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Introduzione
La crescita del debito pubblico in Italia costituisce un serio problema per diversi
ordini di motivi.
Innanzitutto, a differenza dalle precedenti esperienze storiche, nella situazione
attuale vi è una maggiore incertezza sui fattori all’origine della crescita del debito.
L’affermazione secondo cui essa sia riconducibile ad un aumento delle spese, offre
poche indicazioni per la definizione di possibili linee di intervento. In secondo luogo la
dimensione raggiunta dalla spesa per interessi rivela che il debito pubblico rappresenta
un meccanismo di continua sottrazione di risorse intra-generazionale e che costituisce,
come sottolineano gli economisti classici e Keynes, una fonte rilevante di iniquità
sociale.
In terzo luogo, a partire dal 1992 il Trattato di Maastricht ha stabilito che un
prerequisito fondamentale per poter aderire all’Unione Monetaria Europea consista
nel rispetto di un livello limite da parte del rapporto debito pubblico/Pil. Queste
restrizioni sono state confermate nel recente accordo relativo al fiscal compact.
L’Italia, quindi, se non vuole andare incontro ad una perdita di credibilità
internazionale, deve onorare gli accordi stipulati attraverso l’attuazione di politiche di
bilancio che favoriscano innanzitutto una stabilizzazione e, successivamente, una
consistente riduzione del debito pubblico.
Attualmente, il costo del debito italiano in rapporto al Pil è tra i più alti al
mondo ed è il più alto in Europa, un valore di circa 90 miliardi di euro, 40 miliardi circa
in più della Francia, ed è pari al 12% delle nostre entrate, contro il 5,5% della
Germania, il 4,3% della Francia, il 7,1% del Regno Unito e 8,2% della Spagna. Si tratta di
un onere che condiziona in modo opprimente la gestione del nostro bilancio statale e
che produce pesantissime distorsioni e squilibri socio-economici sotto vari profili nel
paese.
Peraltro, l’Italia è il paese che dall’inizio della crisi (2008) ha la crescita del
volume del debito meno elevata tra i grandi paesi europei, che ha uno dei deficit di
bilancio tra i più bassi in Europa e l’avanzo primario più alto. Tuttavia viene considerata
4
uno dei paesi più vulnerabili d’Europa . Infatti la criticità del quadro d’insieme italiano
(alto debito-bassi margini di manovra), la debolezza del sistema economico fiaccato da
una recessione molto profonda e l’incapacità di ritrovare un adeguato percorso di
crescita non lasciano intravedere un cambiamento concreto di prospettive.
Questo lavoro si propone di individuare le cause che possono spiegare perché,
ad un certo punto della storia recente del nostro Paese, si siano realizzati disavanzi
pubblici strutturali, che a loro volta, nel corso del tempo, hanno dato origine ad una
crescita del debito pubblico continua e progressiva.
Il lavoro di divide in quattro parti. Nella prima si analizzano alcune nozioni
generali per interpretare la storia del debito pubblico, quali il concetto di politica
fiscale e di politica monetaria. Inoltre si prende in esame l’evoluzione del debito negli
anni ‘90, quando cioè ha preso avvio in modo consistente la dinamica di espansione
del debito pubblico. Il secondo capitolo prende in esame l’evoluzione del debito in
Italia nel nuovo millennio, sia con riferimento alle variabili macroeconomiche più
rilevanti, sia in chiave comparativa.
La terza sezione costituisce il cuore del lavoro, analizzando l’andamento della
spesa per interessi e la sua incidenza sul debito pubblico. L’obiettivo è quello di
esaminare l’evoluzione e la composizione della spesa per interessi, misurandone
l’incidenza sul debito complessivo e le sue dinamiche di breve e lungo periodo.
Il quarto capitolo si propone di illustrare il dibattito sul debito pubblico italiano
e sulla spesa per interessi. Negli ultimi anni, infatti, la letteratura economica ha
individuato soluzioni diverse di intervento sulla quota di debito destinata al pagamento
di interessi, allo scopo di ridurre la sua dinamica espansiva e di ripristinare un
equilibrio intra-generazionale.
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1. Politiche di bilancio e debito pubblico e l’evoluzione del
debito italiano negli anni ‘90
1.1. La definizione di debito pubblico
Il debito pubblico può essere definito come l’ammontare cumulato dei prestiti
che lo Stato e gli altri enti pubblici contraggono periodicamente per far fronte ai saldi
negativi di bilancio. Esso consiste, quindi, nell’indebitamento contratto dallo Stato
verso il pubblico che sottoscrive mediante emissione di prestiti pubblici
1
.
I prestiti pubblici rappresentano negli stati moderni il mezzo più importante per
acquisire entrate straordinarie. Un altro mezzo è il ricorso a imposte straordinarie.
L’emissione di titoli del debito pubblico permette allo stato di «avvalersi della liquidità
esistente sul mercato monetario e in pari tempo assicura, rispetto a una imposizione
fiscale straordinaria, una più pronta e sicura disponibilità delle risorse richieste»
2
.
I prestiti pubblici sono un’entrata tipica dello Stato che non può prendere
somme in prestito se non in questa forma e attraverso pubbliche sottoscrizioni. Gli enti
pubblici minori, in particolare i comuni e le province, possono contrarre mutui con
privati e più spesso con casse di credito o mediante l’emissione di prestiti
obbligazionari. In passato i prestiti pubblici erano stipulati direttamente dal sovrano
che li garantiva con il patrimonio personale o con la concessione di gabelle o dazi, con
il cui provento i mutuanti potevano soddisfarsi del capitale e degli interessi. A partire
dalla nascita degli Stati nazionali, invece, i prestiti sono contratti direttamente dallo
Stato senza alcuna garanzia reale
3
.
