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Il materiale utilizzato per la compilazione dell’elaborato, è costituito per la maggior
parte da documenti ufficiali, redatti da apposite commissioni incaricate di indagare sui
fatti.
La complessità degli eventi è stata tale che nemmeno il commissario straordinario,
cui è stato affidata l’amministrazione del gruppo, è riuscito a ricostruire un decennio di
intrecci contabili; soprattutto perché una gran parte della documentazione è stata
eliminata dagli stessi dirigenti che hanno ideato la truffa.
Ulteriori limitazioni dell’analisi sullo stato di insolvenza del gruppo, derivano dal
fatto che sono tutt’ora in corso indagini e accertamenti da parte delle Procure
competenti.
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CAPITOLO 1
UNO SVILUPPO SEGNATO DALL’INDEBITAMENTO
1.1 Origini di Parmalat : l’ascesa di Callisto Tanzi
La storia di Parmalat può essere paragonata per molti aspetti a quella del suo
presidente fondatore Callisto Tanzi. Costui nacque il 17 novembre del 1938 in un
paesone vicino Parma, diventato famoso alle cronache dopo il crack della società,
stiamo parlando di Collecchio. L’azienda fu fondata da suo nonno e produceva conserve
di pomodoro e salumi, attività tipiche di quel territorio, che erano destinate alla vendita
in provincia e nelle vicine terre liguri e toscane. Callisto si diplomò in ragioneria e
cominciò gli studi universitari in economia e commercio, la sua avventura universitaria
durò ben poco dato che, nel 1960, suo padre morì e lui fu obbligato ad affiancare suo
zio nella gestione dell’azienda di famiglia. Il rapporto tra i due non durò molto, infatti
l’azienda venne divisa in due parti: a Callisto i salumi mentre allo zio Luigi restò la
gestione delle conserve di pomodoro.
Questo tipo di attività non era molto esaltante per il giovane e ambizioso
imprenditore, infatti nel 1961 fondò una nuova azienda: la Dietelat successivamente
rinominata Parmalat. La fortuna della nuova azienda fu l’utilizzo di una tecnologia
svedese per la pastorizzazione del latte e la strategica presenza dello stabilimento della
TetraPak a Modena.
L’utilizzo della tecnologia svedese, Ultra high temperature, permise a Parmalat di
produrre un latte a lunga conservazione favorendone la distribuzione.
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Queste condizioni favorevoli garantirono nei primi dieci anni di vita un ritmo di
crescita del fatturato del 50%.
La crescita che investì il gruppo durante gli anni sessanta e settanta spinse Tanzi ad
investire in Sudamerica. Il primo investimento fu nel 1974 quando acquistò il 50% di
una società che produceva yogurt, la Mococa, che sarebbe stata acquisita per intero due
anni dopo.
Negli anni settanta iniziò l’allargamento delle attività differenziando la produzione,
si iniziò così a produrre yougurt. Dieci anni dopo, Tanzi, ritornò alla vecchia attività di
famiglia producendo conserva di pomodoro, la mitica Pomì che contribuì molto al
successo del gruppo.
Successivamente si distinse per le campagne di marketing inusuali per un produttore
di latte, sponsorizzò gare di sci, entrò nella Formula 1 grazie al fortissimo legame con il
padre fondatore Bernie Ecclestone sponsorizzando Niki Lauda, sponsorizzò il baseball,
la pallavolo e il calcio di Parma.Tutti questi investimenti assorbirono ingenti risorse del
gruppo, ma costituivano formidabili mezzi pubblicitari.
La situazione finanziaria, già negli anni ottanta, era esposta in modo per niente
trasparente evidenziando un indebitamento di 100 miliardi £, giustificato però dalla
forte stagionalità dei nuovi prodotti e dall’allungamento dei tempi d’incasso dai
distributori. In realtà la situazione era, già allora, ben diversa. Infatti una società di
analisi di bilanci calcolava in 160miliari £ i debiti finanziari.
Tra il 1985 e l 1986 l’espansione continuò aprendo stabilimenti nel Mezzogiorno
sfruttando gli aiuti per la zone terremotate erogati dal governo.
