3
INTRODUZIONE
La testimonianza dello Pseudo-Senofonte (I 14 ss.) nella
Costituzione degli Ateniesi evidenzia un uso apertamente politico della
giustizia da parte di Atene allo scopo di mantenere la stabilità
dell’impero e di difendere l’ideologia democratica nelle poleis alleate.
Le modalità di amministrazione della giustizia all’interno
dell’impero ateniese sarebbero da collegare, secondo alcuni, ad un
apposito strumento legislativo, un decreto di carattere giudiziario
introdotto per volontà di Pericle intorno alla metà del V secolo (449).
Questo documento, che prevedeva che i processi capitali degli
alleati si celebrassero ad Atene o come conseguenza di un appello
(ephesis) o addirittura in prima istanza, non ci è pervenuto e se ne
ipotizza l’esistenza sulla base di altri decreti ateniesi che regolavano i
rapporti con gli alleati, in particolare quello per Calcide (446), e di
alcune testimonianze della tradizione letteraria.
Con un simile provvedimento che imponeva a tutti gli alleati di
ricorrere ai tribunali ateniesi, Atene avrebbe di fatto sottratto loro
l’autonomia giudiziaria, garantendo così ai suoi sostenitori la tutela
giudiziaria e minacciando quelli a lei ostili col rischio di dover
incorrere nel giudizio dell’egemone.
Il primo studioso a teorizzare l’esistenza del decreto, da lui
definito Judicial Decree (Decreto giudiziario), è Jack Martin Balcer,
nella monografia, pubblicata nel 1978, The Athenian Regulations for
Chalkis. In questo lavoro Balcer documenta la sua ipotesi affermando
che, oltre al Decreto per Calcide, ci sarebbero altri indizi rintracciabili
nelle fonti letterarie (Antifonte, Isocrate, Pseudo-Senofonte,
4
Aristofane) e in quelle epigrafiche (decreti per Eritre e per Mileto e
Decreto sulla monetazione) che permettono di affermare con sicurezza
che il Decreto giudiziario venne promulgato e rimase effettivo fino
all’incirca al 412, anno in cui la crisi dell’impero avrebbe suggerito di
sospenderne la validità.
L’intento del mio lavoro è quello di rendere conto della nascita
e dello sviluppo dell’ipotesi dell’esistenza di un Decreto giudiziario e
di individuare, attraverso lo studio delle fonti storiche e dei documenti
epigrafici, gli aspetti che, a mio parere, possono contribuire a mettere
in luce punti di forza e di debolezza di tale ipotesi e che non sempre
sono stati presi adeguatamente in considerazione.
La tesi è strutturata in due parti: nella prima ho cercato di render
conto delle posizioni della critica sul Decreto giudiziario, partendo da
Balcer e seguendo i successivi sviluppi, che hanno portato a dare
ormai per scontata l’esistenza di questo documento. Nella seconda mi
sono soffermato ad analizzare puntualmente gli spunti più interessanti
che sono emersi dalla precedente analisi, cercando, in particolare, di
mettere in evidenza le incongruenze rilevabili nell’ipotesi di Balcer, la
cui apoditticità nell’affermare l’esistenza di questo documento non è
sempre sostenuta da un effettivo riscontro nelle fonti.
A conclusione di questa tesi e del mio ciclo di studi universitari,
desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno accompagnato in questi
anni. Anche a loro è dedicato questo lavoro.
5
J. M. Balcer (1978)
Nel 1978 Jack Martin Balcer ha pubblicato una monografia dal
titolo The Athenian Regulations for Chalkis
1
nella quale prende in
analisi il testo del decreto, emanato nel 446 a.C., che regolava i
rapporti tra Atene e Calcide
2
dopo la ribellione del 447-446 e la
successiva sistemazione.
All’interno di questa monografia, l’autore ha dedicato un intero
capitolo
3
a quello che egli definisce l’Athenian Judicial Decree,
ovvero il Decreto giudiziario ateniese, sulla base di un riferimento
presente all’interno dell’emendamento di Archestrato (ll. 74-76), che
rimanda a un “decreto del popolo”:
Tale decreto, emanato probabilmente intorno alla primavera del 449
a.C., che richiedeva che i processi capitali, riguardanti le città alleate
della Lega delio-attica, venissero celebrati in prima istanza in Atene.
