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CAPITOLO 1
CAUSE E CONSEGUENZE DEL DEBITO PUBBLICO
1.1 ANALISI TEORICHE GENERALI SUL DEBITO PUBBLICO
Lo Stato può essere visto come un'azienda pubblica che amministra un patrimonio
immenso per soddisfare i bisogni dei cittadini mediante l'erogazione di beni e servizi.
Esso si troverebbe nella situazione ottimale qualora riuscisse a raggiungere il suo
obiettivo mantenendo il bilancio in equilibrio finanziario ed economico: le rendite,
come le imposte, dovrebbero coprire tutte le spese e le entrate tutte le uscite.
In concreto è improbabile che lo Stato non ricorra all'indebitamento perché ha a
disposizione risorse limitate e, con il trascorrere del tempo, sicuramente si troverà di
fronte a delle situazioni straordinarie (ad es. guerre e catastrofi naturali) e per
fronteggiarle chiuderà il bilancio in disavanzo (o in deficit) e dovrà indebitarsi.
In passato si delineavano due schieramenti politici ben distinti: i conservatori e i
progressisti, i primi volevano ridurre il deficit dello stato o addirittura chiudere in
pareggio i conti pubblici, allo scopo di mantenere in ordine i conti, contenere la spesa
pubblica e il ruolo dello stato nell'economia, mentre i secondi erano disposti ad
accettare deficit pubblici strutturali, purché finalizzati a sostenere la domanda e quindi a
far crescere l'economia.
Oggi, in Italia e in molti paesi industrializzati, è difficile riconoscere le varie posizioni
politiche sulla base della volontà di chiudere in pareggio o in deficit i conti pubblici.
In particolare le posizioni che si rifanno alle idee keynesiane attribuiscono allo Stato il
compito di sostenere, quando necessario, la domanda di beni e servizi ricorrendo alla
spesa pubblica in condizioni di deficit.
La composizione della spesa pubblica è illustrata dalla seguente formula:
1
Dove:
CP sono i consumi pubblici e riguardano sia l‟offerta di beni pubblici a disposizione
della collettività (ad esempio giustizia, difesa e ordine pubblico) sia la prestazione di
servizi offerti al pubblico per la loro utilità sociale o per diminuire le disuguaglianze tra
i soggetti (ad esempio istruzione o sanità).
Solitamente in Italia i consumi pubblici rappresentano circa il 20% della spesa pubblica,
ed è un dato in costante aumento.
____________________
1
Fonte: Blanchard O. (2002)
CP + TR + CC
_________________________
Y
6
TR sono i trasferimenti, essi vengono anche chiamati prestazioni sociali in denaro
poiché implicano l‟erogazione di redditi (e non di servizi come avviene nei consumi
pubblici).
La maggior parte dei trasferimenti riguardano la spesa pensionistica ed assistenziale.
CC sono le spese in conto capitale, si suddividono in investimenti pubblici e
trasferimenti in conto capitale. Esse incrementano il capitale fisso nelle Pubbliche
Amministrazioni poiché producono infrastrutture o opere pubbliche. La differenza tra le
due è che mediante gli investimenti pubblici la creazione è effettuata direttamente dalla
P.A., mentre mediante trasferimenti in conto capitale la P.A. finanzia l‟opera ma delega
il progetto ad un privato.
Dalla fine del 1700 il debito pubblico può essere definito come il debito totale
accumulato nel corso degli anni da uno Stato contraente nei confronti dei soggetti che
possiedono obbligazioni atte a finanziare il fabbisogno statale. Un debito pubblico può
essere classificato in base a vari parametri:
In relazione alla durata del debito, ossia, al periodo di tempo che intercorre tra
l‟emissione e il rimborso del debito, si possono distinguere tre categorie di debito:
• Consolidato (o irredimibile): faceva riferimento a prestiti per i quali lo Stato si
assumeva l‟obbligo di pagare solo gli interessi, quindi, non doveva restituire il
capitale.
In sostanza lo Stato corrispondeva ai sottoscrittori una rendita perpetua.
• Redimibile: fa riferimento a prestiti a medio-lungo termine (ad esempio buoni del
Tesoro poliennali), rimborsabili in un'unica soluzione o gradatamente. Lo Stato può
allungare la scadenza o modificare il tasso d'interesse.
• Fluttuante: fa riferimento a operazioni a vista, o a prestiti a breve termine, che lo
Stato contrae per sopperire a momentanee esigenze di cassa.
Distinzione tra debiti interni e debiti esteri:
• I debiti interni implicano trasferimenti di risorse all‟interno della nazione (o per i
Paesi appartenenti all'UE all'interno dell'Unione) dal settore privato al settore
pubblico.
