II
Le considerazioni sulla patina sono profondamente legate alla società
contemporanea nel momento in cui riflettiamo su come si è modificata ed evoluta
la relazione tra gli oggetti e gli individui. Sì è passati da una situazione che
prevedeva il possesso come arma di esclusione sociale, alla condizione attuale che
riconosce nel consumo un’occasione per generare dei modelli di identificazione,
per costruire dei rapporti con gli altri e una collocazione all’interno della
complessa struttura sociale in cui viviamo. In questi termini si esprimono ad
esempio Mary Douglas e Baron Isherwood, nel momento in cui propongono di
considerare il consumo come “[…] un processo rituale la cui funzione primaria è
di dare un senso al flusso indistinto degli eventi”
1
e i beni come strumenti per
“[…] creare e conservare i rapporti sociali”
2
.
Il capitolo 2 riguarda l’evoluzione della figura del consumatore.
Quest’ultimo si è definitivamente affrancato dall’immagine di sprovveduta vittima
in balia delle astuzie del marketing e della pubblicità, per approdare ad una
dimensione che finalmente gli rende giustizia, quella cioè di individuo. Vengono
analizzati i fenomeni ritenuti più rappresentativi del nuovo ed evoluto rapporto tra
il mondo dei beni e quello del “professionista della scelta”: la dematerializzazione
dei prodotti, la componente edonistica nei consumi, la crescente attenzione
all’estetica come variabile che incide pesantemente nel processo d’acquisto, il
polisensualismo e l’approccio fusion.
Il capitolo 3 prende spunto dalle riflessioni relative ai processi di
“demercificazione”, che tutti noi mettiamo in atto al fine di rendere unici,
personali e irriproducibili alcuni beni che carichiamo di significati particolari.
Successivamente viene introdotto il tema della casa come sfera privilegiata in cui
si realizzano le pratiche di consumo quotidiane. L’abitazione quindi come
“strumento di comunicazione”, spazio dedicato all’identificazione personale, in
quanto legato alla sfera dell’intimità, ma anche occasione di rappresentazione
sociale, momento in cui decidiamo di aprire le porte ad amici e parenti.
1
Mary Douglas, Baron Isherwood, The World of Goods, New York, Basic Books, 1979; trad. it. di
Guido Maggioni, Il mondo delle cose. Oggetti, valore e consumo, Bologna, Il Mulino, 1984, p.73.
2
Op. cit., p.67
III
Nella casa i processi di attribuzione del significato sono particolarmente
evidenti, ricchi di sfaccettature, carichi di elementi simbolici, di rimandi che
riguardano anche le varie dimensioni che l’abitare può assumere.
Il capitolo 4 verte interamente sul tema del design, inteso come attività
progettuale che trae la sua forza dallo studio delle funzioni per poi approdare
all’aspetto estetico. È evidenziato come l’attuale riscoperta della casa, intesa come
luogo di socialità ma anche di espressione dell’io, determina un grande interesse
per il settore dell’arredamento di design, e in particolare per le emozioni e le
suggestioni che riesce a trasmettere.
I prodotti di design diventano per il consumatore i nuovi “oggetti del
desiderio”. Attento a tutto ciò che si differenzia dall’offerta standardizzata, egli
percepisce nel design lo strumento, a cui da tempo stava “dando la caccia”, per
dare forma e sostanza alle proprie esigenze, ai propri sogni. Design quindi come
compagno di avventure dell’individuo che desidera confrontarsi con l’universo
dei consumi in modo completamente nuovo.
Il capitolo 5 è dedicato al design inteso come funzione aziendale. Il design
costituisce per le aziende, che si contraddistinguono per una produzione e per una
vision fortemente design oriented, un valore aggiunto che non si esaurisce nel
design del prodotto. In queste realtà aziendali il design permea l’intera struttura,
permettendo all’azienda di risultare fortemente coerente in tutte le sue attività, da
quelle produttive a quelle comunicazionali. Il design non è uno strumento in mano
all’ufficio marketing, da utilizzare al fine di incrementare le vendite, ma una vera
e propria “filosofia”, che deve coinvolgere tutta l’azienda, orientandola nella non
facile transizione dal design del prodotto al “design della domanda”.
