premessa
2
proprie attività, poiché oggi “il controllo, il trasferimento e la
commercializzazione dell’informazione” vanno a costituire, a tutti gli
effetti, una nuova funzione commerciale.
Il Capitolo primo in particolare, dopo aver chiarito la natura
dell’informazione quale “risorsa critica” per l’impresa commerciale,
cerca di ricomporre in un quadro unitario l’evoluzione dei sistemi
informativi all’interno delle imprese della grande distribuzione, per
poi passare ad esaminare in dettaglio la struttura attuale dei sistemi
informativi di marketing in dette imprese, nonché il relativo assetto
organizzativo, cercando anche di capire come i flussi informativi
prodotti si muovano dalla periferia (punti di vendita dislocati su buona
parte del territorio nazionale) verso il centro (sede centrale) e
viceversa.
Il passo successivo (Capitolo secondo) è la descrizione di come
le nuove tecnologie dell’informazione giochino un ruolo fondamentale
nell’ambito del sistema informativo di marketing delle imprese della
grande distribuzione, configurandosi non solo come una tecnologia di
produzione, ma anche e soprattutto come una tecnologia di gestione.
L’information technology infatti, rende possibile una sorta di gestione
dell’“incertezza”, con un evidente miglioramento dell’efficienza e
dell’efficacia dell’azione commerciale, ed è in questo senso che è
possibile affermare che le nuove tecnologie informatiche costituiscono
un supporto per il distributore nello svolgimento della sua funzione
informativa. L’attenzione di questo capitolo si incentra pertanto
sull’analisi delle tappe che la grande distribuzione sta percorrendo
lungo il processo di informatizzazione, per poi passare ad esaminare
quale impatto le nuove tecnologie informatiche producano sul
marketing distributivo, in termini di micromarketing, di database
premessa
3
marketing, di direct marketing e di customer relationship marketing.
La parte finale del capitolo sottolinea invece come il potere di mercato
della grande distribuzione, nei confronti dei produttori industriali, sia
enormemente cresciuto negli ultimi tempi, come conseguenza della
capacità della distribuzione di selezionare un’importante risorsa
strategica quale è l’informazione; si cerca quindi di indagare quella
che è la disponibilità del trade a condividere i dati in suo possesso con
l’industria, per arrivare ad ipotizzare l’esistenza di un “sistema
informativo di marketing di canale”, ovvero un sistema informativo
dai confini più ampi, dove le informazioni sono gestite dai vari attori
del canale distributivo.
Nel Capitolo terzo viene invece approfondita la conoscenza dei
database costruiti dalle imprese della grande distribuzione, partendo
proprio dall’individuazione della provenienza dei dati che vanno ad
alimentare tali database. In particolare, vengono esaminati in dettaglio
tre importanti strumenti a disposizione delle imprese della grande
distribuzione, dai quali deriva buona parte del patrimonio informativo
aziendale, ovvero i terminali Pos-scanner, i sistemi di self-scanning e
le fidelity card, per passare poi alla descrizione della tecnologia data
warehousing, quale premessa tecnologica per memorizzare e per
conservare in modo opportuno tutte tali informazioni, visto che la
disponibilità delle stesse, da sola, non è sufficiente per poter sfruttare
appieno, in chiave di micromarketing, i vantaggi derivanti dall’enorme
mole di dati contenuti nei database aziendali.
Nel Capitolo quarto vengono considerati più in dettaglio alcuni
dei supporti tecnologici per i database della grande distribuzione,
supporti che comprendono sia le tecnologie che permettono di
immagazzinare e di conservare l’informazione, sia le tecnologie che
premessa
4
consentono di estrarre rapidamente ed a costi contenuti i dati che si
rendono di volta in volta necessari, nonché tutte le tecniche di analisi,
di aggregazione e di esplorazione di detto vasto patrimonio
informativo. Disporre di grandi quantità di dati infatti, è una
condizione necessaria ma non sufficiente, perché la competitività
dell’impresa della grande distribuzione dipende proprio da “come” tali
dati vengono aggregati tra loro e da “che cosa” si va a ricercare al loro
interno. Nel quarto capitolo viene perciò approfondita la conoscenza
di due nuove metodologie che permettono di esaltare il potenziale
informativo dei database e di allargare quindi le basi di conoscenza
del retailer: il data mining ed il geo-marketing.
