1
Capitolo I: Introduzione
1.1 Origini socio-economiche del
fenomeno.
Il fenomeno del credito al consumo è tipico delle
società “mature” 1
sotto il profilo economico finanziario ed è
congruo indicatore della fase di modernizzazione de i mercati
creditizi.
Numerose sono le prospettive di analisi di tale can ale
di finanziamento; la prima, di natura sociologica, tiene
debitamente in conto di come l’evolversi della stru ttura
popolare e familiare porti nel corso del tempo a
modificazioni delle abitudini di spesa, nonché a mo delli
prevalenti di consumo soggetti a costante aggiornam ento.
È proprio il “ motus evolvendi ” dei comportamenti
consumeristici a generare nuovi ordini piramidali d i
preferenza tra vari beni ed a segnare l’incessante
allargamento del c.d. “zoccolo” 2
dei beni la cui richiesta è
orientata al soddisfacimento dei più disparati biso gni.
1
G. Piepoli, Il credito al consumo, Napoli, 1976, p. 24, descrivendo l’ondata
di crescita del credito al consumo, a partite dagli an ni cinquanta, individua la
patria del credito al consumo nelle “ affllunet society ”.
2
Sull’argomento si confronti G. Alpa, Il diritto dei consumatori , Torino,
1999, p. 127, il quale sottolinea come ad ogni fasc ia reddituale corrisponda un
proprio “paniere” di beni e come, ricorrentemente, i cons umi propri dei soggetti
meno abbienti si attensino, significativamente, all ’intenro della categria dei
2
Accanto al mutamento delle scelte operate
complessivamente dai nuclei familiari, la disamina si
arricchisce considerando la prospettiva economica,
angolatura alla luce della quale il credito al cons umo si rivela
valevole strumento con cui consentire che la domand a di
beni e servizi possa essere soddisfatta prevaricand o il limite
finanziario esistente in capo all’individuo stesso, attraverso
rateizzazione temporale dell’onere economico.
Segnatamente, in virtù della futura capacità reddit uale
del consumatore, con tale operazione di finanziamen to, si
predispone l’opportunità di consentire l’acquisto d i beni e
servizi, prescindendo dal dover necessariamente att endere la
tradizionale disponibilità di risparmio 3
.
A completamento delle molteplici sfaccettature
proprie della tematica vi è la prospettiva giuridic a tesa,
bisogni post-primari piuttosto che tra quelli di genere primario. Di contro,
l’autore prende atto dell’orientamento statisticamen te più sobrio proprio dei
consumatori più facoltosi che, tendenzialmente, si defilano da acquisti di beni
post-primari.
3
Il ricorso al credito al consumo può rivelarsi, infat ti, un’attenta strategia
volta a evitare lo smobilizzo di risparmi ovvero soluz ione finanziaria rivolta a
coloro i quali non hanno delle somme di denaro prontam ente utilizzabili,
sull’ultimo punto si confronti M. Lobuono, Credito al consumo e sovraindebitamento
del consumatore, Torino, 2007, p. 53.
Importante è, altresì, sottolineare come la concessio ne di credito sia
fattore nevralgico per lo sviluppo del mercato di credi to che, in Italia è
quantitativamente contenuto (nel 2005 rappresenta il 4,5% del prodotto interno
lordo) rispetto alla portata dello stesso in Europa.
3
puntualmente, ad indicare in cosa consista la fatti specie in
analisi e quale sia il settore oggetto di normazion e 4
.
Sicché, l’intero panorama del credito al consumo è lo
specchio dell’evolversi degli scenari sociali e di come una
pluralità di cause soggettive e oggettive riconduci bili alla
domanda e all’offerta di mercato incidano fortement e sulla
struttura fisica del consumo.
Cruciale, per demarcare la genesi economica del
fenomeno, è la constatazione proposta di David Capl ovitz
che si estrinseca nel passaggio da una cash and carry society ad
una credit society 5.
Al cambiamento delle abitudini circa le modalità di
fruizione proprie e connaturate del mercato si affi anca una
nuova configurazione dell’ homo oeconomicus , nonché re del
mercato, che da “consumatore pagatore” si converte in
“consumatore acquirente” .
