2
3. l’ultima , intende il danno in termini assolutamente oggettivi
identificandolo come l’evento lesivo di un bene o interesse .
Questi orientamenti interpretativi hanno suscitato dubbi e incertezze in
dottrina che , negli ultimi tempi , è approdata ad una concezione ,
senz’altro risolutiva , che vede il danno come la lesione di un
interesse giuridicamente rilevante.
Il legislatore italiano non ha mancato di prendere posizione sul danno
inquadrandolo nell’ambito complessivo della responsabilità civile
disciplinata dagli artt. 2043 ss. del Codice civile e richiedendo ,
accanto all’individuazione del tipo di accadimento in astratto
rilevante, la formulazione di un giudizio di disvalore espresso
attraverso l’efficacie formula del danno ingiusto .
Per meglio definire i caratteri del concetto di danno è utile analizzare
le soluzioni adottate dai principali sistemi giuridici europei , in
particolare , il sistema francese , al quale largamente si ispira il nostro
fondato su un principio di atipicità dell’illecito , quello inglese , dal
quale si sono tratte utili soluzioni operative ed , infine , il sistema
tedesco improntato su una stretta tipizzazione delle fattispecie
rilevanti al fine della produzione del danno .
3
Il nostro legislatore , seguendo una tradizione culturale consolidata ,
all’interno della figura unitaria del danno distingue il danno
patrimoniale dal danno non patrimoniale , o per alcuni morale .
Il primo tipo di danno deriva dalla lesione di un interesse patrimoniale
cioè dell’utilità che ad un determinato soggetto può essere fornita da
un bene patrimoniale , ed è disciplinato , per il tramite del richiamo
operato dall’art. 2056 c.c. , dagli artt. 1223 , 1226 e 1227 c.c. , dettati
in tema di responsabilità contrattuale. La funzione svolta dal danno
patrimoniale nel nostro ordinamento è di natura essenzialmente
economica , consente infatti la traslazione di una perdita dal soggetto
danneggiato al danneggiante .
A differenza del primo , il danno non patrimoniale , disciplinato
dall’art. 2059 c.c. , è stato sottoposto nel corso della sua evoluzione ad
una profonda opera di revisione , tanto dalla dottrina quanto dalla
giurisprudenza . Inizialmente , infatti , veniva inteso come ingiusto
perturbamento dello stato d’animo del soggetto in conseguenza di un
fatto illecito altrui , cioè come danno c.d. morale soggettivo
conseguente alla commissione di un reato e limitato solo alle persone
fisiche . Ad innovare profondamente la nozione di danno non
patrimoniale sono recentemente intervenute le ben note cinque
4
sentenza della Corte di Cassazione del Maggio 2003 , che per il loro
carattere di novità , hanno fatto parlare la dottrina come della
formulazione di un “ nuovo art. 2059 c.c. “ . La Corte , adottando una
lettura “costituzionalmente orientata “ della norma , ha scomposto il
danno non patrimoniale in tre categorie : il danno biologico che mina
il diritto alla salute costituzionalmente garantito , il danno morale
soggettivo consistente nella sofferenza psicofisica provata dal soggetto
passivo del danno , il danno derivante dalla lesione di diritti
costituzionalmente garantiti diversi però dal diritto alla salute .
Attraverso questa nuova classificazione si sono superati due gravi
limiti che affliggevano il danno non patrimoniale , infatti , non è più
richiesto che esso derivi dalla commissione di un reato e , sganciato
dalla visuale morale soggettiva , viene esteso anche a soggetti diversi
dalle persone fisiche .
