1
CAPITOLO I
Genesi ed evoluzione della normativa in tema di
amministrazione straordinaria
1. La L. 95/1979: la cd. “Legge Prodi”
I primi interventi normativi volti a disciplinare una gestione differenziata
delle crisi delle imprese di maggiori dimensioni possono già essere fatti risalire
agli anni ’30 dello scorso secolo (1). Tuttavia, il primo provvedimento organico,
anche se scarsamente dettagliato, con cui si è cercato di affrontare il fenomeno
della crisi delle imprese di rilevanti dimensioni, con modalità diverse dalla
semplice liquidazione fallimentare, è stato il d.l. 30 gennaio 1979, n. 26,
convertito nella l. 3 aprile 1979, n. 95 (meglio conosciuta come “legge Prodi”),
che introdusse per la prima volta l’istituto dell’amministrazione straordinaria. In
un contesto di parziale mutamento degli assetti politici di governo, che si mostrò
più sensibile ai problemi occupazionali, e con il propagarsi in tutte le economie
occidentali di una vertiginosa crisi economica, diverse furono le linee d’intervento
che anticiparono l’avvento della nuova disciplina, tutte improntate a una politica
di continuo rifinanziamento delle imprese in difficoltà, attuata ora grazie al
rilanciato sistema delle partecipazioni statali, ora per mezzo di un sistematico
ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni, ora attraverso la modifica della
disciplina della liquidazione coatta amministrativa, ora tramite il ricorso ad un
forzoso consolidamento del debito bancario (2). Tale provvedimento nasce così
come il frutto di una nuova presa di posizione, per cui la crisi della grande
impresa potesse trovare rimedio in un uso alternativo delle procedure concorsuali
(
1
) R.d.l. 17 gennaio 1935, convertito nella l. 8 aprile 1935, n. 702, recante “Norme
speciali per la liquidazione delle società anonime e in accomandita per azioni verso le quali lo
Stato vanti crediti notevolmente superiori al capitale azionario” ed il r.d.l. 19 maggio 1938, poi
convertito nella l. 5 gennaio 1939, titolata “Provvedimenti relativi all’Istituto per la Ricostruzione
Industriale”.
(
2
) Tra i provvedimenti normativi più rilevanti c’è la l. 12 agosto 1977, n. 675 (in G.U., 7
settembre 1977, n. 243) recante “Provvedimenti per il coordinamento della politica industriale, la
ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore” e la l. 5 dicembre 1978, n. 787 (in
G.U., 14 dicembre 1978, n. 348) recante “Disposizioni per agevolare il risanamento finanziario
delle imprese”.
2
(
3
) che, anche a scapito di un sacrificio della par condicio creditorum, consentisse
un’almeno temporanea prosecuzione dell’attività di impresa con il salvataggio dei
posti di lavoro (4).
1.1. Gli aspetti generali del procedimento
La disciplina contemplata dalla cd. “Legge Prodi” ha senza dubbio finalità
conservative in quanto, se è vero che la liquidazione è chiaramente contemplata,
tanto da essere richiamata la disciplina della liquidazione coatta amministrativa
(
5
), la stessa resta comunque l’ultima ratio, mentre l’obiettivo primario è mirare
alla continuità dell’attività per difendere tutti i residui valori tecnici, commerciali,
produttivi e occupazionali dell’impresa dissestata (6). Tale provvedimento
introduce il concetto di amministrazione straordinaria dell’impresa, una procedura
alternativa al fallimento e che prevede l’intervento di uno o più commissari, sotto
la vigilanza del Ministero dell’Industria. Nella sua versione originaria, questa
comporta la continuazione dell’esercizio dell’impresa come condizione normale
(
7
), è unica per tutte le imprese insolventi di un medesimo gruppo (8), impone al
(
3
) Giova ricordare il varo, nel 1942, della legge fallimentare al cui interno erano previste,
oltre alla procedura del fallimento, la disciplina della liquidazione coatta amministrativa,
dell’amministrazione controllata e del concordato.
(
4
) Come ricorda DE ANGELIS, Le nozioni di impresa e insolvenza nella nuova legge n.
270 del 1999, in Fall., 2000, I, p. 274, la l. n. 95/1979 era stata concepita ed articolata con
particolare riguardo alla continuazione dei rapporti di lavoro, tant’è che, a discapito di tutti gli altri
creditori, le risorse aziendali erano destinate quasi esclusivamente ai dipendenti.
(
5
) L’articolo 1, c. 3, l. 95/1979 recita infatti: “La procedura si attua ad opera di uno o tre
commissari sotto la vigilanza del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato ed è
disciplinata, in quanto non diversamente stabilito con il presente decreto legge, dagli articoli 195 e
seguenti e dall’articolo 237 della legge fallimentare.”. Si veda a riguardo COLESANTI – MAFFEI
ALBERTI - SCHLESINGER, Provvedimenti urgenti per l’amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in crisi, in NLCC, 1979, p. 705.
