I.PRESENTAZIONE DELLA POESIA E RELATIVE CRITICHE
La poesia che stiamo per analizzare è Voyelles, scritta
dal poeta francese Arthur Rimbaud nel 1870-71. Questa
tesina si propone di confutare tramite un approccio
analitico le divergenti interpretazioni della poesia
stessa; solo l’inserimento dell’opera nello specifico
contesto storico-culturale e individuale che la genera e
caratterizza permette una pertinente comprensione della
stessa.
VOYELLES
A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu: voyelles,
Je dirai quelque jour vos naissances latentes:
A, noir corset velu des mouches éclatantes
Qui bombinent autour des puanteurs cruelles,
Golfes d’ombre; E, candeurs des vapeurs et des tentes,
lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons
d’ombrelles;
I, pourpes, sang craché, rire des lèvres belles
Dans la colère ou les ivresses pénitentes;
U, cicles, vibrements divins des mers virides,
Paix des patis semés d’animaux, ais des rides
Que l’alchimie imprime aux grands fronts studieux;
o, suprem Clairon plein des strideurs étranges,
silences traversés des Mondes et des Anges:
- O l’Omega, rayon violet de Se Yeux!
Traduzione:
VOCALI
A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
io dirò un giorno le vostre nascite latenti:
A, nero corsetto, vello di mosche splendenti,
ronzanti intorno a crudeli fetori, golfi
d’ombra; E, candore di vapori e tende, lance
di ghiacciai fieri, bianchi re, frementi umbelle
I, porpore, sputo di sangue, labbra belle
In riso di collera o d’ebbrezze penitenti;
U, cicli, vibramenti divini dei viridi mari,
pace d’animali al pascolo, pace di rughe
impresse dall’alchimia su ampie fronti studiose;
O, tromba suprema piena d’arcani stridori,
silenzi attraversati dagli Angeli e dai Mondi:
- Oh, l’Omega, di quei Suoi Occhi il raggio viola!
Tale poesia rappresenta uno dei più strepitosi e
durevoli fallimenti di tutta la critica letteraria,
benché non vi fossero particolari difficoltà intorno
alla data di composizione e restasse quindi libero il
campo per un’interpretazione che partisse dal testo, e
si muovesse poi in una sua contestualizzazione.
Al contrario, è stato proposto un inventario di teorie
genetiche, che intendevano analizzare la poesia
spiegando il motivo per cui, ad esempio, per Rimbaud la
A fosse nera piuttosto che rossa, senza porsi nessuna
domanda sull’essere proprio di questo poème.
Gaubert per esempio, quando nel 1904 cercava di
liquidare il problema segnalando che Rimbaud, da
piccolo, aveva avuto un abbecedario in cui la lettera A
era nera, la I bianca etc, voleva rendere conto
dell’”audiction coloreée” mediante una relazione di
tipo esteriore tra significante e significato, che si
appellasse ad un precedente esperienza del poeta. Ma
critiche simili non potevano che scontrarsi con il
lavoro, che vi è ininterrotto, delle metafore, vissuto
da Rimbaud come un’esperienza essenziale.
Altri tentarono d’unificare i dati sensibili e
l’attività dello spirito. Se A è nera, sostengono, è
poiché tale lettera assomiglia, con quella specie di
corsetto, ad una mosca, che è nera; è alla luce di
simili spiegazioni che Margoni nella sua analisi
dell’opera collega il violetto dell’omega col colore
d’occhi della donna amata, ipotesi piuttosto arbitraria
e messa fuori discussione anche dai commenti di altri
poeti a Rimbaud contemporanei. In questo modo viene sì
ridata al poeta la libertà di decisione metaforica
giudicata indispensabile al divenire della poesia, ma
resta però da capire perché Rimbaud avrebbe associato
l’A alla mosca che è nera, e non ad esempio all’ape,
fulva come l’oro. L’immobilizzazione sui particolari
della poesia non permette di comprendere che essa ha
una visione unitiva e un fine, una totalità
significante. Al contrario, si muta in un vizio di
pensiero che permette di ignorare la propria personale
mancanza di libertà, ovvero l’arbitrarietà della
relazione tra significante e significato, e salvare la
vecchia ragione. E a tal proposito pare insufficiente
anche un’altra interpretazione, quella di Gérard
Genette, nonostante abbia una sua profondità: egli sa
che è vano radunare senza un’idea d’insieme alcune
identificazioni casuali e, piuttosto che pensare a quel
parallelo tra cinque vocali e cinque colori come ad un
autentica vicinanza creata da Rimbaud, lo concepisce
come presentimento d’una somiglianza strutturale fra il
gruppo delle vocali e lo spettro dei colori.