La parte finale del lavoro (Capitolo quinto) è frutto della
collaborazione con un’impresa italiana appartenente al mondo della
grande distribuzione, ovvero la filiale di Sesto Fiorentino (Firenze)
della Esselunga Spa. Dopo una breve descrizione della storia
dell’azienda e delle principali politiche e strategie da questa adottate,
l’attenzione del capitolo si incentra sul database di detta impresa, sia
in termini di fonti dalle quali provengono i dati, sia in termini di
tecniche adottate da tale insegna per “estrarre” dal patrimonio
informativo a propria disposizione tutta una serie di informazioni utili
in chiave di micromarketing, per realizzare una discriminazione
oppure una differenziazione delle condizioni di vendita. Il capitolo
cerca inoltre di chiarire quello che è l’atteggiamento di Esselunga sia
nei confronti delle nuove tecnologie dell’informazione applicabili in
ambito distributivo, sia nei confronti dei produttori industriali, in
termini di una condivisione, seppur parziale, del patrimonio
informativo di cui il retailer dispone.
premessa
5
In Appendice è riportato il questionario sulla base del quale è
stata condotta l’intervista ai responsabili dell’area marketing e
dell’area promozioni e comunicazione della Esselunga Spa di Sesto
Fiorentino.
* * *
Un particolare ringraziamento è rivolto al Dott.Gianni Lembo
(responsabile dell’area marketing per Esselunga Toscana), alla
Dott.ssa Beatrice Porta (collaboratrice del Dott.Lembo) ed al
Sig.Federico Gasperini (responsabile dell’area promozioni e
comunicazione per Esselunga Toscana), che con la loro disponibilità
hanno permesso la stesura della parte empirica di questo lavoro.
CAPITOLO PRIMO
IL SISTEMA INFORMATIVO DI MARKETING
NELLE IMPRESE DELLA GRANDE
DISTRIBUZIONE
1. Introduzione.
Prima di entrare nel merito dei sistemi informativi di marketing
(SIM) nelle imprese della grande distribuzione, appare opportuno
premettere alcune notazioni sulle caratteristiche e sul comportamento
competitivo di tali aziende commerciali, in modo da comprendere
meglio sia il fabbisogno informativo, sia il ruolo dei sistemi
informativi in dette imprese
(1)
.
Se l’offerta delle imprese commerciali viene segmentata con
riferimento alle caratteristiche dell’impresa, si possono individuare
varie “forme aziendali” o “gruppi strategici”, caratterizzati dal fatto
che le imprese appartenenti ad un dato segmento adottano una stessa
condotta, sia in termini di forme distributive e di mercati in cui
operare, sia in termini di assortimento, prezzi, marca commerciale,
strutture organizzative e potere contrattuale nei confronti
dell’industria
(2)
.
In base a tale criterio di segmentazione, in letteratura sono stati
definiti quattro gruppi strategici (G. Lugli, 1998): la distribuzione
organizzata (DO), la cooperazione di consumo (COOP), gli
indipendenti (IND), ed infine la grande distribuzione (GD), di cui ci
andremo ad occupare.
(1)
Dayan A., “La distribuzione commerciale: aspetti introduttivi”.
(2)
Lugli G., “Economia e politiche di marketing delle imprese commerciali”, pp.6-9.