Siffatto processo di “transumanza” è in primo luogo
riconducibile all’abbandono quasi integrale di remo re circa il
4
Difatti, nell’ordinamento nazionale è tracciato il du plice meccanismo
con cui la concessione di credito può realizzarsi: co involgendo, solamente, due
soggetti ovvero mediante interazione di tre parti.
Si ricorda, inoltre, che la nozione di contratto di cred ito al consumo ex
art. 121 co. 1 lett. c), capo II, titolo VI, T.u.b. è stata così sostituita dal D.lgs. 13
agosto 2010, n. 141: “contratto di credito” indica i l contratto con cui un
finanziatore concede o s’impegna a concedere a un con sumatore un credito sotto
forma di dilazione di pagamento, di prestito o di alt ra facilitazione finanziaria”.
5
Sul punto si confronti la voce A. Galasso, “Credito al consumo”, in
Dig. disc. priv. , sez. civ ., Torino, VII, 1991, p. 23, G. Piepoli, Il credito al consumo,
Napoli, 1976, p. 12, G. Alpa, Il diritto dei consumatori , Torino, 1999, p. 130.
4
ricorrere a fonti di finanziamento e, secondariamen te,
espressione di una nuova società portatrice d’inedi te logiche
sottese ai rapporti economici.
L’espansione della produzione industriale di massa e
quindi delle vendite a credito ebbe luogo negli U.S .A., per
diffondersi in seguito nel resto dell’Europa e in p articolare
nei paesi anglosassoni, in cui la cultura dei consumer credit
diventerà elemento altamente caratterizzante.
Il crescente volume di vendita, è sintomatico di un
contesto in cui viene accantonata la prospettiva im perniata
su una politica tesa al risparmio e ad una aprioris tica
reazione difensiva nel ricorso al credito.
I soggetti che usufruiscono di tale operazione
abbracceranno d’ora in avanti un bacino di utenza c he non
soltanto comprende le fasce reddituali più elevate, cui il
mercato inizialmente si rivolgeva proponendo beni d i lusso,
bensì, si estende al ceto impiegatizio, la c.d. “ classe media”.
Tutto ciò assurge a palese testimonianza di come ta le
strumento creditizio muove dall’impresa al consumat ore.
È possibile articolare l’evoluzione storica del cre dito al
consumo in una prima fase in cui tale attività era prerogativa
unica dei soli rivenditori 6
che scaglionavano il pagamento del
prezzo ricorrendo a tradizionali forme di credito e in una
seconda stagione, verificatasi in concomitanza dell a seconda
rivoluzione industriale, in cui si ricorre alla ven dita a “rate”
6
Il contratto bilaterale tra consumaotore e venditore è la forma giuridica
inizialemente ricorrente, in tal senso si rinvia G. Al pa, Il diritto dei consumatori ,
Torino, 1999, p.19 e G. Piepoli, Il credito al consumo, Napoli, 1976, p. 19.
5
con riserva di proprietà, che si profila essere il vero archetipo
giuridico 7
del contratto di credito al consumo.
Assurge a simbolo di tale negozio giuridico la
macchina per cucire di Isacc Singer.
Tuttavia proprio tale tipologia contrattuale inizia a
minare la stabilità dei conti (c.d. budget ) familiari alla luce
delle pratiche decettive e delle condizioni vessato rie 8
riservate agli stessi sottoscrittori del contratto di vendita a
rate con riserva di proprietà.
Infatti, l’acquisto della proprietà del prodotto (a d es.
della stessa macchina per cucire) era sottoposto a specifica
condizione: il pagamento integrale della totalità d elle rate; in
caso di mancata corresponsione di una sola di quest e, il
produttore-venditore vantava il diritto di trattene re i
pagamenti fin a quel momento percepiti a titolo di
corrispettivo per l’uso del bene.
Solo con l’avvento della produzione di massa, sul
finire del primo conflitto bellico mondiale, s’inau gura l’inizio
di un nuovo ciclo per il credito al consumo.
7
Notoriamente la vendita a rate con riserva di porpiret à è menzionata
quale contratto antecedente al rapporto di credito ivi analizzato sul punto v. M.