L’ultimo capitolo, il sesto, contiene l’analisi della case history di Kartell,
azienda leader nell’utilizzo delle materie plastiche per complementi d’arredo. La
sua produzione si contraddistingue per un design innovativo, anticipatore di
tendenze, e per una continua sperimentazione sulle tecnologie; questi due punti di
forza ne fanno una delle aziende leader d’arredamento di design nel mondo.
L’immagine dell’azienda è coerente con i prodotti proposti, che si rivelano dei
veri e propri portabandiera nel mondo del design made in Italy, sperimentatore e
laboratorio di idee.
IV
La scelta è ricaduta su Kartell perché si scorge in essa il vero spirito
dell’azienda “votata” al design: sperimentatrice, anticonvenzionale, anticipatrice
di tendenze, curiosa, attenta agli aspetti glamour del prodotto senza mai tradire la
ricerca e la sperimentazione delle funzioni.
1
Capitolo 1
Il consumo tra storia e sociologia
1.1. Panoramica storica
Lo studio della società dei consumi abbraccia uno spazio temporale molto vasto
ed è proprio da un’analisi della complessità delle trasformazioni che si sono
succedute nei secoli, che è possibile capire l’origine di essa e le evoluzioni che
hanno portato i consumi a essere una caratteristica fondamentale della nostra
società.
Questo elaborato inizia quindi con un approccio di carattere storico, che si
prefigge l’obiettivo di individuare gli albori della società dei consumi, compito di
non immediata soluzione in quanto è stato a lungo oggetto di studio e discussione
tra i sociologi. Peter Corrigan afferma infatti che
i sociologi, se venisse chiesto loro di collocare nel tempo gli albori
della società industriale, non avrebbero difficoltà a fissarli nei primi
decenni del XIX secolo o forse ancora prima. Ma se venisse chiesto
loro d’indicare una data d’inizio per la società dei consumi li si
potrebbe mettere in difficoltà
1
.
1
Peter Corrigan, The Sociology of Consumption. An introduction, Thousand Oaks and New Delhi,
Sage Publications of London, 1997; trad.it. di Ariela Mortara, La sociologia dei consumi, Milano,
Franco Angeli, 1999, p. 18.
2
1.1.1. Grant McCracken: il consumo originato
dalla politica
Secondo lo studioso Grant McCracken
2
il consumo ha cominciato ad avere un
ruolo importante in Europa grazie alle trasformazioni in atto nell’Inghilterra
elisabettiana della fine del XVI secolo.
Il principio guida di Elisabetta I fu quello di centralizzare il potere nelle
sue mani, avendo il pieno controllo sui favori che i nobili richiedevano alla
corona, e di mostrare al mondo lo splendore e l’opulenza del suo governo
attraverso cerimonie e spettacoli sontuosi.
Mantenere questa ricchezza si rivelò economicamente dispendioso e la
regina trovò il modo di far pagare alla nobiltà parte delle spese. Vi riuscì
modificando il rituale di corte in vigore fino ad allora: i nobili, che erano abituati a
ricevere doni e favori dalla corona attraverso vari intermediari senza spostarsi
dalla loro residenza, si videro obbligati a recarsi direttamente a Londra al cospetto
della sovrana e a partecipare al cerimoniale regale nel tentativo di distinguersi gli
uni dagli altri attraverso abiti sempre più raffinati, feste più sontuose e regali più
costosi. I nobili si trovarono costretti a sperperare molto denaro per recarsi nella
capitale e contendersi i favori della regina in quanto la competizione con i pari
grado era notevole.