Il sistema informativo di marketing nelle imprese della grande distribuzione
7
2. Le imprese della grande distribuzione: le principali insegne.
Per grande distribuzione si intende “l’insieme delle aziende che
operano nel settore del dettaglio, con punti di vendita di grandi
dimensioni, generalmente più di uno”
(3)
. Si tratta di grandi catene al
dettaglio con un’unica proprietà dei punti di vendita e una gestione
centralizzata delle funzioni di acquisto, di marketing, delle risorse
umane, amministrative e finanziarie, dove le unità periferiche operano
seguendo le linee-guida della sede centrale
(4)
.
Le imprese commerciali della grande distribuzione possono
essere di tipo capitalistico (imprese a succursali) o di tipo cooperativo
(cooperative di consumo aperte o chiuse); sotto un profilo strategico,
le più significative sono le cosiddette “imprese a succursali” o “con
catene di negozi”, ovvero quelle che dispongono di una rete di più
punti vendita propri, che gestiscono con il supporto di strutture
logistiche opportunamente disposte sul territorio. Più precisamente, le
imprese a succursali sono quelle “da cui dipendono, sotto il triplice
profilo giuridico, funzionale e organizzativo, sei o più unità locali
operative (esercizi) che attuano la vendita al dettaglio o la
somministrazione al pubblico”
(5)
. Normalmente, si tratta di imprese di
tipo capitalistico e pluriimpianto, che trattano le stesse linee di
prodotti e che si distinguono in piccoli succursalisti (ridotto numero di
punti di vendita a carattere essenzialmente locale) e grandi
succursalisti (operano in ambito nazionale e, talvolta, anche estero)
(6)
.
(3)
Baccarani C., Aguiari R., “Imprese commerciali e sistema distributivo: una visione economico-
manageriale”, pag. 83.
(4)
Filser M., “I canali della distribuzione: organizzazione, analisi delle formule di vendita, metodi
di gestione”.
(5)
Si tratta della definizione ufficiale adottata dal Ministero dell’industria, del Commercio e
dell’Artigianato (MICA) e dall’ISTAT.
(6)
In Italia, sono grandi succursalisti imprese quali Standa, GS, Esselunga e Coop (in Baccarani C.,
“Imprese commerciali e sistema distributivo: una visione economico-manageriale”, pag. 36).
capitolo primo
8
Le imprese a succursali in Italia sono un numero esiguo e questo
soprattutto a causa della scarsa propensione manageriale degli
operatori del commercio, che spesso, nello scorso ventennio, hanno
distolto capitali dall’attività commerciale per privilegiare investimenti
immobiliari o di altro tipo e che, di conseguenza, hanno oggi una
dimensione non sufficiente per competere con i gruppi maggiori
(Collesei U., Casarin F., 1999, pag. 60). Proprio a causa di questi
squilibri, numerosi gruppi italiani, in tempi più recenti, hanno dovuto
adottare una strategia di diversificazione.
In Italia, tra le più significative società a succursali
(7)
, possiamo
ricordare: Supermarkets Italiani (che gestisce, tramite la controllata
Esselunga, i supermercati omonimi e che opera anche con l’insegna
Superstore; tra le 5 più grandi società a succursali italiane, è la sola
ad operare con una sola forma distributiva, ovvero il supermercato), il
gruppo PAM, dove la finanziaria capogruppo controlla varie società,
che gestiscono ciascuna una propria rete: Supermercati PAM, Metà
Supernegozi (discount), Silos (ipermercati), Panorama (ipermercati),
Mongolfiera (ipermercati, nel Sud) e In’s Discount. Altra importante
impresa italiana con negozi a catena è GS-Società Generale
Supermercati, che fino al 1994 faceva capo alla Sme, parte del gruppo
IRI e successivamente è stata acquistata dalla cordata Benetton-Del
Vecchio(Luxottica)-Moevenpick
(8)
. La Società Generale Supermercati
gestisce la rete dei supermercati GS ed opera anche con le insegne
Extramarket, Conti, Iper e con i marchi Supersconto (discount,
trasformati in superette di vicinato nel corso del 1996) e Ipermondo
(7)
Zanderighi L., “Le grandi imprese di distribuzione in Italia”, in Pellegrini L., “La distribuzione
commerciale in Italia”, pp. 235-264.
