INTRODUZIONE
Il presente lavoro ha lo scopo di tracciare un’analisi dell’evoluzione del regime
giuridico del crimine di aggressione in relazione agli emendamenti allo Statuto
della Corte penale internazionale (CPI) adottati alla prima Conferenza di
revisione di Kampala del 2010.
Il crimine di aggressione ha una storia complessa per quanto riguarda la
formazione della sua fattispecie, a tal punto che la sua definizione è stata
qualificata come uno dei temi più controversi nel diritto internazionale fin dal
tempo della Società delle Nazioni
1
. Le motivazioni si ricollegano al fatto che,
nel diritto internazionale generale, fino alla prima guerra mondiale,
l’aggressione era considerata come uno strumento legittimo di risoluzione delle
controversie tra gli Stati. Malgrado i cambiamenti storici, gli stermini del
secondo conflitto mondiale e il conseguente ripudio della guerra e di ogni altro
strumento di violenza da parte della comunità internazionale, la repressione
del crimine di aggressione è rimasta in sospeso per un lungo periodo. Né la
storica sentenza del Tribunale di Norimberga che ha sancito la possibilità di
attribuire all’individuo-organo una responsabilità per il crimine di aggressione,
né la Risoluzione 3314 dell’ONU del 14 dicembre 1974 sull’aggressione degli
Stati, hanno permesso di giungere ad una definizione generalmente condivisa
del crimine che potesse permetterne la repressione. Le resistenze verso la
codificazione di uno strumento che individuasse la fattispecie del crimine
individuale di aggressione sono da individuare nel fatto che in questa maniera si
andrebbe ad intaccare la sfera della sovranità degli Stati, che solo questi
possono decidere di limitare mediante la stipulazione di trattati internazionali.
Inoltre, la materia relativa all’aggressione ha la sua influenza anche nell’ambito
4 1 S. MARCHISIO, O. FERRAJOLO, V. JAVICOLI, F.MARCELLI ( a c u r a d i ) , La Prassi italiana di diritto
internazionale, VI, Roma, 1995, p. 3535.
delle competenze del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, attribuitegli
dal capitolo VII della Carta. Questo è oggettivamente il punto più
problematico delle discussioni che riguardano l’inclusione dello stesso nella
giurisdizione della CPI.
Quest’analisi inizia con il delineare la storia dei lavori preparatori che hanno
portato all’approvazione dello Statuto della Corte penale internazionale nel
1998. Nell’ambito di queste discussioni, il dibattito tra coloro che erano
favorevoli all’inclusione dell’aggressione nell’elenco dei crimini ricompresi
sotto la giurisdizione della Corte e coloro che invece gli si opponevano, ha
portato al compromesso della formulazione del paragrafo 2 dell’art. 5 dello
Statuto di Roma, in cui si stabiliva che la Corte penale potesse esercitare la sua
giurisdizione sul crimine di aggressione soltanto dopo una futura decisione
degli Stati Parti, che avrebbero stabilito se emendare lo Statuto dopo 7 anni
dalla sua entrata in vigore. A seguito della chiusura della Conferenza di Roma,
gli sforzi nel cercare di trovare un accordo generalmente condiviso sulla
definizione dell’aggressione e sulle condizioni di esercizio della giurisdizione
sono stati compiuti, in un primo tempo, all’interno della Commissione
Preparatoria per l’attuazione dello Statuto di Roma. Questa, non riuscendo a
pervenire a un risultato finale, decise di affidare i lavori ad una commissione
tecnica specifica che aveva il solo scopo di vagliare le problematiche relative
all’aggressione: lo Special Working Group on the Crime of Aggression.
Nel secondo capitolo si evidenzia come tale gruppo, dopo un lavoro di ben 5
anni, è arrivato nel 2009 a redigere un ampio progetto sul crimine di
aggressione che comprendeva i punti di accordo raggiunti dalle diverse
delegazioni partecipanti, ma anche quei punti in cui un consenso non si era
potuto trovare, in particolare con riguardo al ruolo che avrebbe dovuto
svolgere il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nell’ambito della
determinazione dell’esistenza di un atto di aggressione commesso da uno Stato.
