CAPITOLO I
LA TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE
SEZIONE I
L’ AMBIENTE: IL BENE GIURIDICO DI
CATEGORIA
1. La nozione di ambiente
Preliminare all’esame di un qualsiasi delitto ambientale, quale
l’inquinamento ambientale di cui ci accingiamo a trattare, è l ’analisi
del concetto di ambiente inteso nella sua accezione squisitamente
penalistica di bene giuridico tutelato.
Considerato che si tratta di una nozione relativamente “giovane”
nell’ambito del diritto penale, una inopinabile identificazione di cosa
debba intendersi per ambiente e per tutela dello stesso
2
non è ancora
2
Dagli anni ’70 e ’80 si sono diffuse varie opere generali riguardo alla tutela dell’ambiente, tra cui si
ricordano: NUVOLONE, I pretori e l’inquinamento delle acque, in Ind. Pen. 1971, 312; BRICOLA,
Aspetti penalistici degli inquinamenti, in Diritto e ambiente. Materiali di dottrina e giurisprudenza,
commentati da ALMERIGHI e ALPA, II, Padova, 1987, 7; VERGINE A. L., Ambiente nel diritto
penale (tutela dell’), in Digesto delle discipline penalistiche, IX, Torino, 1995, 755; CATENACCI,
La tutela penale dell’ambiente. Contributo all’analisi delle norme penali a struttura
‹‹sanzionatoria››, Padova, 1996; PLANTAMURA, Diritto penale e tutela dell’ambiente: tra
responsabilità individuale e degli enti, Bari, 2007; SIRACUSA, La tutela penale dell’ambiente. Bene
giuridico e tecniche di incriminazione, Milano, 2007; BERNASCONI, Il reato ambientale. Tipicità,
offensività, antigiuridicità, colpevolezza, Pisa, 2008; RUGA RIVA, Diritto penale dell’ambiente,
Torino, 2011.
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possibile vista la presenza di varie visioni prospettate in materia
dagli interpreti.
È concepibile innanzitutto una nozione ampia di tutela dell’ambiente
in contrapposizione ad una ristretta
3
; la seconda si riferisce
esclusivamente alle componenti della biosfera, ovvero aria, acqua e
suolo, oltre alla flora ed alla fauna che la abitano
4
; la prima
accezione, c.d. allargata, invece includerebbe anche ulteriori
elementi, quali il paesaggio, i beni culturali, il territorio, l’assetto
urbanistico. Secondo tale visione l’ambiente è “ sinonimo di «luoghi»,
e per «tutela dell’ambiente» si intende la salvaguardia delle diverse
utilità sociali che un certo stato di quegli stessi «luoghi» si trova a
garantire. A simile accezione, com’è evidente, non può attribuirsi
alcuna funzione definitoria, essendo essa in realtà così ampia da
coincidere, almeno potenzialmente, con l’intero habitat. Ciò
nondimeno, vi è pur sempre qualcosa che accomuna le diverse entità
ad essa riconducibili, siano esse naturali (fiumi, laghi etc.) o opera
dell’Uomo (monumenti, spazi architettonici etc.); ed è che il loro
essere «beni» deriva da una preventiva e puntuale qualificazione di
tipo sociologico-culturale. Tali entità diventano cioè meritevoli di
tutela solo se ed in quanto riconosciute utili a soddisfare specifici
3
Così CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente, cit., 15.
4
RUGA RIVA, Diritto penale dell’ambiente, 2
a
ed., Torino, 2013, 3.
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3
bisogni collettivi; esse anzi, non di rado, inca rnano valori
tradizionali (si pensi qui ad es. ancora una volta al paesaggio o al
patrimonio artistico-culturale), che la nuova sensibilità «ecologica»
induce semplicemente a rivalutare, sia pur su nuove basi ”
5
.
Da prospettive differenti si rilevano ulter iori dicotomie relative
all’accezione del bene giuridico ambiente: quella tra l’approccio c.d.
pluralista e c.d. monista e quella tra la concezione “antropocentrica”
ed “ecocentrica”. Di quest’ultima contrapposizione, tra l’altro
particolarmente vicina a questioni di etica e morale, tratteremo nel
prossimo paragrafo; ora è invece opportuno meglio individuare i
concetti di ambiente in senso pluralista e monista.
