Il Counselling nelle organizzazioni per la gestione delle negoziazioni
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«Gli individui hanno in se stessi ampie
risorse per auto-comprendersi e per
modificare il loro concetto di sé, gli
atteggiamenti di base e gli orientamenti
comportamentali. Queste risorse
possono emergere quando può essere
fornito un clima definibile
di atteggiamenti psicologici facilitanti»
Carl Ramson Rogers
1
Introduzione
Il counselling: specificità e sviluppo della relazione
d’aiuto nelle organizzazioni
0.1 L’origine del termine
Il sostantivo counseling (o anche counselling, secondo l’inglese
britannico) deriva dal verbo inglese to counsel, che risale a sua volta al
verbo latino consulo-ĕre, traducibile in consolare, confortare, venire in
aiuto
2
.
Quest'ultimo si compone della particella cum (con, insieme) e
solĕre ( a l z a r e , s o l l e v a r e ) , s i a p r o p r i a m e n t e c o m e a t t o , c h e
nell'accezione di aiuto a sollevarsi
3
.
1
Rogers, C. R., Un modo di essere, Firenze, Psycho 1983. La foto di Rogers è tratta da: Encyclopædia
Britannica Online
2
Hoad T. F., The Concise Oxford Dictionary of English Etymology. Oxford University Press 1986
3
Devoto G., Avviamento all'etimologia italiana, Le Monnier, Firenze 1968
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Un’altra interessante interpretazione lo riconduce a cum solus,
che significa: essere con chi è solo. Di pari interesse, un altro verbo
latino omologo: consulto-āre, iterativo di consultum, participio passato
di consulo, col significato di consigliarsi, deliberare, riflettere. Ciò pone
il termine tra le forme del verbo italiano consultare, come ricorso a
competenze superiori per necessità contingenti.
Non mi appassiona la disputa su quale sia la reale radice da cui il
termine trae origine. So che, di fronte a un problema da risolvere, a
una difficoltà, o a un bisogno da soddisfare, capita, credo a tutti, di
contattare la paura del vuoto, la sensazione di non farcela.
Fatalmente si incontra il senso del proprio limite e subito, in quel
istante, si spalanca il bisogno di altro (o dell’altro?), anche se, non
sempre, si dà voce al desiderio di relazione e si cerca di soddisfarlo…
Ma quando si trova la forza di chiedere aiuto e l’altro è lì, e ci ascolta,
la pesantezza se ne va. Ci si sente già un po’ sollevati.
E’ solo l’inizio dell’attraversamento di un percorso che porta a un
livello di consapevolezza superiore. Così lo spazio tra consultare,
trovare compagnia e consolazione viene a coincidere, non esiste
contraddizione o separatezza, ma un continuum. Sono convinta sia
questo, l’ambito d’intervento, infinito, del counselling
4
.
0.2 Definizioni
5
Counselling: è u n p r o c e s s o d i a p p r e n d i m e n t o , a t t r a v e r s o
un’interazione tra Counsellor e cliente, o clienti (individui, famiglie,
gruppi o istituzioni), che affronta in modo olistico problemi sociali,
culturali e/o emozionali.
4
Nel testo a seguire si utilizzerà in generale l’ortografia counselling a meno che il termine non
riguardi autori o sigle statunitensi, per i quali risulta più appropriata la forma americana o compaia
all’interno di citazioni.
5
Secondo: Aico, Associazione italiana Counselling
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Il Counselling può cercare la soluzione di specifici problemi,
aiutare a prendere decisioni, a gestire crisi, migliorare relazioni,
sviluppare risorse, promuovere e sviluppare la consapevolezza
personale, lavorare con emozioni e pensieri, percezioni e conflitti
interni e/o esterni. L’obiettivo nel complesso è di fornire ai clienti
opportunità di lavoro su se stessi, nell’ottica di raggiungere maggiori
risorse e ottenere una maggiore soddisfazione come individui e come
membri della società.
Counsellor: è un’operatore d’aiuto in tutte quelle situazioni che
hanno a che fare con relazioni umane, da quelle professionali a quelle
interpersonali fino a quelle con se stessi. Il concetto di relazione d’aiuto
si può intendere in varie maniere naturalmente: una è quella dell’aiuto
attraverso la relazione, in cui la relazione appunto fra operatore e
cliente è paradigma relazionale, la cui qualità funziona come esempio
per le altre relazioni. Altra i m p l i c a z i o n e p o s s i b i l e è c h e s i t r a t t i d i
aiutare ad aiutarsi: l’operatore in questo caso ha una funzione di
catalizzatore di avvenimenti interni, e non di sostituto di capacità
mancanti.