5
Lo Special Working Group ha lasciato il compito di sciogliere i nodi più delicati
agli stessi Stati Parti che, a 8 anni dall’entrata in vigore dello Statuto di Roma,
si sono riuniti per la prima Conferenza di revisione a Kampala, in Uganda, dal
31 maggio all’11 giugno 2010. Nell’ambito di questa Conferenza, lo Statuto è
stato emendato a maggioranza, approvando tre nuovi articoli: l’art. 8 bis, e il 15
bis e ter. Nel primo articolo, l’8 bis sulla definizione del crimine di aggressione,
viene sottolineata la duplicità del crimine che si configura in primo luogo come
atto statale e, in un secondo tempo, come crimine dell’individuo-organo. Viene
così a istituirsi tra i due piani una relazione biunivoca molto complessa.
Il terzo e ultimo capitolo tratta la problematica dell’esercizio della
giurisdizione contenuta negli art. 15 bis e ter. In particolare, il primo articolo si
riferisce al rinvio di un caso alla CPI da parte degli Stati Parti e del Procuratore
della Corte, invece il ter si riferisce alla questione controversa del rinvio da
parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU.
In questo modo, il crimine di aggressione, dopo numerose difficoltà, è entrato a
far parte dei crimini rientranti sotto la giurisdizione della Corte. L’unica nota
negativa introdotta dagli emendamenti alla Conferenza di Kampala sono state
due condizioni che hanno limitato l’importante traguardo raggiunto: da una
parte è necessario che gli Stati accettino la giurisdizione della Corte
sull’aggressione per essere indagati e, d’altra parte, i tempi di attesa sono molto
lunghi in quanto l’effettiva giurisdizione sarà attuata subordinatamente ad una
decisione che sarà presa soltanto tra sette anni dall’Assemblea degli Stati Parti.
6
1. I LAVORI PREPARATORI
1.1 La formulazione dell’articolo 5 dello Statuto di Roma del 1998
L’istituzione della Corte penale internazionale, il cui Statuto è stato adottato
dalla Conferenza diplomatica di Roma il 17 luglio 1998 ed è entrato in vigore il
1 luglio 2002 dopo il deposito dello strumento di ratifica da parte del
sessantesimo Stato, rappresenta un’evoluzione senza precedenti nello sviluppo
del diritto penale internazionale e della repressione dei crimini internazionali
commessi dagli individui-organi. Tra questi, il crimine di aggressione è stato
definito come la più grave violazione del divieto dell’uso della forza nelle
relazioni internazionali
2
. Dunque, dopo due anni di lavoro e di intensi
negoziati e trattative, i plenipotenziari riuniti alla Conferenza di Roma, nel
luglio 1998, decisero di includere il crimine di aggressione nello Statuto della
Corte penale internazionale (CPI). Tale decisione non fu presa senza difficoltà,
in quanto le opinioni delle delegazioni su questo tema erano alquanto
divergenti tra loro. Da una parte alcuni delegati erano dall’idea che
l’aggressione fosse uno dei crimini più gravi per la comunità internazionale e
per questo dovesse essere ricompreso sotto la giurisdizione della Corte penale,
anche per accrescerne il ruolo e l’importanza. D’altra parte, altri affermarono
di sostenere l’inclusione di tale crimine soltanto se un accordo generale potesse
essere raggiunta sulla sua definizione e sui rispettivi ruoli e funzioni della Corte
e del Consiglio di sicurezza dell’ONU senza ritardare i tempi di effettivo
funzionamento della CPI. Infine, un terzo gruppo di rappresentanti degli Stati
riteneva che il crimine non dovesse essere incluso nello Statuto perché non vi
era una generale accettazione su una definizione di aggressione che
determinasse la responsabilità criminale individuale. Per di più, non c’erano
7 2 V. STARACE, Uso della forza nell’ordinamento internazionale in Enciclopedia giuridica Treccani, Roma,
1994, p. 20.
precedenti su cui fare affidamento e ogni tentativo di elaborare una definizione
generalmente accettata avrebbe ritardato l’insediamento della Corte, in quanto
il crimine di aggressione, per forza di cose, implica considerazioni politiche e la
sua inclusione avrebbe potuto coinvolgere la Corte nelle lotte sulle influenze
politiche tra gli Stati
3
. Grazie al forte intervento del movimento dei Paesi Non-
Allineati
4
, supportati da alcuni Stati europei, l’aggressione fu inclusa nello
Statuto solo poche ore prima della conclusione della Conferenza diplomatica.