• I debiti esteri, costituiscono l'importo totale che lo Stato deve versare a scadenze
prestabilite ad operatori di Paesi esteri. Attualmente i prestiti esteri concessi da
organizzazioni internazionali come il fondo monetario nazionale hanno assunto
notevole importanza.
Distinzione in relazione alle finalità del debito:
• Il debito attivo è costituito da prestiti che servono a finanziare le spese di
investimento volte a incrementare l‟efficienza produttiva di un Paese,questo debito
in futuro sarà fruttifero.
7
• Il debito passivo è finalizzato a spese utili nei confronti della collettività ma che
non sono fruttifere.
• Il debito peso-morto, infine, è dovuto a spese che non hanno alcuna utilità
sociale. Questo tipo di debito è derivante in larga parte da spese militari.
Il debito pubblico italiano è prevalentemente interno, quindi i debitori sono a loro volta
anche creditori dello stesso Stato.
In presenza di un debito pubblico iniziale (B
0
) l'ammontare del debito pubblico nel
periodo di tempo t (Bt) è pari alla somma algebrica dei precedenti avanzi e disavanzi di
bilancio:
2
t
B
t
= DISAVANZO (O AVANZO)
Z
+ B
0
z=0
Il disavanzo del settore pubblico è costituito da due componenti: la prima, la
componente primaria, è data dalla differenza fra le entrate e le uscite, mentre, la
seconda, la componente finanziaria, è dovuta all'accumularsi degli interessi passivi sul
debito esistente. Quindi queste due componenti sono influenzate da fattori diversi:
quella primaria è influenzata da elementi interni al governo del settore pubblico e dal
controllo attuato dalle autorità sul gettito fiscale e sull'andamento della spesa, mentre,
quella finanziaria dipende dalla prima componente, dai modi in cui viene finanziato il
disavanzo e dal livello dei tassi d'interesse. Naturalmente queste componenti sono
presenti in qualsiasi struttura debitoria, quindi, quanto appena detto è valido, come
vedremo, anche per la struttura del debito pubblico e viceversa.
3
Un disavanzo può essere rappresentato dalla seguente formula:
4
Disavanzo t = rB
t-1
+ G
t
– T
t
Nella quale:
B t-1 è il debito pubblico alla fine dell‟anno t-1;
r è il tasso d‟interesse reale.
rB
t-1
è la componente finanziaria, ossia il costo totale degli interessi accumulati.
G
t
è la spesa pubblica di beni e servizi riferita all'anno t
T
t
sono le entrate dovute alle imposte incassate nel periodo t.
______________________________
2
Fonte:
Blanchard O. (2002)
3
Fonte: Graziani (1988)
4
Fonte: Blanchard O. (2002)
8
E' importante annotare alcune considerazioni:
Il pagamento degli interessi viene misurato in termini reali, quindi non
prendendo in considerazione la spesa effettiva per interessi; per trovare il tasso
d'interesse reale (r) si deve sottrarre dal tasso d'interesse nominale che grava sul
debito pubblico (i) l'inflazione ( ).
In presenza di un alto tasso d'inflazione i risultati ufficiali saranno meno
accurati.
Il deficit pubblico solitamente si considera in rapporto al PIL, per:
1. Mettere in relazione il deficit con la capacità di produrre ricchezza e quindi di
ripagare il debito che si accumula per effetto della presenza di più deficit.
2. Fare confronti internazionali: se si utilizzassero i valori assoluti si otterrebbe un
risultato fuorviante.
3. Non risentire del processo inflattivo, mentre se si confrontano i valori dei deficit
bisognerebbe correggerli per tener presente tale processo.
Il PIL è costituito da beni e servizi prodotti in uno Stato, indipendentemente dalla
nazionalità dei produttori; misura la ricchezza prodotta in un Paese in un determinato
periodo di tempo.
Secondo Keynes, il PIL è il valore totale della spesa delle famiglie e dalle imprese per
gli investimenti:
5
Y=C+I+G+ (X-M)
Nella quale:
Y=PIL
C sono le spese per i consumi,
I spese per investimenti,
G spesa pubblica,
X sono le esportazioni
M le importazioni.
Una variazione positiva nel tempo di una di queste voci va ad influenzare
positivamente, a eccezione per le importazioni, il tasso di crescita (che successivamente
sarà indicato con n)
Il rimborso del capitale e degli interessi , a causa dell'aumento delle spese per
corrispondere quest'ultimi, può dar avvio a un declino della situazione economica del
Paese.
______________________________
5
Fonte: Blanchard O. (2002)
9
Se non si attuano misure volte a limitare l'indebitamento le spese sugli interessi passivi
possono diventare insostenibili, uno Stato non può fallire ma si manifesteranno tensioni
politico-sociali.
