6
Esse, tuttavia, entrano in contatto tramite i due vertici, a cui corrispondono i
valori dinamici ascesa e discesa. In altri termini, il mondo degli oggetti
sensibili e il mondo delle pure forme costituiscono ciascuno un universo
autonomo, regolato da leggi e strutture proprie, a cui è dato di stabilire un
rapporto di reciproca comunicazione tramite i gesti, tra loro complementari,
dell’ascesa e della discesa. Il primo è il moto, frutto di una libera scelta, del
soggetto che decide di innalzarsi oltre la palude del sensibile per raggiungere
l’unità mistica con Dio. Il secondo è l’atto emanativo dell’Uno-Dio che, per
mezzo della sua ipostasi, il Logos-Cristo, discende lungo l’asse verticale che
unisce le basi fino alle estreme propaggini della materia.
Nella concreta architettura dei testi, la paradossale coincidenza di due regioni
ontologiche opposte si traduce nell’avvicendarsi di microsezioni, in cui le varie
componenti lessico-semantiche originano una catena di contrasti dominati dai
valori alto-basso. La frizione tra i due vertici del vettore simbolico genera così
un attrito che corrisponde allo spostamento del soggetto dialogico in senso
ascensionale o discensionale lungo la verticale del testo.
In questo senso, alto e basso agiscono come prototipi della relazione dialettica
implicata dall’immagine paradigmatica (la doppia piramide), ma possono
venire sostituiti da una serie di realizzazioni alloiconiche dei principi a cui essi
rimandano; se il valore alto coincide con Dio, e il suo corrispettivo negativo,
basso, con la materia, allora nel testo essi potranno alternarsi ad altre varianti
antinomiche, ciascuna delle quali riflette un attributo della diade Dio-materia:
luce-ombra, invisibile-visibile, incorporeo-corporeo, pesante-leggero. Il variare
delle componenti statiche di ciascuna coppia non altera l’esito dinamico del
loro attrito, che si esaurisce sempre nel valore positivo ascesa, o in quello
negativo discesa.
All’interno di ciascuna microsezione, gli attriti si verificano sia a livello della
singola frase, sia nell’ambito di più frasi tra loro contigue. Pertanto, prima di
ristabilire l’originario orientamento verticale dell’asse-testo, la catena può
saldarsi e spezzarsi più volte. Ogni microsezione, d’altra parte, costituisce un
movimento dialettico in sé concluso, i cui esiti tornano ad essere oggetto di
discussione – intesa come riposizionamento nello spazio simbolico – nella
sezione successiva, che ripropone, sebbene secondo un ordine diverso, le
medesime logiche tensionali della precedente.
7
La somma delle microsezioni genera il macrosistema testo, il quale di solito si
presenta in forma di dialogo, dunque come confronto dinamico fra idee
3
. Alto e
basso, ascesa e discesa percorrono così il testo dall’interno, poiché essi
agiscono non solo come valori costitutivi del suo tessuto lessico-semantico e
sintattico, ma anche come forme modellanti della sua veste pragmatica e
formale. Come un sasso che, una volta gettato in uno stagno, generi un numero
di cerchi concentrici, la coppia Dio-materia, gettata nel corpo del testo, dà
origine ad una architettura in cui ogni singola parte è riflesso delle altre. Allo
stesso modo, il sistema di sistemi rappresentato dall’intero corpus dei testi può
essere percorso in ogni sua direzione come se fosse uno
4
.
L’instabilità del piano del testo, come riflesso di un inesausto confronto
dialogico tra valori semantici opposti, replica così l’apparente paradosso
ontologico alla base del sistema-cosmo, dove due entità tra loro contrarie –
spirito e materia – interagiscono, annullandosi l’una nell’altra, tramite un
doppio movimento di ascesa e discesa.
Il primo stadio, quello dell’attrito dei contrari, produce gli esiti osservati da D.
Čyževs’kyj a proposito della natura dialettica della filosofia di Skovoroda, da
lui intesa come la somma di due stadi fra loro complementari: uno antitetico
[антитетика] e l’altro circolare [принцип коловороту]
5
. Dal secondo stadio di
tale dialettica, quello del reciproco annullamento, il testo deriva il suo grado di
unità, nonché l’omogeneità delle sue parti.
I fenomeni che Čyževs’kyj prende in esame come manifestazioni dell’Idea
saranno da noi analizzati come elementi costitutivi del testo. Osserveremo,
così, in che modo il linguaggio riflette e prende su di sé la forma essendi
dell’Idea. Il nostro percorso partirà da un singolo testo, il dialogo Beseda 1-ja,
narečennja Observatorium (Sion), del 1772, e, dopo averne messo a nudo i
meccanismi costitutivi, si allargherà agli altri testi del corpus dialogico, di cui
evidenzieremo le analogie tipologiche rispetto al testo di riferimento.
*
3
Sul significato della forma dialogica e sulla sua interazione con il pensiero di Skovoroda, si
veda L. Uškalov, Narysy, op.cit., in particolare le pp. 94-121.