(
6
) La finalità risanatoria viene desunta dalla Relazione alla legge e dalla prassi
applicativa che rilevano come in quasi ogni procedura sia stata disposta la continuazione
dell’attività dell’impresa, per esperire il tentativo di salvataggio delle unità produttive. A riguardo
si veda Trib. Torino 23 marzo 1982 (Panzani - Drago ric.), in Dir. Fall., 1982, II, p. 1085.
(
7
) Più precisamente l’art. 2 prevede la continuazione dell’attività d’impresa pendente la
procedura, a discrezione dell’Autorità amministrativa e per un periodo non superiore a due anni,
prorogabile fino ad un massimo di tre (limite che con la l. 119/82 raggiungerà i cinque anni). Cfr.
BONSIGNORI, I processi concorsuali minori, in Trattato di Diritto Commerciale e Diritto
Pubblico dell’economia, diretto da Galgano, vol. XXIII, Padova, 1997, p. 667.
(
8
) Per un quadro definitivo circa i profili relativi all’applicazione dell’amministrazione
straordinaria ai gruppi di società nella “legge Prodi” si veda DI SABATO, Ricostruzione e
unificazione del gruppo nell’Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Atti
del convegno SISCO – L’Amministrazione Straordinaria delle grandi imprese in crisi, Milano,
1989, p. 39.
3
commissario di formulare un piano di risanamento e gli consente di perseguirlo
gestendo l’impresa con ampiezza di strumenti (9) e avvalendosi della garanzia
pubblica sui nuovi finanziamenti (ex art. 2 bis) (10). Nel corso della procedura i
debiti dell’impresa risultano cristallizzati e la possibilità di soddisfarli dipende dai
risultati della gestione commissariale. L’attività d’impresa può essere rivolta al
risanamento dei complessi produttivi, tramite ristrutturazione dell’impresa con il
ritorno in efficienza dei complessi produttivi, o alla cessione della stessa a terzi
soggetti. Quest’ultima può essere realizzata in tre modi: tramite cessione in blocco
di tutti i complessi produttivi aziendali funzionanti a un terzo imprenditore;
tramite cessione dei singoli complessi aziendali in attività a più imprenditori;
tramite cessione atomistica dei beni dell’impresa a terzi (liquidazione in senso
stretto) (11). La legge comunque dispone che, per quanto possibile, dev’essere
preservata l’unità dei complessi produttivi, compresi quelli da trasferire. Requisito
oggettivo per l’ammissione alla procedura è l’accertamento dello stato
d’insolvenza di un’impresa con almeno 300 addetti (12) e la presenza della cd.
(
9
) Si va dalle assunzioni di personale specializzato allo scioglimento di alcuni contratti
pendenti, dalla prosecuzione di rapporti in corso alla stipulazione di nuovi negozi, accompagnati
dalla contestuale liquidazione di alcune attività e l’eliminazione dei “rami secchi” dell’azienda.
Senza contare la possibilità di esercitare l’azione revocatoria, ordinaria, fallimentare o “aggravata”
(ex art. 3).
(
10
) Proprio quest’articolo sarà uno dei motivi principali che spingerà la Commissione
europea ad avviare contro l’Italia la procedura d’infrazione ex art. 93, par. 2, Trattato CE in
materia di aiuti di Stato illegittimi. Degna d’interesse è l’osservazione di FLOREANI,
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi: un’analisi delle procedure dal
1979 al 1996, in Gli strumenti per la gestione delle crisi finanziarie in Italia: un’analisi
economica, a cura di CAPRIO, Milano, 1997, p. 338 secondo cui “la liquidità apportata grazie ai
finanziamenti accordati può permettere la ripresa produttiva; […] Si è inoltre già evidenziato come
la garanzia del Tesoro possa addirittura avvantaggiare i creditori sociali quando il valore
dell’attività in caso di interruzione dell’attività produttiva è particolarmente basso. Infine, la
garanzia del Tesoro permette di ridurre il costo dei finanziamenti.” D’altra parte “se non vi sono
delle inefficienze nel mercato del credito che, per qualche ragione, non permettono l’ottenimento
di nuovi fondi […] la garanzia del Tesoro rischia di favorire situazioni inefficienti, permettendo la
continuazione dell’attività produttiva anche quando vi siano evidenti ragioni economiche che la
sconsigliano.”
(
11
) Tale tipologia di cessione avviene necessariamente quando non viene autorizzata la
continuazione dell’esercizio dell’impresa e automaticamente s’interrompe l’attività di tutti i
complessi aziendali. In realtà anche in assenza di continuazione dell’esercizio d’impresa è
possibile assicurare la prosecuzione dell’attività, ma in tal caso la gestione dell’attività dei
complessi produttivi affittati non è di competenza commissariale.