(8)
Baccarani C., “Imprese commerciali e sistema distributivo: una visione economico-
manageriale”.
Il sistema informativo di marketing nelle imprese della grande distribuzione
9
(ipermercati); inoltre, tale impresa è adesso massicciamente inserita
anche nel settore ipermercati grazie all’acquisizione di Euromercato
da Standa, avvenuta nel 1995. In particolare, sono proprio
Supermarkets Italiani, il gruppo PAM e GS, che operano
prevalentemente nel settore grocery
(9)
, le società che gestiscono le
principali catene di supermercati del nostro paese. Ancora, tra le
società a succursali italiane più importanti
(10)
, ricordiamo il gruppo La
Rinascente (il cui pacchetto di maggioranza è detenuto dalla
finanziaria Saes, parte del gruppo Ifi) e Standa che, per riequilibrare il
proprio portafoglio punti di vendita, si sono diversificate ed operano
perciò nell’ambito della distribuzione mista, ovvero alimentare (iper e
supermercati), non alimentare despecializzato (grandi magazzini e
magazzini popolari) e non alimentare specializzato (grandi superfici
specializzate come Bricocenter, Trony e Croff). Per quanto riguarda
La Rinascente, si può notare un’ampia diversificazione di forme
distributive, poiché il gruppo opera con i marchi: La Rinascente
(grandi magazzini), UPIM (magazzini popolari), SMA Città Mercato
(ipermercati), SMA Supermercati (supermercati, presenti in Sicilia
anche con il nome Sigros ed in parte abbinati con i punti di vendita
Upim), IR Gross (cash & carry), Bricocenter (grande superficie
specializzata, bricolage), Croff (prodotti per la casa), Trony
(9)
La distinzione tra commercio grocery (letteralmente “drogheria”) e non-grocery (letteralmente
“ciò che non è drogheria”), non è solo di tipo merceologico, ma anche di tipo operativo: ci sono
beni che presentano una estrema semplicità del processo di acquisto, per i quali si possono adottare
processi di standardizzazione dell’offerta di servizi commerciali e tecniche di vendita a libero
servizio. Appartengono a questa categoria i cosiddetti beni non problematici (grocery), cioè i
prodotti alimentari ed anche un ampio numero di prodotti d’uso ricorrente non alimentare (prodotti
per la casa e per la persona, come detersivi e dentifrici). Il commercio non-grocery invece, data la
maggiore complessità del processo di acquisto, richiede una più elevata personalizzazione del
servizio e tecniche di vendita meno standardizzate. Il non-grocery è cioè quel comparto del settore
commerciale che provvede alla distribuzione di prodotti “problematici”, di acquisto non ricorrente
e richiedenti dosi elevate di servizi commerciali. (in Baccarani C., “Imprese commerciali e sistema
distributivo: una visione economico-manageriale”, pagine 686 e 688).
(10)
Fornari D., “Le strategie di trade marketing”, pp. 94-95.
capitolo primo
10
(elettrodomestici) e Sigros Ingrosso (grossista). Il gruppo La
Rinascente ha anche avviato una sperimentazione nell’hard discount e
una recente joint venture con Ikea, con l’insegna Habitat Italia, per
sviluppare la sua presenza nelle grandi superfici specializzate. Standa
invece, è stata parte del gruppo Fininvest fino al luglio 1997;
successivamente il gruppo ha trasferito il controllo di Standa ad una
società controllata lussemburghese ed in agosto ha lanciato un’opa
sulle azioni Standa, probabilmente per la cessione di una quota a terzi.