4
Sul complesso dei testi di Skovoroda come uno spazio isomorfo si è soffermata L. Sofronova,
Tri miry Grigorija Skovorody, Moskva 2002, passim.
5
D. Čyževs’kyj, Filosofija Hryhorija Skovorody, Charkiv 2003 [Warsawa 1934], pp. 44-45.
8
Se, come si è visto, il sistema-testo rispecchia l’ordine gerarchico del sistema-
cosmo, dove il valore positivo alto deve essere riaffermato e difeso dalle spinte
discensionali del valore basso, il linguaggio, inteso come materiale di
costruzione di tale cosmo secondario, rappresenta l’unico strumento a
disposizione del soggetto dialogico per risalire lungo la verticale simbolica e
congiungersi al principio primo. Il linguaggio, cioè, agisce come strumento
primario nella comunicazione mistico-sacrale con il divino.
In questo modo, la situazione che si crea all’interno dei testi skovorodiani è
simile a quella osservata da A. Naumow a proposito delle convenzioni della
comunicazione letteraria nel medioevo slavo-ortodosso, dove Dio è presente
nel testo tramite la sua parola e, tuttavia, si trova al di fuori del mondo
rappresentato dal testo stesso
6
.
Dovremo tenere in considerazione, pertanto, non solo il funzionamento della
parola a livello molecolare – le microsezioni in cui è già in atto lo scontro
simbolico tra Dio e materia, alto e basso – ma anche l’aspetto atomico della
realizzazione verbale. Cercheremo di capire, cioè, quale sia la provenienza
delle unità (immagini, espressioni, singoli lessemi) che, nell’architettura
complessiva del testo, si dispongono secondo segmenti antitetici, consentendo,
al tempo stesso, il loro superamento nell’unio mystica con l’unità trascendente.
L’ipotesi che proveremo a verificare nel nostro secondo capitolo è che il
materiale di costruzione del testo-cosmo è in buona parte di provenienza
biblica, e che i diversi frammenti scritturali, in forma di citazione diretta o
indiretta (allusione, parafrasi, deformazione più o meno consapevole)
interagiscono con il testo in cui sono immessi, fungendo da attivatori semantici
delle tensioni dialettiche osservate sopra.
I modi in cui l’attivazione e l’integrazione prendono forma nelle varie
microsezioni verranno classificati, e i criteri di validità di tali classificazioni
saranno di volta in volta verificati tramite l’analisi comparativa degli eventuali
luoghi paralleli riscontrati all’interno del corpus
7
.
6
A. Naumow, Idea-Immagine-Testo. Studi sulla letteratura slavoecclesiastica, Alessandria
2004, passim.
7
Sulla rilevanza dei luoghi paralleli si veda anche quanto è stato detto sopra a proposito
dell’unità (o isomorfismo) delle parti che compongono il corpus.
9
Il dialogo attivo tra la parola biblica, metastorica, e l’architettura del testo,
storica, dà così origine ad una struttura che, come si è detto sopra, riflette
quella del cosmo in quanto luogo in cui le contraddizioni dell’immanenza
convivono con la possibilità del loro superamento nella trascendenza. Ciò
risulta ancora più significativo se si considera che, nella cosmologia
skovorodiana, la Bibbia costituisce un universo autonomo, un “mondo di
simboli” [мыр символичный], dove la rete di significazioni figurali
rappresenta il primo livello di intermediazione tra l’uomo e Dio
8
.
Replicando le forme di strutturazione gerarchica del cosmo primario, il cosmo
secondario del testo ha nella Bibbia il principale fattore costitutivo della
mediazione tra Dio e l’uomo. È infatti l’asse metastorico della Bibbia, Logos
divino, ad attivare quei nuclei di significato che consentono al soggetto
dialogico di ascendere lungo la verticale che conduce a Dio.
*
Dopo avere preso in esame gli esiti dell’incontro tra la Bibbia, intesa come
emanazione simbolica del Logos, il macrocosmo del testo e il microcosmo
umano, ci sposteremo ad analizzare i rapporti che uniscono il soggetto a se
stesso (il microcosmo) e al mondo esterno (il macrocosmo), e il ruolo svolto
dal livello intermedio del Logos nella costruzione di tali relazioni.
Nel terzo capitolo esamineremo i modi in cui il soggetto, conoscendo se stesso,
si annulla in Dio; in particolare, la nostra analisi coinvolgerà la realizzazione
linguistica del passaggio dallo stadio in cui l’io è ancora un oggetto del mondo
esterno (un non-io), a quello in cui diviene prima soggetto relativo, e poi
soggetto assoluto nell’unione con il principio trascendente.