Questo spiega perché, neanche alla fine della stessa Conferenza, si riuscì a
pervenire a un accordo sulla formulazione degli elementi del crimine e sulle
condizioni dell’esercizio della giurisdizione. Tuttavia, le motivazioni di coloro
che premevano per un’inclusione del crimine fecero prevalere l’idea di
prevedere un meccanismo di revisione attraverso il quale l’aggressione si
sarebbe potuta aggiungere in un secondo momento per evitare ritardi nel
funzionamento della Corte durante le discussioni che avrebbero avuto lo scopo
di arrivare ad una definizione generalmente accettata. Questa soluzione
escludeva la possibilità reale per la Corte di sanzionare tale crimine fino al
momento in cui una definizione conforme non fosse stata adottata dagli Stati
Parti attraverso una revisione dello Statuto
5
. Il compromesso che si raggiunse
tra delegazioni proponenti e opponenti fu, dunque, l’inclusione
dell’aggressione nell’elenco dei crimini contenuti all’art. 5 che include i core
8 3 In merito alle opinioni delle diverse delegazioni vedere i lavori preparatori, ad esempio Report of the
Ad Hoc Committee on the Establishement of an International Criminal Court, UN Doc A/50/22, e in
dottrina, M. POLITI, The debate within the Preparatory Commission for the International Criminal Court,
in The International Criminal Court and the Crime of Aggression, M. POLITI AND G. NESI Ed., Ashgate,
Londra, 2004, pp. 43–51.
4 Il Movimento dei Non-Allineati è un'organizzazione internazionale di più di 100 stati che si
considerano non allineati con o contro le principali potenze mondiali. Si formò su iniziativa di Tito,
presidente della Repubblica Socialista Federale della Jugoslavia, per legare gli Stati che non volevano
schierarsi con le potenze della Guerra Fredda. Membri principali furono l'India, l'Egitto, il Brasile e,
per un certo periodo, la Cina. 5
M.C. BASSIOUNI., International Criminal Law-Crimes, Transnational Publishers, New York, 1999,
pp.344 -345.
crimes
6
, ossia i crimini fondamentali contemplati dal diritto internazionale
generale
7
. Tali crimini sono definiti come i “più gravi, motivo di allarme per
l’intera comunità internazionale” e il crimine di aggressione è dunque
necessariamente incluso in tale elenco, ma con una precisazione che deriva dal
par. 2 dell’articolo
8
. Con questo paragrafo si rimanda l’esercizio dell’effettiva
giurisdizione della Corte a una futura decisione degli Stati Parti sugli elementi
del crimine, confacente con le disposizioni degli artt. 121 e 123 riguardanti gli
emendamenti e le revisioni dello Statuto
9
. A ciò si aggiunge un importante
9 6 Restano esclusi dalla competenza della Corte il terrorismo internazionale e altre fattispecie criminose
la cui repressione, essendo di interesse comune degli Stati, è disciplinata da trattati internazionali. Si
tratta dei cosidetti treaty crimes, o crimini internazionalmente imposti, rispetto ai quali non si è ancora
consolidato nella comunità internazionale un consenso generalizzato circa la definizione giuridica e la
qualificazione di crimine, a differenza dei core crimes ossia i crimini internazionali di individui secondo
il diritto consuetudinario. Vedi O. FERRAJOLO, Corte Penale Internazionale in Enciclopedia giuridica
Treccani, Roma, 2002, p. 6.
7 Art 5 par. 1: “ La competenza della Corte é limitata ai crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera
comunità internazionale. La Corte ha competenze, in forza del presente Statuto, per i crimini seguenti:
a) crimine di genocidio; b) crimini contro l'umanità; c) crimini di guerra; d) crimine di aggressione”.
8
Art 5 par. 2: “La Corte eserciterà il proprio potere giurisdizionale sul crimine di aggressione
successivamente all'adozione, in conformità agli articoli 121 e 123, della disposizione che definirà tale
crimine e stabilirà le condizioni alle quali la Corte potrà esercitare il proprio potere giurisdizionale su
tale crimine. Tale norma dovrà essere compatibile con le disposizioni in materia della Carta delle
Nazioni Unite”.
