5. Le associazioni individuate in base all’art.13
della presente legge possono intervenire nei giudizi
per danno ambientale e ricorrere in sede di
giurisdizione amministrativa per l’annullamento di
atti illegittimi.
6. Il giudice, ove non sia possibile una precisa
quantificazione del danno, ne determina l’ammontare
in via equitativa, tenendo comunque conto della
gravit della colpa individuale, del costo necessario
per il ripristino, e del profitto conseguito dal
trasgressore in conseguenza del suo comportamento
lesivo dei beni ambientali.
7. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno,
ciascuno risponde nei limiti della propria
responsabilit individuale.
8. Il giudice, nella sentenza di condanna, dispone,
ove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a
spese del responsabile.
9. Per la riscossione dei crediti in favore dello
Stato risultanti dalle sentenze di condanna si
applicano le norme di cui al testo unico delle
disposizioni di legge relative alla riscossione delle
entrate patrimoniali dello Stato, approvato con R.D.
14 aprile 1910, n. 639.
PRECEDENTI NORMATIVI, GIURISPRUDENZIALI
E ITER FORMATIVO DELLA L.349/86
___________________________________________
La necessit di proteggere l’ambiente da abusi che
ne comportano rarefazione e degrado fu avvertita
intorno agli anni ’60.
In un primo momento, la gravit del problema e la
difficolt di predisporre strumenti adeguati, hanno
portato a una tutela esclusivamente repressiva, mai
preventiva, spesso episodica per non dire casuale,
sempre indiretta: si tutelava l’ambiente soltanto di
riflesso nell’ambito del perseguimento di interessi
di diverso tipo. Anche quando la dottrina ha
affrontato il problema dell’ambiente lo ha trattato
non in una visione globale ma in un ottica limitata a
singoli aspetti particolari.
Col passare del tempo si Ł avvertita la necessit di
affrontare l’argomento in maniera organica e
predisporre una tutela unitaria, trattandosi di un
tema di estrema importanza, anche perchŁ l’ambiente
presenta collegamenti con i diritti fondamentali
dell’uomo.
La violazione dell’ambiente Ł stato detto, pu
comportare effetti nocivi per la salute, ma pu anche
creare situazioni tali da impedire quel <pieno
sviluppo della persona umana> costituzionalmente
garantito (art.3 Cost.).
a) L’indirizzo civilistico.
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Si Ł innanzitutto cercato in dottrina, un fondamento
della tutela nel testo costituzionale, ricorrendo a
quegli articoli che si riferiscono a beni collegati
alla natura o alla qualit della persona: l’art.9 che
protegge il paesaggio e, quindi pu essere richiamato
come base per reprimere le violazioni ambientali che
modificano il territorio, l’art.32 che sancisce il
diritto alla salute e che pu riguardare le
violazioni all’ ambiente che compromettono la salute
dell’uomo.
Proprio sulla correlazione tra tali due norme si
fonda un’importante pronuncia della Corte di
Cassazione (1), in cui si afferma che la tutela del
diritto alla salute si <estende alla vita associata
dell’uomo nei luoghi delle varie aggregazioni nelle
quali essa si articola e, in ragione della sua
effettivit , alla preservazione, in quei luoghi,
delle condizioni indispensabili o anche solo propizie
alla sua salute> per cui, <il diritto alla salute pi
(o oltre ) che diritto alla vita e all’incolumit
fisica, si configura come diritto all’ambiente
salubre... diritto fondamentale, inviolabile
dell’uomo tutelato come diritto assoluto>.
Attraverso tale pronuncia si Ł cos permesso l’uso
di strumenti privatistici ai fini della tutela
ambientale.
Fin dall’inizio per , si Ł avvertito che tale tutela
era insufficiente nei casi di interessi non
riferibili a un dato soggetto, per i quali sarebbe
stata piø adeguata una tutela pubblicistica. Ma,
mancando una normativa in tal senso, si Ł dovuti
ripiegare su un’intervento di natura privatistica,
rilevando che dall’azione del singolo pu derivare
una sia pur indiretta e parziale tutela degli
interessi della collettivit .