La dialettica io-non io verrà intesa in termini spaziali, come transizione da un
esterno, che in larga parte coincide il valore basso, e in cui dominano l’alterità
e la mescolanza proprie di tale valore, ad un interno che corrisponde al grado di
massima individuazione. Esterno-interno, ibrido-singolo agiscono, cioè, come
8
“Cуть же тры мыры. Первый есть всеобщiй и мыр обительный, где все рожденное
обитает. Сей соcтавлен из безчисленных мыр-мыров и есть великiй мыр. Другый два
суть частный и малый мыры. Первый мiкрокозм, сиречь – человек. Вторый мыр,
символичный, сиречь Библiя” (Povzne zibrannja tvoriv v dvuch tomach, a cura di I.V. Ivan’o
e V.I. Šynkaruk, Kyjiv 1973, vol. I, p. 139).
10
realizzazioni alloiconiche della coppia paradigmatica alto-basso, modellando i
contorni simbolici dello spazio in cui si muove l’io che conosce se stesso.
La costruzione linguistica di tale spazio antinomico è affidata ad espressioni di
origine biblica in cui domina il contrasto tra la casa, intesa come spazio
altamente individualizzato anche da un punto di vista ontologico, e l’esterno,
inteso come luogo della mescolanza. Scegliendo di spostarsi da un luogo
all’altro – il che equivale a scendere o a salire lungo la verticale che collega
Dio alla materia – il soggetto costruisce dinamicamente la propria natura etica.
La verità (l’essere in Dio) non si dà così a priori, ma emerge in movimento dal
guscio delle contraddizioni sensibili.
Il passaggio dall’oggetto-io agli oggetti del mondo sarà preso in esame nel
quarto e ultimo capitolo. La relazione tra il soggetto e il macrocosmo si articola
in una serie di passaggi che, dal livello del sensibile (la base della prima
piramide), conducono alla conquista del piano metasensibile (la base della
piramide rovesciata). La coppia alto-basso torna così ad essere la realizzazione
primaria e modellante dell’itinerario dell’individuo attraverso i vari gradi
dell’essere. Conoscere l’essere più autentico significa elevarsi fino alle pure
forme, mentre la non conoscenza rimane ancorata al suolo sensibile.
Quest’ultimo contrasto si manifesta anche nella variante visibile-invisibile, e
ciò corrisponde, sul piano dell’Idea, al principio secondo cui tanto più una cosa
è nascosta, tanto più alto è il suo valore ontologico
9
.
La dialettica Dio-materia, visibile-invisibile, con cui deve confrontarsi il
soggetto che conosce, sarà da noi analizzata tramite un prisma “linguistico”:
essa, cioè, verrà letta come una proto-manifestazione dello iato tra significante
e significato. Ciò ci consentirà di chiarire il ruolo del filosofo skovorodiano
come mediatore tra la rete dei segni, rappresentata dalla materia-testo in cui si
incarna il Logos, e quella delle essenze. Pertanto, l’azione con cui lo
Skovoroda scrittore crea un sistema-testo in forma dialogica, in cui il soggetto
comunica con il divino per mezzo del linguaggio simbolico della Bibbia, è
uguale a quella con cui lo Skovoroda-filosofo conosce i principi primi delle
cose partendo dalla materia sensibile, leggendola, cioè, come il libro in cui il
9
Si veda Povne zibrannja, op.cit., vol. I, p. 174: “Видишь что не такова природа есть как ты
разсуждаешь. В ней то сильнее, что непоказнее”.
11
Logos imprime le sue tracce. In questo modo, Testo e Idea entrano in una
relazione di uguaglianza che ricalca, in larga misura, l’annullamento reciproco
di Dio e Materia.
La verticale che li unisce è rappresentata dallo scrittore-filosofo, il quale,
percorrendola nelle due direzioni, mette in comunicazione il trascendente con
l’immanente. Il percorso discensionale è quello della scrittura, o
dell’incarnazione del Logos; il percorso ascensionale è quello della filosofia, o
dell’intuizione del Logos
10
.
L’orizzonte teorico che consente questo doppio movimento, già osservato
sopra a proposito dei vettori simbolici che percorrono il testo, è quello del
neoplatonismo cristiano: in esso, la discesa di Dio nelle cose è compensata
dall’ascesa estatica dell’uomo fino a Dio. Ascesa e discesa avvengono tramite
il Logos, che funge da intermediario tra i due livelli
11
.
Per questo motivo, il nostro lavoro, oltre a studiare la realizzazione di tale
meccanismo nei testi, si occuperà di evidenziare, al loro interno, le concrete
influenze del pensiero neoplatonico-patristico. In particolare, il nostro interesse
sarà rivolto ad un esame critico delle analogie tra l’uso allegorico della parola
biblica da parte di Skovoroda e quello degli autori che egli amava di più:
Filone Alessandrino, Origene, Clemente Alessandrino, l’Areopagita, Massimo
il Confessore
12
.
L’esame delle fonti tenterà di rendere conto dei modi dell’integrazione
semantica della parola altrui (diacronica) entro il proprio sistema concettuale –
dato dall’intersecarsi dell’asse-Idea con l’asse-testo – e delle forme della sua
sincronizzazione.