0.3 Alcuni cenni storici
6
0.3.1 Il counselling nasce negli Stati Uniti per svolgere la funzione
di orientamento scolastico e lavorativo
La prima attestazione
7
d e l l ' u s o d e l t e r m i n e counseling, per
indicare un'attività rivolta a problemi sociali o psicologici, risale al 1909,
e viene attribuita a Frank Parsons: americano, ingegnere, uomo di
legge e operatore sociale, vissuto tra la fine dell’Ottocento e il
Novecento.
6
Liberamente riassunto da: Biggio G., Il counselling organizzativo, Raffaello Cortina Editore, 2007
7
Parsons F., Choosing a vocation, Houghton Mifflin, Boston 1909
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E, per questo, testimone dei problemi di immigrazione e
professionalizzazione connessi all’industrializzazione impetuosa di
quegli anni.
Si tratta di uno dei p i o n i e r i d i q u e l l o c h e v e r r à p o i d e f i n i t o .
vocational counselling. E cioè: orientamento professionale basato sullo
sviluppo della persona (differente dall’educational counselling più
centrato sulle problematiche d’inserimento nel mondo del lavoro). Nella
sua opera principale (Choosing a vocation), P a r s o n s , n e l 1 9 0 9 ,
esprime il desiderio di aiutare i giovani a scegliere un lavoro adeguato
alle proprie capacità e attitudini. Nel 1910, fonda, nella città di Boston,
la National Vocation Guidance Association (Nvga).
La stessa viene trasferita nel 1913, nelle Grand Rapids (nello
stato del Mitchigan), dove, un altro pioniere: Jessie B. Davis,
insegnante della scuola superiore ed ex amministratore di uno dei
nascenti centri industriali di Detroit (tra il 1898 e il 1907), istituisce il
primo centro di orientamento scolastico e professionale della storia
americana. Inizialmente sono gli stessi insegnanti a svolgere la
funzione di guidance counsellor nei confronti dei loro allievi, ma dopo
pochi decenni, questa disciplina diviene via via sempre più autonoma,
fino a delinearsi come professione con tanto di percorso universitario di
Counselor Education.
Il pedagogista John Dewey (Burlington, 1859 - New York, 1952)
è, probabilmente, l o s t u d i o s o c h e h a d e f i n i t o t e c n i c a m e n t e e
filosoficamente la disciplina del counselling come parte integrante della
formazione scolastica. L’opera di questo educatore è collegata al suo
pragmatismo nel creare condizioni ambientali adeguate a favorire lo
sviluppo dell’individualità del bambino. P u r e s s e n d o u n f a u t o r e
dell’individualità, nel periodo della crisi economica, egli prende
posizione contro il liberismo radicale che porta a un individualismo
ritenuto egoistico e contrario al progresso sociale.
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Proprio al fine di favorire un democratico sviluppo sociale, Dewey
propugna la nascita di servizi di orientamento nel sistema scolastico ed
educativo.
Durante la grande depressione degli anni Trenta, il counselling di
orientamento si consolida, fino a diventare servizio di pubblica utilità. Il
New Deal di Roosevelt approva la nascita di questi servizi.
Nel 1938, presso l’Ufficio Federale per l’Istruzione e l’occupa-
zione, viene fondata la Vocational Education Division, un’intera struttu-
ra dedicata al counselling (lavorativo e scolastico).
Verso la fine degli anni Quaranta, negli Stati Uniti sono più di 80 le
università in grado di formare questa figura professionale
8
.
0.3.2 Negli anni cinquanta, il counselling incontra la psicologia.
Il contributo di Carl Rogers
Carl R. Rogers, (Chicago 1902 - San Diego 1987) è tra i primi a
usare la parola counselling in ambito psicologico clinico. In particolare
la usa per indicare una relazione nella quale il cliente è assistito, nelle
proprie difficoltà, senza rinunciare alla libertà di scelta e alla propria
responsabilità. Si tratta di un approccio alla relazione d’aiuto totalmente
rivoluzionario per l’epoca.
Siamo agli inizi degli anni 50 e Rogers ha, da poco, elaborato una
tecnica di facilitazione basata sul principio della non-direttività,
proponendo una filosofia di pariteticità nella relazione d’aiuto; nella sua
terapia il paziente si trasforma in cliente. Questo corrisponde al
concentrare l’attenzione sulle risorse sane dell’individuo piuttosto che
sulla sua patologia.