(
12
) L’uso del termine “addetti” in luogo di “dipendenti” ha posto problemi interpretativi,
risolti nel senso di ricomprendere nel numero dei lavoratori che costituiscono il requisito
dimensionale dell’azienda, anche coloro che sono legati ad essa da un rapporto di lavoro autonomo
o parasubordinato. Si veda a riguardo Trib. Rieti 9 luglio 1982 (Pacifico - Bosi s.p.a. ed altri), in
Giur. Comm., 1983, II, p. 89.
4
“esposizione debitoria qualificata”. Si tratta di un’esposizione verso istituti (13) o
aziende di credito o istituti di previdenza o assistenza sociale superiore a cinque
volte il capitale sociale (14) versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio
approvato, nonché a venti miliardi di lire, di cui uno per finanziamenti agevolati.
In alternativa all’esposizione debitoria ex art. 1, c. 1 viene introdotto, come
autonomo presupposto oggettivo, il criterio sociale dell’omesso pagamento di
almeno tre mesi di retribuzione. Questo affiancamento denota come tale criterio
venga considerato come un’automatica manifestazione dello stato d’insolvenza
dell’impresa, ma la sua applicazione rende in teoria possibile l’applicazione
dell’amministrazione straordinaria anche a imprese formalmente non insolventi
(
15
). Un’impresa non insolvente, inoltre, può venire commissariata anche in virtù
dei collegamenti con un’altra già sottoposta a tale procedura. Dopo la
dichiarazione d’insolvenza pronunciata dal tribunale, al quale solo appartiene
l’accertamento dei presupposti della procedura (16) senza alcuna valutazione sulle
prospettive, il Ministro per l’Industria dispone con decreto l’apertura del
procedimento di amministrazione straordinaria. Con lo stesso decreto può essere
disposta la continuazione dell’esercizio dell’impresa da parte del commissario, per
un periodo non superiore a due anni, prorogabile una sola volta per non oltre un
anno. Tuttavia manca al Ministero la possibilità di analizzare la rilevanza pubblica
degli interessi in gioco e di valutare le effettive potenzialità di risanamento per cui
l’autorizzazione alla continuazione dell’esercizio dell’impresa diventa, di fatto, un
presupposto formale iniziale della procedura (17) con rilevanti conseguenze su tutti
(
13
) In relazione al debito verso le banche si è affermato che si possono prendere in
considerazione solo i debiti inerenti a finanziamento o attività di concessione del credito. Così
GALIOTO – PALUCHOWSKI, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi,
Padova, 1991, p. 60.
(
14
) Trib. Roma 21 febbraio 1981, in Fall., 1982, I, p. 130 per cui “la qualifica di “grande
impresa” […] non è ancorata all’entità del capitale sociale (sicchè non rileva che questo oltrepassi
o meno la soglia dei 4 miliardi di lire), ma è unicamente correlata alla mole d’indebitamento
contratto verso gl’istituti di credito o gli enti previdenziali, che non deve essere mai inferiore ai 20
miliardi di lire”.
(
15
) Non risulta che sia stata mai aperta una procedura di amministrazione straordinaria
sulla base di tale presupposto. E’ da chiarire inoltre che l’avvenuto pagamento delle ultime
mensilità di retribuzione non vale ad escludere l’insolvenza, qualora essa sia rilevabile da altri
elementi. Così Trib. Bologna 12 luglio 1983, in Dir. Fall., 1984, II, p. 233.
(
16
) DE FERRA, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2002, p. 390; COLESANTI –
MAFFEI ALBERTI - SCHLESINGER, op. cit., 1979, p. 715-716.
(
17
) Vd. BONSIGNORI, L’amministrazione straordinaria per la prima volta in
Cassazione, nota a Cass. Sez. Un. 18 luglio 1980, n. 4681, in Dir. Fall., 1980, II, p. 469, secondo
5
coloro che sono collegati alla sorte dell’impresa (18). La sfera d’azione del
commissario è vastissima: pur dovendo operare nella prospettiva di preservare
l’unitarietà dei complessi produttivi, egli può perseguire soluzioni differenziate
per singole aziende o imprese, inclusa anche la possibilità di effettuare nuovi
investimenti. I beneficiari diretti della nuova situazione sono innanzitutto i
lavoratori delle imprese dissestate, i quali evitano le drastiche conseguenze di un
fallimento e inoltre, in quanto creditori nei confronti d’imprese insolventi,
ricevono tutela speciale per quanto riguarda gli stipendi pregressi e le varie
indennità contrattuali. Per i creditori invece comporta una serie di conseguenze
negative quali l’addossamento dei costi di gestione, la sospensione delle azioni
esecutive individuali, il mancato pagamento degli interessi, senza che, per contro,
la procedura sia finalizzata al loro pregiudiziale soddisfacimento.