5
Capitolo secondo
IL DANNO NON PATRIMONIALE AI GRUPPI ED AGLI ENTI
Sull’attribuzione dei diritti della personalità (onore e reputazione ,
identità personale , immagine , riservatezza ) a soggetti diversi dalle
persone fisiche si sono manifestate nel tempo diverse opinioni , dalle
più estremistiche , che negano tale possibilità , alle più avanzate , che
vedono tali soggetti come dotati di un’esistenza reale ed uguale a
quella dell’uomo. Un approccio più concreto , al fine dell’attribuzione
di tali diritti ad un soggetto collettivo , assume come decisiva la
verifica della compatibilità della struttura del diritto con il soggetto cui
si vuole riferire , escludendo quelle norme che riguardano
esclusivamente la persona fisica .
Un problema simmetrico a quello sopra enunciato si è posto per il
diritto all’immagine , la cui disciplina legislativa è principalmente
racchiusa nell’art. 10 c.c. e nell’art. 97 della legge sul diritto d’autore .
A partire dagli anni 70 del secolo scorso , alcuni autori , misero in
evidenza la stretta correlazione tra tale diritto ed altre posizioni
soggettive , quali ad esempio l’onore , la riservatezza , l’identità
6
personale , che venivano tutelate anche quando si riferissero a soggetti
collettivi . Con il contributo determinante della giurisprudenza si
arrivò , nei primi anni 80 , ad una riconsiderazione del diritto
all’immagine , inteso come insieme delle caratteristiche soggettive ed
oggettive che vengono ricollegate al modo di essere di una persona ,
sia essa , quindi , fisica o giuridica .
Inoltre , la costruzione di un“ nuovo danno non patrimoniale ” ad
opera della Cassazione , ha come conseguenza più rilevante la sua
possibile configurazione anche nei confronti di soggetti diversi dalla
persona fisica , quindi , persone giuridiche , enti o associazioni . Lo
strumento così predisposto , ha il suo naturale campo di applicazione
nella tutela dei diritti della personalità di tali soggetti , primo tra tutti il
diritto all’immagine che , costituzionalmente qualificato , ben può
essere tutelato per il tramite dell’art. 2059 c. c. .
La tutela del diritto all’immagine dei soggetti collettivi è stata oggetto
di approfondita analisi da parte della giurisprudenza che , nelle sue
decisioni , ha centrato l’attenzione , in particolare , su tre fenomeni
associativi rilevanti per il nostro ordinamento : il partito politico , il
sindacato e la società per azioni . Il partito politico è certamente il più
importante dei fenomeni analizzati in relazione alla funzione svolta
7
nel quadro costituzionale , il diritto all’immagine di questo soggetto è
stato preso in considerazione sotto il particolare profilo del diritto allo
sfruttamento del simbolo del partito , inteso come strumento di
identificazione dello stesso presso l’elettorato .
Discorso diverso va fatto per il sindacato , infatti , la giurisprudenza
in diverse occasioni , ha considerato la sua immagine come correlata
alla funzione esponenziale da esso svolta di tutela degli interessi
collettivi della generalità dei suoi iscritti . Non sono mancate , tuttavia,
decisioni in cui l’immagine del sindacato è stata considerata come
distinta da quella dei suoi membri ed in quanto tale autonomamente
tutelabile . Da ultimo , un recente orientamento ha riconosciuto la
titolarità del diritto all’immagine anche per le persone giuridiche
private ed , in particolare , per le società di capitali . Tale diritto
viene legato all’immagine commerciale e di mercato che vale a fornire
all’impresa o alla società una certa credibilità nell’ambito del mercato
in cui opera , che in caso di sua violazione comporta il diritto al
risarcimento ex art. 2059 c. c. .
8
Capitolo terzo
IL DANNO ALL’IMMAGINE DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
L’attribuzione alla P.A. del diritto alla tutela della propria immagine
ha richiesto un’attenta opera di riflessione , da parte della dottrina e
della giurisprudenza , in ragione della natura pubblica dell’Ente . Per
meglio affrontare il problema occorre , innanzitutto , valutare quale
sia il significato della nozione di immagine rispetto alla P.A. .