Standa opera attualmente con una rete di grandi magazzini che
portano il nome della società (e che spesso presentano annesso anche
un reparto alimentare), con una rete di ipermercati (Iperstanda) e con
le insegne Gum, Supergum, Sb e Essebi mercato in seguito
all’acquisizione della Supermercati Brianzoli. Altra significativa
impresa a succursali italiana è Selefin, che opera in prevalenza nel
settore non grocery, le cui insegne principali sono Coin (una delle
maggiori catene italiane di grandi magazzini), Oviesse (che presenta
molti punti di vendita in franchising) e Bimbus
(11)
. Il gruppo Coin,
dato il successo della catena di magazzini popolari Oviesse
specializzati in abbigliamento, ha preferito, alla diversificazione, una
strategia di rafforzamento nel non-alimentare, attraverso
l’acquisizione delle unità “non-food” di Standa nell’estate del 1998,
con l’obiettivo di ottenere un vantaggio competitivo di costo negli
approvvigionamenti grazie ad una massa critica dominante nel
mercato italiano
(12)
.
(11)
Baccarani C., Aguiari R., “Le società a succursali”, in “Imprese commerciali e sistema
distributivo”, pp. 91-94.
(12)
Cuomo G., “Analisi della formulazione strategica”, in “Funzioni, strutture e strategie delle
imprese commerciali complesse”, capitolo 3, pp.185-229.
Il sistema informativo di marketing nelle imprese della grande distribuzione
11
In tempi recenti, si sono aggiunti alle maggiori società a
succursali italiane, anche SUN (Supermercati Uniti nazionali Scarl) e,
dal 1995, Intermedia; si tratta di due nuovi soggetti che negli ultimi
anni sono riusciti a superare, per fatturato, alcune delle imprese con
negozi a catena storicamente più significative, poco sopra menzionate.
SUN è un consorzio di imprese a succursali che operano ciascuna con
le proprie insegne tradizionali, quali Bennet, Comogross, Italmark,
Lavoratore, Orvea, Unes, mentre Intermedia raggruppa, tra le più
importanti, Lombardini e Garosci
(13)
.
A dire il vero, appare oggi opportuno inserire all’interno del
gruppo strategico della GD anche COOP Italia
(14)
, che appartiene alla
sopraccitata categoria delle cooperative di consumo di tipo aperto,
(ovvero aziende commerciali costituite “ad opera di un gruppo di
consumatori che si propongono di produrre per sé e anche per terzi
non soci i servizi commerciali”
(15)
), ed il cui profilo dell’offerta
ricerca una propria caratterizzazione (Baccarani C., 1997) nella tutela
del consumatore (“consumerismo”)
(16)
quale elemento distintivo dei
connotati etici dell’essere impresa
(17)
. COOP, che è il maggiore
gruppo distributivo italiano, a differenza delle cooperative chiuse che
non coinvolgono terzi, calcola i prezzi in modo da coprire sicuramente
i costi di approvvigionamento e di gestione dei punti di vendita, ma
anche in modo da ottenere un adeguato margine di profitto (Collesei
(13)
Baccarani C., “Imprese commerciali e sistema distributivo: una visione economico-
manageriale”.
(14)
Fornari D., “Le strategie di trade marketing”, pag. 98.
(15)
Spranzi A., “La distribuzione commerciale: economia del commercio e politica commerciale”,
pag. 85.
(16)
Per “consumerismo” si intende un movimento in cui i consumatori sensibilizzano i produttori a
prestare maggiore attenzione sia ai loro bisogni e desideri, sia alla qualità del prodotto e al servizio
(in Holtje H.F., “Marketing”, edizione italiana a cura di C. Mauri, pag. 146).
(17)
Lugli G., “Economia e politiche di marketing delle imprese commerciali”, pp. 21-22.
capitolo primo
12
U., Casarin F., 1999, pag. 61). Le cooperative di consumo in Italia
sono integrate in un sistema federativo verticale (che vede riunite le
cooperative di primo e di secondo grado, fino ad arrivare alle centrali
cooperative a carattere nazionale) e detengono una quota di mercato
superiore al 12%, concentrata prevalentemente nel comparto
alimentare ed in alcune regioni.