Ma resteranno tutte interpretazioni superficiali,
incomplete e infondate, poiché non vanno ad scovare il
perché Rimbaud si occupi di questa somiglianza, non
analizzano il fatto che egli associa lettere a colori,
e questi ad immagini scompaginate, confuse. Una reale
analisi del sonetto può avere inizio solo nel momento
in cui quello che appare ancora motivazione singola e
specifica è ripreso come semplice strumento di cui si
serve il poeta per la propria ricerca. La questione
fondamentale quindi su cui improntare una analisi non è
più perché Rimbaud inventi determinati colori per
determinate vocali, ma il fatto stesso che egli associ
sistemi di significazione diversi; la teoria analitica
di Wittgenstein ci aiuterà a comprendere questo
fondamentale passaggio, questa diversa prospettiva di
pensiero.
II. WITTGENSTEIN E I FRAINTENDIMENTI
LINGUISTICI.
Già nella prefazione del Tractatus logicus-
philosophicus Wittgenstein sostiene che il nostro
discorso non può esprimere il contenuto di argomenti
trascendentali o metafisici senza inevitabilmente
incappare in fraintendimenti di tipo linguistico che ne
alterano la validità. E’ infatti una forzatura del
linguaggio stesso il pretendere che esso si associ a
questioni “Mistiche” (dove per Mistico s’intende tutto
ciò che non è contingente: la religione, la filosofia,
la valorizzazione etica ed estetica…) così come le
scienze naturali studiano e riflettono parti del mondo
fisico.
4.003:le proposizioni e le domande che si sono scritte
su cose filosofiche sono per la maggior parte
non false, ma insensate. Perciò a domande di
questa specie noi non possiamo affatto
rispondere, ma possiamo solo constatare la loro
insensatezza. Le domande e le proposizioni dei
filosofi si fondano per la maggior parte sul
fatto che noi non comprendiamo la nostra logica
del linguaggio. Esse sono come la domanda se il
bene sia più o meno identico al bello. Né
meraviglia che i problemi più profondi non siano
in realtà problemi.
4.116:tutto ciò che possa essere pensato può essere
pensato chiaramenente. Tutto ciò che può
formularsi può formularsi chiaramente.
7:su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
E cosa porta Wittgenstein alla drastica soluzione del
suicidio filosofico? L’arbitrarietà della relazione
significante-significato in proposizioni che non
affermano la sussistenza di uno stato di cose. Il
confronto e l’adesione con la realtà è l’unico metro
che ci permette di valutare la sensatezza
dell’espressione linguistica. Le proposizioni che
trattano invece di argomenti astratti, e che quindi
non si limitano ad affermare la sussistenza di uno
stato di cose, sono sintatticamente coerenti ma la
loro sensatezza non è garantita dalla sola sintassi
logica:
3.322:non può mai indicare il carattere comune di due
oggetti il designarli con lo stesso segno, ma
mediante due differenti modi di designazione.
Infatti il segno è arbitrario. Si potrebbero
dunque anche scegliere due segni differenti, e
ove allora rimarrebbe ciò che è comune alla
designazione?.
3.322:nel linguaggio comune avviene molto di
frequente che la parola designi in modo
differente (dunque appartenga a simboli
differenti), o che due parole, che designano in
modo differente, esteriormente siano applicate
nella proposizione allo stesso modo.
3.324:E’ così che facilmente nascono le confusioni
più fondamentali (delle quali la filosofia è
piena).
3.325:per evitare questi errori dobbiamo impiegare un
linguaggio segnico, il quale li escluda non
impiegando, apparentemente nello stesso modo,
segni che designano in modo differente. Un
linguaggio segnico che si conformi alla
grammatica logica (alla sintassi logica).
6.4:tutte le proposizioni sono di uguale valore.
Queste proposizioni riflettono in maniera perfetta le
contraddizioni in cui si scontrano le diverse analisi
della poesia. Essendo il campo della critica
letteraria, e quindi della valutazione estetica, ogni
possibile simbolizzazione perde la sua necessità,
divenendo arbitraria. Per cui non è lecito domandarsi
perché la A sia nera piuttosto che rossa; essa
potrebbe essere anche fosforescente, maculata, poco
cambierebbe per quanto riguarda la comprensione della
poesia e il significato che essa ci trasmette nel suo
insieme. Così come non ha senso discutere riguardo
l’origine delle associazioni stesse; che essa derivi
da un ricordo legato all’infanzia del poeta, o che
egli resti semplicemente influenzato dalla forma
delle lettere, sono ipotesi parimenti plausibili ma
comunque insensate poiché siamo nel campo del
Mistico. Ogni critica risulta quindi insensata
poiché, concentrandosi su relazioni tra segni prive
di significato, inessenziali al simbolo, diviene
tautologia. Così come nessuno mi vieta di dire: “ Un
gatto è un cane” ma resto ben consapevole del fatto
che tale possibilità sintattica non implica alcuna
validità sul piano del significato, così posso
attribuire ad ogni associazione lettera-colore il
significato o l’origine che più mi aggrada, ma ciò
non accresce di nulla la conoscenza sulla poesia
stessa, anzi deprime la critica a sterile disguido
linguistico.
Questo implica la dissoluzione di ogni possibile
critica letteraria? Di ogni ulteriore
approfondimento? Wittgenstein ci indica una diversa
prospettiva in cui poter valorizzare l’opera senza
incappare in errori linguistici:
6.41:Il senso del mondo è fuori di esso. Nel mondo
tutto è come è, tutto avviene come avviene; non
v’è in esso alcun valore né, se vi fosse,
avrebbe valore.