A questo proposito , un riferimento costante è rappresentato dalle
norme costituzionali che riguardano la P. A. in cui vengono enunciati i
due principi , dell’imparzialità e del buon andamento , che connotano
l’attività di tale soggetto , degne di attenzione sono , inoltre , le
discipline settoriali e le iniziative svolte dalla P.A. per la promozione
della propria immagine . Dall’insieme di questi riferimenti vediamo
come l’immagine della P.A. è rappresentata dalla credibilità ,
dall’affidabilità e dal prestigio di cui gode presso la pubblica opinione
che ben può essere lesa da comportamenti illeciti dei suoi dipendenti ,
che rappresentano la principale forma di aggressione a questo bene
9
giuridico . La dottrina e la giurisprudenza nell’affrontare il tema del
danno all’immagine della P.A. hanno dovuto preliminarmente
inquadrarlo all’interno di una delle categorie previste dal nostro
codice civile . Il dibattito è stato lungo e non sembra ancora arrivato
ad una soluzione soddisfacente , si è passati , infatti , da una
considerazione strettamente patrimoniale del danno , legata alle spese
necessarie per il ripristino del bene leso , alla sua qualificazione come
danno esistenziale da parte delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti
nella sentenza n. 10 /SR/QM del 23 aprile 2003 che , per la chiarezza
delle argomentazioni espresse e la preminenza dell’organo da cui
promana , rappresenta un’importante punto di riferimento nella
ricostruzione dell’intera tematica . Una soluzione soddisfacente ,
considera il danno de qua come non patrimoniale , nell’accezione
formulata dalla Cassazione , in ragione del valore costituzionale
assunto dall’immagine della P.A. . Tale soluzione permette , inoltre ,
di attribuire la giurisdizione alla magistratura contabile senza la
necessità , paventata da alcuni autori , di modifiche legislative in
ragione della rinnovata considerazione della nozione di patrimonio
pubblico , che oltre a beni strictu sensu patrimoniali si estende anche a
10
valori immateriali , quali l’immagine , comunque patrimonialmente
valutabili .
La magistratura ordinaria , all’inizio degli anni 70 , ha iniziato ad
occuparsi del danno all’immagine della P.A. , in due casi , il c.d.
“scandalo Lockheed” e il “disastro del Vajont” che , per la loro
rilevanza , aprirono la strada ad una sempre maggiore considerazione
di questa categoria .
Un apporto determinante per la ricostruzione del contenuto del danno
in questione è stato dato dalla magistratura contabile che nelle sue
pronunce ha trattato tutti gli aspetti più importanti di questo tema .
Innanzitutto , sotto il profilo soggettivo , è stato rilevato come , al fine
della produzione del danno , sia unicamente rilevante il
comportamento di un soggetto legato da un rapporto di
immedesimazione organica con la P.A. , sia con l’amministrazione
direttamente lesa che con un’altra amministrazione , in quest’ultimo
caso solo ricorrendo alcuni presupposti.
Quanto all’elemento psicologico la magistratura contabile si è riferita
alla disciplina prevista per il danno erariale , subordinato alla prova
del dolo o della colpa grave del soggetto agente .
11
Un altro aspetto determinate per pervenire alla condanna del
dipendente che abbia causato un danno all’immagine della P.A. , è la
dimostrazione del nesso causale tra la sua condotta e il pregiudizio
subito dall’Ente . Sotto questo profilo , la giurisprudenza ha
abbandonato la tesi della necessaria sussistenza di un illecito penale ,
considerando produttive di danno anche condotte di per sè del tutto
lecite .
Infine , la magistratura contabile si è in diverse occasioni espressa su
due temi tra loro strettamente connessi : la quantificazione e la prova
del danno alla P.A. . Quanto al primo problema , un orientamento
costantemente seguito , legava il risarcimento alle spese sostenute per
il ripristino dell’immagine dell’Ente , ben presto è stata dimostrata
l’inadeguatezza di una tale impostazione che ha lasciato il passo ad
altre soluzioni fondate su elementi , tanto oggettivi quanto soggettivi ,
più rispondenti all’esigenza di tutela della P.A. .
Rispetto alla prova del danno , è stata riconosciuta la possibilità per la
P.A. di ricorrere alle presunzioni comportanti un’inversione dell’onus
probandi nel caso in cui la domanda sia fondata su una sentenza
penale precedentemente resa , valendo per gli altri casi la regola
generale dell’art. 2697 c.c. .
12
Per concludere sembra opportuno passare rapidamente in rassegna le
ipotesi più rilevanti di condotte che provocano un danno all’immagine
della P.A. . Tra tutte le più frequenti sono le ipotesi di commissione di
illeciti penali quali corruzione , concussione , peculato da parte di
pubblici funzionari che , in ragione del clamore provocato nella
pubblica opinione , incidono profondamente sul rapporto fiduciario
che lega la P.A. ai cittadini . Non meno rilevanti sono altre condotte
che , seppur non dotate della stessa offensività delle precedenti ,
recano un pregiudizio all’immagine della P.A. , come dimostrato dai
giudici in diverse occasioni .
13
CONCLUSIONI
Il quadro che abbiamo cercato di tracciare , partendo dalla teoria
generale sul danno extracontrattuale passando per l’analisi delle
posizioni dottrinali e giurisprudenziali più interessanti sul tema del
diritto all’immagine fino ad arrivare alla configurazione del danno
all’immagine della P.A. , ci dimostra come , dall’iniziale costante
disconoscimento del diritto all’immagine nei confronti di soggetti
diversi dalle persone fisiche , si sia progressivamente passati verso
una previsione estesa e generalizzata di tale diritto anche nei confronti
di tali soggetti .
L’immagine ed il prestigio sono valori determinanti nella società
attuale e come tali sono tutelati dal nostro ordinamento giuridico ,
tradizionalmente però sono stati riferiti solo alle persone fisiche ,
mentre per le persone giuridiche la consapevolezza della necessità di
apprestare una medesima forma di tutela nei loro confronti è emersa
solo di recente e , tuttora , non sembra un dato del tutto acquisito .
In questo campo l’opera della giurisprudenza , descritta in più
occasioni , è stata davvero decisiva , ed ha sollecitato anche la
14
dottrina ad abbandonare schemi , primo fra tutti l’equiparazione tra
danno non patrimoniale e danno morale soggettivo, non più
rispondenti alle esigenze di una società in cui costantemente
emergono diritti ed interessi “ nuovi“ che richiedono un’adeguata
protezione .
Emblematico è il percorso che ha condotto la giurisprudenza alla
previsione del danno all’immagine ed al prestigio della Pubblica
Amministrazione , che rappresenta il frutto più interessante della
scienza giuridica italiana negli ultimi decenni . Bisogna riconoscere la
carica di novità introdotta nel nostro ordinamento da questa figura
che ha cambiato la prospettiva dalla quale vedere il rapporto tra
cittadini e P.A. . Attraverso la categoria del danno all’immagine ,
viene riconsiderato il ruolo stesso della Pubblica Amministrazione nel
nostro ordinamento , non più solo intesa come soggetto obbligato a
tenere un comportamento imparziale, obiettivo, adeguato rispetto alla
cura del pubblico interesse nei confronti del quale vantare solo diritti ,
ma anche dotata di una propria individualità , titolare del diritto a non
vedere leso il rapporto fiduciario instaurato con i cittadini .
Il cambio di rotta è evidente : l’esigenza di apprestare una tutela nei
confronti della Pubblica Amministrazione non deve essere considerata
15
come l’attribuzione di un privilegio nei confronti di un soggetto già
dotato di ampie garanzie , al contrario deve essere salutata con favore ,
impegnando la stessa ad assicurare un costante miglioramento dei
servizi offerti , un maggiore controllo della propria attività , un più
chiaro e diretto contatto con i cittadini , risolvendosi in un vantaggio
per l’intera collettività .