1.2. I risultati della legge e la riforma
La L. 95/1979 trovò immediata applicazione per alcune grandi imprese,
riscuotendo parecchi consensi soprattutto all’interno del ceto industriale. Non
mancarono però le critiche, essenzialmente generate dalla sfiducia nel fatto che la
neonata amministrazione straordinaria potesse effettivamente condurre al
risanamento delle imprese ad essa assoggettate, dalla eccessiva assonanza alla
liquidazione coatta amministrativa e dalla contestata attribuzione di forti poteri di
gestione della crisi al potere esecutivo (19). Nonostante le obiezioni e i dissensi, le
ragioni del provvedimento ebbero comunque la meglio e la disciplina rimase in
vigore per vent’anni, pur subendo una lunga serie di modifiche, per lo più
motivate dall’esigenza di dilatarne l’utilizzo e di agevolare la prosecuzione di
un’attività d’impresa; spesso concepite a soluzione di specifiche e ben individuate
cui il decreto d’instaurazione dell’amministrazione straordinaria è atto dovuto, a seguito della
declaratoria dello stato d’insolvenza. In questo caso il commissario può solo, se lo ritiene
opportuno, richiedere al ministro la revoca dell’autorizzazione o indicare nel programma i
complessi produttivi per i quali non risulta conveniente la riattivazione.
(
18
) Questo ricorso eccessivo alla continuazione dell’attività d’impresa o mantiene in vita
forzatamente un’impresa o, in caso in cui si ritiene non possano essere raggiunti gli obiettivi della
procedura, porta ad un’interruzione non tempestiva dell’attività, determinando un danno
soprattutto nei confronti dei creditori sociali. A soluzione di tale problema nascerà con la “Prodi
bis” il cd. “periodo di osservazione”(infra Cap. II, par. 2.1.).
(
19
) Così BIANCA, La disciplina della crisi delle grandi imprese, in AA.VV.,
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza dopo il d.lg.
12.9.2007, n. 169, a cura di COSTA, Milano, 2008, p. 9.
6
emergenze (20). Ad ogni buon conto, le esperienze di risanamento compiute in
pendenza della procedura di amministrazione straordinaria ex l. 95/1979 fallirono
e, anche se si sono evitate perdite improvvise di grandi quantità di posti di lavoro
(
21
), ciò si ottenne con grave pregiudizio per il ceto creditorio.
Sullo scorcio dei primi anni ’90, il già precario equilibrio normativo venne
definitivamente pregiudicato dal superamento della contingente crisi economica e
conseguente apertura ai nuovi mercati, nonché, e soprattutto, dalle censure mosse
a livello comunitario. La Commissione Europea infatti, nel 1992, inizia ad
interessarsi della l. 95/1979, allo scopo di verificarne la conformità alla disciplina
sugli aiuti di Stato e nel 1997 avvia la procedura di cui al par. 2 dell’art. 93 (ora
88), proprio in considerazione di una potenziale violazione di tale normativa in
materia di aiuti di Stato (22). Successivamente interviene anche la Corte di
Giustizia che, in due casi (23), condanna l’Italia per aver sottratto imprese ormai
senza speranza alle comuni regole del diritto fallimentare; nonché per aver violato
il divieto di aiuti di Stato attraverso agevolazioni, privilegi e sostegni che finivano
(
20
) Si parlerà a tal proposito di “leggi fotografia”: la l. 445/80 modifica la disciplina per
consentirne l’applicazione al gruppo Genghini; la l. 784/80 modificava indirettamente alcuni
articoli della cd. “legge Prodi” con riferimento al gruppo SIR; la l. 119/82 allunga la durata
dell’amministrazione straordinaria a 4 anni (5 per i gruppi) per consentire la prosecuzione della
gestione commissariale per il gruppo Maraldi; la l. 696/83 cancellando il requisito del
finanziamento agevolato consente il commissariamento del gruppo Gondrand e Einaudi. Altre
leggi nel 1984 hanno consentito la proroga delle amministrazioni straordinarie.
(
21
) Secondo stime del ministero dell’Industria al settembre 1998, la legge 95/1979
avrebbe salvato 45.000 posti di lavoro, avendo la procedura interessato 519 imprese con 90.000
dipendenti complessivi (Con la legge Prodi salvati 45mila posti, in Il Sole 24 Ore, 11 settembre
1998, p.18).
