8
regolamentazione dei propri interessi, consistente nella capacità dell’individuo di costituire,
modificare o estinguere i rapporti giuridici patrimoniali che lo riguardano. Si parla, di
conseguenza, di delitti plurioffensivi, poiché in queste fattispecie non viene colpito
esclusivamente il patrimonio della persona offesa, ma anche l’autonomia negoziale dei privati
4
.
Possiamo dunque dire che il bene tutelato dai delitti del titolo XIII non è soltanto la proprietà,
ma anche ogni altro diritto reale, le situazioni possessorie derivanti da status giuridici diversi da
quelli del proprietario e, in certe situazioni, anche i diritti di obbligazione, nella misura in cui
abbiano un contenuto patrimoniale. Insomma, il vero oggetto della tutela è il patrimonio,
definibile come «il complesso dei rapporti giuridici di contenuto patrimoniale che fanno capo a
una persona».
5
.
1.2. Il bene patrimonio nella Costituzione Repubblicana del 1948.
Ci si può chiedere oggi se la normativa penale vigente in materia di tutela del patrimonio sia
adeguata al nuovo sistema costituzionale entrato in vigore nel 1948.
La risposta è quasi sicuramente negativa, per il fatto che nel Codice Rocco era stato riservato
al patrimonio un ruolo di tendenziale preminenza nella gerarchia dei beni tutelati dal sistema
penale, addirittura superiore a quello stabilito per il bene fondamentale della persona.
Questa impostazione deriva dalla tradizione borghese - individualistica ancora imperante nel
1930 ed è stata superata dal sistema costituzionale varato nel 1948, secondo il quale il
patrimonio assume solamente il rango di bene secondario, nel senso che viene tutelato nella
misura in cui serve allo sviluppo della personalità dell’individuo, essendo quest’ultimo il bene
primario e prevalentemente tutelato dalla Carta fondamentale italiana
6
.
Il patrimonio viene, inoltre, posto al di sotto di interessi di natura sovraindividuale nella
gerarchia dei valori che la Costituzione prevede di tutelare.
4
MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, Padova, 2006, 12.
5
FIANDACA - MUSCO, I delitti contro il patrimonio, in Diritto penale. Parte speciale, Bologna, 2005, 3.
9
Lo stesso diritto di proprietà, espressamente tutelato nel codice penale Zanardelli, pur
essendo riconosciuto dall’art. 42 della Costituzione, non trova più quel carattere di assolutezza e
preminenza
che le era riconosciuto nel precedente Statuto Albertino: il comma terzo dell’art. 42 Cost.,
infatti, prevede che il diritto di proprietà possa subire delle limitazioni per motivi di interesse
generale.
La tutela apprestata dall’ordinamento italiano nei confronti del patrimonio presenta dunque
caratteri di sopravvalutazione derivanti, come detto poco sopra, dalla cultura dominante nel
periodo fascista degli anni ’30
7
.
La sproporzione esistente fra la tutela del patrimonio e quella di altri beni, in primis quelli
relativi alla persona, appare evidente in seguito ad un’analisi del regime sanzionatorio previsto
per i relativi delitti: infatti, per esempio, il delitto di lesioni gravi, ex art. 583 c.p. è punito meno
gravemente, da tre a sette anni, di un delitto di furto pluriaggravato, ex art. 625.2 c.p., da tre a
dieci anni
8
.
Questo dato ci fa capire come il codice Rocco abbia assegnato al patrimonio una tutela che al
giorno d’oggi risulta eccessiva, dato che il bene patrimonio non è più posto al vertice della
gerarchia di valori tutelati dalla Costituzione repubblicana.
I principi fondamentali del nostro sistema penale, fra i quali quello di proporzione, di
sussidiarietà, di offensività della condotta, impongono al Legislatore italiano un intervento sulla
normativa in materia, che crei una nuova armonia tra le norme del codice penale e i principi
sanciti nella Costituzione.
6
FIANDACA - MUSCO, I delitti contro il patrimonio, cit., 17.
7
MOCCIA, Tutela penale del patrimonio e principi costituzionali, Padova, 1988, 13.
8
MOCCIA, Tutela penale del patrimonio e principi costituzionali, cit., 17.
10
2. La nozione di “patrimonio” secondo il diritto penale.
2.1. Il problema delle nozioni generali.
Nell’analisi dei delitti patrimoniali previsti dal codice penale, ci si trova di fronte
all’interpretazione necessaria di concetti che non appartengono esclusivamente al diritto penale,
ma anche ad altri campi del diritto, fra i quali, in particolare, il diritto civile.
Questi concetti sono, oltre al patrimonio, di cui tratteremo a breve, soprattutto quelli di
proprietà, possesso, detenzione, altruità, danno e profitto.
Sorge a questo punto il problema se tali termini debbano essere interpretati alla luce del
solo diritto penale, del solo diritto civile, oppure se in maniera mediata tra i due.
Si possono riscontrare in dottrina tre orientamenti principali riguardo la soluzione di questo
problema:
a) secondo la tesi civilistica, muovendo dal presupposto della natura meramente
accessoria del diritto penale, i concetti e termini delle fattispecie dei delitti contro il
patrimonio devono essere interpretati con il medesimo significato che essi assumono
nel diritto civile. Questa tesi si giustifica soprattutto con l’asserzione che non vi può
essere all’interno del medesimo ordinamento giuridico un’interpretazione differenziata
dei medesimi concetti a seconda del campo in cui essi devono essere utilizzati, per cui
si deve dare precedenza al diritto civile. Tale tesi, tuttavia si rivela unilaterale sia dal
punto di vista delle premesse teoriche, sia da quello delle conclusioni pratiche, data la
insufficienza delle nozioni civilistiche di fare efficacemente fronte alle esigenze del
sistema penale
9
.
b) Secondo la tesi autonomistica, partendo dal presupposto che il diritto penale abbia
natura costitutiva, i concetti giuridici suddetti devono essere interpretati in maniera
autonoma all’interno di tale branca dell’ordinamento, in vista dello scopo che esso si
9
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), in Enciclopedia giuridica, XII, Roma, 1990, 3; MARANI -
FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, cit., 12.
11
propone di raggiungere
10
. Tuttavia, questa corrente di pensiero risulta anch’essa
unilaterale, poiché arriva al punto di rifiutare la possibilità che questi concetti
assumano il medesimo significato sia nel campo civile che in quello penale
11
.
c) Gran parte della dottrina, ritiene preferibile una tesi cosiddetta relativistica o
intermedia
12
, la quale non nega a priori la possibilità di una corrispondenza di
significato tra nozioni civilistiche e penalistiche e consiglia all’interprete di seguire il
criterio dettato dal principio di realtà, in base al quale risolvere i problemi
interpretativi alla luce del loro risultato pratico, dato che, come afferma il Mantovani,
dovrebbe essere la dogmatica a servire la pratica e ad adeguarsi alla logica del reale e
non il contrario
13
.
I problemi interpretativi, dunque, andrebbero risolti caso per caso, a seconda dello
scopo cui tende il sistema penale con la criminalizzazione di una determinata condotta
e delle conseguenze che deriverebbero da un’interpretazione piuttosto che di un’altra.
Bisogna, inoltre, tenere presente il principio dell’unità dell’ordinamento, secondo il
quale un termine deve assumere tendenzialmente la medesima accezione in ogni ramo
dell’ordinamento, ma non ci si deve limitare a questo.
In determinati casi, infatti, si può attribuire un significato autonomo al termine di cui si
tratta allo scopo di perseguire al meglio gli scopi propri del diritto penale, in presenza
di giustificate ragioni che consiglino all’interprete di rifiutare l’interpretazione data dal
diritto civile
14
.
10
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), cit., 3.
11
ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte speciale, Milano, 2002, 270; MARANI - FRANCESCHETTI, I reati
contro il patrimonio, cit., 13.
12
MANTOVANI, Delitti contro il patrimonio, in Diritto penale. Parte speciale, II, Padova, 2002, 16.
13
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), cit., 4.
14
FIANDACA - MUSCO, I delitti contro il patrimonio, cit., 22.
12
2.2. Le varie concezioni di “patrimonio”.
Il bene principalmente tutelato dalle fattispecie di reato contenuto nel titolo XIII del libro II
del codice penale è, dunque, il patrimonio.
Tuttavia, il termine “patrimonio” viene utilizzato dal legislatore esclusivamente nella rubrica
generale di apertura del titolo di cui si tratta, mentre non viene impiegato nella descrizione delle
singole fattispecie
15
.
Nonostante questo, è indubbio che sia di estrema importanza determinare la corretta
interpretazione di tale nozione alla luce del diritto penale, soprattutto per determinare in maniera
più precisa nel concreto quali offese al patrimonio debbano rivestire una rilevanza penale.
È, inoltre, molto importante sottolineare la duplice funzione limitativa svolta dal patrimonio,
in quanto esso funge sia da limite esterno, nel senso di escludere l’operatività delle norme del
titolo XIII nei confronti di quelle fattispecie di reato che non offendano tale bene, sia da limite
interno, nel senso di escludere la rilevanza penale di tutte quelle condotte che non incidano
negativamente sul patrimonio della vittima
16
.
Le controversie in merito alla interpretazione da assegnare al termine “patrimonio” in campo
penale sono molto accese.
A fronteggiarsi troviamo principalmente tre concezioni di patrimonio contrapposte:
a) la concezione giuridica, secondo la quale il patrimonio va inteso come la somma dei
rapporti giuridici patrimoniali facenti capo ad una persona, siano essi attivi o passivi
17
.
Conseguentemente, il danno patrimoniale consisterebbe nella mera perdita o
diminuzione di tali diritti
18
.
15
MILITELLO, voce Patrimonio, in Digesto delle discipline penalistiche, IX, Torino, 1995, 280.
16
MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, cit., 12.
17
MILITELLO, voce Patrimonio, cit., 281; ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte speciale, cit., 271.
18
MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, cit., 13.
13
Questa concezione, che è la più risalente e risente dei risultati della dottrina tedesca, è
strettamente collegata alla tesi civilistica, di cui si è detto sopra, secondo la quale il
diritto penale deve svolgere un ruolo accessorio al diritto civile.
Questa interpretazione del concetto di patrimonio, tuttavia, porta a risultati inadeguati
per un’efficace tutela penale.
Si ritiene, infatti, che non sia ammissibile il considerare parte del patrimonio tutelato
dal sistema penale esclusivamente quelle situazioni giuridiche che si siano
concretizzate in un diritto soggettivo, lasciando scoperte dalla tutela tutti quei rapporti
non abbiano ancora raggiunto tale qualifica, nonostante abbiano spesso una rilevante
importanza economica, come, per esempio, le aspettative di fatto o gli interessi
legittimi
19
. Il concetto di patrimonio viene eccessivamente formalizzato
20
.
Inoltre, tale tesi porta a considerare parte del patrimonio tutelabile penalmente
qualsiasi situazione giuridica, anche se sia del tutto privo di valore economico,
solamente per il fatto di essere qualificata come diritto soggettivo dall’ordinamento.
Questo porta alla incriminazione di ogni comportamento che provochi una perdita o
una limitazione di tale diritto patrimoniale, anche se, in concreto, non sia individuabile
alcuna diminuzione materiale del patrimonio, non essendo, infatti, necessario che si sia
realizzato l’effetto economico pregiudizievole per la vittima
21
.
Di fatto, ad essere tutelato dal sistema penale risulterebbe essere non il rapporto
materiale con la cosa ma il mero rapporto giuridico facente capo ad un individuo. I
delitti di danno sarebbero trasformati in reati di pericolo, dato che la concezione
“giuridica” del patrimonio porta a considerarli consumati non nel momento della
concretizzazione del danno patrimoniale, ma nel momento in cui si compie l’atto da
19
MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, cit., 13.
20
MILITELLO, voce Patrimonio, cit., 281.