Lobuono, Credito al consumo e sovraindebitamento del consuma tore, Torino, 2007, p.
200, evidenzia come la suddetta tipologia contrattua le sia vero antecedente
giuridico.
8
In tal senso si rimanda alle c.d. “clausole con eff etto diabolico” la cui
presenza è sintomatica di squilibrio tra le parti cont rattuali. Sul punto si rinvia a
G. Alpa, Il diritto dei consumatori , Torino, 1999, p. 134.
6
Si profila, dunque, una nuova struttura per il rapp orto
giuridico che vede l’unitaria operazione economica articolarsi
sotto il versante giuridico trilateralmente 9
.
Il subingresso del finanziatore, quale figura
istituzionalmente preposta a concedere somme di den aro
necessarie per l’acquisto di beni e servizi, determ ina la
conclusione del ricorso ai tradizionali mezzi di pa gamento e
segnala la sopravvenuta inefficienza dei rapporti b ilaterali in
precedenza attuati.
Si badi che il crescente vortice inerente la domand a di
credito finalizzato all’acquisto di prodotti palesa va
l’impossibilità dei singoli punti vendita e, quindi , del
rivenditore stesso, di poter soddisfare la vorticos a entità delle
suddette richieste; ragion per cui i rapporti trila terali e,
9
Sul carattere trilaterale del rapporto giuridico che, sig nificativamente,
indice sulla qualificazione giuridica dello stesso s i rinvia a: G. Alpa, Il diritto dei
consumatori , Torino, 1999, p. 133, G. Carriero , Il credito al consumo , in Quaderni di
ricerca giuridica della Consulenza legale , Torino, 2005, p. 12 e ss, G. De Cristofaro, La
nuova disciplina europea del credito al consumo, 2009, p. 5, G. De Cristofaro, La nuova
disciplina comunitatia: la direttiva 2008/48/CEE e l’armonizzazione “completa” delle
disposizioni nazionali concernenti “taluni aspetti” dei “contratti di credito ai consumatori” , in
Riv. dir. civ. , 2008, p. 298, M. Gorgoni, Il credito al consumo , Milano, 1994, p. 1133-
1134, M. Lobuono, Credito al consumo e sovraindebitamento del consuma tore, Torino,
2007, p.152, G. Piepoli, Il credito al consumo, Napoli, 1976, p. 70. Analisi difforeme
da quella suesposta è rinvenibile, invece, nella se ntenza del Trib. Santa Maria
Capua Vetere, 17 Giugno 1989, in Nuova giur. civ. comm ., 1990, I, p. 677.
L’orientamento giurisprudenziale, infatti, emergente da questa stessa è teso a
rimarcare l’indipendenza dei contratti, formalmente dis tinti, dotati di una propria
autonomia. Tuttavia, quest’utlimo è da diasttendere.
7
dunque, la comparsa di un terzo finanziatore è espe diente
risolutivo alla necessità di assorbimento della dom anda di
credito.
In ragione della trasversalità del fenomeno, che
interessa quindi le più svariate fasce reddituali, lo stesso
assume prima una funzione di tipo finanziario e,
successivamente, si rivela essere una tecnica di pi anificazione
mediante la quale le famiglie mirano ad ottimizzare le risorse
disponibili.
La possibilità di razionalizzare gli esborsi median te
oculata gestione del budget di cassa 10
evita lo smobilizzo dei
risparmi, ma al contempo va a suggellare il sorgere di un
aspetto patologico del fenomeno: il sovraindebitame nto e,
quindi, di come la smodata sovraesposizione debitor ia sia
indice di debolezza finanziaria del consumatore e v ero
azzardo morale a cura degli istituti bancari 11
.
Il fenomeno del credito al consumo da un lato si fa
portavoce di una prospettiva in cui il credito si s vincola
dall’essere un aggregato “passivo” 12
del reddito; in tal senso
10
V. M. Lobuono, Credito al consumo e sovraindebitamento del consuma tore,
Torino, 2007, p. 64.
11
E in tal caso è doveroso sottolineare come un atteg giamento
prevalentemente capitalista sia stato trampolino di l ancio all’esplosione di
fallimenti privati.