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Nello stesso periodo iniziarono le prime rigidità degli istituti di credito nei suoi
confronti che riuscì a superare grazie alle sue amicizie politiche.
Ad aggravare la situazione nel 1986 ci pensò la nube radioattiva generata
dall’esplosione nella centrale nucleare di Chernobyl che contaminò gli alimenti e in
particolare il latte contraendo il fatturato del 20%.
Nel 1987 la situazione evidenziata da una società di analisi di bilanci era veramente
critica. L’indebitamento era valutato in 250 miliardi £ ed in aumento.
Alla carica di direttore amministrativo del gruppo salì Fausto Tonna, che svolgerà un
ruolo fondamentale nella creazione dello stato di insolvenza, il quale presentò una
situazione finanziaria con un indebitamento di “soli” 50 miliardi£ giustificati dagli
ingenti investimenti fissi e in nuovi prodotti.
Probabilmente era già iniziata l’attività di falsificazione dei bilanci attraverso leggeri
ritocchi di alcune poste con la speranza di risanare la situazione negli esercizi
successivi.
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1.2 Lo sbarco in borsa
Nel 1988 Tanzi, spinto dalla crisi che stava vivendo, fu ad un passo dal vendere la
società alla Kraft.
Il colosso alimentare americano iniziò le trattative. Dopo un’approfondita analisi del
gruppo che evidenziava limitate possibilità di sviluppo legate sia alla crisi finanziaria
che alla flessione delle vendite del latte a lunga conservazione, formulò un’offerta che
Tanzi e i suoi soci ritennero insufficiente.
Per uscire dalla profonda crisi che si presentava, Tanzi dovette ricorrere alla Borsa
dalla quale era stato distante per 28 anni.
La quotazione di Parmalat avvenne attraverso una procedura implicita che garantiva
però il vantaggio di essere molto più rapida e meno esposta a controlli.
Il progetto di salvataggio, che si sarebbe concluso con la quotazione in borsa,
cominciò nel settembre del 1989 con l’ingresso di Tanzi in una società estranea al
gruppo già quotata in borsa attraverso l’acquisto di una prima quota di circa il 51%,
coperta dalla cessione di una rilevante quota di una società appartenente al gruppo(20%
di Coloniale equivalente a 89 miliardi£).
Successivamente Tanzi attraverso la partecipazione nella società quotata, che aveva
come regione sociale Finanziaria centro nord, rilevò in momenti diversi quote della
Parmalat pagandole con risorse attinte dalla Borsa di cui tale società faceva parte.
Per completare il risanamento era necessario un ulteriore aumento di capitale di circa
600 miliardi£ che serviva a pagare le quote mancanti della Parmalat. Purtroppo i
potenziali investitori, in un momento di congiuntura internazionale negativa legata alla
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Guerra del golfo, non erano propensi a rischiare capitali , insomma la ricapitalizzazione
non decollava.
Tanzi riuscì a trovare le risorse necessarie da vari finanziatori esteri, ma
fondamentale fu un finanziatore italiano che rilevò una quota rilevante della Finanziaria
centro nord. Questo investitore era Gianmario Roveraro, ex campione di salto in alto, a
capo di una finanziaria Akros che sottoscrisse il 5% della Finanziaria centro nord.
L’obbiettivo di Tanzi era stato raggiunto, il 30 ottobre 1990 la Finanziaria centro
nord diventava la Parmalat Finanziaria che controllava il 70% di Parmalat con un costo
complessivo di 682 miliardi£ : 89 miliardi pagati a Tanzi per la prima quota del 20%,
283 miliardi pagati a Tanzi, in quanto azionista della società operativa, per la seconda
quota del 35,4% e un altro 15% derivante della mancata sottoscrizione di quote di
minoranza nell’aumento di capitale da 300 miliardi della Parmalat.