(
22
) In particolar modo, a giudizio della Commissione Europea, costituivano elementi
potenzialmente idonei a falsare le condizioni del libero mercato: la garanzia gratuita del Tesoro,
che poteva assistere i debiti contratti dalle imprese in procedura per il finanziamento della gestione
corrente; la riattivazione ed il completamento di impianti, immobili e attrezzature industriali; la
continuazione dell’esercizio provvisorio dell’impresa, non finalizzato alla tutela delle ragioni dei
creditori; l’improcedibilità dell’esecuzione fiscale rispetto alle altre procedure concorsuali
tradizionali; l’esonero dal pagamento delle ammende e delle sanzioni amministrative per i
contributi previdenziali ed assicurativi non versati; e, per finire, la previsione di un’imposta di
registro “simbolica” per il trasferimento totale o parziale dell’impresa. Si veda su tutti il commento
di NAPOLEONI, Finalità e filosofia della nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria, in
AA.VV., La riforma della amministrazione straordinaria : crisi e risanamento delle imprese nella
nuova Legge Prodi : le innovazioni del D.lgs. n. 270/99 e le prospettive di riforma della disciplina
fallimentare, a cura di BONFATTI – FALCONE, Roma, 2000, p. 23 ss.
(
23
) Cfr. FABIANI, Il rapporto fra la nuova amministrazione straordinaria e le procedure
concorsuali minori, nota a Corte di Giustizia CE 17.6.1999, n. 295/97/1999, in Foro it., 2000, IV,
p. 8 ss., relativa al caso Piaggio. SANDULLI, Aiuti di Stato per le grandi imprese in crisi e
normativa comunitaria, nota a Corte di Giustizia CE 1.12.1998, n. 200/97/1998, in Giust. Civ.,
1999, I, p.623 ss., relativa al caso Ecotrade.
7
per falsare o minacciavano di falsare la libera e normale concorrenza (24). In
seguito a tali decisioni, la Commissione avvierà il procedimento ex art. 88, n. 2
del Trattato, che sfocerà nella decisione del 16 maggio 2000, con cui la stessa
Commissione dichiarerà la l. 95/1979 illegittima e incompatibile con il mercato
comune. Esplode quindi un dibattito circa l’esigenza di una legge generale capace
di conciliare anima conservativo-riorganizzativa e liquidatorio-satisfattiva,
tutelando l’interesse della collettività a non disperdere il valore dell’apparato
produttivo, nonché preservando il mercato europeo dagli effetti negativi di un
illegittimo intervento statale, attraverso la garanzia della conformità degli stessi
eventuali piani di risanamento con le disposizioni comunitarie. Una riforma
quindi, per conservare un istituto, come l’amministrazione straordinaria,
necessario a disciplinare le ripercussioni sul mercato dell’insolvenza di gruppi
economici di apprezzabili dimensioni e per circoscrivere tale intervento solo alle
imprese in cui fosse ragionevolmente prospettabile un recupero economico (25).
2. Il D. lgs. 270/1999: la cd. “Prodi bis”
Sul finire degl’anni ’90 si compie una vera e propria svolta. I numerosi
confronti che si ebbero sul campo dottrinale e su quello politico portarono, il 9
ottobre 1997, alla presentazione alla Camera di un disegno di legge delega che
prevedeva l’abrogazione della “Legge Prodi” e l’emanazione di un decreto
legislativo che effettuasse non una semplice rivisitazione, ma una sostanziale
(
24
) La l. 95/1979 “può collocare le imprese alle quali si applica in una situazione più
favorevole rispetto ad altre, in quanto consentirebbe la continuazione della loro attività economica
in circostanze in cui tale eventualità sarebbe esclusa nell’ambito di applicazione delle norme
ordinarie in materia di fallimento, poiché queste ultime tengono conto in misura determinante della
tutela degli interessi dei creditori.” (Corte Giust. CE 1.12.1998, n. 200/97/1998, par. 40); si
condanna inoltre la discrezionalità del ministro, in quanto le sue decisioni “di collocare l’impresa
in difficoltà in amministrazione straordinaria e di autorizzarla a continuare la sua attività, anche
supponendo che siano adottate tenendo conto al meglio degli interessi dei creditori e, in
particolare, delle possibilità di valorizzazione dell’attivo dell’impresa, sono del pari influenzate
[…] dall’intento di salvaguardare, per considerazioni di politica industriale nazionale, l’attività
economica dell’impresa.” (Corte Giust. CE 17.6.1999, n. 295/97/1999, par. 38).
(
25
) Una riforma che secondo alcuni non è stata il frutto di una libera scelta del legislatore
volta ad adeguare la legislazione italiana a quelle straniere o a rinnovare una legge ormai obsoleta,
ma la conseguenza della necessità di ottemperare ai ripetuti richiami della Commissione europea.
Così SCHIAVON, Il risanamento dell’impresa insolvente: vecchie suggestioni e nuove
aspirazioni, al sito http://www.ilfallimento.it/dottrina/09.htm; ALESSI, L’amministrazione
straordinaria delle grandi imprese insolventi. Commento sistematico al D. Lgs. 8 luglio 1999, n.
270, Milano, 2000, p. 5.
8
reimpostazione dell’istituto dell’ amministrazione straordinaria. Il successivo
dibattito parlamentare, che testimoniava comunque la sincera volontà di concreta
innovazione (26), scaturì nell’approvazione della legge delega 30 luglio 1998, n.
274, che all’art. 1 demandava espressamente al Governo l’emanazione di un
decreto legislativo “recante la nuova disciplina dell’istituto dell’amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza, procedendo
all’abrogazione del d.l. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni,
dalla l. 3 aprile 1979, n. 75, e successive modificazioni ed integrazioni”. Il che
voleva dire sopprimere il vecchio istituto, provvisorio, eccezionale e precario (v.
art. 6 ter, l. 95/1979) e introdurre una nuova procedura consona agli orientamenti
comunitari, maggiormente attenta alle prospettive di recupero dell’equilibrio
economico delle imprese soggette ad essa e che contemperasse il ruolo
dell’autorità amministrativa con quello dell’autorità giudiziaria. Nonostante non
siano mancate critiche (27), il Governo interviene e, con un po’ di ritardo rispetto
alla scadenza prevista, attua la delega attraverso il d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270,
titolato “Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese
in stato d’insolvenza”.
2.1. Natura e finalità della “nuova” amministrazione straordinaria
Il d.lgs. 8 luglio 1999, n. 270 cambia decisamente rotta rispetto alla l.
95/1979. E già fin dal primo articolo della cd. “Prodi bis” si può avvertire una
diversa concezione dell’istituto. “L’amministrazione straordinaria è la procedura
concorsuale della grande impresa commerciale insolvente”, avente sì una natura
mista, amministrativa e giurisdizionale, ma con quest’ultima che prevale, dato il
riconoscimento di forti poteri di controllo e d’indirizzo in capo all’autorità
giudiziaria. Se poi si dà per assodato che le fasi di affermazione della
giurisdizionalità coincidono con i periodi di crescita economica mentre
l’intervento amministrativo risulta indispensabile in corrispondenza dei momenti
(
26
) Un accurato resoconto del dibattito parlamentare può leggersi in NAPOLEONI, op.
cit., Roma, 2000, p. 21.
(
27
) In particolare c’è chi aveva auspicato in un riordino dell’intera materia concorsuale e
ha visto in questo intervento settoriale un’occasione mancata come CASTAGNOLA-SACCHI,
Introduzione, in AA.VV., La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in stato d’insolvenza : commentario al Decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, a cura di
CASTAGNOLA-SACCHI, Torino, 2000.
9
di maggior crisi industriale (28), ancora meglio può essere compresa questa nuova
presa di posizione, in un periodo come quello di fine secolo di forte ripresa
economica. Sempre l’art. 1 del presente decreto provvede a sanare i conflitti
interpretativi in tema di finalità dell’istituto, sorti in passato a causa del generico
rinvio alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, a fronte di uno schema
eterogeneo tra la suddetta procedura e quella di amministrazione controllata. La
littera legis è chiara nel definire quella in esame come una procedura concorsuale
conservativa, purchè l’impresa presenti quelle “concrete prospettive di recupero
dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali” (art. 27) (29). Ciò che
conta quindi è salvare il grande complesso aziendale, ove però sia possibile,
affinchè da una parte si tenga in vita tutto quel patrimonio di produttività, di forza
lavoro, di sinergie, di organizzazione che ha avuto bisogno di tempi lunghissimi
per venire in essere, ma dall’altra non si prolunghi l’agonia d’imprese non
risanabili e destinate al fallimento. Nessun accenno espresso, invece, a finalità
satisfattorie, come a far intendere che la conservazione sia la strada migliore per
addivenire al pagamento dei debiti contratti (30). Resta comunque poco spiegabile
il mantenimento del rinvio alla disciplina della liquidazione coatta
aamministrativa, operato dall’art. 36 quale norma di chiusura, stante la sua natura
eminentemente liquidatoria. Tale scelta era già stata oggetto di aspre critiche ai
tempi della “legge Prodi” data l’apparente incompatibilità logica con la natura
conservativo-risanatoria, propria invece dell’amministrazione straordinaria.
Incompatibilità che però risulterebbe meno forte vista la disciplina dettata in
(
28
) Sul punto si veda STANGHELLINI, La crisi d’impresa fra diritto ed economia,
Bologna, 2007, p. 337.
(
29
) Non è mancato chi ha contestato tale finalità conservativa, sostenendo piuttosto una
natura liquidatoria della procedura in caso di cessione dei complessi aziendali ex art. 27, c. 2, lett.
a) come RICCI, Procedure liquidatorie, procedure conservative e le tecniche di individuazione del
patrimonio (a proposito di ristrutturazione nella nuova amministrazione straordinaria), in Giur.
Comm., 2001, I, p. 35.
(
30
) Si legga sul punto l’art. 55 del decreto in questione che, nell’indicare i tre criteri utili
per la definizione del programma, menziona l’interesse dei creditori come elemento del quale
tenere conto, ma in conformità ai generali indirizzi di politica industriale e “in modo da
salvaguardare l’unità operativa dei complessi aziendali”. Addirittura SCHIAVON, op. cit.,
riferendosi al futuro dell’intero ordinamento concorsuale, osserva come “l’interesse primario
sotteso alla riforma non sarà più soltanto quello del soddisfacimento dei creditori, bensì quello
dell’utile recupero dell’impresa (o di parte di essa) o dell’azienda al processo produttivo, talchè
anche il fine primario della procedura non sarà (sempre e inevitabilmente) la mera liquidazione dei
beni costituenti l’impresa o l’azienda stessa per il soddisfacimento dei creditori […] bensì la
conservazione e il loro risanamento dell’impresa medesima”.
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materia dal d. lgs. 270/99, più organica e completa, che renderebbe l’applicazione
dell’articolo in questione del tutto residuale (31).
2.2. I caratteri della procedura
Dal punto di vista strutturale, tale procedura può essere definita
essenzialmente in tre modi (32). Innanzitutto, proprio dalla lettura combinata
degl’artt. 1 e 27 del d. lgs. 270/99, si può notare come questa evidenzi la presenza
di due fasi: una prima fase si apre con l’accertamento dei requisiti dimensionali
(impresa con un numero di lavoratori subordinati non inferiore a duecento da
almeno un anno e debiti per un ammontare complessivo non inferiore a due terzi
tanto del totale dell’attivo dello stato patrimoniale, che dei ricavi provenienti dalle
vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio) e dello stato d’insolvenza
dell’impresa da parte del tribunale e viene denominata come fase “di
osservazione” in quanto, durante la stessa, avverrà la valutazione sulle concrete
prospettive di recupero dell’equilibrio economico dell’attività imprenditoriale.
Questa fase diagnostica, della durata di 30 giorni, culmina nel giudizio espresso
dal tribunale ex art. 30 che apre la seconda fase, che può consistere nella
prosecuzione della procedura conservativa o nella dichiarazione del fallimento. A
differenza della precedente “Legge Prodi” quindi, la grande impresa insolvente
non è sottratta al fallimento ipso iure ma anzi, anche quest’ultimo ormai è
divenuto una procedura che si può aprire in due tempi (procedura bifasica). In
secondo luogo, una volta che si è optato per l’ammissione alla procedura di
amministrazione straordinaria, sono due (33) le vie alternative attraverso le quali
può essere perseguito il recupero dell’equilibrio economico dell’impresa (art. 27,
c. 2): tramite la cessione dei complessi aziendali, da eseguirsi comunque
nell’ottica della finalità conservativa, o tramite la ristrutturazione economica e
finanziaria dell’impresa, da eseguirsi nell’ottica del risanamento. Entrambi
gl’indirizzi sono realizzati sulla base di un programma, redatto dal commissario
(
31
) Tale problematica è stata oggetto di analisi e di soluzione in tal senso anche nella
Relazione ministeriale di accompagnamento al d. lgs. 270/99 (par. 4.1). Così BACCETTI, Art. 36,
in AA. VV., op. cit., a cura di CASTAGNOLA – SACCHI, Torino, 2000, p. 197.
(
32
) Così NIGRO-VATTERMOLI, Diritto della crisi delle imprese, Roma, 2009, p. 427.
(
33
) Divenute tre dopo il cd. “decreto Alitalia”: d.l. n. 134/2008, convertito in l. 166/2008,
anche se l’opzione prevista da questa normativa è ad esclusivo pannaggio delle imprese operanti
nel settore dei servizi pubblici essenziali.
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straordinario nominato per questa fase, di durata non superiore rispettivamente a
un anno o a due anni (procedura binaria). Infine, quanto all’articolazione
degl’organi e delle relative funzioni, è evidente la distinzione fra autorità
amministrativa (rappresentata dal commissario giudiziale e straordinario, dal
comitato di sorveglianza e dal Ministero dello Sviluppo Economico) e autorità
giudiziaria (rappresentata dal giudice delegato e dal tribunale), che per alcuni è
manifestazione di un felice e giusto bilanciamento fra i rispettivi poteri (34),
mentre per altri è una soluzione incompleta e insufficiente che porta di fatto
all’affermazione di una sorta di diarchia, con difficile suddivisione di poteri e
competenze (35) (Procedura bicefala). Un’analisi più approfondita di tale
procedura verrà comunque fatta nei capitoli seguenti.
2.3. I rapporti con le altre procedure concorsuali
L’introduzione di questa disciplina all’interno del nostro sistema ha
certamente avuto un forte impatto sulle altre procedure concorsuali, in termini di
ridefinizione del loro ruolo e in termini di disciplina. Innanzitutto sul fallimento.
La via dell’amministrazione straordinaria è preferita a quella del fallimento, in
quanto finalizzata ad una gestione della crisi alternativa rispetto a quella
liquidatoria fallimentare, tanto che, nonostante i limiti dimensionali di cui all’art.