Si Ł ricorso cos alle norme del codice civile,
quali l’art. 844 che disciplina le immissioni (fumo,
calore, rumore) nonchŁ all’art.2043 in materia di
responsabilit civile.
Si Ł infatti affermato dai giudici di merito e dalla
Corte di Cassazione (2) che, nei rapporti di vicinato,
il proprietario pu chiedere al giudice, oltre al
risarcimento dei danni, la cessazione delle
immissioni se <intollerabili> qualora attentino al
proprio diritto alla salute.
Si Ł anche affermato che <la disciplina civilistica
in tema di immissioni consente di tutelare, insieme
al diritto di propriet , il fondamentale diritto alla
salute, alla sicurezza e alla dignit umana> E ci
nonostante la pronuncia della Corte Costituzionale
che nel ’74 con la decisione n.247 (3) ha affermato
l’impossibilit di usare l’art.844, in quanto norma
destinata a regolare i conflitti tra proprietari di
fondi vicini, ai fini di una valutazione della
liceit di immissioni che rechino pregiudizio alla
salute o all’ambiente naturale.
In base all’art.844, comunque, la tutela non Ł
completa perchŁ si considerano lecite le immissioni
<se non superano la normale tollerabilit avuto anche
riguardo allo stato dei luoghi> consentendo pertanto
di considerare <tollerabili> immissioni dannose per
l’ambiente se abituali in una zona per es. a
destinazione industriale e inoltre perchŁ si resta
sempre nell’ambito di una tutela legata ad un
rapporto di propriet non certo idonea a garantire la
protezione dell’ ambiente, come emerge dalla sentenza
del Tribunale di Belluno (4) <i proprietari dei fondi
sottoposti ad immissioni intollerabili possono
esercitare tanto l’azione inibitoria ex art. 844 cod.
civ., volta a far cessare le immissioni lesive del
loro diritto dominicale, quanto l’azione volta ad
ottenere il risarcimento dei danni subiti. Coloro i
quali non vantano diritti di propriet sui fondi
finitimi possono solo far valere, qualora lamentino
un danno alla persona, l’azione risarcitoria secondo
i principi generali della responsabilit aquiliana>.
Quanto all’art.2043 c.c., esso pu essere utilizzato
validamente per la risarcibilit del danno ambientale,
ma ha un forte limite non impedendo infatti la
continuazione dell’attivit , cosa essenziale per
un’efficace tutela ambientale che per essere
effettivamente tale deve avere anche carattere
preventivo o quantomeno poter determinare
l’interruzione immediata dell’ attivit inquinante.
Mentre in dottrina era in corso questo dibattito,
sono sopraggiunte alcune leggi di settore, come la
L.615 del ’66 (cd.legge anti-smog ) che mira a
proteggere <le condizioni di salubrit dell’aria>,
<la salute dei cittadini> contro ogni pregiudizio
<diretto o indiretto>, <i beni pubblici e privati> e
che sotto l’aspetto preventivo prevede nell’art.20
per le industrie l’obbligo di <contenere entro i pi
ristretti limiti ... le immissioni di gas, fumi,
polveri, esalazioni che oltre a costituire pericolo
per la salute pubblica possono contribuire
all’inquinamento atmosferico>.
Importante anche la L.319 del ’76 (cd. legge Merli),
che prevede una tutela delle acque in quanto mira a
proteggere l’ ambiente da inquinamento da scarichi e
prevede limiti di accettabilit degli scarichi.
Poi, nel 1985 Ł stata varata la legge n. 431 (cd.
legge Galasso) che ha previsto la tutela di parti del
territorio nazionale gi protette da altre leggi, per
garantirne <le caratteristiche naturali o
ecologiche>.