Il suo azionariato era così diviso:
50,36% Callisto Tanzi
7,07% Giovanni Tanzi
5% Akros
2% Credit agricole(colosso alimentare francese)
2,1% fondi dell’Arca e della Popolare di Milano
2% Charterhouse(inglesi) e Girobank(austriaci)
3% Ficor(svizzeri) e Eridania di Raul Gardini
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La programmazione finanziaria della nuova società prevedeva l’incasso dei 300
miliardi e un volume di attività tali da annullare l’indebitamento finanziario, che prima
della ricapitalizzazione ammontava a 520 miliardi £, entro i successivi tre esercizi.
Malgrado i buoni propositi di riduzione del debito e di ristrutturazione dell’azienda ,
la gestione Tanzi andò esattamente nella direzione opposta.
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1.3 Espansione del gruppo
Nel 1990, Tanzi, cominciò una campagna di acquisizioni con l’obiettivo di diventare
la “Coca-Cola del latte”, progetti ambiziosi che puntavano a società produttrici,
trasformatrici o distributrici di latte in tutto il mondo.Questa politica di espansione fece
aumentare l’indebitamento finanziario ufficiale da 300 miliardi a più di 400 dopo un
solo anno di ingresso in borsa.
I progetti di espansione non si fermarono, nel 1992 diventò socio al 30% di una
cooperativa del latte, la Giglio finanziaria investendo 23,4 miliardi£ e iniziando così la
collaborazione tra un grande gruppo e il mondo della cooperazione.
Nel 1993 il gruppo investì altri 150 miliardi diretti soprattutto all’estero, in America,
in Brasile, in Portogallo, in Argentina. Attraverso questi investimenti nel giro di tre
esercizi incrementò il proprio fatturato di circa il 70% passando da 1.102 miliardi del
1990 a 2.270 miliardi.
Purtroppo l’indebitamento che doveva essere azzerato dopo tre esercizi si era
raddoppiato salendo a più di 600 miliardi.
Le acquisizioni continuarono soprattutto nei paesi in via di sviluppo, eccezione a tale
strategia di multinazionalizzazione furono gli investimenti diretti verso gli Stati Uniti
che saranno una delle cause del collasso finanziario del gruppo.
Per coprire la moltitudine di investimenti la società ricorrerà più volte ad aumenti di
capitale sottoscritti dai soci, ma soprattutto a prestiti obbligazionari a cui erano
interessati molti istituti di credito soprattutto esteri, al primo posto Chase Manhattan
bank oggi Jp Morgan.
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I debiti continuavano però a crescere arrivando nel 1996 a 2.500 miliardi,
falsariamente bilanciati da quasi 800 miliardi dichiarati in bilancio come attività
finanziarie liquide.
Tutti questi investimenti erano molto rischiosi dato che erano localizzati soprattutto
in mercati emergenti, che potevano offrire maggiori margini di redditività, ma
purtroppo le aspettative non vennero confermate.
In Europa la penetrazione fu modesta dato che il gruppo non riusciva a competere
con le grandi multinazionali. Negli Stati Uniti la strategia di penetrazione non aveva
portato a nulla. Anche in Italia gli hard discount avevano limitato i propri margini, con
una riduzione del margine operativo lordo del 6% in quattro anni(1990-1994), passando
dal 15% al 9%.
Nonostante ciò la strategia di Tanzi non cambiò puntando all’acquisizione delle
centrali del latte italiane in via di privatizzazione e continuando a ricorrere al mercato
per far fronte alla necessità di liquidità. Nel 1997 attraverso prestiti obbligazionari,
azioni preferenziali legate all’andamento del Libor e obbligazioni convertibili recuperò
1.200 miliardi £ in pochi mesi.
La società dichiarava che la liquidità serviva a ridurre gli oneri sulla provvista a
lungo termine, rifinanziando così l’indebitamento in vista di eventuali investimenti per
esigenze di sviluppo che la società non voleva lasciarsi sfuggire.
Quest’ultima giustificazione verrà usata da Tanzi per mascherare l’eccessiva
presenza di liquidità nelle casse di Parmalat fino a quando non verrà scoperto il
gravissimo stato di insolvenza.