L’affermazione, che potrebbe sembrare strana, che il consumo avrebbe
avuto origine dalla sfera politica, e non dai desideri dei singoli, trova quindi per
l’autore legittimazione nelle conseguenze di questa inversione di tendenza
approntata da Elisabetta I. La regina infatti diede impulso ad una vera e propria
accelerazione dei consumi ostentativi all’interno della corte che determinò
importantissime conseguenze all’esterno di essa, in quelli che erano i rapporti
delle famiglie con i beni.
2
Grant McCracken, Culture and Consumption. New Approaches to the Symbolic Character of
Consumer Goods and Activities, Bloomington and Indianapolis, Indiana University Press, 1988.
Cfr. Egeria Di Nallo (a cura di), Il significato sociale del consumo, Roma, Editori Laterza, 1997,
pp.175-185 e anche Vanni Codeluppi, La sociologia dei consumi. Teorie classiche e prospettive
contemporanee, Roma, Carocci Editore, 2001, pp.21-22; 119-123.
3
Cominciò a diffondersi la tendenza a spendere meno per le generazioni
future e di più per le esigenze del presente e questa fu un’evoluzione di grande
portata, in quanto fino ad allora era consuetudine tramandare di padre in figlio i
beni domestici come simbolo di prestigio e onore della famiglia.
L’invecchiamento dei beni era sinonimo di prestigio e la loro accumulazione e
perpetuazione nel tempo era una pratica che garantiva la trasmissione dell’onore
dalle generazioni precedenti a quelle successive. Il soggetto di consumo si
concretizzava nella famiglia, non nel singolo.
Nel nuovo sistema sociale instaurato dalla regina, avido di beni per
affermare il proprio status, non ci si poteva accontentare che il prestigio venisse
dall’antichità dei beni e si assistette ad un rovesciamento di prospettiva. L’eredità
familiare cessò di essere una garanzia e il nuovo, il moderno assunse il ruolo
principale sulla scena dei consumi. Nasce così il fenomeno della moda.
Per quanto riguarda i cambiamenti avvenuti all’interno della comunità
locale, anche questi furono di grande importanza. Prima della rivoluzione attuata
da Elisabetta I, la nobiltà rappresentava per la servitù e i subordinati in generale la
garanzia per la loro sopravvivenza perché dai nobili proveniva il denaro che poi si
sarebbe in parte riversato, tramite l’offerta di servigi, sui componenti della
comunità sulla quale il nobile esercitava il proprio potere. Ma dopo l’esplosione
dei consumi a corte e il conseguente allontanamento dei nobili dalle loro
proprietà, anche questo legame, che sembrava immutabile, venne stravolto. La
ricchezza dei nobili era destinata alla dispendiosa rincorsa ai favori della regina e i
subordinati ne beneficiarono sempre meno.
Ne conseguì anche uno sfasamento dei valori che fino ad allora erano
condivisi riguardo al consumo. Nobiltà e subordinati appartenevano a classi
sociali diverse, ma fino ad allora erano entrambe concordi nel giudicare quali beni
conferivano prestigio e quali no. Ora invece i nobili spendevano per possedere
oggetti sempre nuovi con la stesso orgoglio e la stessa convinzione, se non
maggiori, con la quale fino a poco prima esponevano in casa l’antico candelabro
ereditato dalla nonna. Nasce così la prima divisione della società in diverse
dimensioni del consumo, le quali si sono ripetutamente moltiplicate determinando
l’evidente complessità che caratterizza le tendenze del consumo dei nostri giorni.
4
1.1.2. Il declino della patina
Abbiamo visto come la convinzione che il prestigio derivasse dal possesso di
oggetti domestici antichi fosse radicata nella società del XVI secolo prima delle
trasformazioni che ebbero come centro propulsore la corte elisabettiana.
McCracken fornisce, come evidenza della sua tesi, il fenomeno del declino della
patina e di come ciò segnò un profondo cambiamento della società dell’epoca.
Gli oggetti come mobili, quadri, suppellettili comunicavano la loro
antichità, e di conseguenza lo status sociale di chi li possedeva, attraverso i segni
del tempo che vi si potevano osservare. Questi segni del tempo generavano una
superficie diversa, di colore più spento, che è la patina. La patina era garanzia agli
occhi degli altri che l’oggetto in questione fosse di proprietà della famiglia da
molto tempo e dell’elevata classe sociale di chi lo possedeva.