Si tratta di due differenti visioni dell’ambiente in senso penalistico,
l’una volta a frazionarne la nozione (pluralista), valorizzandone le
singole componenti, e l’altra tesa a concepirlo come bene unitar io ed
omnicomprensivo (monista). Considerata la presenza dei principi di
tassatività e determinatezza nel diritto penale, n ozioni sfuggenti ed
estese di ambiente tendenti ad operare una reductio ad unum, seppur
suggestive sul piano comunicativo, sono state ritenute inopportune in
dottrina ed andrebbero invece preferiti “ riferimenti più circoscritti e
5
CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente, cit., Padova, 1996, 15.
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dotati di un significato convogliabile i n una formula precettiva, tanto
più se sotto la minaccia di una sanzione punitiva ”
6
.
Così sono stati identificati vari possibili frazionamenti d el bene
giuridico ambiente tra i quali ha prevalso la tripartizione, ormai
ritenuta “classica”
7
, in ambiente paesaggio, ambiente diviso nelle tre
componenti di acqua, aria e suolo ed infine ambiente urbanistico.
Dal punto di vista della legislazione in materia ambientale, è stata
inoltre prospettata una peculiare teoria pluralista ed ampia di
ambiente, secondo la quale basandosi sull’oggetto materiale tutelato
sarebbe possibile individuare i due filoni normativi della “tutela
dell’ambiente” e della “tutela dei beni ambientali” (equiparati ai beni
culturali); “con la «tutela dell’ambiente» si assumono ad oggetto
materiale i soli elementi fondamentali della biosfera (acque, aria e
suolo) e li si tutela in quanto ecosistemi, vale a dire in quanto spazi
nei quali e grazie ai quali si svolge un certo ciclo biologico che
costituisce così il vero e proprio bene oggetto d i protezione. Fatta
dunque eccezione per alcune ipotesi, il nostro ordinamento giuridico,
per «tutela dell’ambiente» intende, almeno in linea di principio, la
sola tutela dell’equilibrio di ciò che i biologi chiamano ecosistemi
6
DE SANTIS, Diritto penale dell’ambiente. Un’ipotesi sistematica, Milano, 2012, 50; nello stesso
senso anche BERNASCONI, Il reato ambientale, cit., 13.
7
DE SANTIS, op. cit., 50.
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5
naturali, ed indica, di conseguenza quale significato tassativo ed
inequivocabile dell’espressione inquinamento, l’evento della «grave
alterazione dell’equilibrio ecologico di acque, aria e suolo» ”
8
.
Parallela a questo concetto di tutela ambientale, ci sarebbe la “tutela
dei beni ambientali” (e culturali), con la quale “ si assumono invece
ad oggetto materiale, più genericamente, i «luoghi di vita», e ciò al
fine di garantirne un certo stato che li qualifica, a sua volta, come
«paesaggio», «bene archeologico», «zona agricola», «patr imonio
culturale», e così via. Sono dunque potenziali «beni ambientali» sia
le «cose» che formano oggetto della tutela dell’ambiente (acqua, aria
e suolo), sia alcune delle componenti l’ambiente «costruito»
dall’Uomo (ad es. complessi artistici ed archeolo gici, edifici di
interesse storico, etc.). Ciò che tuttavia segna la differenza con la
tutela dell’ambiente in senso stretto sono i presupposti e la ragione
della protezione accordata ai «luoghi di vita»: realtà naturalistiche
o costruite sono cioè protette in quanto fornite di una particolare
qualificazione giuridica (per l’appunto, bellezze naturali,
patrimonio storico-artistico, zone di interesse archeologico etc.) e
non nelle loro qualità naturali intrinseche ”
9
.
8
CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente, cit., 28.
9
CATENACCI, La tutela penale dell’ambiente, cit., 29.