In generale, l’appropriazione di immagini ricavate dall’allegoresi patristica si
accompagna a due fenomeni tra loro distinti: da un lato osserveremo
10
Sull’ars poetica come “esplicazione” – necessariamente discensionale – della Sapienza
divina, si veda L. Uškalov, K ejdologii vostočnoslavjanskoho barokko: Beznačal’naja istina v
ukrainskoj literature XVII-XVIII vekov, “Germenevtika drvenerusskoj literatury”, vol. VI, n. 2,
1993, p. 294.
11
Lo schema può essere facilmente desunto, tra i molti esempi a disposizione, dalla piramide
cusaniana. Si veda L. Uškalov, Narysy, op.cit., p. 12.
12
Sulle letture di Skovoroda, si veda la biografia scritta dall’amico e discepolo Kovalyns’kyj:
Žižn’ Grigorija Skovorody, in Povne zibrannja, op.cit., vol. II, pp. 439-475.
12
un’estensione, di solito retta dal criterio dell’analogia, dei termini di validità
che governano l’immagine; dall’altro dovremo registrare un’accentuazione
degli eventuali spunti sincretici presenti nel testo di riferimento.
Con il termine “sincretico” designeremo la tendenza a conciliare tradizioni
culturali di origine diversa; nel nostro caso, la sintesi investe la rivelazione
cristiana e gli esiti della filosofia greca. Tale tendenza, secondo quanto osserva
L. Uškalov, è fondata sull’assunto che esista una “verità non principiata”
[безначальная истина] che non si esplica orizzontalmente, sul piano
sincronico, ma verticalmente, in eterno. In questo modo, la sua essenza
percorre inalterata le diverse incarnazioni fenomeniche (Israele, Egitto, Grecia,
ecc…) di cui essa costituisce l’archetipo [первобраз]
13
.
Applicando il principio di un’unica verità metastorica alla decodificazione del
Logos divino, la Bibbia, Skovoroda coinvolge anche il proprio testo, che nella
Bibbia ha uno dei suoi principi costitutivi primari, nella catena discensionale
che dalla Verità – Dio, il protocreatore – arriva fino ai singoli creatori,
compreso il filosofo e scrittore Skovoroda
14
. Il testo, somma dei logoi
particolari come riflesso del Logos universale, si solleva così dall’asse
orizzontale del tempo storico per aderire a quello verticale dell’eterno.
Tuttavia, prima di giungere al vertice di quell’asse, la nostra personale ascesa
lungo la verticale del cosmo skovorodiano, di cui questo lavoro vuole
presentare gli esiti, inizierà dal basso. Inizierà, cioè, con il resoconto del
trattamento che la Storia ha riservato a Skovoroda.
13
K ejdologii, op.cit., p. 307.
14
Sulla catena creazione universale-creazione individuale, creazione divina-creazione umana,
si veda ivi, p. 293. Uškalov cita la Poetica di Dovhales’kyj; tuttavia, l’idea che la prima forma
di poesia sia quella di Dio al momento della creazione [poihsij] del mondo si trova espressa
già in Filone (Quod deterius, XXXIII, 124).
13
CAPITOLO I
200 ANNI DI SKOVORODIANA. PER UNA RASSEGNA RAGIONATA.
1.1. Premesse
Uno dei più brillanti tra gli studiosi di Skovoroda, D. Čyževs’kyj, ha affermato
che il sistema speculativo elaborato dal filosofo ucraino è, nella sua essenza più
profonda, radicalmente antitetico
15
. Paradossalmente, il principale problema
interpretativo che si presenta a chi voglia misurarsi con l’opera skovorodiana
non è costituito dalla tortuosità dei suoi aspetti teorici, ma dal carattere
estremamente contraddittorio e discontinuo dell’immensa letteratura critica
sorta nel corso degli ultimi due secoli attorno alla figura del poeta-filosofo.
Contraddittorietà e discontinuità sono due tratti in larga misura attribuibili al
susseguirsi dei rivolgimenti sociali, storici e politici che hanno contraddistinto
questi duecento anni di skovorodiana e al mutare della sensibilità interpretativa
che ha accompagnato tali eventi. La linea che rappresenta il percorso della
critica sulle tracce del filosofo ucraino conosce, nel corso del tempo, momenti
di inusitato vigore, assottigliamenti, incrinature, silenzi, biforcazioni, e, infine,
nuove fioriture.
In questo percorso a tratti doloroso, due eventi sono imprescindibili per una
valutazione obiettiva del complesso lascito critico che andremo ad analizzare
nel corso del capitolo: la nascita dell’Unione Sovietica, che ha come
conseguenza immediata l’ampliamento del solco teorico e metodologico tra gli
studi prodotti nell’Ucraina sovietica e quelli prodotti in Occidente, e la sua
fine. Accanto a queste due forze polarizzanti, vi sono altri nodi storici, di certo
meno traumatici, attorno ai quali si realizza un’inusitata concentrazione di studi
critici dedicati al filosofo, il cui tasso di variabilità teorico-interpretativa è,
come vedremo, molto alto.
