a seconda
se si agisce singolarmente o tramite un network come l’IBAN italiano, il
BBAA inglese, il BAND tedesco, etc.: fino a 200 mila sterline se investe
un singolo, circa 1.5 milioni di sterline se investe il network di Business
Angel
4
.
La loro peculiarità riguarda lo stadio di vita aziendale in cui
intervengono: si occupano prevalentemente di seed financing, start up
financing ed early stage financing
5
.
Si incrocino i dati dell’Appendice A – tabella 3 e 4 con quelli della tabella
sotto riportata, tutti riguardanti la Gran Bretagna: a fronte di un lieve
aumento nel numero degli investimenti effettuati (+9% per BBAA, +5%
per LINC), si ha una diminuzione del 13% nell’ammontare investito
complessivamente (da 57.8 a 50.5 milioni di sterline). Questa
osservazione è un riflesso della recente crisi economica.
Grafico 2 - Investimenti dei Network di Business Angel
Fonte: Mason C.M., Harrison R.T., Business Angel Annual Report 2009-2010, 2011
4
BVCA, A Guide to Private Equity, 2010.
5
Mason C.M., Harrison R.T., Business Angel Annual Report 2009-2010, 2011.
Capitolo Primo - IL VENTURE CAPITAL
14
Mentre i Business Angels colmano il funding gap relativo alla
sperimentazione e all’avvio di un prodotto o servizio, i Venture
capitalists supportano l’impresa nella fase di crescita e di sviluppo.
A loro volta, i Private Investors intervengono negli stadi successivi di
consolidamento e trasformazione.
I tre soggetti accompagnano quindi la vita dell’impresa dalla
sperimentazione sino al later stage, assumendo su di sé sia un rischio
operativo che un rischio finanziario. Inizialmente non è chiaro se si
troverà un mercato per il prodotto o servizio e, nel caso, se i capitali
investiti saranno recuperati.
Nella pagina seguente si riporta uno schema riassuntivo nel quale le
necessità aziendali, in continua evoluzione, si affiancano agli interventi
di apporto di capitale.
Per completezza, si sottolinea che i confini tra le tipologie non si
prestano ad una schematizzazione rigida, ma se ne ritiene comunque
utile un tentativo.
Capitolo Primo - IL VENTURE CAPITAL
15
Vita di un’impresa
Apporto di capitale
Sperimentazione
e avvio:
early stage financing
Seed capital
Start up capital
First stage capital
Crescita e sviluppo:
expansion financing,
development financing
Second stage capital
Third stage capital
Fourth stage capital
Sostituzione dell’azionariato
Replacement capital
Management Buy in
Management Buy out
Leveraged Buy out
Crisi e ristrutturazione:
turnaround financing
Accompagnamento alla quotazione Bridge capital
Figura 3 - Ciclo di vita di un’impresa e relativo apporto di capitale
Fonte: elaborazione propria