E’ da sottolineare, anche, la L.616 del ’71 che
attua il decentramento amministrativo e nel ripartire
le competenze tra Stato e Regioni riconduce alla
materia urbanistica, intesa come assetto e utilizzo
del territorio, la protezione ambientale (come
ambiente di vita, natura, parchi e riserve, bellezze
naturali).
b) L’indirizzo pubblicistico.
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Ma Ł grazie anche all’evoluzione della
giurisprudenza della Corte dei Conti che si Ł
definitivamente affermata la tutelabilit
dell’ambiente in sede giudiziaria.
La Corte dei Conti infatti, ha preso spunto
inizialmente dall’art. 52 del T.U. sulla Corte dei
Conti secondo cui <i funzionari impiegati ed agenti,
civili e militari, compresi quelli dell’ordine
giudiziario e quelli retribuiti da amministrazioni,
aziende e gestioni statali ad ordinamento autonomo,
che nell’esercizio delle loro funzioni, per azione od
omissione imputabili anche a sola colpa o negligenza,
cagionino danno allo Stato o ad altra amministrazione
dalla quale dipendono, sono sottoposti alla
giurisdizione della Corte dei Conti>.
La Corte, - prosegue l’art. 52 - <valutate le
singole responsabilit , pu porre a carico dei
responsabili tutto o parte del danno accertato o del
valore perduto>.
Successivamente la Corte dei Conti Ł giunta a
ritenere assogettabili alla propria giurisdizione per
responsabilt contabile e amministrativa non solo gli
amministratori e dipendenti, ma ogni altro soggetto
legato a rapporti di servizio non solo con lo Stato
ma anche con enti funzionali non economici e con le
regioni; ma soprattutto ha esteso l’oggetto della
responsabilit amministrativa patrimoniale che
nell’art.52 Ł definito <danno erariale>.
Esso, in un primo momento infatti viene considerato
limitativamente come una concreta menomazione
patrimoniale arrecata allo Stato, (sia come
diminuizione del patrimonio che come mancato aumento)
per cui comporta una tutela limitata al patrimonio
dello Stato, successivamente invece Ł visto come
danno <a tutti gli altri enti pubblici che con lo
Stato costituiscono l’apparato pubblico, la pubblica
amministrazione con la sola esclusione degli enti
pubblici economici... danno erariale Ł oggi danno
pubblico cioŁ lesione ad interessi di enti pubblici>,
(5).
Infine, in connessione al progressivo imporsi all’
attenzione della societ di nuovi interessi come
quello alla protezione dell’ambiente
dall’inquinamento, o quello della tutela del
territorio dall’aggressione umana, anche il danno
ambientale viene considerato un danno allo Stato e
pertanto rientrante nella propria giurisdizione.
Il primo passo in tal senso si ha con la sentenza
n.39 della I sezione della Corte dei Conti <6>
relativa alla concessione ad una societ
dell’autorizzazione a realizzare un villaggio
turistico (nonostante un divieto di edificazione) in
un bosco del comune di Lecce dei Marsi (parco
nazionale d’Abruzzo). In essa si legge: <il danno
pubblico... va inteso non in senso ragionieristico di
turbativa di alcuni elementi del conto patrimoniale,
ma come turbativa di quei beni (conservazione della
flora, della fauna, della natura, tutela del
paesaggio) che alla collettivit organizzata dello
Stato appartengono>.
Discorso poi ripreso con la sent. n.108 del ’75 <7>
relativa allo stesso caso, in cui si afferma che il
bene giuridico oggetto di tutela Ł <la bellezza
paesaggistica nonchŁ l’ ambiente faunistico
floristico ed ecologico>, nonchŁ con la sentenza n.
61 del ’79 che riguarda un caso di inquinamento
chimico di una vasta area di mare (8) in cui si
ribadisce che danno erariale Ł da considerare non
solo l’alterazione e la turbativa di bilanci o la
distruzione, sottrazione danneggiamento di beni
demaniali ma anche la lesione di interessi pi
generali di natura soprattutto pubblica, purchŁ
suscettibili di valutazione economica.