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1.4 Rapporti con la politica
Callisto Tanzi apparteneva alla corrente della sinistra della Democrazia Cristiana
anche se rifiutò qualsiasi coinvolgimento diretto con gli ambienti politici, comunque il
fondatore della Parmalat grazie alle sue capacità di rapportarsi con il mondo politico
riuscì a mantenersi in sella a lungo ben oltre Tangentopoli e nel cuore della Seconda
Repubblica, nonostante che la situazione della sua azienda andasse peggiorando. Il
politico che maggiormente sosteneva Tanzi era Ciriaco De Mita che lo spinse nella
avventura televisiva di Odeon Tv in modo da poter contrastare il potere che
esercitavano i socialisti di Craxi attraverso le televisioni di Berlusconi. Il rapporto fra
l’imprenditore di Collecchio e la sinistra Dc non era limitato alla televisione, ma grazie
ai suoi legami riuscì ad ottenere ingenti finanziamenti per insediamenti industriali. Per
esempio dopo il terremoto in Irpinia il governo erogò 11 miliardi a favore di Tanzi, a
fronte di tale erogazione la Corte dei conti aprì un’inchiesta perché non erano state
rispettate certe condizioni dell’accordo. Da quanto emerso negli interrogatori dei
collaboratori di Tanzi la Parmalat acquistò certe società, senza alcuna motivazione
strategica per il gruppo, a prezzi eccessivi solo per acconsentire alle richieste di politici
che avevano interessi a realizzarne la vendita. Certi politici democristiani a capo di
importanti istituti di credito e finanziari sostennero la società in momenti di crisi
attraverso prestiti a tassi di interesse alquanto favorevoli, per esempio durante la crisi di
Chernobyl, Gianmario Roveraro, uomo di spicco della finanza cattolica, diventò partner
di Tanzi nel delicato momento di aumento di capitale necessario per la quotazione in
borsa di Parmalat.
Dopo lo scandalo di Tangentopoli, che fece venir meno il potere della Democrazia
cristiana, il patron della Parmalat non smise ad interessarsi del settore bancario.
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Nel 1992 riuscì a piazzare un suo stretto collaboratore, ex politico della sinistra
socialista anti-craxiana, al vertice del Monte di Parma e un altro democristiano a capo
della prima banca emiliana, nata dalla fusione tra le Casse di Parma e Piacenza
mantenendo così un’influenza sul modo bancario.
Decaduta la democrazia cristiana Tanzi ha sempre mantenuto buoni rapporti con la
sinistra sostenendo la campagna elettorale per l’Ulivo di Romano Prodi nel 1996 e
quella contro Berlusconi nel 2001.
Tuttavia le amicizie politiche non sono riuscite ad evitare il collasso della società, ma
sicuramente hanno favorito il perpetrarsi nel tempo di una colossale truffa ai danni dei
risparmiatori.
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1.5 Gli investimenti sbagliati
Prodotti da forno
Nel 1984 Parmalat fatturava 635 miliardi e Tanzi, spinto dalla sua fame di potere,
commise il un grande errore strategico che fu quello di lanciarsi nella produzione dei
prodotti da forno(merendine, biscotti,ecc….); scelta che assorbì ingenti risorse per
conquistare una quota di mercato accettabile.
Attività di editore
A favorire l’appesantimento della situazione debitoria ha contribuito anche l’attività
di editore che Tanzi aveva intrapreso agli inizi degli anni ottanta .
L’investimento iniziale interessò un settimanale di motori e successivamente anche
un quotidiano economico; entrambe queste avventure finirono subito assorbendo 2
miliardi£ .Nel 1987 fondò Odeon Tv sostenuto dalle conoscenze politiche democristiane
alle quali interessava avere una emittente televisiva per contrastare l’egemonia
esercitata dai socialisti attraverso le reti Fininvest.