Infine, secondo l’opinione prevalente, la GD comprende anche
singoli punti di vendita con grande superficie, ovvero ipermercati,
supermercati e negozi “self-service” con almeno due casse a
barriera
(18)
.
2.1 Origini ed evoluzione.
La GD si è iniziata ad affermare nel nostro paese a partire dalla
seconda metà degli anni’50
(19)
, attraverso la forma distributiva del
supermercato; quest’ultimo in particolare, rappresenta un formato di
origine ed impostazione nordamericana, che, partendo da prodotti
“conservati” (in scatola), si è orientato sempre di più, nel corso del
tempo, anche verso prodotti “freschi” e “deperibili” (salumi, latticini,
carne e pesce)
(20)
.
Inizialmente, la GD era presente solo nei mercati più grandi,
dove adottava formati standard per i punti di vendita, politiche di
marketing e di merchandising uniformi sotto il profilo territoriale, ed
una gestione operativa molto accentrata (cosiddetto sviluppo
attraverso la logica del “multiple”)
(21)
. In effetti, il peso della GD
(18)
Collesei U., Casarin F., “Le relazioni industria-distribuzione tra conflitto e collaborazione”,
pp.60-61.
(19)
Ravazzi G., “Il sistema della distribuzione commerciale”, pag. 162.
(20)
Zamagni V., “All’origine della grande distribuzione in Italia”, Commercio n.10, 1982.
(21)
Lugli G., “Economia e politiche di marketing delle imprese commerciali”, pp. 18-21.
Il sistema informativo di marketing nelle imprese della grande distribuzione
13
italiana è estremamente inferiore rispetto a quello medio europeo e la
ragione di questo ritardo è da ricercarsi
(22)
, tra le altre cose, anche nella
politica commerciale restrittiva che in passato ha penalizzato lo
sviluppo di questo gruppo strategico rispetto a quello della
distribuzione organizzata e della cooperazione di consumo, attraverso
barriere amministrative all’entrata, vincoli per le aziende commerciali
di maggiori dimensioni, finanziamento pubblico dei costi e particolari
agevolazioni finanziarie per la distribuzione tradizionale ed associata,
ecc. ecc.
(23)
.
Detti due fattori (politica di non differenziazione territoriale e
vincoli amministrativi ed economici allo sviluppo), fanno sì che la
GD, durante gli anni’80
(24)
, subisca una forte riduzione della propria
quota di mercato (tabella 1).
Tabella 1 – La quota di mercato dei differenti gruppi strategici in Italia nei canali di
vendita moderni: superette, supermercati, ipermercati (% vendite).
GRUPPI
STRATEGICI
1981 1988 VARIAZIONE %
1981-88
Unioni volontarie 16.0 26.0 +62%
Gruppi d’acquisto 5.0 14.0 +180%
Coop 9.0 9.0 -
Grande distribuzione 23.0 18.0 -21.8%
Indipendenti 47.0 33.0 -29.8%
TOTALE 100.0 100.0 +91.7%
Fonte: Rapporto Ifor, 1990.
E’ solo con la fine degli anni’80 che tale gruppo strategico vede
ribaltarsi la situazione, poiché alla riduzione dei vincoli suddetti si
accompagna l’adozione di un nuovo orientamento strategico, fondato
(22)
Ravazzi G., “Il sistema della distribuzione commerciale”, pp. 162-163.
(23)
Bertero G., “Grande distribuzione: il ciclo logistico”, pag. 2.