8
Hoyt K. B., Professional preparation for vocational guidance. In Herr E. L. (a cura di), Vocational
Guidance and Human Development, Houghton Mifflin, Boston 1974
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L’idea pedagogica di incoraggiare prevale su quella medica di
curare. Si tratta di un’autentica rivoluzione del modello medico di quel
periodo e del concetto di cura che, sostanzialmente, porta la pratica
della relazione d’aiuto nell’ambito delle politiche sociali liberandola dal
dogmatico monopolio medico psicoanalitico di quei tempi. Da lì in poi,
l’illustre psicologo statunitense svolge il ruolo di figura di cerniera tra il
tradizionale counselling di orientamento e quello psicologico clinico.
Nel 1963, Rogers lascia gli incarichi universitari e si trasferisce in
California, terra ricca, a quei tempi, di fermenti e di sperimentazioni
innovative, per ricercare nuovi campi attuativi per il suo pensiero.
Prende contatto con il Western Behavioural Science Institute di La
Jolla (San Diego), dove sono in corso studi e ricerche di tipo
psicosociale sulle condizioni di povertà e devianza, sulle istituzioni
formative, sul management e sulla negoziazione internazionale. Lì,
Rogers, ha modo di applicare il principio della non direttività alla
dimensione del gruppo e dell’organizzazione, avviando gli encounter
groups, dei gruppi d’incontro e discussione sulle tematiche delle
relazioni interpersonali nel contesto istituzionale e socio-politico. Per il
grande contributo dato ai negoziati internazionali, gli viene attribuito,
poco prima di morire, il Premio Nobel per la Pace.
0.3.3 Gli anni settanta e il tentativo di formalizzare un unico
metodo di counselling. L’Happy Eclecticism e i paradigmi da cui
attinge
Nella metà degli anni settanta, all’interno dell’Apa (American
Psychological Association) v i e n e u f f i c i a l m e n t e i s t i t u i t a u n a
commissione con il compito di definire i criteri di training (riguardanti il
counselling), ma i tentativi d’individuare una teoria unitaria, da
verificare in campo scientifico, non hanno successo.
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Si fa strada una metodologia chiamata Happy Eclecticism, che
consiste nel suggerire l’uso di diversi approcci a seconda del contesto
e della sensibilità o attitudine del counsellor.
E, dal punto di vista formativo, prevale la tendenza a insegnare gli
aspetti, rivelatisi positivi nella pratica, insiti nei diversi approcci.
Alcuni tra i principali autori contemporanei, sia di scuola
americana
9
, che di scuola inglese
10
, concordano nell’individuare
quattro paradigmi di base da cui attinge l’Happy Eclecticism:
- i l cognitivo-comportamentale. Secondo questo approccio
emozioni e stati d’animo creano disagio solo quando sono disfunzionali
ai costrutti cognitivi e valoriali elaborati dalla persona stessa. Se si
aiuta l’individuo a collocare, entro nuove strategie cognitive, i propri
pensieri e convinzioni, si ritiene possibile risolvere il disagio
psicologico. A tal fine si usano strumenti di comunicazione e di
modellamento relazionale (Rebt: Rational Emotive Behaviour Therapy).
- l’ umanistico-rogersiano. L’approccio s’identifica in prevalenza
con l’opera di C. Rogers
11
. Il suo modello, è sostenuto da un afflato
umanistico e dalla convinzione di una tendenza genetica della natura
umana verso la crescita e l’espressione del sé. Egli ritiene che in ogni
organismo vi sia un’innata tendenza a sviluppare le proprie potenzialità
e a diventare ciò di cui è veramente capace.
- i l fenomenologico esistenziale. Quest’approccio è in
prevalenza rappresentato dal modello gestaltico. Partendo dal principio
della polarizzazione degli opposti, Perls e collaboratori
12
sostengono
che la tendenza di ogni organismo è la ricerca dell’equilibrio.
9
Brown S. D., Lent R. W., Hankbook of Counseling Psychology, John Wiley & Sons, New York 2000
10
Dryden W., Woolfe R., Counselling Psychology, Sage Publications, London 1996
11
Rogers C. R., On becoming a person. A Therapist’s view of Phychotherapy, Houghton Mifflin,
Boston 1961
12
Perls F., Hefferline R., Goodman P., Gestalt Therapy, Julian Press, New York 1951
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Un bisogno non soddisfatto equivale a una Gestalt incompleta,
ovvero a un quadro cognitivo emotivo parzialmente inadeguato a
un’efficace rappresentazione della realtà. Il disagio compare quando
s’interrompe il contatto con il bisogno. In questo caso, si sostiene che,
occorre riparare alla ferita emozionale, riattivando il ciclo del contatto
nel qui e ora, per imparare a rimodellarla, a farne una ritrascrizione
positiva.
- l o psicoanalitico. L’obiettivo del counselling psicoanalitico è
quello di aiutare il cliente ad acquisire una maggiore consapevolezza
dei problemi emozionali che dal passato si proiettano nel presente e
che possono averlo indotto a chiedere supporto, sostenendo le sue
capacità adattive agli eventi esterni del presente.
0.4 La relazione d’aiuto nelle organizzazioni
L’applicazione del counselling in ambito organizzativo non si può
considerare come un semplice ampliamento del contesto in cui la
pratica si svolge, ma implica un cambiamento sostanziale della stessa,
che riguarda, in origine, solo due soggetti: il counsellor e la persona
che chiede aiuto. Quando il counsellor si occupa di un soggetto inserito
in un’organizzazione, il cliente si sdoppia: la persona bisognosa di
supporto rimane, ma a lei si aggiunge anche l’organizzazione e i suoi
bisogni, che possono essere più o meno allineati a quelli del singolo
componente. Non si tratta di occuparsi di due soggetti, ma di due
soggetti in relazione tra di loro. Quindi questa pratica si colloca in un
continuum tra due polarità: da un lato l’impresa e dall’altro l’individuo.
0.4.1 Stati Uniti: gli Employee Assistance Programme (Eap)
13
Gli Eap vengono istituiti, negli Stati Uniti, a partire dagli anni
Quaranta, per intervenire sull’abuso di alcol tra i lavoratori.
13
Liberamente riassunto da: Biggio G., Il counselling organizzativo, Raffaello Cortina Editore, 2007
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Inizialmente infatti si chiamano: Occupational Alcohol Programs.
Poi, lentamente evolvono e, a partire dagli anni settanta, dopo lo
Hughes Act, un provvedimento del Senato che dà ai servizi pubblici la
responsabilità di occuparsi dei problemi psicologici dei lavoratori nella
loro realtà lavorativa, la focalizzazione degli interventi si espande
dall’alcolismo, all’identificazione dei comportamenti antisociali, per
arrivare alla produttività delle imprese. Il primo servizio di counselling al
personale di un’azienda, secondo Bull
14
, viene attivato alla Western
Electric Company, durante la famosa ricerca di Hawthorne (1927),
sulle componenti psicosociali del lavoro, diretta da Elton Mayo
(Adelaide, 1880–1949), illustre psicologo e sociologo, nonché esperto
di organizzazione industriale, australiano. Nel decennio successivo,
Carroll
15
f a n o t a r e c h e l a l e g i s l a z i o n e s t a t u n i t e n s e a c c e l e r a
l’inserimento del counselling nelle aziende, anche attraverso la
definizione del principio di responsabilità del danno emozionale d a
parte dei datori di lavoro, nei confronti dei dipendenti. Infatti la pratica
diventa, nei fatti, una forma di tutela per l’impresa da azioni legali
rivendicative dei dipendenti. E ha un’ulteriore forte espansione.
Masi e Goff
16
affermano che, negli anni Ottanta, più del 90% delle
principali aziende americane si servono di Eap. Nel suo libro: Managed
mental health care: major diagnostic and treatment approaches,
Sauber riporta esperienze significative di grandi imprese americane
che, in seguito a un Eap, superano gli obiettivi che si erano prefisse,
inizialmente, in termini di miglioramento della produttività e delle
relazioni (vedi caso Campbell
17
).
14
Bull A., Models of counselling in organizations. In Carroll M., Walton M., (a cura di) Handbook of
counselling in organizations. Sage Publications, London 1997
15
Carroll M., Workplace counselling, Sage Publications, London 1996
16
Masi D. A., Goff M. E., The evaluation of employee assistance programs. In Public personnel
management, 1987
17
In one study reviewed by North (1992), the Campbell Soup Company used its EAP to incorporate
managed behavioral health care services. This pilot program covered three sites and affected 10,000
people. Campbell set out to meet three objectives: (a) reduce psychiatric and substance abuse costs by