Nelle pagine seguenti ci si propone di illustrare la forte crescita negli ultimi
decenni del debito in Italia. Questa crescita è stata in parte dovuta all’anormale
espansione della spesa pubblica in conseguenza dell’inflazione e in parte connessa
1
G. Morcaldo, La finanza pubblica in Italia, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 11.
2
G. Scarpelli, La gestione del debito pubblico in Italia, Roma, Bancaria Editrice, 2001, p. 16.
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Solo eccezionalmente nei confronti di paesi a economia debole viene richiesto dai mutuanti (in genere
organizzazioni internazionali o istituti di credito) la cessione del provento di entrate tributarie o
patrimoniali a garanzia del servizio del prestito.
6
all’attuazione di politiche economiche di sostegno dell’attività imprenditoriale e
dell’occupazione. L’accrescimento del debito italiano è derivato, inoltre, dal fatto che
lo Stato ha assunto a suo carico la copertura dei disavanzi di centri subordinati di spesa
come gli enti territoriali e gli enti mutualistici, oltre al finanziamento tramite
l’incremento dei relativi fondi di dotazione di enti pubblici economici a partecipazione
statale. Nell’attuale sistema della finanza pubblica italiana il debito si presenta non
tanto come un mezzo di finanza straordinario per far fronte a spese straordinarie, ma
piuttosto come un mezzo di copertura del fabbisogno corrente del bilancio statale
4
.
Il debito rispetto alla sua funzione e durata, si distingue in fluttuante e consolidato;
quest’ultimo a sua volta si distingue in redimibile e irredimibile.
Il debito fluttuante è il debito che lo Stato contrae per far fronte a momentanee
deficienze di cassa, dovute al diverso flusso delle entrate e delle uscite nei vari periodi
dell’esercizio finanziario. La sua funzione è quindi quella di procurare allo stato, in
anticipo, quelle somme che si riscuoteranno in periodi successivi
5
. Il debito consolidato
è il debito contratto per sopperire a nuove spese o alla deficienza delle entrate. Il suo
servizio (interesse ed estinzione) figura tra le spese ordinarie del bilancio. La sua
definizione di “consolidato” o “fondato” è legata al fatto che, in passato, i creditori
dello Stato esigevano che il pagamento degli interessi fosse garantito o fondato sopra
determinate entrate dello Stato stesso. Il nome è rimasto, anche se è scomparsa la
causa da cui ha avuto origine. Si distingue, a sua volta, in due categorie:
a) redimibile quando lo Stato, oltre al pagamento degli interessi, si impegna a
restituire a data determinata, anche se a lunga scadenza, il capitale avuto in prestito;
b) irredimibile quando lo Stato non assume l’obbligo determinato di restituzione del
capitale, pur riservandosi il diritto di farlo quando lo ritenga opportuno, ma garantisce
solo il pagamento degli interessi
6
.
La teoria economica ha individuato alcune importanti funzioni che può svolgere
il debito pubblico: la modificazione nel tempo del livello dell’attività economica
4
G. Morcaldo, La finanza pubblica in Italia, cit., p. 13.
5
In Italia rientrano in questa categoria i buoni ordinari del tesoro e le anticipazioni al tesoro fatte dalla
Banca d’Italia, nella sua qualità di istituto di emissione, e dalla cassa depositi e prestiti.
6
L. Fiorentino, Il debito pubblico, in S. Cassese, (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Tomo III,
Milano, Giuffrè, 2003, p. 82.
7
(funzione di stabilizzazione); la redistribuzione degli oneri di spese pubbliche tra
diverse generazioni; la realizzazione di una distribuzione ottimale delle aliquote fiscali
(tax smoothing), l’eliminazione di cause di fallimento del mercato, attribuibili alla
presenza di incompletezza dei mercati.
La prima funzione mette l’accento sul ruolo dello strumento fiscale per influire
sul livello dell’attività economica e/o dei prezzi. La seconda funzione è connessa
all’idea che il finanziamento della spesa pubblica con debito, anziché con imposte,
significhi addossare a generazioni future l’onere di decisioni prese dalle generazioni
presenti. La terza funzione, proposta da Barro all’interno della teoria della tassazione
ottimale, parte dalla constatazione che a causa dei costi di benessere prodotti
dall’applicazione di imposte distorsive, è ottimale una distribuzione delle aliquote
fiscali costante nel tempo. Il debito pubblico è lo strumento che permette di realizzare
questo obiettivo, evitando inasprimenti o riduzioni troppo bruschi delle aliquote in
presenza di shock alla spesa indotti da fattori esogeni (per esempio, guerra, calamità
ecc.)
7
. La quarta funzione, sviluppata all’interno della teoria dell’equilibrio economico
generale in condizioni di incertezza e con mercati incompleti, vede nel debito lo
strumento con cui è possibile consentire agli operatori economici di realizzare
determinate transazioni. In particolare, si tratta di operazioni di assicurazione rispetto
a possibili eventi futuri, che altrimenti, a causa dell’incompletezza dei mercati
finanziari, non sarebbero possibili. L’emissione di debito pubblico potrebbe essere un
modo per aprire mercati non esistenti, secondo un’ipotesi che vede lo Stato agire da
“innovatore finanziario”
8
.
7
A. Marchesiani, P. Senesi, Nozioni di economia, Torino, Unibook Publisher, 2010, p. 142.
8
L. Fiorentino, Il debito pubblico, cit., p. 83.