Infine, tra le ultime pronunce prima della L.349
dell’86, Ł da ricordare la decisione n.378/A dell’84
<9> in cui si afferma che <premesso che danno
erariale Ł oggi danno pubblico> l’interesse dell’ente
pubblico non Ł solo rivolto alla tutela del proprio
patrimonio in senso stretto, ma Ł <proteso alla
tutela di quei beni che non sono cose in senso
materiale ma sono beni in senso giuridico e beni
pubblici (ambiente, bellezze naturali, salute, aria,
arte..)> L’ambiente Ł visto, quindi, come bene
giuridico meritevole di tutela anche in sede
giudiziaria.
c) Iter formativo della legge n.349 del 8/7/86
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Dai risultati del dibattito dottrinario e della
giurisprudenza, sia pur apportando rilevanti
modifiche, si Ł mosso il legislatore, emanando la
legge n.349 dell’8/7/86 istitutiva del Ministero
dell’ambiente ma soprattutto contenente norme in
materia di danno ambientale (art.18).
Tale legge Ł scaturita dall’unificazione del disegno
di legge governativo n. 1203/c (elaborato dal
ministro Biondi e presentato alla Camera dei deputati
il 27 gennaio 1984, intitolato <Istituzione del
ministero dell’ecologia> - il quale aveva come
obbiettivo principale l’istituzione di tale ministero
e prevedeva una normativa sul danno ambientale inteso
come <lesione dell’interesse pubblico alla tutela e
alla salvaguardia dell’ambiente e dei singoli beni
naturali e ambientali> nonchŁ come <danno pubblico> -
con la proposta di legge n. 1298 dell’on. Vernola e
altri, presentata alla Camera il 15 febbraio dello
stesso anno recante <Norme sulla tutela dell’ambiente
e sulla giurisdizionedella Corte dei conti in materia
di danno pubblico ambientale>.
Tale proposta di legge invece mirava innanzitutto ad
assicurare la protezione <dell’ ambiente e dei
singoli beni ambientali> affermando che la lesione di
tali beni comporta un <danno pubblico> e quindi
facente capo alla giurisdizione della Corte dei
conti.
Il testo unificato, esaminato e approvato in aula il
24 luglio 1985, prevedeva quindi che il danno
ambientale Ł <lesione dell’interesse della
collettivit > alla tutela e salvaguardia
dell’ambiente, e attribuiva tutta la materia alla
giurisdizione della Corte dei conti.
Questo testo fu poi sostanzialmente modificato dal
Senato, il danno ambientale diviene danno allo Stato
e compare per la prima volta l’affermazione che il
fatto deve essere posto in essere <in violazione di
legge o di provvedimenti adottati in base a legge>,
ma soprattutto, vero colpo di scena, la giurisdizione
viene assegnata al giudice ordinario.
Tale testo tornato alla Camera ed esaminato dalla
commissione competente in sede referente, viene
definitivamente approvato dalla stessa Commissione in
sede legislativa, senza ulteriori modificazioni, in
una sola giornata, il 26 giugno 1986, poche ore prima
della crisi di governo.<10>
NOZIONE DI AMBIENTE E SUA NATURA GIURIDICA
a) La <materia> ambiente nella l. n.349/1986
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Nell’art. 18 della L. 349/ 86 che disciplina il
danno ambientale manca qualsiasi definizione del
concetto di <ambiente>.
Infatti il primo comma di questo articolo descrive
la condotta rilevante nei suoi profili soggettivo
(dolo o colpa in violazione di legge o di
provvedimenti adottati in base a legge) e oggettivo
(alterazione, deterioramento, distruzione
dell’ambiente), ma omette di chiarire l’oggetto della
tutela.