Esso costituirebbe così, insieme all’Athenian Coinage Decree (il
Decreto sulla Monetazione)
4
, emanato anch’esso nel 449, una parte
1
Cfr. J.M. BALCER, The Athenian Regulations for Chalkis. Studies in Athenian Imperial Law,
Hist. Einz. 33, Wiesbaden, 1978.
2
Il trattato fra Atene e Calcide, concluso dopo la repressione della rivolta dell’Eubea del 446-445,
che Atene affrontò in condizioni particolarmente difficili poiché attaccata da più fronti (cfr. Thuc.
I 114). Atene offrì all’isola condizioni complessivamente miti, in quanto solo ad Estiea gli abitanti
vennero espulsi e venne inviata una cerchia ateniese. In questo trattato Atene si impegna a non
procedere in maniera arbitraria contro i Calcidesi, e in cambio a questi ultimi è richiesta una
sottomissione assoluta nei confronti dell’egemone, passando di fatto da un rapporto paritario ad
una condizione di autentica sudditanza. Cfr. Tod 42; ML 52; nel riportare i riferimenti epigrafici e
le relative datazioni, mi atterrò principalmente a quanto è contenuto nel primo volume del corpus
delle Inscriptiones Graecae, editio tertia, Berlino, 1981, nel caso specifico IG I³ 40; C.
BEARZOT, Pericle, Atene, l’impero, in Storia d’Europa e del Mediterraneo. Il mondo antico, II.
Grecia e Mediterraneo dall’età delle guerre persiane all’Ellenismo, Roma 2008, pp. 289-320.
3
Cfr. J.M. BALCER, The Athenian Regulations for Chalkis, pp. 119-145.
4
Cfr. E.G.S. ROBINSON, The Athenian Currency Decree, Hesp. Suppl. 8, 1948, pp. 48-55; A.
6
dei provvedimenti della Lega che sottrassero in maniera definitiva
l’autonomia
5
agli alleati di Atene, nel caso specifico l’autonomia
giudiziaria.
Nonostante non sia stato rinvenuto nessun frammento
epigrafico riconducibile a quello che nel Decreto per Calcide è
chiamato “decreto del popolo”, le fonti letterarie, secondo Balcer,
forniscono numerosi riferimenti ad esso.
Nel tentativo di rafforzare l’argomentazione riguardo
all’esistenza e alla natura di questo decreto giudiziario, Balcer
esamina i riferimenti riconducibili cronologicamente ai fatti
precedenti alla grave crisi dell’impero ateniese apertasi con il 412.
Infatti, anche se gli eventi della Guerra del Peloponneso alterarono
l’atteggiamento di Atene e le sue relazioni politiche con gli alleati, la
natura della legge imperiale non sembra aver subito grandi
stravolgimenti in questo periodo. E’ solo dopo il 412 che Atene, di
fronte alla disgregazione dell‘impero, impose nuove
regolamentazioni; di conseguenza, sostiene Balcer, le fonti letterarie
databili successivamente al 412 devono essere utilizzate con cautela, e
solo quando risulti chiaro ed evidente che esse si riferiscono
all’impero ateniese nel periodo precedente.
L’orazione V di Antifonte
L’orazione di Antifonte Sulla morte di Erode
6
, scritta
probabilmente tra il 416 e il 413 e di certo prima del 412, fornisce, a
parere di Balcer, informazioni preziose riguardo alle restrizioni
GIOV ANNINI, Athenian Currency in the Late Fifth and Early Fourth Century B.C., GRBS 16,
1975, pp. 186-195.
5
Cfr. E.J. BICKERMANN, Autonomia. Sur un passage de Thucydide (I, 144, 2), RIDA 5, 1958,
pp. 313-344.
6
Cfr. Antiph. V .