2, d. lgs. 270/99, si è parlato di una decisa “marginalizzazione” del fallimento (36).
In verità poi, come in precedenza visto, il fallimento può colpire anche le grandi
imprese oggetto della normativa in questione, nel caso in cui, dopo la fase
diagnostica, non sussistano quelle prospettive di recupero dell’equilibrio
economico delle attività produttive (art. 30) e può intervenire sempre in corso di
procedura, nel caso in cui questa non possa più essere utilmente proseguita (art.
69). Da sottolineare anche il frequente richiamo che la disciplina in questione
compie nei confronti delle norme riguardanti il fallimento. A volte direttamente,
lasciando così trasparire la volontà del legislatore di sganciarsi dal generico rinvio
che il decreto fa nei confronti della disciplina della liquidazione coatta
(
34
) Su tutti CAVALAGLIO, Un primo commento all’art. 106 del d. lgs. 270/1999, in
RDPr, 2000, p. 111; CUNEO, Le procedure concorsuali, III ed., Tomo II, Milano, 2002, p. 1679.
(
35
) Così soprattutto JORIO, Nuove regole per la crisi d’impresa, in Fall., 2000, I, p. 993.
(
36
) NIGRO-VATTERMOLI, op. cit., Roma, 2009, p. 429
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amministrativa (art. 36), e che, presente anche nella l. 95/1979, aveva creato già
delle perplessità (37); a volte indirettamente, in una sorta di “doppio rinvio”,
tramite le norme del Titolo V, Capo VI, l. fall. Il rinvio ex art. 36 infatti fa
riferimento alle norme sulla liquidazione coatta amministrativa ed opera
soprattutto in tema di effetti discendenti dal decreto di apertura
dell’amministrazione straordinaria, disciplinati in modo incompleto dalla cd.
“Prodi bis”. Le norme oggetto del rinvio però a loro volta richiamano le norme
riguardanti il fallimento, in una sorta di legame a tre fra diverse procedure
concorsuali (38). Anche il rapporto con il concordato preventivo è particolare
perché risulta decisivo il risultato concreto che quest’ultimo tende a perseguire: se
mira alla mera liquidazione del patrimonio, allora si da prevalenza
all’amministrazione straordinaria; se invece prevede la continuazione dell’attività
produttiva, si dovrebbe dar prevalenza alla proposta concordataria perché
riuscirebbe meglio a conciliare quegl’interessi che sono spesso in
contrapposizione: interesse pubblicistico alla conservazione dell’impresa e
interesse privatistico dei creditori al proprio soddisfacimento.
Infine, la non breve convivenza dell’istituto dell’amministrazione
controllata (39), ora non più esistente, con l’istituto dell’amministrazione
straordinaria ha fatto sorgere alcuni interrogativi, in particolare riguardo alla sorte
del concetto di “temporanea difficoltà ad adempiere”. Tra quest’ultimo (requisito
(
37
) Ad esempio, per potenziare il ruolo dell’autorità giudiziaria e incrementare la tutela
giurisdizionale dei creditori, il procedimento amministrativo di verificazione del passivo (artt. 207
ss. l. fall.) viene sostituito con l’adozione del corrispondente rito previsto nel fallimento (artt. 93
ss. l. fall.).
(
38
) Seguendo la nota quadripartizione adottata dalla legge fallimentare, il rinvio riguarda
gli effetti per il debitore (art. 200 l. fall., che rimanda a sua volta agli artt. 42-47 l. fall.); gli effetti
per i creditori (art. 201 l. fall., che rimanda a sua volta agli artt. 51-63 l. fall.); gli effetti sugli atti
pregiudizievoli ai creditori (art. 203 l. fall., che rimanda a sua volta agli artt. 64 ss. l. fall.). Unica
eccezione sono gli effetti sui contratti pendenti, per cui il legislatore ha voluto dettare una
disciplina difforme da quella prevista dalla legge fallimentare per il fallimento e per la
liquidazione coatta amministrativa (art. 50 d. lgs. 270/99)
(
39
) Disciplinata dal Titolo IV (artt. 187-193) della legge fallimentare, l’istituto è stato
cancellato dalla riforma fallimentare del 2006 (D. Lgs. 5/2006). Esso richiedeva, per accedervi,
una “temporanea difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni” in capo all’imprenditore, “le
condizioni previste dai numeri 1, 2 e 3 del primo comma dell’articolo 160” per l’ammissione alla
procedura di concordato preventivo e “comprovate possibilità di risanare l’impresa”; aveva una
durata non superiore a due anni; prevedeva che la gestione rimanesse in capo all’imprenditore, ma
affiancato da un giudice delegato e un commissario giudiziale con compiti di controllo. Per queste
caratteristiche è stato spesso, per un’impresa in crisi, il naturale antecedente dell’amministrazione
straordinaria.