Per alcuni autori tra i quali Giampietro (1) Ł
possibile delineare una nozione di ambiente
attraverso un’interpretazione interna alla L. 349/86,
visto che essa contestualmente prevede l’ istituzione
e la disciplina delle competenze del Ministero
dell’ambiente e le norme in materia di danno
ambientale.
Il secondo comma dell’art. 1 infatti, prevede tra i
compiti del Ministero dell’ambiente: <assicurare in
un quadro organico, la promozione, la conservazione
ed il recupero delle condizioni ambientali conformi
agli interessi fondamentali della collettivit ed
alla qualit della vita, nonchŁ la conservazione e
valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la
difesa delle risorse naturali dall’ inquinamento>.
In realt sono formule troppo generali per poter
ritenere che da esse debba desumersi il concetto di
<ambiente>. Si tratta di una definizione che appare
troppo generica e vaga e non in grado, pertanto, di
delimitare l’ambito di applicazione della norma di
tutela. Probabilmente il legislatore ha adottato una
definizione di questo genere, non accompagnata da
specificazioni o puntualizzazioni, per definizione
riduttive, perchŁ potesse validamente adattarsi al
concetto di ambiente che non pu essere
cristallizzato in quanto Ł in continua evoluzione,
essendo legato alle conoscenze scientifiche e
all’aumento della sensibilit sociale nei confronti
della tutela ecologica.
Questo ha per portato a dividere la dottrina sull’
esistenza o meno di una nozione unitaria di ambiente,
e sulla configurabilit di esso come bene giuridico.
b) L’ambiente: sua natura giuridica
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Contrastava con il riconoscimento della natura
giuridica del bene ambiente quell’orientamento che
sulla base dell’art.810 c.c. <2> identificava il bene
giuridico con quei beni che sono suscettibili di
appropriazione e possono essere oggetto di una
situazione soggettiva esclusiva. Tali non sarebbero
le res communes omnium per definizione inapprensibili
o non suscettibili di godimento esclusivo (l’aria, il
mare, la luce solare, il calore atmosferico) .
Su questa linea ad esempio il Barbero (3): <la
catteristica del ’bene’in funzione di ’oggetto
giuridico’deve essere messa in rapporto con la sua
<limitatezza> rispetto agli interessi che pu
soddisfare: limitatezza che esiste sempre quando si
tratta di beni strettamente personali (es. la vita,
la libert ecc.; ognuno ha la sua vita, la sua
libert ); ma che, per tutti gli altri beni, esiste
solo in quanto essi siano economizzabili... ma queste
cose (la luce del sole, l’aria, il mare), che i
romani chiamavano res communes omnium non
costituiscono, al loro stato naturale, ’oggetto di
rapporti giuridici’, perchŁ ognuno ne trova in tale
abbondanza senza nulla sottrarre al soddisfacimento
d’ogni bisogno identico di altri, e non pu d’altra
parte appropiarsene in misura superiore al bisogno
attuale per economizzarle>.
Ma l’evoluzione della dottrina privatistica, secondo
molti autori, di fronte alla sopravvenuta scarsit
delle risorse, ha rielaborato la teoria del bene
giuridico, per cui ora sono considerati tali tutti
quei beni per i quali l’ordinamento appresta forme di
tutela per garantire ai soggetti interessati il
godimento inteso sia come appropriazione che come
conservazione.
Pertanto ora le res communes omnium possono essere
oggetto di tutela giuridica, prescindendo dal
riferimento ad un soggetto, sono protette nel loro
essere, nella loro qualit . In tal senso Ł stato
affermato che l’ ambiente Ł un bene giuridico.
c) Ricerca sull’esistenza di un concetto unitario di
ambiente
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Il secondo problema affrontato dalla dottrina Ł
stato di verificare se Ł possibile o meno configurare
una nozione unitaria di ambiente, per delinearne
l’ambito di tutela.
Riguardo a tale questione la dottrina, come sopra
detto, si Ł divisa.