L’obiettivo che si pone la nostra analisi della letteratura critica legata al nome
di Skovoroda è pertanto duplice. Da una parte, struttureremo il nostro percorso
in senso cronologico e quantitativo, isolando alcuni tra i principali nodi storici
in corrispondenza dei quali è possibile registrare un incremento della
produzione critica, e tenteremo di fornire una spiegazione dei corsi e ricorsi
della Skovoroda-reinassance.
15
D. Čyževs’kyj, Filosofija, op.cit., p. 10.
14
Dall’altra, offriremo una valutazione critica del trattamento interpretativo a cui
sono state sottoposte, nel corso dell’ultimo secolo, la metafisica e l’ontologia
skovorodiana, fornendo un’analisi comparativa delle posizioni occidentali e
sovietiche. Facendo ciò, tenteremo di evidenziare, al contempo, le importanti
spinte centrifughe interne al sistema apparentemente monolitico della
skovorodiana sovietica.
1.2. 1798-1893: gli albori.
Per quasi un secolo dopo la sua morte, avvenuta nel 1794, la figura di
Skovoroda resta avvolta nell’ombra. Sul filosofo ucraino si scrive poco, spesso
in termini poco lusinghieri – quando non apertamente spregiativi – e le sue
opere non conoscono alcuna forma di diffusione sistematica.
Nel 1798 esce, anonimo, a San Pietroburgo, il Narkiss, pubblicato da A.I.
Antonovskij all’interno della collana Biblioteka duchovnaja
16
. Otto anni dopo,
nel 1806, il Sionskij vestnik pubblica il trattato etico Načal’naja dver’ k
christianskomu dobronraviju
17
, che Skovoroda aveva scritto tra il 1765 e il
1766, nel periodo in cui insegnava teologia presso il Collegio di Charkiv.
A distanza di numerosi anni, nel 1837, le edizioni del “Čelovekoljubivoe
obščestvo” pubblicano a Mosca i dialoghi Beseda dvoe (1772), Družeskij
razgovor o duševnom mire (1774) e Ubogij žajvoronok
18
(1784). L’ultimo ad
uscire per le edizioni moscovite è Bran’ archistratiga Michaila so Satanoju
19
(1783), pubblicato nel 1839 con alcuni tagli della censura
20
. A questa sporadica
serie di pubblicazioni, in cui è difficile individuare un criterio guida di tipo
16
[H.S. Skovoroda], Biblioteka duchovnaja, soderžaščaja v sebe družeskie besedy o poznanii
samogo sebja, Sankt Peterburg 1798, pp. 1-193.
17
Načal’naja dver’ k christianskomu dobronraviju, in Sionskij vestnik, vol. III, 1806, pp. 156-
179.
18
Skovoroda, H.S., Beseda dvoe, Izdanie moskovskogo popečitel’nogo komiteta
“Čelovekoljubivogo obščestva”, 1837; id., Družeskij razgovor o duševnom mire, Izdanie
moskovskogo popečitel’nogo komiteta “Čelovekoljubivogo obščestva”; id., Ubogij
žajvoronok, Izdanie moskovskogo popečitel’nogo komiteta “Čelovekoljubivogo obščestva”.
19
Bran’ archistratiga Michaila so Satanoju, Izdanie moskovskogo popečitel’nogo komiteta
“Čelovekoljubivogo obščestva”, 1839.
20
Si veda L. Uškalov, S. Vakulenko, A. Evtušenko (a cura di), Dva stolittja skovorodjany:
bibliohrafyčnyj dovidnyk, Charkiv 2002, p. 23.
15
tematico o cronologico – in Beseda dvoe e Družeskij razgovor prevalgono le
questioni metafisiche; Ubogij žajvoronok è un trattato a sfondo etico-
pedagogico; Bran’ archistratiga Michaila, infine, è una complessa visio
escatologica di ascendenza apocrifa – segue un silenzio di quasi 50 anni,
interrotto, nel 1894, dalla prima pubblicazione completa delle opere a cura di
D.I. Bahalij.
Del contributo del Prof. Bahalij allo studio e alla diffusione dell’opera
skovorodiana diremo più dettagliatamente tra poco. Prima sarà invece
necessario offrire un resoconto dei rari studi critici che hanno visto la luce
negli anni che precedono il 1894.
Nella pubblicistica del XIX secolo gli accenni a Skovoroda sono frammentari e
discontinui. Li accomuna il giudizio sostanzialmente negativo formulato
attorno all’opera del filosofo, per lo più ritenuta “strana”, “fuori moda”,
“scolastica”. Il primo a menzionare il nome di Skovoroda, nel 1816, è V.
Maslovyč
21
, in uno studio, che, però, si limita a considerarne la produzione
favolistica. Seguono, a breve distanza di tempo, gli articoli di G. Gess de
Kal’ve [Hesse de Kalvè] e I. Vernet [Fernet] (1817)
22
, I. Snegirev (1823)
23
e A.
Chiždeu [Hâjdeu] (1831; 1835)
24
. In tutti i casi, la biografia del filosofo –
chierico vagante, solitario, jurodivyj – sembra destare maggiore interesse del
suo sistema speculativo, contribuendo così a generare un cliché interpretativo
che, nei suoi tratti fondamentali, si conserverà invariato fino ai tardi anni ’60
del secolo scorso
25
.
21
V. Maslovyč, O basne i basnopiscach raznych narodov, izvestija ob ich žizni s nekatorymi
zamečanijami na ich basni i sami basni onych, Charkov 1816.
22
G. Gess de Kal’ve [Hesse de Kalvè], I. Vernet [Fernet], Skovoroda, ukrainskij filosof,
“Ukrainskij vestnik”, n. 6, 1817, pp. 106-131.
23
I.M. Snegirev, Ukrainskij filosof Grigorij Savvič Skovoroda, “Otečestvennye zapiski”, vol.
XVI, n. 42, 1823, pp. 96-106.
24
A. Chiždeu [Hâjdeu], Tri pesni Skovorody, Teleskop, vol. VI, n. 24, pp. 578-580; id.,
Grigorij Varsava Skovoroda. Istoriko-kritičeskij očerk, Teleskop, vol. XXVI, n. 5, pp. 3-42.
25
L’atteggiamento critico che tende a decontestualizzare la figura di Skovoroda, esagerandone
l’autonomia (o l’unicità) culturale rispetto al proprio tempo, è inscindibile dal pregiudizio sulla
mancata originalità dell’offerta didattica Kievo-Moghiliana (presso la quale Skovoroda studiò
per più di 10 anni), di solito descritta come una versione compilativa dell’insegnamento svolto
nei collegi gesuiti polacchi, a loro volta orientati sulla tradizione della prima (Tommaso
16
L’unica eccezione di un certo rilievo nel panorama della skovorodiana
ottocentesca è costituita da M. Kostomarov
26
, che, in risposta ad un duro
attacco di V. Krestovskij
27
alla “morta filosofia”
28
di Skovoroda, ne difese
l’attualità e la libertà morale
29
.
1.3. 1893-1928: la prima riscoperta.
La fine del XIX secolo e l’inizio del XX vedono un’improvvisa crescita
dell’interesse attorno alla figura di Skovoroda. Nel 1894, a cento anni dalla
morte del filosofo, a Charkiv vede la luce la prima edizione completa
30
delle
opere, a cura di D.H. Bahalij
31
. Nel 1912, uscirà, questa volta a Pietroburgo,
un’altra edizione delle opere, a cura di V. Bonč-Bruevič
32
. Rispetto
all’edizione curata da D. Bahalij, la raccolta edita da Bonč-Bruevič presenta
alcune variazioni testuali relative ai dialoghi Aschan’, Izrailskij zmij [Silenus
Alcibiadis], Narkiss, Potop zmiin, Načal’naja dver’ k christianskomu
D’Aquino, Scoto, Ockham) e della seconda scolastica (Suarez, Oviedo, Fonseca).
L’aristotelismo dell’insegnamento moghiliano è sostenuto anche da un biografo di Skovoroda
come Lošic, che scrive già all’inizio degli anni ’70 (Ju. M. Lošic, Skovoroda, Moskva 1972, p.
18). Per un esame del contributo dello studio del lascito moghiliano ad una migliore
comprensione di Skovoroda, si veda 1.6. del presente lavoro.
26
M. Kostomarov, Otvet na stat’ju Vsevoloda Krestovskogo Chodatajstvo Kostomarova za
Skovorodu i Sreznevskogo, “Osnova”, n. 8, 1861, pp. 1-14.
27
V. Krestovskij, Chodatajstvo Kostomarova po delam Skovorody i Sreznevskogo, “Russkoe
slovo”, n. 8, 1861, pp. 79-87; id. Sočinenija v stichach i proze. Recenzija, “Russkoe slovo”, n.
7, pp. 46-50.
28
Sočinenija v stichach i proze. Recenzija, op.cit., p. 49.
29
Otvet na stat’ju, op.cit., p. 9.
30
Mancano, in questa edizione e in quelle successive (1912, 1961), i dialoghi Beseda 1-ja,
narečennaja Observatorium (Sion) e Beseda 2-ja, narečennaja Observatorium Specula,
ritrovati da Tabačnikov solo nel 1971, e pubblicati nell’edizione completa delle opere del 1973
(Povne zibrannja tvoriv u dvoch tomach, a cura di I.V. Ivan’o e V.I. Šynkaruk, Kyjiv 1973), e
l’epistolario. Si veda anche I.A. Tabačnikov, Nevidomi tvory H.S. Skovorody. Beseda 1-aja,
narečennaja Observatorium (Sion) i Beseda 2-aja, narečennaja Observatorium (Specula),
“Filosofs’ka dumka”, n. 5, 1971, pp. 94-107 e il secondo capitolo del presente lavoro (2.1.1).