Se un valore che abbia valore v’è, esso
dev’essere fuori d’ogni avvenire ed essere-così.
Infatti, ogni avvenire ed essere-così è
accidentale. Ciò che li rende non accidentali
non può essere nel mondo, che altrimenti
sarebbe, a sua volta, accidentale. Dev’essere
fuori dal mondo.
6.421:E’ chiaro che l’etica non può formularsi.
L’etica è trascendentale. (Etica ed estetica
sono un tutt’uno).
Un giudizio estetico dell’opera decontestualizzata e
dei suoi aspetti specifici non ha validità in quanto la
poesia è da considerarsi un punto di partenza, non
d’arrivo. Inutile discutere sul perché sia articolata
in QUEL determinato modo, poiché difficilmente potremmo
venirne a conoscenza e poi comunque, se anche colori e
lettere fossero stati combinati diversamente, o
avessimo la certezza che il poeta li abbia scelti in
base a un suo ricordo infantile, cosa cambierebbe a
livello di comprensione della poesia? Essa resta
comunque un opera contingente, accidentale, e in quanto
tale non può essere ricettacolo del proprio valore e
significato, attributi necessari; questi vanno cercati
al di fuori della stessa, svincolandosi da una
schematica significazione personale e contestualizzando
la poesia nel più ampio panorama letterario, in modo
da poterla cogliere nella sua interezza e complessità.
Lontani dal pericoloso campo delle interpretazioni
soggettive, ci limitiamo a valorizzarla in quanto
importante momento di un percorso letterario e
filosofico in continuo mutamento; nella propria
legittima dimensione ecco ricomporsi il significato
ultimo di Voyelles, l’unico a cui possiam a buon
diritto abbandonarci. Qualsiasi altro atto analitico,
chiarificatorio dell’opera, risulterebbe solamente un
tentativo di godere del senso di liberazione che
otteniamo quando ci illudiamo di aver compreso un
significato che prima ci sfuggiva. Ma non è alla
serenità personale che dovrebbe mirare una corretta
analisi testuale.
E’ invece necessario analizzare il periodo precedente e
quello contemporaneo a Rimbaud, nonché le altre opere
del poeta scritte nello stesso periodo.
III. L’AVANGUARDIA DA RIMBAUD
Possiamo senza dubbio considerare Rimbaud uno dei
pionieri del movimento delle avanguardie, sorto appunto
alla fine dell’800 parallelamente al fenomeno del
modernismo, da cui però si distingue per significativi
aspetti che sarà utile analizzare ai fini della nostra
ricerca. Entrambi i movimenti hanno un comune
progenitore, Baudelaire; egli fu uno dei primi a far
notare l’effetto disgregativo della moderna esaltazione
della storia e, pur restando fedele al punto di vista
del suo tempo, volle imporre una qualche forma di
dimensione trascendentale che la cultura del tempo
pareva rifiutare. Inoltre, malgrado restasse ancora
influenzato dagli ideali di bellezza visionaria e
necessità di spingersi verso l’ignoto del tardo
romanticismo, sentiva già pesare sul suo ruolo di poeta
tutta la disperazione e la frustrazione che avrebbero
animato l’alienazione e la “militanza estetica” dei
futuri artisti. L’esaltazione dell’opera d’arte come
approdo separato dal mondo ,come strategia per
sopportare le pressioni della modernità culturale lo
rende però più vicino ai modernisti che alle
avanguardie. Entrambi i movimenti sono infatti
consapevoli della stupidità della nuova cultura
borghese, della sua meschinità etica e dei suoi limiti
filosofici che provocano negli artisti un forte senso
di alienazione. Però si distinguono notevolmente per la
diversa valutazione sociale ed estetica circa la
collocazione culturale dello scrittore, per le diverse
reazioni estetiche all’estraniazione dai valori
dominanti. I modernisti credono più ad un arte d’elite,
che non abbia possibilità d’influire sul caos privo di
significato e sul declino culturale tipici del fluire
della storia moderna, esaltando quindi l’ordine, sia
estetico che politico. Opera è sì una protesta contro
le condizioni sociali dominanti, ma resta comunque
sottomessa rispetto al mondo cui s’oppone, in quanto
resta frutto della sola alienazione dell’individuo.
L’avanguardia al contrario nutre viva speranza nella
riunificazione progressista dello scrittore con la
società, pur restando consapevole del baratro esistente
tra questo e quelli a cui si rivolge. Nell’avanguardia
si riflette il desiderio di avere un nuovo ruolo,
attivo, nella società, si immagina tramite il proprio
lavoro un mutamento radicale della stessa. Ci troviamo
di fronte ad un livello di protesta diverso rispetto a
quello dei modernisti: dall’antagonismo sociale si
arriva al nichilismo, dall’innovazione formale allo
sperimentalismo provocatorio, e dall’aspirazione ad una
dimensione trascendentale di arte e società ad una
invocazione dei poteri visionari dello scrittore.