12
Sul tema M. Lobuono, Credito al consumo e sovraindebitamento del
consumatore, Torino, 2007, p. 57, rileva come con il fluire del tem po l’inscindibile
binomio reddito-consumo si sia affievolito e ciò si sia tradotto, dunque, in un
attegiamento di maggiore apertura al credito da parte d ell’intera collettività dei
consumatori.
8
si parla si credito quale strumento di “emancipazio ne”. Per
l’altro verso, invece, è sintomo di un epidemico
impoverimento delle famiglie, spinte a vivere con d enaro
preso a prestito, e del loro tentativo di ricorrere a tale
strumento finanziario come risposta all’erosione de l proprio
potere d’acquisto.
9
1.2 Il mutuo di scopo e il credito
finalizzato.
Sovente, ove la concessione di credito sia volta
all’acquisto di un bene ovvero di un servizio assis tito da un
finanziamento personalizzato e, quindi, il consumat ore
s’interfacci, al contempo, sia con il fornitore, si a con il
finanziatore, si discorre sulla possibile assimilaz ione di tale
fattispecie alla categoria negoziale del mutuo di s copo.
Il mutuo di scopo 13
è il contratto con cui il mutuante
eroga alla controparte una precisa somma di denaro e fa
sorgere in capo al mutuatario l’obbligo di restitui re l’importo
13
Nel contratto di mutuo di scopo il motivo che sping e le parti a
redigere il contratto incide sul profilo funzionale del la causa del contratto.
Difatti, le parti hanno comunemente inteso inserire ne l testo contrattuale
le ragioni per cui il contraente ha richiesto lo specif ico finanziamento.
Lo scopo, vale a dire l’utilizzazione del denaro dato a mutuo proprio alla
luce dell’interesse delle parti, assurge ad elemento e ssenziale del contratto e
caratterizza la causa dello stesso regolamento.
Tra l’altro, questo stesso interesse delle parti illum ina il contratto come
contratto di mutuo di scopo, la cui causa (sintesi d egli effetti negoziali)
ovviamente differisce da quella propria del contratto di mutuo tout court . Sul
contratto di mutuo di scopo si rinvia a P. Perlingieri , Istituzioni di diritto civile , 4
a
edizione, Napoli, 2008, p. 321 e V. Cuffaro, Il mutuo , Bologna, 2009, p. 177.
Si segnala, inoltre, che la locuzione “mutuo” rinvia alle fonti romane:
“ appellata est […] mutui datio ab eo, quod de meo tu um fit ”; più semplcemente: mutuo
perché da mio diventa tuo; v. A. Torrente, Manuale di diritto privato , Milano, 2004,
p. 589.
10
mutuato ed i corrispettivi interessi (come nel mutu o
ordinario), nonché un’ulteriore obbligazione consis tente nel
realizzare lo scopo prefissato, in sede di stipulaz ione
contrattuale dalle parti.
La rilevanza dello scopo è estremamente significati va;
questo può essere disposto tanto dalla legge che, i n via
preordinata, lo inserisce nello schema contrattuale , quanto
dall’autonomia privata.
Le due ipotesi si riferiscono a due specifiche tipo logie
di mutuo: legale ovvero volontario.
Nel mutuo di scopo legale 14
lo scopo è parte integrante
della causa tipica del contratto e gli stipulanti s ono, di fatto,
impotenti sulla destinazione da impartire alla somm a erogata,
imposta ex lege .
Di contro, nel secondo modello contrattuale, il vin colo
di destinazione delle risorse è disposto, arbitrari amente, dalle
parti ed in tale sottocategoria (di contratto di m utuo di
scopo) la giurisprudenza suole far confluire l’ipot esi di
credito finalizzato.
Tuttavia, il mero ricorso dello scopo non implica
automaticamente che lo stesso sia parte del sinalla gma
contrattuale; infatti, a che ciò si configuri è ind ispensabile
un’attenta analisi del contratto.