21
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), cit., 4; FIANDACA - MUSCO, I delitti contro il patrimonio, cit.,
23; MILITELLO, voce Patrimonio, cit., 281.
14
cui deriva la perdita o diminuzione del rapporto giuridico con la cosa oggetto del
diritto
22
.
b) la concezione economica, invece, definisce il patrimonio come l’insieme dei beni
economicamente valutabili, cioè che abbiano un valore di scambio commerciale,
appartenenti ad una persona
23
.
Il danno patrimoniale consiste in questo caso nella perdita o nella diminuzione
economica del patrimonio dal punto di vista prettamente economico. Anche un
semplice mancato accrescimento di ricchezza dovrebbe essere considerato danno
patrimoniale
24
.
Questa teoria porta anch’essa a risultati inaccettabili, poiché non tutela quelle cose che
siano prive di valore economico, ma che abbiano soltanto un forte valore affettivo per
il soggetto passivo del reato
25
.
Sarebbe opportuno accordare anche a tali beni la tutela penale da parte
dell’ordinamento poiché, essendo beni dotati di scarso valore economico, la lesione
degli stessi non riceverebbe un adeguato risarcimento in sede civile, dato che la
valutazione economica di tali beni è di molto inferiore a quella che essi assumono per
la persona cui facevano capo
26
.
Inoltre, tale concezione porta a considerare che non siano comportamenti lesivi del
bene patrimonio quelle aggressioni che non si concretizzino in un danno
economicamente valutabile, ma che provochino soltanto una diminuzione della
22
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), cit., 5.
23
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), cit., 4; MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio,
cit., 14; MILITELLO, voce Patrimonio, cit., 281.
24
MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, cit., 14.
25
MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, cit., 14.
26
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), cit., 4.
15
capacità strumentale di tali beni di soddisfare i bisogni dell’individuo
27
. Non sarebbe,
così, tutelabile penalmente quella situazione in cui, per esempio, un soggetto si
impossessi di un oggetto di un’altra persona clandestinamente, lasciandogli però in
cambio una somma di denaro economicamente equivalente, la quale, tuttavia, non sia
in grado di svolgere quel ruolo di strumento per la soddisfazione dei bisogni
dell’individuo che la cosa sottratta sarebbe stata altrimenti in grado di garantire.
Non vengono neppure tutelate le parti del corpo umano, utilizzate per i trapianti, in
quanto non hanno un valore di scambio dato che ne è vietato il commercio
28
.
Tale tesi, infine, ritiene tutelabili penalmente situazioni in cui vi sia una lesione
economica ad un bene il cui possesso si sia però realizzato in una maniera ritenuta
illecita o, addirittura, delittuosa dall’ordinamento. Si può fare l’esempio del possesso
illegittimo di beni facenti parte della refurtiva di un ladro, i quali sarebbero tutelati
penalmente dall’ordinamento poiché, secondo i sostenitori della concezione
economica di patrimonio, quello che conta ai fini della realizzazione di un illecito
patrimoniale è l’azione materiale lesiva del patrimonio, senza avere alcun riguardo
alla qualificazione giuridica dei beni oggetto del reato
29
.
c) Per ovviare alle conseguenze negative che si produrrebbero seguendo una delle due
concezioni sopra descritte, la dottrina oggi prevalente ha elaborato una concezione
definibile “economico-giuridica”, che fa da sintesi tra le due teorie contrapposte.
Secondo questa teoria, la nozione di patrimonio è formata da due componenti: una
giuridica e una economica
30
. Il patrimonio tutelato dal sistema penale è, dunque,
27
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), cit., 4.
28
FIANDACA - MUSCO, I delitti contro il patrimonio, cit., 24.
29
MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, cit., 14; MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il),
cit., 4.
30
MILITELLO, voce Patrimonio, cit., 281.
16
l’insieme dei beni economicamente valutabili, che siano allo stesso tempo oggetto di
un rapporto giuridico, ottenuto in modo conforme a diritto
31
.