(24)
Spranzi A., “La distribuzione commerciale negli anni‘80”.
capitolo primo
14
su una maggiore flessibilità e sul conseguente riassetto
organizzativo
(25)
. La GD cioè, pur mantenendo l’originario controllo
centrale della gestione operativa, cerca di differenziare formati e
politiche di marketing e di merchandising, per adattarle alle
peculiarità del mercato locale. Nel 1994 la grande distribuzione, pur
rappresentando ancora, in termini numerici, una porzione minuscola
del settore distributivo (poco meno di 5.500 punti di vendita su un
totale di oltre 627.000), in termini qualitativi aveva già un peso assai
maggiore: 5,9 mil. di mq di superficie di vendita su 48,7 (con una
incidenza del 12,2%) ed una quota di mercato superiore al 15%. In
particolare, c’è da osservare che il peso della GD è maggiore nel
comparto alimentare, non tanto per numero dei punti di vendita,
quanto per superficie di vendita e per quota di mercato
(26)
.
LA DINAMICA DELLA QUOTA DI MERCATO DEI GRUPPI STRATEGICI NELLA
DISTRIBUZIONE ALIMENTARE (% VENDITE).
% SU TOTALE
DISTRIBUZIONE
% SU TOTALE
SUPERMERCATI E
IPERMERCATI
GRUPPI
STRATEGICI
1990 1994 1990 1994
Grande
Distribuzione
17.8 19.3 45.1 37.6
Gruppi d’Acquisto 16.8 20.2 26.1 28.8
Unioni Volontarie 13.3 16.3 18.4 20.6
Indipendenti 6.3 9.2 10.4 13.0
TOTALE 54.2 65.0 100.0 100.0
Fonte: Nielsen.
La GD pertanto, è oggi un gruppo strategico che sta vivendo una
fase di forte evoluzione (in termini di elevata produttività e
(25)
Fornari D., “La grande distribuzione”, in “Le strategie di trade marketing”, pp. 94-98.
(26)
Baccarani C., “Imprese commerciali e sistema distributivo: una visione economico-
manageriale”.
Il sistema informativo di marketing nelle imprese della grande distribuzione
15
redditività)
(27)
, che si caratterizza per l’esistenza di un’unica proprietà
dei punti di vendita e per una gestione centralizzata in termini
giuridici, funzionali ed organizzativi, che opera nei più grandi mercati,
rivolgendosi ad un consumatore con una elevata propensione alla
spesa. E’ però opportuno precisare che la distribuzione territoriale dei
punti di vendita della GD non è uniforme, dato che, se le strutture
sono alquanto diffuse nel Centro-Nord della penisola, il Sud e le isole
ne sono ancora relativamente sforniti
(28)
. Inoltre, quando si parla di
gestione centralizzata dell’intera catena di negozi, si vuole sottolineare
la limitata autonomia di detti punti di vendita, poiché le scelte
gestionali e le politiche operative sono standardizzate e la quasi
totalità degli acquisti (escludendo quelli di prodotti alimentari freschi
e quelli da fornitori locali, che sono effettuati dal direttore del punto di
vendita) sono centralizzati. In altre parole, siamo di fronte a “strutture
monocratiche”
(29)
, dove il governo aziendale è unitario, a prescindere
dal decentramento della decisione-attuazione.
Le imprese appartenenti al gruppo strategico della GD si
caratterizzano per una politica commerciale assai aggressiva, con
prezzi decisamente più ridotti rispetto a quelli praticati dalla
distribuzione tradizionale
(30)
. Tra le differenze più significative tra la
GD ed il piccolo dettaglio tradizionale, spiccano, fra le altre, la più
grande superficie di vendita, la presenza di una catena di negozi, la
despecializzazione merceologica, la gestione di tipo societario, la
grande dimensione degli assortimenti e gli approvvigionamenti presso
(27)
Fornari D., “Le strategie di trade marketing”, pp. 94-98.
(28)
Fornari D., “Rivoluzione commerciale e trade marketing”, capitolo 5, pp. 127-141.
(29)
Cuomo G., “Funzioni, strutture e strategie delle imprese commerciali complesse”.
(30)
Ravazzi G., “Il sistema della distribuzione commerciale”, pp. 160-161.