Vi sono stati autori, tra i quali il Giannini (4>,
che hanno affermato che non esiste una disciplina
unitaria di ambiente, ma varie leggi di settore che
considerano l’ambiente sotto l’ aspetto sanitario,
urbanistico, delle aggressioni dei fattori
inquinanti.
Il Giannini, ad esempio, afferma che Ł difficile, se
non impossibile, configurare una nozione unitaria di
ambiente <per l’intrinseca compresenza (e conseguente
interazione) dei beni concettualmente confluenti
nella problematica della tutela dell’ambiente>.
Altri autori invece contestano tale concezione
pluralistica e affermano l’esistenza di un concetto
unitario di ambiente. Amedeo Postiglione (5) ad
esempio afferma che <...una disciplina giuridica non
pu acquisire la dignit scientifica di un autonoma
considerazione se il suo <oggetto> Ł privo di
significato unitario>. Se si nega la unitariet del
concetto di ambiente, esso <non rappresenta piøper
il diritto un oggetto di tutela, rimanendo una
nozione generica, metagiuridica. Non ha senso allora
parlare di diritto ambientale, giacchŁ l’ambiente
come tale non corrisponde ad un interesse pubblico
unitario ma ad una disorganica molteplicit di
interessi privati o pubblici protetti in modo
differenziato o addirittura privi di tutela>.
La tesi del Postiglione ha trovato conferma in una
sentenza della Corte Costituzionale (6> dove si
definisce l’ambiente: <bene unitario, sebbene a varie
componenti, ciascuna delle quali pu anche costituire
isolatamente e separatamente oggetto di cura e tutela
ma tutte nell’insieme, sono riconducibili ad unit >.
In una posizione intermedia si pone Mario Libertini
<7>, che sostiene l’esistenza di un concetto unitario
di ambiente in senso materiale, ma nega l’unitariet
del bene ambiente in senso giuridico, in quanto <il
problema dell’unit o pluralit dei beni giuridici
ambientali va affrontato tenendo conto di tre profili
rispetto ai quali va esaminata la possibilit di
1) un dato reale: socialmente apprezzabile, come un
quid determinato o determinabile;
2) un interesse riferito a tale entit ;
3) una situazione soggettiva presente
nell’ordinamento in funzione di tale interesse;
sotto tale profilo nessuna indicazione Ł rinvenibile
nella L.349 del 1986 e in particolare nell’art. 18>.
Secondo tale autore per diritto all’ambiente si
intende <un insieme di discipline che riguardano i
rapporti tra uomo e natura>. Se da un punto di vista
materiale un unit vi Ł, essa manca sul piano
giuridico, infatti <rispetto all’ambiente naturale
sono disparati gli interessi umani presi in
considerazione dal diritto e in corrispondenza sono
numerose e differenti le posizioni soggettive
individuabili>.
Mi sembra che anche questa impostazione sia
criticabile, in quanto, se Ł vero che c’Ł una
pluralit di interessi soggettivi, essi si
riferiscono tutti a un unico oggetto, l’ambiente
inteso in senso materiale, o ad alcune delle sue
parti (acqua, terra, aria..) che non sono per
oggetti materiali staccati ma contribuiscono tutti a
formare il concetto unitario di ambiente in senso
materiale.
L’art.18, parlando di danno ambientale, non
distingue n tra i singoli elementi, n tra i singoli
interessi da tutelare, mostrando cos di volersi
riferire a una categoria giuridica unitaria.
Vi Ł poi Donata Borgonovo Re che nel suo "Contributo
allo studio del danno ambientale" (8), nega
l’esistenza del bene ambiente come bene giuridico
unitario, affermando che vi sono <categorie di beni
(o di cose) che costituiscono altrettanti fattori
della connotazione di ambiente ...> e che <per
ciascuna di tali categorie l’ordinamento statuisce
una tutela caratterizzata: