Il danno esistenziale: capitolo I
sollevata dalla figura più specifica del “danno esistenziale”,
oggetto precipuo della nostra elaborazione.
È l’articolo 2043 c.c. a racchiudere la regola
cardine dell’intero sistema della responsabilità civile o
aquiliana: qualunque fatto doloso o colposo che arreca ad altri
un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a
risarcire il danno. Là dove si verifica dunque un danno
ingiusto, nel quotidiano svolgimento della vita associata, il
rimedio approntato dalla legge consiste nell’imposizione del
carico della riparazione di esso ad un soggetto – responsabile
- diverso dal danneggiato: è, specificamente, mediante
l’imposizione di tale carico che l’ordinamento giuridico
trasferisce l’onere del danno dal secondo al primo soggetto,
realizzando la fattispecie concreta della responsabilità civile.
Questa, in conclusione, si presenta come la reazione che il
diritto appresta contro il danno ingiustamente arrecato,
Il danno esistenziale: capitolo I
sottoponendo chi vi ha dato causa all’obbligo di riparare il
danno stesso. Tale sottoposizione, secondo l’impostazione
tradizionale della dottrina - rappresentata dal pensiero di De
Cupis
1
- , si esplicherebbe nel vincolo imposto alla libertà di
volere del soggetto responsabile; nell’assoggettamento, in
altre parole, di tale libertà all’obbligo risarcitorio. Nel quadro
di questa ricostruzione, è su tale vincolo che, in un’ottica
personale, risulta incentrata la responsabilità civile. La quale,
sotto un profilo strettamente patrimoniale, consiste
nell’assoggettamento del patrimonio dell’obbligato al
soddisfacimento delle ragioni risarcitorie.
Già ad una prima interpretazione, di tipo letterale,
dell’art.2043 c.c. risulta evidente che nel nostro ordinamento
è assente una tipizzazione dell’illecito civile, al contrario di
1
DE CUPIS, Il danno, Milano, 1979, 227 ss.
Il danno esistenziale: capitolo I
quanto accade per l’illecito penale, che consiste, invece, in un
fatto espressamente previsto dalla legge come reato
2
.
Il sistema disciplinato dall’articolo in esame
appare, infatti, imperniato sul concetto della “ingiustizia del
danno” espresso dal legislatore mediante la tecnica della
clausola generale. Ciò ha importanti riflessi
sull’interpretazione della norma dell’art. 2043 e,
specificamente, sulla ricostruzione del fatto dannoso. Infatti,
l’interprete non può operare mediante un’automatica
sussunzione del fatto concretamente realizzatosi nell’ambito
di una fattispecie astratta che il legislatore abbia previsto
analiticamente. Egli, piuttosto, ha il compito di concretizzare
il contenuto della clausola di ingiustizia, attualizzandone la
portata regolamentare alla luce di criteri normativi.
2
Relativamente al problema dell’atipicità dell’illecito civile, cfr. ALPA, Il problema
della atipicità dell’illecito, Napoli 1979; SCOGNAMIGLIO, Illecito, NN. D. I., 1962,
165; RODOTA’, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, 21 ss. e 199;
TRIMARCHI: Illecito, E. d .D., 1970.
Il danno esistenziale: capitolo I
La norma dell’art. 2043, propriamente, identifica
nel sintagma “danno ingiusto” il criterio sistematico che
regola il giudizio di meritevolezza e di prevalenza della
pretesa risarcitoria rispetto a quella di tutela della libertà di
agire del danneggiante.
Per capire la complessità di tale giudizio si rende
necessario, preliminarmente, una rapida analisi della struttura
costitutiva del fatto illecito. Da questo punto di vista, l’illecito
civile risulta composto da elementi oggettivi e soggettivi.
Quanto ai primi, la legge richiede, innanzi tutto, che vi sia
stato un comportamento umano, commissivo (è il caso in cui
la condotta tenuta dal soggetto può qualificarsi come attiva)
od omissivo (il soggetto non agisce nonostante il dovere di
agire imposto da una norma: in tal caso, si determina
un’equivalenza causale, dal momento che non impedire un
evento che si ha l’obbligo di impedire equivale a cagionarlo).
Il danno esistenziale: capitolo I
In secondo luogo si evince dalla norma dell’art.
2043 c.c. la necessaria produzione di un “danno”
3
, vale a dire
la soppressione o l’alterazione della sostanza o della qualità
di beni della vita o del patrimonio, che possa qualificarsi
“ingiusto”. Il danno è dunque elemento costitutivo ed
essenziale del fatto illecito al punto che la condotta umana,
sebbene possa risultare per altro verso antigiuridica, non è
ritenuta idonea a scatenare la reazione risarcitoria qualora non
abbia cagionato alcun nocumento. Ciò, naturalmente, è
implicito nel senso stesso della funzione risarcitoria per cui
nulla c’è da risarcire se non sussiste un danno.