Quello che a noi oggi può far sorridere era una certezza di indiscutibile
importanza per gli individui dell’epoca, che avevano come metro di misurazione
della classe di appartenenza quello della patina. Ciò che McCracken sottolinea è
che la grande importanza ad essa attribuita derivava dal fatto che non poteva
essere imitata o riprodotta dalle classi sociali in competizione. I beni di prestigio
che non presentavano i segni del passare del tempo indicavano sì una persona
ricca, ma non davano garanzia che fosse di rispettabili origini e quest’ultimo
parametro era di notevole importanza, in quanto proteggeva le classi superiori
dagli arrampicatori sociali. Tenere a distanza coloro che desideravano avvicinarsi
ad uno status sociale superiore era necessario per mantenere i privilegi acquisiti e
non disperdere le ricchezze.
Secondo McCracken quindi “nel tempo la patina è stata lentamente
sopravanzata dalla moda”
3
, moda che era figlia della frenetica rincorsa ai consumi
praticata dalla nobiltà inglese a Londra. Il nuovo scalzò via il vecchio, l’antico e
di conseguenza anche la patina. I beni dopo un certo periodo passavano di moda e
dovevano essere sostituiti, in quanto ciò che ora determinava la ricchezza era il
possesso di oggetti sempre in linea con le ultime tendenze.
3
Codeluppi, La sociologia dei consumi, cit., p.22.
5
Questo stravolgimento ha avuto grandi conseguenze nella società. La
ricchezza non derivava più dal possesso di oggetti antichi ma da quello di oggetti
nuovi e questo significava che essa si era trasformata da “statica” in “dinamica”,
in quanto ottenibile da persone che avevano fatto fortuna pur non avendo nobili
natali e che ambivano a uno status sociale superiore. Le classi inferiori ebbero
quindi la possibilità di imitare quelle superiori e questo diede vita ai consumi di
natura emulativa, nel tentativo si sembrare appartenenti ad un ceto superiore pur
non possedendone i requisiti “di nascita”. Il denaro necessario per acquistare
nuovi oggetti era uguale a quello dei nobili.
L’inaspettata vulnerabilità della nobiltà e la sensazione di non essere più
inavvicinabile spinse quest’ultima a cercare di differenziarsi in continuazione, con
il risultato di generare un circolo vizioso dei consumi che vedeva le classi inferiori
sempre alla rincorsa dell’ultima moda lanciata da quelle superiori.
1.1.3. L’Inghilterra del XVIII secolo: dalla
rivoluzione industriale alla rivoluzione
dei consumi.
La diffusione degli oggetti alla moda tra un maggior numero di classi sociali fu
possibile in Inghilterra grazie all’avvento della rivoluzione industriale nel XVIII
secolo. È in questa fase storica che secondo McKendrick
4
si devono collocare gli
inizi della società dei consumi, le cui motivazioni dello sviluppo vanno ricercate
mediante delle analisi di tipo economico. Secondo l’autore “la rivoluzione dei
consumi [è stata] il necessario corrispettivo della rivoluzione industriale”
5
. Vi è
quindi uno spostamento di prospettiva rispetto a quanto teorizzato da McCracken,
il quale dava una spiegazione di natura politica all’accelerazione dei consumi.
4
Neil McKendrick, John Brewer e J.H Plumb, The Birth of a Consumer Society. The
Commercialization of Eighteenth-century England, Bloomington, Indiana University Press, 1982.
Cfr. anche Codeluppi, La sociologia dei consumi. Teorie classiche e prospettive contemporanee,
pp.23-25.
5
McKendrick et al., cit., p.9; citato in Roberta Sassatelli, Consumo, cultura e società, Bologna, Il
Mulino, 2004, p.26.