31
Sočinenija Grigorija Savviča Skovoroda, sobrannye i redaktirovannye prof. D.I. Bagaleem,
Charkov 1894.
32
Sobranie sočinenij G.S. Skovorody. S biografiej G.S. Skovorody M.I. Kovalinskogo, s
zametkami i primečanijami V. Bonč-Brueviča, Sankt Peterburg 1912.
17
dobronraviju e alla Vita di Skovoroda scritta dall’amico e discepolo M.
Kovalins’kyj. Le variazioni sono descritte dal curatore in una serie di brevi
note esplicative preposte all’edizione a stampa dei rispettivi manoscritti
33
.
In concomitanza con l’accresciuta accessibilità dell’opera skovorodiana,
compaiono, a partire dal 1894, almeno una trentina tra articoli e monografie
dedicati al filosofo. Ricordiamo, tra essi, gli scritti di D. Bahalij apparsi su
Kievskaja starina alla fine del XIX secolo
34
e la monumentale monografia del
1926
35
(in seguito definita da V. Petrov “un’enciclopedia skovorodiana”
36
), la
monografia di V.F. Ern
37
, gli articoli di A.Ja. Efimenko
38
e F.A.
Zelenogorskij
39
.
La lettura di Skovoroda fornita da un filosofo idealista e slavofilo come V.
Ern
40
, già autore di due studi su Rosmini e Gioberti, di una monografia rimasta
33
V.D. Bonč-Bruevič, Po povodu opublikovanija podlinnogo teksta rukopisi M.I.
Kovalinskogo prof. D.I. Bagaleem v izdanii Charchovskogo istoriko-filologičeskogo obščestva,
in Sobranie sočinenij G.S. Skovorody, op.cit., pp. 43-49; id. K rukopisi Aschan’, ivi, p. 190; id.,
K rukopisi Izrailskij zmij, ivi, pp. 121-122; K rukopisi Potop zmiin, ivi, p. 530. Per un’analisi
comparata delle due edizioni si veda B. Strumiński, Textological Notes on Skovoroda’s
Alphabet, in R.H. Marshall e Th.E. Bird (a cura di) H.S. Skovoroda: An Anthology of Critical
Articles, Edmonton 1994, pp. 215-219. Il dato più interessante riscontrato da Strumiński, che
prende in considerazione anche l’edizione delle opere del 1973, è che i curatori di quest’ultima,
pur avendo a disposizione il manoscritto originale, non ne fecero uso, reiterando gli stessi
errori di trasmissione di Bahalij e Bonč-Bruevič (ivi, p. 219).
34
D.Bahalij, Ukrainskij filosof Grigorij Savvič Skovoroda, “Kievskaja starina”, vol. XLVIII, n.
2, 1895, pp. 145-169 ; n. 3 pp. 265-294 ; vol. XLIX, n. 6, pp. 272-300; id. Grigorij Savvič
Skovoroda. Ego učenie, žizn’ i značenie, “Sbornik Char’kovskogo istoriko-filologičeskogo
obščestva”, vol. XX, pp. 1-17.
35
Id., Ukrajins’kyj mandrovanyj filosof Hr. Sav. Skovoroda, Charkiv 1926.
36
V.M. Petrov, Do charakterystyki filosofskoho svitohljadu Skovorody. Včennja Skovorody pro
materiju, “Zapiski istoryčnoho filolohičnogo viddilu“, Kyjiv, UAN, vol. XIII-XIV, 1927, p. 32
(ristampato in „Chronicha 2000“, n. 39-40, 2000, pp. 587-602).
37
Grigorij Savvič Skovoroda. Žizn’ i učenie, Moskva 1912.
38
Filosof iz naroda, “Knižki nedeli”, 1894, pp. 7-30.
39
Filosofija Grigorija Savviča Skovorody, ukrainskogo filosofa XVIII stoletija, “Voprosy
filosofii i psichologii”, vol. XXIII, n. 3, 1894, pp. 197-235.
40
Si veda V.V. Zenkovsky, A History of Russian Philosophy, New York 1953, p. 918 e B.
Horowitz, Vladimir Ern and Hryhorii Skovoroda: A Historian and His Philosophical
Antithesis, “Journal of Ukrainian Studies”, vol. XXII, 1997, p. 97.
18
incompiuta su Platone e di alcuni articoli dai toni violentemente anti-
occidentali
41
, presenta numerosi problemi interpretativi, dovuti, in primo luogo,
alla sostanziale appropriazione della filosofia skovorodiana da parte di Ern e al
suo forzato adattamento al proprio sistema speculativo. La distorsione operata
da Ern, che scorge nel filosofo ucraino un apologeta del Logos slavo-ortodosso
contro la progressiva meccanizzazione della ratio occidentale, veniva fatta
notare già da Špet nel 1922. In un saggio, non privo di accenti polemici,
dedicato a Skovoroda
42
, Špet definiva la monografia di Ern un libro brillante,
ma che poco aveva a che vedere con il reale pensiero del filosofo ucraino.
Quest’ultimo, non avendo caratteristiche propriamente filosofiche,
difficilmente poteva venire ascritto al logizm erniano
43
.
Se Ern piega la biografia skovorodiana ad una lettura logocentrica
44
,
alimentando il cliché critico che predica l’inscindibilità di filosofia e vita
(quest’ultima un’incarnazione del Logos)
45
, la sua interpretazione dell’ossatura
teorica del sistema skovorodiano è, non senza ragione, platonica e dualista. Il
rapporto che si instaura tra cosmo invisibile e visibile ricalca, secondo Ern,
quello tra la forma (l’eidos) e la materia platoniche. La relazione dialettica che
unisce l’essere (la forma) e l’ente (la materia), al quale sono ascritti forti tratti
meonici
46
, è di dualismo assoluto, e non può in alcun modo condurre ad esiti
41
Ot Kanta k Kruppa, “Russkaja mysl’”, n. 12, 1914, pp. 112-118; Vremja slavjanofilstvuet,
ivi, pp. 119-124.
42
Očerk rasvitija russkoj filosofii, Petrograd 1922, pp. 68-83 (in particolare le pagine 69-70)
43
Ivi, p. 70.
44
Grigorij Savvič Skovoroda, op.cit., p. 29.
45
In base al cliché di cui si è detto in 1.2., Ern (Grigorij Savvič Skovoroda, op.cit., p. 124) nega
che l’ambiente culturale ucraino (e, più precisamente, quello kievo-moghiliano) abbia
esercitato una qualsivoglia influenza su Skovoroda, costruendo attorno alla figura del filosofo
un peculiare mito romantico, la cui conseguenza più immediata è di esagerare il momento
dell’autodeterminazione soggettiva della personalità intellettuale. Contro questo aspetto della
monografia di Ern si è espresso per primo M. Sumcov (Skovoroda i Ern, “Literaturno-
naukovyj visnik”, vol. LXIX, n. 1, 1918, p. 42). Si veda anche I.V. Ivan’o, Filosofija i styl’
myslennja Hryhorija Skovorody, Kyjiv 1983, p. 56.
46
Da m» Ôn, “non essere”. V. Ern, Grigorij Savvič Skovoroda, op.cit., p. 264.
19
conciliatori; questi ultimi sono impensabili in presenza dell’appartenenza di
uno dei due poli dialettici (la materia) al dominio del non-essere
47
.
L’esistenza di un rapporto di filiazione genetica tra gli scritti skovorodiani e
quelli platonici era stata sostenuta, alcuni anni prima, anche da V.F.
Zelenogorskij
48
. Platoniche, secondo Zelenogorskij, sono la preminenza
ontologica del cosmo invisibile su quello visibile, la determinazione dell’anima
come perpetuum mobile e la predilezione per il genere dialogico
49
. Orientata
sul platonismo è anche la lettura di D. Bahalij, per il quale la teoria
skovorodiana dei due principi (materia e forma) non presenta accenti dualistici,
ma monisti
50
; tuttavia, a dispetto di tali presupposti teorici, al momento di
fornire un’interpretazione dell’ermeneutica biblica skovorodiana, Bahalij
sembra ignorare l’influsso che ebbe su di essa il platonismo dell’allegoresi
alessandrina (Filone, Origene, Clemente), e, nel rifiuto della veste letterale
della Scrittura, lo studioso vede, piuttosto discutibilmente, una manifestazione
di libero pensiero
51
.
Un’interpretazione estremamente accurata del platonismo di Skovoroda è stata
fornita da V.M. Petrov al termine della prima Skovoroda-reinassance, nel
1927
52
. Petrov, che restringe il proprio campo di indagine al problema
ontologico e, in particolare, alla trattazione del rapporto tra materia e forma,
descrive con acutezza e precisione le analogie tra il sistema skovorodiano e
quello platonico, illustrando con esempi concreti tratti dai rispettivi testi le
47
Ibid.
48
Filosofija Grigorija Savviča Skovorody, op.cit., p. 222.
49
Ibid.
50
Ukrajins’kyj mandrovanyj filosof, op.cit., p. 395.
51
Ukrainskij filosof Grigorij Savvič Skovoroda, “Kievskaja starina”, vol. XLIX, n. 6, p. 278.
Queste affermazioni di Bahalij saranno duramente criticate da D. Čyževs’kyj (Filosofija,
op.cit., p. 123). Un analogo fraintendimento dell’esegesi allegorica skovorodiana si riscontra in
M. Sumcov e M. Javors’kyj (ibid.).
52
Do charakterystyki, op.cit. L’articolo è citato in termini positivi anche da Čyževs’kyj
(Filosofija, op.cit., p. 44), che lo recensì in due occasioni (“Abhandlugen des Ukrainischen
Wissenschaftlichen Institues in Berlin”, vol. II, 1929, pp. 190-191; “Ruch filosofický”, n. 8,
1929, p. 183).