Odeon era articolata in tre società e 18 emittenti, alcune possedute direttamente, ma
la maggioranza legata da contratti di affiliazione. Tanzi mantenne il 50% della società
televisiva sotto l’influenza di Parmalat e successivamente ne acquistò il restante 50%; il
circuito presentava grandi obiettivi di raccolta della pubblicità e di audience. La linea
editoriale scelta consisteva in niente scoop, poche cattive notizie, trasmissioni e film
carichi di sentimenti positivi. Le aspettative non vennero rispettate e nel 1989 Odeon
venne venduta dopo aver accumulato un indebitamento di 100 miliardi e
successivamente venne messa in fallimento. Parmalat riuscì così a fare uscire dal
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proprio indebitamento consolidato 100 miliardi, ma si trovò esposta per 70-80 miliardi
verso fornitori e creditori di Odeon a fronte di garanzie fornite prima del fallimento.
Tale posizione passiva venne trasferita ad un’altra società appartenente al gruppo e
successivamente annullata, come vedremo, attraverso una falsa attestazione di
pagamento.
Business dell’acqua
Nel 1991 creò una finanziaria, la Finbianco, ai piedi del Monte Bianco pianificando
di coprire a regime un quinto del fabbisogno nazionale.
Fu un investimento sbagliato che contribuì all’indebitamento del gruppo.
Investimenti sportivi:il Parma Ac
Parmalat è sempre stato un marchio in stretto rapporto con lo sport, infatti già negli
anni settanta sponsorizzava la Formula1, successivamente sponsorizzò baseball,
pallavolo, rugby e calcio di Parma.
L’investimento più importante fu nel 1990 quando acquistò il pacchetto di
maggioranza del Parma Ac arrivando a detenere il 92% della società. L’acquisto
avvenne in occasione del debutto della società nella massima serie, proprio per sfruttare
al massimo il marchio in due importanti mercati di esportazione: quello Brasiliano e
quello Svedese. Per supportare la sponsorizzazione in quei paesi ingaggiò anche due
giocatori che diventarono testimonial dell’azienda alimentare, e rispettivamente per il
Brasile ingaggiò il portiere Taffarel e per la Svezia l’attaccante Brolin, entrambi due
campioni. Nel 1992 Parmalat diventò multisponsorizzatore nel campionato Brasiliano di
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calcio, investendo circa 5 miliardi all’anno, costo giustificato dall’imponente presenza
del marchio su quei mercati. Infatti, dopo l’Italia, il Brasile era il principale sbocco dei
prodotti del gruppo con 300 miliardi di fatturato. Nei primi anni di gestione il Parma Ac
era l’unica formazione di serie A che rispettava il rapporto, di tre a uno, tra ricavi e
debiti, stabilito per poter comprare e vendere sul mercato. Nel 1995 i frutti dell’attività
calcistica sembravano aiutare il bilancio consolidato nel quale figurava un saldo attivo
di 20 miliardi £ derivanti da dismissioni di immobilizzazioni non appartenenti alla
gestione caratteristica del gruppo, e in particolare relative alla vendita di calciatori.
Purtroppo con il passare degli anni la situazione patrimoniale del Parma calcio
diventò sempre più pesante per il gruppo, infatti la situazione patrimoniale nel 2001
presentava 75,5 milioni € di fatturato, 300 milioni € di debiti, una perdita di 6,8 milioni
€, la società necessitava di una risanamento e per questo si adottò un piano che
riduceva gli stipendi e otteneva risorse attraverso complicate operazioni finanziarie che
scontavano i flussi di denaro che si sarebbero incassati dai contratti di cessione dei
diritti tv a Stream.Queste risorse non bastarono a risanare la società che l’anno
successivo presentò una situazione ancora più critica: solo il fatturato era aumentato
positivamente a 85 milioni €, i debiti erano 5,4 volte quelli della stagione precedente
con un valore di 448,6 milioni € e la perdita era più che raddoppiata con un valore di
17,5 milioni €.
Dietro la rappresentazione non troppo solida della società di provincia c’era una
realtà ben diversa, purtroppo emersa fuori tempo massimo.
Dalle dichiarazioni dei collaboratori di Tanzi emerge che con il passare degli anni, la
società drenava molti più soldi di quanto apparisse in bilancio, le passività venivano poi
mascherate trasferendole a società che fruivano da “discariche contabili” del gruppo.