È incerto se le situazioni economiche debbano corrispondere necessariamente ad un
diritto soggettivo oppure se basti che il rapporto cui fanno riferimento non sia
disapprovato dal diritto. Secondo Fiandaca e Musco
32
, la risposta dovrebbe essere nel
senso che si debba riservare la tutela solamente ai rapporti economici espressamente
riconosciuti dall’ordinamento, anche se non incardinati in veri e propri diritti
soggettivi: in tale maniera risultano meritevoli di tutela anche gli interessi legittimi,
non anche gli interessi di mero fatto o semplici.
Risulta, così, tutelato non solo il diritto soggettivo sul bene patrimonio, come
proponeva la tesi esposta sub a), ma anche ogni situazione a contenuto giuridico ed
economico, purchè non abbia una fonte illecita, che risulti meritevole di protezione
penale
33
. Le situazioni economicamente rilevanti, ma disapprovate dall’ordinamento
giuridico, non possono essere degne di tutela penale
34
.
Con la concezione “economico-giuridica”, tuttavia, rimangono irrisolte alcune
questioni, fra le quali, ad esempio, quella relativa alla rilevanza o meno, dal punto di
vista della tutela penale, di quelle condotte lesive che hanno ad oggetto cose dotate di
un mero valore affettivo e non economico.
Anche allo scopo di risolvere questa domanda, una parte della dottrina più recente ha cercato
di interpretare di nuovo il concetto di patrimonio secondo la scala di valori imposta dalla
Costituzione del 1948, che, come abbiamo visto, mette al primo posto la personalità
dell’individuo.
31
FIANDACA - MUSCO, I delitti contro il patrimonio, cit., 24; MILITELLO, voce Patrimonio, cit., 281.
32
FIANDACA - MUSCO, I delitti contro il patrimonio, cit., 25.
33
MILITELLO, voce Patrimonio, cit., 281.
34
MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, cit., 15.
17
È stata così elaborata una concezione personalistica
35
o giuridico-funzionale
36
, secondo la
quale il patrimonio consiste nell’insieme dei rapporti giuridici che fanno capo ad una persona e
che hanno ad oggetto cose in grado di soddisfare i bisogni della persona, siano essi materiali o
spirituali, dotati di valore economico o meno
37
.
Il patrimonio, dunque, rileva penalmente nella misura in cui esso contribuisce allo sviluppo
della personalità della persona cui fa riferimento
38
.
Quest’ultima concezione permette la incriminazione di tutte le condotte che, pur non
causando un danno patrimoniale di stampo economico, diminuiscano la capacità delle cose
oggetto dell’illecito di soddisfare i bisogni materiali, morali o spirituali dell’individuo. Tuttavia,
tale concezione non consente l’incriminazione delle mere turbative al godimento delle cose
39
.
Questa concezione sembra risolvere anche il problema relativo alla configurabilità o meno
dell’illecito penale nel caso in cui la condotta vada a ledere un bene dotato di un mero valore
affettivo: tali comportamenti, infatti, risultano incriminabili per il fatto di diminuire la funzione
strumentale del patrimonio del soggetto passivo
40
.
Grazie a questa teoria, per fare un esempio scolastico, il furto della ciocca di capelli
appartenuta alla persona amata, potrebbe essere correttamente incriminato, poiché questo oggetto
contribuisce ad un bisogno spirituale della persona, pur non arricchendola dal punto di vista
strettamente economico.
Non sarebbe invece configurabile come reato di furto, facendo un altro esempio, la
sottrazione di una delle tante foglie cadute da un albero in autunno in un giardino privato, poiché
questo oggetto, oltre che non essere dotato di valore economico, non contribuisce in alcuna
maniera allo sviluppo della personalità del proprietario.
35
FIANDACA - MUSCO, I delitti contro il patrimonio, cit., 25.
36
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), cit., 5.
37
MANTOVANI, Delitti contro il patrimonio, cit., 21.
38
MILITELLO, voce Patrimonio, cit., 284.
39
MANTOVANI, voce Patrimonio (delitti contro il), cit., 5.
18
Alcuni autori sostengono che possano fare parte del concetto di patrimonio tutelato
penalmente anche le cose ottenute in maniera non conforme a diritto, come nel caso delle cose
possedute dal ladro in seguito ad un furto
41
.