Il vincolo di bilancio attuale di un Paese che adotta l'Euro, come nel caso dell'Italia, è
rappresentato dalla seguente espressione:
6
Tutti i Paesi dell'Unione Monetaria, ossia quelli che hanno adottato l'Euro come moneta
unica, non possono piu' attuare politiche monetarie a livello nazionale, in quanto esse
sono effettuate da un unico soggetto: la banca centrale europea (BCE).
I Paesi che non fanno parte dell'Unione Monetaria possono ancora attuare politiche
monetarie a livello nazionale e, per loro, il vincolo di bilancio sarà il seguente:
7
(B
t
– B
t-1
) + (M
t
- M
t-1
) = disavanzo t
Quindi gli Stati che possono attuare in maniera indipendente la loro politica monetaria
possono anche:
1. Emettere moneta, questa manovra ha effetti inflazionistici, si ottiene lo stesso
risultato che si ha con l'aumento delle imposte, ma l'aumento dei prezzi riguarda
tutti e mette ancora piu' in difficoltà i soggetti che percepiscono redditi modesti.
L‟inflazione ha la capacità di ridurre il tasso d‟interesse reale e, se superiore a i
può addirittura diminuire il debito reale stesso, ma non il valore ufficiale.
Il debito pubblico valutato in termini assoluti non è utile per effettuare dei confronti con
altri Paesi,
per questo si preferisce misurare il debito pubblico in termini relativi, ossia, in rapporto
al PIL perché esso dipende dalla popolazione del Paese e dalla propria ricchezza.
Inoltre questo rapporto serve anche per valutare la difficoltà nel collocare i titoli del
debito pubblico: se il rapporto rimane costante anche la difficoltà di collocamento resta
tale; un aumento o una diminuzione di questo rapporto può essere inteso,
rispettivamente, come un aumento o una diminuzione della difficoltà di collocamento.
______________________________
6
Fonte: Blanchard O. (2002)
7
Fonte: Blanchard O. (2002)
B
t
– B
t-1
= rB
t-1
+ G
t
– T
t
10
L'andamento del rapporto debito/PIL può essere inizialmente rappresentato dalla
seguente equazione:
8
(B/Y)
t
- (B/Y)
t-1
= (r-g)
*
(B/Y)
t-1
+ [(T- G)/Y]
t
Nella quale:
B è lo stock del debito,
Y è il PIL nominale,
T sono le entrate, percepite attraverso le imposte ricevute,
G sono le uscite del bilancio pubblico, ossia, la spesa pubblica
[(T-G)/Y] è il saldo primario in rapporto al PIL
t è un indice che indica il tempo.
r è il tasso d'interesse reale
g è il tasso di crescita del PIL
Inoltre considerando l'equazione precedente possiamo moltiplicare i termini che
indicano il debito al tempo t-1 per di Yt-1/Yt-1, il risultato di questo passaggio è neutro
poiché il reddito del tempo t-1 diviso per sé stesso ci da come risultato 1.
Si ottiene questa equazione:
9
(B/Y)
t
- (B
t-1
/Y
t
)
*
(Y
t-1
/Y
t-1
)= r
*
(B
t-1
/Y
t
)
*
(Y
t-1
/Y
t-1
) + [(G- T)/Y]
t
Ora indichiamo con n il tasso di crescita della popolazione e Yt-1/Yt può essere scritto
come 1/(1+n).
10
(B/Y)
t
- (B
t-1
/Y
t
)
*
(1/1+n)= r/(1+n)
*
(B
t-1
/Y
t-1
)
+ [(G- T)/Y]
t
___________________
8
Fonte: Blanchard O. (2002)
9
Fonte: Blanchard O. (2002)
10
Fonte: Blanchard O. (2002)
11
Per semplicità, può essere riscritta così:
11
b
t
-b
t-1*
(1/1+n)= r/(1+n)
*
b
t-1
+ g-τ
Nella quale:
bt è la percentuale di incidenza del debito pubblico dell'anno t sul PIL dello stesso anno,
bt-1 è la percentuale di incidenza del debito pubblico dell'anno t-1 sul PIL di quello
stesso anno,
g è la percentuale di incidenza della spesa pubblica sul PIL dell'anno in corso,
τ è la percentuale di incidenza delle imposte sul PIL dell‟anno corrente.