Il danno, quale possibile oggetto di rilevazione da
parte del diritto, deve presentare peraltro alcuni connotati che
la dottrina e la giurisprudenza, in difetto di un’analitica
3
SCOGNAMIGLIO, Il risarcimento del danno, NN.D.I., 1969; BARCELLONA,
Danno risarcibile e funzione della responsabilità, Milano, 1972
Il danno esistenziale: capitolo I
nozione legislativa, hanno cercato di definire. Il requisito sul
quale convergono maggiormente le indicazioni degli studiosi,
appare comunque quello della certezza: la lesione deve
essersi certamente verificata, essendo insufficiente la mera
possibilità del suo verificarsi o i suoi prodromi. Strettamente
connesso risulta il carattere dell’attualità del danno: tale
valutazione è diretta a negare rilevanza ai fini risarcitori, alla
mera probabilità del verificarsi di un danno (non ancora
realizzatosi), per considerare, piuttosto, se questa probabilità
non rappresenti già di per sé un pregiudizio. Si ritiene, altresì,
che il danno debba essere personale, vale a dire sopportato in
proprio dal leso, e, secondo l’opinione dominante,
patrimoniale
4
. Tale ultimo requisito si ricaverebbe, da un lato,
dalla delimitazione della tutela risarcitoria del danno non
patrimoniale entro i confini dell’art. 2059 c.c.; dall’altro lato,
4
SALVI, Responsabilità extracontrattuale, in Enc. Dir. XXIX,1988, 1186 ss.
Il danno esistenziale: capitolo I
dal rinvio, operato dall’art.2056 per la determinazione del
danno, all’art.1223 c.c. che configura il pregiudizio risarcibile
nei termini del danno emergente e del lucro cessante. Come
meglio si spiegherà in seguito, la Corte Costituzionale,
argomentando sul danno biologico
5
, ha affermato tuttavia che
l’art. 2043 c.c. si applicherebbe a qualunque fattispecie di
danno ingiusto, a prescindere dalla sua possibile qualifica in
termini di patrimonialità. La Consulta, in pratica, ha ancorato
la risarcibilità del danno alla sola qualificabilità del
pregiudizio come ingiusto, escludendo dall’ambito di tale
giudizio la questione inerente alla natura patrimoniale o non
dell’interesse leso. Anche parte della dottrina ha poi
sostenuto, a proposito dei beni garantiti dalla Costituzione,
l’applicabilità della norma in commento al danno non
5
Sent. 14/7/1986, n.184, Nuova giurisprud. civ. comm.86,I,534
Il danno esistenziale: capitolo I
patrimoniale - intendendo con tal espressione un danno non
direttamente valutabile in denaro.
6
Infine, l’ultimo presupposto oggettivo per la
configurazione della responsabilità civile, è costituito dal
nesso di causalità che deve sussistere tra il comportamento e
il danno: va osservato, a tale proposito, che l’articolo 1223
c.c. afferma la risarcibilità di quei soli danni che siano
conseguenza immediata e diretta dell’illecito (contrattuale o
extracontrattuale che sia)
7
. Con tale formula si è voluto
limitare l’estensione dell’obbligo del risarcimento a tutte le
conseguenze “naturali” del fatto illecito, escludendo quelle
più remote, nei confronti delle quali il nesso di causalità con
la condotta è praticamente “invisibile. In tale prospettiva è
pertanto indispensabile che la condotta del soggetto agente
6
CASTRONOVO, Senza miti, in Rivista critica del diritto privato, 1988, 31ss.
7
LAGOSTENA BASSI-RUBINI, La liquidazione del danno, Milano, 1974, vol. I,19
ss.
Il danno esistenziale: capitolo I
possa qualificarsi condicio sine qua non del nocumento, in
termini, beninteso, di normalità e verosimiglianza.
Relativamente agli elementi soggettivi, l’articolo
2043 c.c. richiede espressamente che il danno sia stato
cagionato per colpa (e quindi per negligenza, imprudenza,
imperizia, o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o
discipline secondo la formulazione comunemente richiamata),
o con dolo dell’agente, il quale abbia non soltanto preveduto
ma anche voluto il fatto come conseguenza della sua azione
od omissione.
Va osservato che, sottesi alla formula del 2043, si
rinvengono principi ispirati al tempo stesso da esigenze
economiche e ideologiche. Sicché l’interpretazione
tradizionale della norma è per lungo tempo rimasta ancorata,
da un lato, al principio “nessuna responsabilità senza colpa” e
dall’altro, all’idea secondo la quale il solo danno rilevante in
Il danno esistenziale: capitolo I
via aquiliana è quello che deriva dalla lesione di un diritto
soggettivo. Se dal punto di vista economico ambedue le
regole hanno accompagnato il nascere e l’affermarsi della
società industriale, trovando la loro ragion d’essere nel limite
che si poneva al risarcimento degli eventuali danni causati
dalle imprese, dal punto di vista ideologico invece, i due
principi sono stati elaborati nel contesto del diritto naturale.