14
Intorno al 1950 si registra la prima comparsa sulla sc ena di tale
tipologia contrattuale, poiché in questo negozio giu ridico lo Stato italiano
intravede una valida soluzione per il sostenimento e l’incentivazione delle
imprese. In tal senso si parla di “credito speciale ” e “credito agevolato”. Sul
punto si rinvia a M. Farina, voce ” Mutuo di scopo ”, in Dig. disc. priv. , sez. civ .,
Torino, 1991, XI, p. 558 e ss.
11
In fase interpretativa del testo contrattuale deve,
quindi, emergere che il comune sentire delle parti si
concretizzi nell’impartire alla somma una precisa f inalità
( alias destinazione); solo così lo scopo ha rilievo quale
elemento interno alla struttura causale 15
.
15
L’esigenza di interpretare il contratto è sintetizzabi le con una
chiarificatrice affermazione: il ricorso alla clausola di destinazione della somma
non determina, automaticamente, il configurarsi di un mutuo di scopo.
Infatti, lo scopo non entra a far parte della causa de l contratto laddove: i)
si tratta di una mera enunciazione motivazionale, ii) è uno dei motivi per cui è
posta in essere l’operazione, ma non vi è redazione d i un’apposita clausola
relativa allo scopo, iii) riveste carattere condiziona le o modale.
In tema di causa del contratto punto fermo è il princí pio di causalità
negoziale, che il nostro ordinamento ha accolto, alla luce del quale ogni negozio
deve avere la propria giustificazione causale ossia d eve essere supportato da un
proprio fondamento giuridicamente rilevante.
Tuttavia, per arrivare a capire qual è la causa del c oncreto contratto è
importante ricordare che non ci si può rifare agli scopi individuali che hanno
indotto i contraenti a concludere un contratto, poich é la nozione di causa non va
confusa con quella dei motivi ( ex art. 1345 c.c.).
Peraltro, è utile precisare che non esiste una definiz ione univoca di
“causa”, bensì per addivenirvi è indispensabile capi re come l’evoluzione del
pensiero giuridico abbia inciso, in ordine a questo el emento, sulla attuale
nozione.
Infatti, l’analisi dei motivi ha guidato la dottrina a definire la causa come
elemento che qualifica il negozio giuridico in ragion e dei valori e degli interessi
che il contratto vuole ottenere; questo il senso att ribuibile al dettato che definisce
la causa come il quid che illumina il contratto nella sua dimensione di va lore.
12
Da ciò discende che il rimedio posto a salvaguardia del
consumatore, laddove la destinazione specifica dell a somma
non venga correttamente rispettata, consiste nella risoluzione
del contratto per inadempimento.
Tornando, poi, alla questio relativa all’assimilazione del
credito al consumo allo schema del mutuo di scopo, è
indispensabile sottolineare come nella gestione dei rapporti
La causa è, quindi, la sintesi degli effetti essenz iali che il contratto
produce e proprio in virtù degli interessi perseguiti dal le parti l’interprete valuta
gli effetti che caratterizzano il contratto.
In buona sostanza, la definizione di causa coincide con l’insieme degli
effetti che il contratto produce in ragione degli int eressi perseguiti dai contraenti.
Si procede, quindi, a considerare contemporaneamente s ia il profilo
soggettivo, cioè gli interessi concreti perseguiti dai contraenti (non i motivi), sia la
valutazione che l’ordinamento conferisce al regolament o contrattuale che le
stesse parti hanno inteso porre in essere.
Questa concezione di causa è, quindi, una sintesi d ella concezione di
causa c.d. soggettiva e di quella c.d. oggettiva.
Infatti, pur ricordando che la prima concezione di caus a del contratto,
risalente al codice civile del 1865, sia da disatten dere, perché confonde il piano
dei motivi con quello della causa, non si può omett ere di menzionare il merito di
questa stessa interpretazione, che dà enorme rilievo ag li interessi che le parti
hanno inteso realizzare con il regolamento contrattua le.
L’interesse di un soggetto che stipula un testo cont rattuale ha valenza
cruciale, poiché fa da bussola per l’interprete che s’ interroga sugli effetti
essenziali del contratto.
La teoria oggi emergente, quindi, definisce la causa come funzione (da
leggersi come interesse) economico individuale, che c onsente di individuare la
sintesi degli effetti essenziali della specifica fa ttispecie contrattuale.