7
imposte da Atene agli alleati in ambito giudiziario
7
. Eussiteo, un
cittadino di Mitilene, città dell’isola di Lesbo, alleata di Atene, venne
accusato dell’uccisione di Erode, probabilmente un cleruco ateniese;
l’istruttoria (anakrisis) si svolse a Mitilene. La procedura applicata al
caso di Eussiteo fu una apagoghe conseguente ad una endeixis per
kakourghia
8
; ma poiché egli deve rispondere di un’accusa di omicidio,
Eussiteo contesta che la procedura applicata nei suoi confronti sia
corretta (egli ritiene che sarebbe stato più corretto sottoporlo ad una
dike phonou: benché non sia detto espressamente, la richiesta sembra
legata al fatto che la dike phonou gli avrebbe consentito di mantenere
la libertà e, se colpevole, di evitare la pena di morte, dato che
l‘omicidio di Erode non poteva, in ogni caso, essere considerato di
carattere volontario e premeditato)
9
.
Nonostante Antifonte non specifichi chi a Mitilene condusse
l’anakrisis, Balcer suggerisce l’ipotesi che si trattasse del magistrato
ateniese di stanza a Mitilene, in seguito al fallimento della rivolta del
428. In seguto alla denuncia dei famigliari di Erode, il magistrato in
questione avrebbe proceduto, in sede di istruttoria, ad una apagoghe.
Il racconto di Antifonte, dunque, non solo implicherebbe il fatto che
furono le autorità ateniesi a condurre l’istruttoria, ma attesterebbe che
con ciò gli Ateniesi avevano privato gli alleati dell’auto-
determinazione giudiziaria. Infatti, commentando il fatto che durante
l’istruttoria fu interrogato uno schiavo, che successivamente venne
messo a morte con procedura irregolare), Eussiteo afferma:
7
Cfr. P. BREUNING, On the Date of Antiphon’s Fifth Oration, CQ 31, 1937, p. 70; K. DOVER,
The Chonology of Antiphon’s Speeches, CQ 44, 1950, pp. 44-60 L. GERNET, Antiphon Discours,
Paris 1954, p. 107; K.J. MAIDMENT, Minor Attic Orators I, Cambridge, Mass. 1968, p. 148; E.
W. BUSHALA, Torture of Non-Citizens in Homicide Investigations, GRBS 9, 1968, pp. 61-62.
8
Cfr. Antiph. V 9.
9
Cfr. A. BISCARDI, Diritto greco antico, Firenze-Milano, 1982, pp. 256-260.
8
In questo passo, polei non costituirebbe un riferimento alla sola
Mitilene, ma a tutti gli alleati, specialmente a tutti coloro che avevano
perso la loro autonomia (il che, dopo il 428, significa tutti gli alleati,
eccetto Chio
11
).
E’ opinione del Balcer, che si basa su un’affermazione di
Maidment
12
, che Eussiteo abbia subito un processo capitale (V 95:
peri thanatou pheugontos) con una procedura anomala in quanto
membro di una comunità alleata ridotta in stato di soggezione. Proprio
il fatto che Eussiteo fosse cittadino di Mitilene renderebbe infatti la
procedura applicata al suo caso “correct on the basis of imperial
law”
13
. Chiedendo di essere sottoposto a una dike phonou, Eussiteo
chiederebbe di essere considerato alla stregua di un cittadino ateniese.
Un aspetto di questa “imperial law” sarebbe proprio il riferimento
10
Cfr. Antiph. V 47.
11
Cfr. Thuc. VIII 45, 4.
12
Cfr. K. MAIDMENT, Minor Attic Orators I, Cambridge, Mass., 1968, p. 152: “…the growth of
per empire forced Athens to some definition of the legal status of her subjects in relation to herself;
and the methods used against Euxitheos meet it admirably”.
13
J.M.BALCER, The Athenian Regulations for Chalkis, p.121
9
all’impossibilità di condannare qualcuno “senza il consenso del
popolo degli Ateniesi” cui si fa riferimento in V 47.
Eussiteo avrebbe tentato di inficiare la correttezza della
procedura perché una dike phonou gli avrebbe evitato, come già si è
ricordato, la detenzione (prevista solo nel caso dell’apagoghé) e la
pena di morte in caso di condanna (non essendo le circostanze della
morte di Erode tali da configurare un caso di omicidio volontario
premeditato, l‘unico che la legge di Dracone vigente in Atene punisse
con la morte). Tuttavia, gli Ateniesi non sembrano aver accolto
l’argomentazione di Eussiteo né in sede di anakrisis né in sede
processuale: la pretesa di Eussiteo di essere considerato, in quanto
membro dell‘impero ateniese, soggetto alla stessa legge dei cittadini
non risultò convincente. Ciò confermerebbe l’esistenza di quella che
Balcer chiama appunto “imperial law”.