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Posta l’attenzione ai vari contrasti sul la nozione di ambiente in senso
penalistico, è da richiamare in conclusione una particolare ipotesi
10
secondo cui il diritto penale dell’ambiente non sarebbe volto tanto
alla tutela di beni giuridici ambientali, quanto di funzioni
amministrative. Specificamente esso tutelerebbe la funzione di
pianificazione e controllo delle pubbliche amministrazioni preposte
ai vari settori (rifiuti, acqua, urbanistica, ecc.) e lo farebbe per mezzo
di norme che incriminano l’esercizio di attività determinate (apertura
di scarichi idrici o in atmosfera, gestione di rifiuti, ecc.) senza
autorizzazione o in difformità dalle relative prescrizioni.
Effettivamente norme siffatte sono molto frequenti nell’ambito del
diritto penale ambientale, ma la tesi per cui il bene finale da es se
tutelato sarebbero le funzioni amministrative è da criticare poiché si
tratterebbe chiaramente di un utilizzo improprio del diritto penale ,
che “anziché tutelare beni preesistenti all’intervento del legislatore
proteggerebbe funzioni amministrative, dun que un quid artificiale,
di creazione normativa”
11
. Tuttalpiù la c.d. tutela di funzioni potrà
avere rilievo quale interesse tutelato in via indiretta e strumentale,
senza però perdere di vista l’ambiente quale bene giuridico finale,
10
RUGA RIVA, Diritto penale dell’ambiente, 2
a
ed., cit., 12.
11
RUGA RIVA, Diritto penale dell’ambiente, 2
a
ed., cit., 12.
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7
così da evitare disposizioni che anticipino eccessivamente la tutela
penale rispetto a condotte di per sé inidonee a danneggiarlo o
metterlo in pericolo.
Come si vedrà in seguito un passo avanti in tal senso è stato fatto
proprio con la legge n. 68 del 2015 per mezzo dell’introduzione di
delitti ambientali di evento, volti a posticipare la tutela penale
rispetto ai reati di pericolo astratto o concreto tradizionalmente
previsti in materia.
2. Le concezioni antropocentrica ed ecocentrica
dell’ambiente
La disputa tra la concezione dell’ambiente in chiave antropocentrica
od ecocentrica è questione, come si accennava, più vicina all’etica
che al diritto; effettivamente è il rapporto morale tra gli esseri umani
e l’ambiente il punto focale attorno al quale le du e visioni si
scontrano, rapporto che è specifico oggetto di studio proprio
dell’etica ambientale, disciplina nata come sotto -disciplina della
filosofia agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso per sfidare la
tradizionale visione antropocentrica dell’amb iente, cercando di
assegnare allo stesso un proprio valore intrinseco autonomo.
12
12
G. DE SANTIS, op. cit., 23.
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Proprio in questo consiste la visione ecocentrica dell’ambiente, cioè
nel considerarlo un bene autonomamente meritevole di protezione
sostenendo che tutti gli esseri abbiano un proprio valore insito
nell’appartenere al mondo naturale.
Ad essa si oppone la concezione antropocentrica, la quale al contrario
individua un valore intrinseco esclusivamente nell’uomo
(antropocentrismo assoluto) o comunque a questo assegna un maggior
valore rispetto a tutte le cose non umane, per cui la protezione degli
interessi umani a scapito delle cose non umane risulta essere
giustificata (antropocentrismo relativo) . In tale prospettiva,
decisamente prevalente nella tradizione occidentale, l’ambiente
naturale sarebbe da considerare solo come servente al benessere
umano e dunque degno di protezione solo in funzione di tale fine
ultimo
13
.
Trasponendo la dicotomia dal piano etico -filosofico a quello più
squisitamente giuridico e specificamente penalistico, la concezione
ecocentrica troverebbe sostegno nell’art. 117 Cost. che, in seguito
alla modifica del 2001
14
, contiene nell’elenco delle materie per le
quali è attribuita potestà legislativa esclusiva allo Stato “ la tutela
dell’ambiente e degli ecosistemi” (comma 2, lett. s), considerando
13
In tal senso Aristotele affermava che la natura “ha fatto tutte le cose specificamente per l’uomo” e
che il valore delle cose non umane in natura è solo strumentale, in Politica, Bk. 1, Ch. 8.
14
Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3