Infine, sottraendo a entrambi i membri dell'equazione bt-1 ed eseguendo una serie di
calcoli si ottiene l'equazione finale:
12
b
t
-b
t-1*
(1/1+n)= [(r-n)/(1+n)]
*
b
t-1
+(g-τ)
Quest‟equazione rappresenta il disavanzo pubblico (formula a sinistra dell‟equazione),
come si può notare nella formula a destra, esso si suddivide in due componenti che si
addizionano tra loro.
La prima parte a destra dell‟equazione è la componente finanziaria ed è costituita
dall‟accumulo degli interessi passivi sul debito pregresso; la seconda è la componente
primaria (o disavanzo/avanzo primario),costituita dalla differenza fra le entrate e le
uscite del settore pubblico.
La natura delle due componenti è molto diversa: la componente primaria dipende da
fattori interni al governo del settore pubblico: dalla capacità delle autorità di controllare
il gettito fiscale e dall‟andamento della spesa, mentre, la componente finanziaria
dipende dalle modalità di finanziamento del disavanzo, oltre che dalla congiuntura
economica in cui si trova un Paese.
Il fulcro della componente finanziaria è dato dalla differenza tra r e n; a seconda che il
tasso di interesse reale sia maggiore o minore del tasso di crescita del PIL reale, esso è
un fattore di aumento o diminuzione del rapporto debito/PIL.
12
Tralasciando gli effetti della componente primaria, nel caso in cui r sia maggiore di n si
possono produrre due conseguenze tipiche:
1. La componente finanziaria, essendo quella che cresce più velocemente, diventa
il fattore dominante e tende a imporre il proprio tasso di crescita all‟intero
indebitamento.
2. Il rapporto fra debito totale e PIL tenderà a crescere in misura inarrestabile.
Nel caso opposto invece, n più grande di r, il rapporto debito/PIL tenderà a diminuire di
anno in anno.
13
UN'ANALISI CRITICA DEL RAPPORTO FRA DEBITO PUBBLICO E PIL
Secondo Casarosa la dinamica del rapporto ricchezza/reddito può essere spiegato dalle
seguenti formule:
13
(W
t+1
) / (W
t
) - 1 = s
t+1
[(Y
t+1
)/(W
t
)]
dove: W
t
= la ricchezza delle famiglie al tempo t
S
t+1
= la propensione al risparmio delle famiglie
Y
t+1
= reddito del periodo t+1
Quindi, la "legge di variazione" del rapporto ricchezza/reddito è la seguente:
14
γ
t+1
= [(W
t+1
)
/ (Y
t+1
)] / (W
t
/Y
t
) -1 = s
t+1
/ (W
t
/Y
t
) - [g
t+1
/ (1+g
t+1
)]
e, nel continuo:
15
γ
t
= s(t) / [W(t) / Y(t)]
Da essa si comprende che il rapporto ricchezza/reddito resta costante, aumenta o
diminuisce a seconda che il tasso di attività patrimoniali sia uguale, maggiore o minore
rispetto al tasso di crescita del reddito.
Secondo Casarosa si possono fare le seguenti considerazioni:
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Il rapporto tra debito pubblico (DP) e PIL indica efficacemente l'andamento del
debito pubblico rispetto alle altre attività patrimoniali se e soltanto se l'economia
cresce in modo equilibrato, poiché, in questo caso il rapporto fra ricchezza
complessiva e PIL resta costante. Se non ci si trova in questa situazione i
rapporti fra ricchezza complessiva e reddito e, fra DP e PIL sono insignificanti.
Non è corretto sostenere che il rapporto fra ricchezza complessivo e reddito resta
costante in un orizzonte temporale di breve-medio periodo, in quanto, sia a
livello teorico che a livello empirico non si arriva a una tale conclusione. Quindi
utilizzare il rapporto fra DP e PIL in questo arco temporale è illegittimo.
______________________________
13
Fonte: Augusto Graziani (1988)
14
Fonte: Augusto Graziani (1988)
15
Fonte: Augusto Graziani (1988)
16
Fonte: Augusto Graziani (1988)
14
La variazione del rapporto ricchezza/reddito avviene in modo anticiclico: esso
cresce al crescere della propensione al risparmio, mentre, diminuisce
all'aumentare del tasso di crescita del reddito.
Quando c'è una riduzione del tasso medio di crescita del reddito, un aumento del
rapporto fra DP e PIL non indica un aumento piu' rapido dell'offerta di titoli
pubblici rispetto alla domanda. Per ottenere questa informazione è necessario
confrontare la dinamica del rapporto DP/PIL con quella del rapporto ricchezza
complessiva/PIL.
Al ridursi dell'indebitamento pubblico il rapporto fra DP e ricchezza complessiva
di coloro che possiedono attività patrimoniali si riduce. Per raggiungere tale
obiettivo non sembra corretto voler perseguire un rapporto DP/PIL costante.