6
L’ondata di prosperità economica derivante dallo sviluppo in Inghilterra
del settore industriale determina un aumento dell’offerta sul mercato che va a
riequilibrarsi incontrando un’altrettanto elevata domanda di beni. Vengono così
alla luce secondo McKendrick gli inizi dei consumi di massa che si
contrappongono a quelli che dal XVI secolo fino ad allora erano stati i consumi
d’élite.
L’autore osserva come questa spinta ai consumi è stata determinata da un
gran numero di persone che lavorano come operai nelle nascenti industrie e che a
loro volta percepiscono un guadagno maggiore rispetto a quando lavoravano la
terra per conto del signore locale o producevano manufatti all’interno delle loro
abitazioni. Essi stessi diventano i consumatori di oggetti che fino a poco tempo
prima non rientravano nel loro universo di consumo e che di lì a poco avrebbero
permesso loro di ostentare in pubblico uno status maggiore di quello effettivo,
anche grazie alla relativa prossimità dei ceti che costituivano la società in
Inghilterra, il che rendeva più semplice il passaggio da uno all’altro rispetto ad
altri paesi.
In questo meccanismo di emulazione che dalla corte si propaga alla nobiltà
e di riflesso alle classi inferiori, si inseriscono altri soggetti che fino ad allora non
ne avevano fatto parte. Potremmo definirli gli antenati dei moderni marketing e
pubblicità, che sono applicati dai produttori di oggetti domestici di un certo rilievo
per rendere i loro prodotti desiderabili dalle signore di buona famiglia e
assolutamente indispensabili da quelle che desideravano sembrarlo. Ancora una
volta la nascita del consumismo viene fatta derivare dal consumo di tipo
emulativo.
Come ultima osservazione, si può notare che la moda incomincia ad
esercitare la sua influenza in un numero sempre maggiore di settori e la
conseguente rapidità con la quale gli oggetti devono essere sostituiti per non
cessare di essere indicatori di status determina la supremazia dell’essere di moda
rispetto al valore d’uso degli oggetti.
7
1.1.4. Il contributo del Romanticismo al
consumo e la nascente ricerca della
gratificazione de sé.
I contributi di McCracken e McKendrick evidenziano un’analisi dei nascenti
comportamenti di consumo che non si sofferma sulla realtà all’interno del
consumatore, ma rimane al livello più superficiale dei rapporti all’interno della
società. Colin Campbell
6
si oppone alla tesi di McKendrick, soprattutto per quanto
riguarda il concetto dell’invidia e dell’emulazione come motivazioni del consumo
moderno, proponendo una spiegazione che prende in considerazione l’interiorità
dei nascenti consumatori dell’era moderna, le loro aspirazioni, che all’autore
appaiono svincolate dalla corsa al riconoscimento dello status sociale e più
intimamente legate alla gratificazione del sé. Campbell osserva:
Bisogna rendersi conto che i consumatori cercano non tanto
soddisfazione dai prodotti, quanto piacere dalle esperienze
autoillusorie che essi costruiscono sulla base dei significati attribuiti a
quei prodotti. L’attività fondamentale del consumo è così non la
scelta, l’acquisto o l’uso dei prodotti, ma la ricerca del piacere
immaginativo che si presta all’immagine del prodotto, dato che il
‘vero’ consumo è in larga parte una risultante di questo edonismo
‘mentalistico’. (…) Il ciclo desiderio-acquisto-uso-disillusione-nuovo
desiderio è una caratteristica generale dell’edonismo moderno
7
.
È interessante notare come questa affermazione si riveli di sorprendente
modernità nel momento in cui la caliamo nel contesto di consumo nel quale
viviamo al giorno d’oggi
8
.
6
Colin Campbell, The Romantic Ethic and the Spirit of Modern Consumerism, Oxford, Basil
Blackwell, 1987; trad. it. L’etica romantica e lo spirito del consumismo moderno, Roma, Edizioni
lavoro,1992. Cfr. anche Codeluppi, La sociologia dei consumi. Teorie classiche e prospettive
contemporanee, cit., pp.30-34.