In giurisprudenza è possibile trovare alcune sentenze che danno una definizione di patrimonio
molto vicina alla concezione personalistica appena descritta, nella quali si fa rientrare nel
concetto in questione anche quelle cose che, pur essendo prive di valore economico, possiedono
un interesse per il soggetto possidente.
Ad esempio, la sezione penale della Cassazione si è così espressa in una massima del 1981:
“Ai fini penalistici, nella nozione di patrimonio sono comprese anche quelle cose che, pur prive
di un reale valore di scambio, rivestano interesse per il soggetto che lo possiede.
42
”
3. La classificazione dei reati contro il patrimonio.
3.1. La classificazione adottata dal codice penale italiano.
Il codice penale Rocco, vigente in Italia dal 1930, suddivide le fattispecie lesive del bene
patrimonio collocate nel titolo XIII del libro II in due capi, il primo intitolato “Dei delitti contro
il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone” e il secondo “Dei delitti contro il
patrimonio mediante frode”.
Il Codice, dunque, segue un criterio classificatorio impostato sulla modalità della condotta
criminosa, a seconda che essa sia violenta o che sia fraudolenta.
Nel capo primo, relativo ai delitti patrimoniali violenti, sono collocati il furto, la rapina,
l'estorsione, il sequestro di persona a scopo di estorsione, etc.
Nel capo secondo, fra quelli fraudolenti, compaiono la truffa, l'usura, l'appropriazione
indebita, la ricettazione, etc.
40
MARANI - FRANCESCHETTI, I reati contro il patrimonio, cit., 15.
41
ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Parte speciale, cit., 272.
42
Cass. Pen. 10/04/1981 in Riv. Pen., 1982, 102.
19
Ci si può facilmente rendere conto di come, purtroppo, questa classificazione risulti
sfuggente e imprecisa. Infatti, sorgono numerosi dubbi sulla corretta collocazione di alcune
fattispecie di reato nell'uno o nell'altro gruppo.
Alcuni reati classificati come violenti, come, ad esempio, il furto e l'estorsione, possono non
presentare l'elemento costitutivo della violenza. Inoltre, alcuni delitti classificati come
fraudolenti, come l'appropriazione indebita o la ricettazione, possono non essere commessi con
frode.
Facendo l'esempio del delitto di furto, oggetto di questa trattazione, possiamo evidenziare
come tale reato sia il più delle volte commesso senza violenza: tratto caratterizzante di tale
delitto è la sottrazione che, nella quasi totalità dei casi, avviene clandestinamente, quindi senza
che vi sia violenza.
Se, in tale fattispecie delittuosa, la sottrazione della cosa avvenisse mediante violenza sulla
persona, si ricadrebbe nella figura di rapina (art.628 c.p.).
Lo stesso codice Rocco, dopo avere inserito il furto tra i delitti commessi con violenza, dà
dimostrazione che la sua collocazione non è così definita, dato che prevede come circostanza
aggravante al n.2 dell'art. 625 c.p. l'aver commesso il fatto mediante «violenza sulle cose» o con
un «qualsiasi mezzo fraudolento». Se è previsto il furto aggravato per il caso in cui vi sia
violenza sulle cose, o vi sia un mezzo fraudolento e, dato che, se ci fosse violenza sulla persona,
sarebbe una rapina, viene da pensare che la fattispecie di furto semplice possa ben essere un
delitto commesso né con violenza né con frode.
I compilatori del codice, a dire il vero, si accorsero delle possibile critiche sul criterio
utilizzato nella classificazione dei delitti patrimoniali: infatti, si può leggere nella relazione del
Guardasigilli al codice penale che la violenza:
“(...) va intesa in senso largo, quale contrapposto della
frode, ossia (...) va riscontrata in qualsiasi energia fisica
diretta sulla cosa, per la consumazione del reato. E (...)