Nonostante Antifonte non delinei con chiarezza le prime fasi
della procedura, anteriori al processo svoltosi ad Atene, il
trasferimento del processo contro Eussiteo al tribunale ateniese dopo
l’endeixis dei parenti di Erode, l’anakrisis e l’apagoghé del magistrato
sembra configurarsi come una ephesis
14
. Ad Atene i giudici
“proceeded to charge Euxitheos according to the articles of the
Athenian law”.
Cameleonte di Eraclea
Sempre secondo l’opinione di Balcer, la testimonianza di
Antifonte sul trasferimento dei processi per reati capitali dagli stati
alleati al tribunale ateniese è confermata da un’affermazione di
Cameleonte di Eraclea Pontica, nel VI libro della sua opera Sulle
14
Cfr. infra.
10
Antiche Commedie
15
.
Cameleonte, che scrive nel tardo quarto secolo
16
, riporta la
notizia di un processo svoltosi ad Atene all’epoca in cui Alcibiade era
al potere e gli Ateniesi erano thalassokratountes, dunque prima della
disfatta ateniese in Sicilia. In questo processo era imputato Egemone,
un noto scrittore di parodie e cittadino di Taso, alleata di Atene: il
procedimento giudiziario intentato contro di lui a Taso fu trasferito ad
Atene per il processo. Cameleonte annota:
Nonostante il passo sia problematico, in quanto contiene degli
anacronismi
17
, la datazione dei fatti al periodo compreso tra il 419 e il
415 può essere dedotta dal riferimento ad Alcibiade e alla
talassocrazia ateniese. L’aspetto che Balcer valorizza di questa notizia
15
Cfr. Athen. Deipnosofisti IX 72, 407b; cfr. A. MARTANO, Pre-edizione delle testimonianze e
dei frammenti di Cameleonte, Milano, 2007.
16
Cfr. W. EDWARDS, Athenaeus, OCD¹ (= Oxford Classical Dictionary), Oxford-New York,
1996, p. 114; F. WALBANK, Chamaleon, OCD¹, p. 183.
17
Gli anacronismi rilevati nella testimonianza di Cameleonte riguardano gli artisti della compagnia
degli attori di Dioniso, e il Metroo, dove erano contenuti gli atti d’accusa; cfr. A. MARTANO, Pre-
edizione, pp. 106-107; 200-201.
11
è l’affinità con il caso di Eussiteo. In entrambi i processi, infatti, i capi
d’accusa vengono formulati negli stati alleati durante l’anakrisis;
stabilito che vi sono prove sufficienti per procedere, il processo viene
trasferito al tribunale ateniese. In nessuno dei due casi risulta che il
processo fu svolto nel tribunale dello stato alleato, nelle quali il
crimine era stato commesso.
Balcer nota infine che in entrambi i processi sono coinvolti
cittadini alleati per i quali non risulta che svolgessero la funzione di
magistrati nelle loro poleis d’origine. Dunque i processi non
rientravano nella categoria delle euthynai - si ricordi che alla l. 71 del
decreto per Calcide si parla appunto di euthynai -, ma erano piuttosto
processi penali, e nel caso di Eussiteo, di carattere capitale
18
. Egli
ammette comunque che, nel caso di Egemone, la nostra informazione
è insufficiente in merito all’accusa specifica per la quale è stato
intentato il processo.
Altre fonti: Isocrate, Pseudo-Senofonte, Aristofane
La testimonianza di Antifonte e Cameleonte riguardo al
trasferimento di processi dai tribunali alleati ad Atene trova riscontro
nel Panatenaico di Isocrate
19
, databile tra il 342 e il 329, ma che tratta
delle vicende dell’impero ateniese nel V secolo.
Nella sua difesa di Atene Isocrate afferma:
18
Cfr. Htd. V 83.
19
Isocr., Panat. IV 113, XII 62 ss., in cui si allude al processo in Atene di un traditore della Tracia.