9 Secondo il Dictionnaire de la terminologie de droit International la revisione determinerebbe la
sostituzione di un nuovo accordo a quello già esistente, mentre l’emendamento provocherebbe la
modifica solo di alcune norme del trattato istitutivo, la cui efficacia, nel suo insieme, non subisce
variazioni. Ma la Commissione del Diritto Internazionale, durante i lavori preparatori della
Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, ha riconosciuto al termine emendamento
l’idoneità a designare anche la revisione generale del trattato e non solo le modificazioni delle singole
disposizioni dello stesso. Quindi, dal punto di vista del diritto internazionale generale, emendamento e
revisione sono termini giuridici sostanzialmente equivalenti. Invece la Carta delle Nazioni Unite
disciplina diversamente le due ipotesi, stabilendo all’art. 108 che l’emendamento comporta modifiche
di carattere minore, mentre all’art 109 che la revisione produce una modifica più sostanziale. Con la
Convenzione di Vienna si stabilisce che la modifica di un trattato internazionale avviene di regola con
il consenso di tutti gli Stati contraenti. Per quanto riguarda i trattati istitutivi di organizzazioni
internazionali, sulle regole generali del diritto internazionale in materia di modifica dei trattati
prevalgono tuttavia, in base all’art. 5 della Convenzione di Vienna , le regole pertinenti
dell’organizzazione che prevedono nella maggior parte dei casi l’applicazione del principio legislativo,
vale a dire della modifica della maggioranza, in luogo del principio consensuale. Vedi S. MARCHISIO,
L’ONU, Il diritto delle Nazioni Unite, Il Mulino, Bologna, 2000, p. 81, R. MONACO – C. CURTI
GIALDINO, Diritto Internazionale Pubblico, Utet Giuridica, Torino, 2009, p.113 e C. ZANGHÌ, Diritto
delle organizzazioni internazionali, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 85–86.
richiamo di conformità alla Carta delle Nazioni Unite, questo è stato uno dei
punti fondamentali del disaccordo tra gli Stati che non ha permesso di giungere
a un accordo al momento della Conferenza di Roma e continuerà ad essere uno
dei punti più controversi nell’ambito delle successive negoziazioni
sull’aggressione, a causa delle sue implicazioni politiche
10
.
I crimini inclusi nell’art. 5 fanno parte della tradizione di Norimberga
11
a cui si
aggiungono le fattispecie di crimini previsti dai successivi trattati
internazionali, che hanno raggiunto un’ampia accettazione nella comunità
internazionale
12
; da ciò deriva come la maggiore argomentazione dei
proponenti consisteva proprio nel sottolineare la necessità di continuazione
dell’opera cominciata a Norimberga e a Tokyo e nel dimostrare come lasciare
fuori dallo Statuto della CPI una formulazione adeguata del crimine di
aggressione sarebbe stata una mossa anacronistica e regressiva. Al contrario gli
oppositori fondarono le loro tesi sulle difficoltà che si incontravano nel trovare
una definizione adeguata e generalmente condivisa del crimine, a cui si
aggiungeva lo scontro sulle competenze del Consiglio di sicurezza dell’ONU
13
.
Divergenze di opinioni che, secondo i sostenitori di questa tesi, avrebbero
arrecato dei danni alla stessa Corte penale internazionale, in quanto ne
avrebbero minato una più larga accettazione della giurisdizione da parte di
Stati scettici.
10
10
Per ulteriori specificazioni si rimanda al Capitolo 3 del presente lavoro.
11
Processo di Norimberga è il nome dato a due distinti processi ai nazisti coinvolti nella seconda
guerra mondiale e nella Shoah. Il primo e più famoso di questi processi fu “il processo dei principali
crimini di guerra” davanti al Tribunale Militare Internazionale (IMT). In questa occasione vennero
giudicati i 24 principali criminali di guerra, imputati per i seguenti crimini: crimini contro l’umanità,
crimini contro la pace e crimini di guerra. All’art. 6 della Carta del tribunale, dove venivano riportati
tali crimini, si specificava che i crimini contro la pace erano rappresentati dalla “progettazione,
preparazione, scatenamento e continuazione di una guerra di aggressione”. Vedi M. R. SAULLE, Lezioni
di organizzazione internazionale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2002, p. 123.
12
R. CADIN, La Corte Internazionale in E. SPATAFORA - C. ZANGHÌ (a cura di), Le giurisdizioni
internazionali, Ass.Cul. Arsmedia, Roma, 2007, p. 110.
13
M. C. BASSIOUNI International Criminal Law, op.cit. pp. 342 – 344. Vedi nota 4.