Così, mentre la regola “nessuna responsabilità senza colpa”
sta a significare che all’uomo possono essere imposti obblighi
(nel nostro caso di tipo risarcitorio) solo se derivanti da un
atto riconducibile alla sua volontà (dolo o colpa) –
attribuendo in tal modo una funzione chiaramente
sanzionatoria al risarcimento dei danni – l’altra massima pone
in luce come soltanto gli interessi inerenti alla tavola dei
valori propri della società ottocentesca, in quanto meritevoli
di tutela, possono essere difesi dall’ordinamento: l’interesse
Il danno esistenziale: capitolo I
ricollegabile alla vita o all’integrità fisica, ma soprattutto
l’interesse alla tutela della proprietà; pertanto solo la lesione
di un diritto assoluto è ritenuta risarcibile, nella misura in cui
si risolva in un pregiudizio di carattere economico.
Nella concezione tradizionale, dunque, emerge una
funzione prettamente sanzionatoria della responsabilità
8
,
caratterizzata essenzialmente dal ruolo assorbente della
volontà colpevole nel giudizio d’interpretazione della
responsabilità stessa, e dalla limitazione rigorosa dell’ambito
di tutela accordato al danneggiato, attraverso la rilevanza
degli interessi di natura patrimoniale.
Con l’affermarsi delle società a capitalismo
avanzato le ideologie della responsabilità aquiliana si sono
decisamente evolute: lo sviluppo del sistema economico ha
8
BIGLIAZZI GERI, BRECCIA, BUSNELLI, NATOLI, Illeciti civili, in Il sistema
giuridico italiano, pag. 673 vol. 3°, Torino, 1988
Il danno esistenziale: capitolo II
infatti moltiplicato le possibilità del verificarsi di contatti
dannosi rispetto ai quali il criterio di imputazione
rappresentato dalla colpa si è rivelato inidoneo. Oggi
pertanto, le regole della responsabilità civile non si
considerano più come portatrici di una “sanzione” per
l’atteggiamento “antidoveroso” della volontà del
danneggiante e il criterio regolativo della colpa risulta essere,
ora, solo uno dei criteri di collegamento in virtù dei quali il
danno viene trasferito dal soggetto leso su di un altro
individuo
9
. Da un’altra prospettiva, deve porsi in luce
l’espansione dell’area degli interessi giuridicamente rilevanti
riconosciuti tutelabili in via aquiliana. Detta espansione –
avremo modo di vederlo in seguito – non concerne
esclusivamente la natura assoluta o relativa del diritto
9
RODOTA’, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, 127 ss.;
TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961, 10 ss.;
SCOGNAMIGLIO, Responsabilità per colpa e responsabilità oggettiva, in Studi in
onore di A. Torrente, Milano, 1968, II, 113 ss.
Il danno esistenziale: capitolo II
soggettivo bensì la stessa struttura della situazione giuridica:
questa, infatti, viene ad assumere rilievo, ai fini risarcitori,
anche quando non abbia le sembianze del diritto soggettivo
10
.
In modo particolare l’evoluzione della concezione
tradizionale della responsabilità è contrassegnata da un
graduale spostamento dell’attenzione dalla posizione del
danneggiante a quella del danneggiato
11
: diventa preminente
la necessità di sollevare quest’ultimo dal peso del danno
ingiustamente patito per trasferirlo su chi per legge deve
assumersene la responsabilità. Si verifica così il passaggio dal
carattere meramente sanzionatorio al carattere essenzialmente
riparatorio della responsabilità: il risarcimento del danno
10
SCOGNAMIGLIO: La responsabilità civile, N.D.I. XV, 1968, pag. 628 ss.
11
BIGLIAZZI GERI, BRECCIA, BUSNELLI, NATOLI, Op cit. pag. 674
Il danno esistenziale: capitolo II
viene ora concepito sostanzialmente come un mezzo di
riparazione del danno ingiusto
12
.
Contestualmente si assiste ad un
ridimensionamento, da parte della dottrina, del ruolo della
colpa mediante l’enucleazione di ipotesi normative particolari
di responsabilità. Un giudizio sulla condotta del soggetto,
infatti, non si rivela sempre necessario: ne prescinde l’art.
2049 c.c. nell’imputare ai padroni e ai committenti il danno
arrecato dai loro domestici e commessi. È escluso dall’art.
2053 e dall’art. 2054,4° comma che imputano al proprietario
di un edificio o di un veicolo i danni derivati da vizi di
costruzione dell’edificio o del veicolo. Ne prescindono così
tutte le previsioni normative che rappresentano ipotesi di
responsabilità oggettiva.
12
ALPA – BESSONE – ZENO ZENCOVICH, I fatti illeciti, in Tr. Res.,1995, pag. 30;
RODOTA’, Op. cit., pag. 21 ss.