20
anche il significato della frode, assunto a criterio di
classificazione, non è ristretto all'uso di mezzi atti ad
ingannare o sorprendere l'altrui buona fede, ma è esteso a
tutte quelle ipotesi, nelle quali la condotta criminosa, per
raggiungere il risultato dannoso all'altrui patrimonio, non
realizza un'attività fisica in rapporto diretto con la cosa, ma
perviene all'illecito arricchimento con violazione arbitraria
degli altrui diritti
43”.
Tornando ancora all'esempio del furto, stando alla Relazione ministeriale, la fattispecie
descritta nell'art. 624 c.p. va collocata fra i delitti commessi mediante violenza, poiché basta il
fatto che sia stata applicata una minima energia fisica sulla cosa, quale sarebbe quella di una
semplice sottrazione anche clandestina, e che non vi sia un mezzo fraudolento.
La “violenza sulla cosa” richiesta per la configurazione della circostanza aggravante di furto
dell'art. 625 c.p. n. 2) deve consistere perciò in una energia fisica operata sulla cosa superiore a
quella che normalmente si applicherebbe per la sottrazione nell'ipotesi di furto semplice. La
violenza rivolta alla persona fa ricadere la fattispecie in ogni caso nel reato di rapina.
I compilatori del codice hanno cercato di evitare le critiche relative alla classificazione
adottata per i reati patrimoniali mediante l'assunzione di questa accezione larga del termine
violenza, anche se parte della dottrina continua ad affermare che il concetto di vis non può essere
forzato fino a farvi rientrare una qualsiasi energia diretta sulla cosa oggetto della condotta
criminosa
44
.
Si può dire che, in realtà, il sistema di classificazione adottato dal codice Rocco non
suddivida propriamente i reati patrimoniali in “commessi mediante violenza” o “mediante frode”
ma, più semplicemente, in reati “fraudolenti”e “non fraudolenti”.
43
Cfr. Relazione ministeriale al progetto definitivo di codice penale, in Lavori preparatori, Roma, 1930, II, 435.
44
PAGLIARO, Delitti contro il patrimonio, cit., 9.
21
In dottrina, infine, si afferma che il tentativo di classificare i delitti patrimoniali è, a ben
vedere, uno sforzo che non porta alcuna utilità pratica ai fini di una migliore interpretazione della
legge
45
ed è perciò indifferente seguire un modello classificatorio piuttosto che un altro, essendo
cosa più utile ed efficace analizzare nel dettaglio ogni fattispecie delittuosa e confrontarla con le
altre ad essa più affini, individuandone i caratteri di somiglianza e di differenza.
3.2. Altri criteri di classificazione possibili.
Possiamo ora analizzare brevemente altri criteri proposti per la classificazione dei reati
contro il patrimonio.
Il primo di questi, importato dalla dottrina tedesca, suddivide i reati a seconda dell'oggetto
materiale dell'azione criminosa: ne derivano due categorie, quella dei delitti “contro la
proprietà”, se vanno a ledere la proprietà di un bene nel senso tecnico – giuridico di diritto reale
(come nel caso del furto, appropriazione indebita, rapina, danneggiamento, etc.), e quella dei
delitti “contro il patrimonio” , se vanno a incidere negativamente sul patrimonio del soggetto
passivo in generale, senza avere di mira un oggetto determinato (come nel caso della truffa,
dell'estorsione, dell'usura, etc.). Questo orientamento è ancora oggi quello prevalentemente
utilizzato nei manuali di diritto penale tedeschi
46
.
Un altro criterio di classificazione, che si basa anch'esso sul tipo di condotta criminosa, come
quello utilizzato dal codice Rocco, suddivide i delitti patrimoniali a seconda del ruolo svolto dal
soggetto passivo nella realizzazione del reato: vi possono dunque essere “delitti di aggressione o
usurpazione unilaterale” se la vittima non fa altro che subire l'azione dell'agente, oppure “delitti
con cooperazione della vittima”, nei quali il fatto di reato si realizza grazie alla necessaria
cooperazione del soggetto passivo.
45
ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, cit., 283; MANZINI, Delitti contro il patrimonio, cit., 5.
46
FIANDACA - MUSCO, I delitti contro il patrimonio, cit., 12.