7
Campbell, op. cit.; citato in Giovanni Cutolo, Lusso e design. Etica, estetica e mercato del gusto,
Milano, Editrice Abitare Segesta, 2003, p.26.
8
Cfr. riflessioni di Ampelio Bucci, L’impresa guidata dalle idee. Management della moda e del
design, Milano, Domus Academy, 1992, p.33-34; cfr. anche Gianpaolo Fabris, Il nuovo
consumatore: verso il postmoderno, Milano, Franco Angeli, 2003, p.85-91.
8
Campbell articola il suo pensiero contrapponendo al consumo tradizionale
quello moderno. Il primo si caratterizza per la presenza di modelli di consumo
stabili che permettono, oltre che a livello di disponibilità economiche anche a
livello di moralità dei consumi, pochi acquisti. Vi sono pochi oggetti a
disposizione e quindi consumare in modo corretto è un compito che si poteva
assolvere con facilità.
Nelle società moderne, al contrario, l’abbondanza dei beni presenti nel
mercato determina una moltitudine di differenti possibili consumi che portano il
consumatore a diventare un “professionista della scelta”
9
.
Il contributo del Romanticismo attribuito da Campbell alla nascita del
consumo moderno, è da ricercarsi nel fatto che l’individuo che si forma in questo
periodo è alla ricerca di gratificazioni personali diverse da quelle caratteristiche
del consumo tradizionale. È proprio in questo contesto che si sviluppa l’idea del
sé; l’uomo è visto come essere unico e irripetibile che nell’universo del consumo
cerca la sua dimensione nel tentativo di affermare la propria personalità per non
essere travolto dai gusti mediocri.
Gli artisti del XVIII secolo sono un esempio di questa situazione. Essi
vivono il contrasto tra un’interiorità ricca di sfumature, che desidera esprimersi
per dare libero sfogo al proprio genio, e una società ancora legata alla tradizione
che vuole ritrovare nell’espressione artistica e negli oggetti da essa prodotti
un’imprescindibile funzione morale. È grazie al Romanticismo che il consumo di
prodotti culturali si affranca dall’intento didattico-moralistico per divenire
occasione di contatto con le emozioni e le esperienze provate dall’artista.
Quello dei consumi culturali è un argomento che Campbell approfondisce
aggiungendo che a questa categoria appartengono anche i romanzi, i quali, a
differenza di preziosi quadri e sculture riservati a pochi eletti, erano accessibili
alla popolosa classe media. La diffusione del romanzo, sia di livello che popolare,
è un momento importante nello sviluppo della società dei consumi. Le giovani
donne della classe media sono affascinate dalle vicende narrate e leggono per
provare delle esperienze emozionanti, per evadere dalla quotidianità e calarsi nel
mondo descritto dallo scrittore.
9
Bucci, L’impresa guidata dalle idee. Management della moda e del design, cit., p.65.
9
Ovviamente i mondi descritti stridono tristemente con la realtà delle donne
dell’epoca, mettendo in rilievo i limiti della loro esistenza, sottolineando le loro
ristrettezze economiche e la banalità della loro vita. Con la maggiore diffusione
dell’alfabetizzazione sempre più donne provano sentimenti di insoddisfazione per
la loro quotidianità, e i vincoli dettati dalla tradizione diventano sempre più mal
tollerati.
Campbell afferma che dall’arte e dal romanzo si passò ad altri prodotti
culturali fino a quelli di massa, nel tentativo di colmare i desideri e soddisfare i
piaceri che si fanno sempre più prepotentemente largo negli animi dei
consumatori. La gratificazione del sé prende il sopravvento su qualsiasi altra
motivazione d’acquisto. In questa evoluzione possiamo scorgere facilmente quello
che noi oggi chiamiamo edonismo e che è una delle sfumature che caratterizzano
l’individuo moderno e le sue attitudini al consumo
10
.
10
Cfr. considerazioni sull’edonismo in Fabris, Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, cit.,
p.166. Si rimanda inoltre al capitolo 2., paragrafo 2.4.