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INTRODUZIONE
L’ipospadia è una malformazione molto diffusa nella popolazione
maschile, la cui scoperta viene fatta durante gli esami di routine sul neonato
in ospedale. Il primo approccio diagnostico nei confronti del bambino
ipospadico viene generalmente effettuato, infatti, presso la struttura
ospedaliera stessa in cui il bambino nasce. Il neonatologo provvede alla
valutazione delle severità dell’anomalia peniena, della presenza dei testicoli
e del loro normale posizionamento e, soprattutto, verranno eseguite le
indagini diagnostiche di screening tali da valutare la presenza di coesistenti
anomalie delle vie urinarie (Marrocco, Vallasciani, 2004; Stokowsky,
2004).
Dagli studi si riscontra un’incidenza di tale malformazione superiore a 3
bambini per ogni 1.000 nati vivi (Lund et al., 2009). Si presenta tramite
un’anomala posizione dell’apertura uretrale esterna, che può trovarsi più o
meno vicina rispetto alla sua normale posizione sul glande, sulla superficie
ventrale del pene o sul perineo. Le forme più severe sono solitamente
associate ad un incurvamento dell’asta del pene (chordee) (Baskin, Ebbers,
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2006). L’ipospadia ha alle spalle una lunga storia nell’ambito della
medicina e della chirurgia. Galeno (130-199 d.C.) fu il primo ad usare il
termine ipospadia, enfatizzandone precisamente l’aspetto anatomico
dell’incurvamento ed utilizzando l’associazione tra due parole greche: hypo
(al di sotto, inferiore) e spadon (apertura) (Hadidi, Azmy, 2004). Dopo i
Romani e i Greci, a partire dal V secolo, gli Arabi, che si imposero in
ambito medico, suggerirono, come era già stato fatto da altri in precedenza,
l’amputazione del glande come terapia per l’ipospadia. Nel Medioevo il
contributo di maggiore interesse fu quello di Ambroise Paré (1510-1590), il
quale insistette nei suoi scritti perché si salvasse almeno una porzione
piccola del glande quando si realizzava l’amputazione secondo i metodi
descritti nel passato. Solo qualche secolo più avanti la classe medica
cominciò a capire quanto potesse essere importante l’estetica dei genitali
per l’uomo. Studiando le cause di molti fallimenti chirurgici vennero
sviluppate procedure che portavano alla creazione di una neouretra
totalmente o parzialmente ricostruita (Ibidem). Nel '900 si è assistito ad un
progressivo affinamento delle tecniche chirurgiche e ad un notevole
miglioramento dei materiali di sutura, dello strumentario chirurgico e del
concetto di asepsi. Molte tecniche chirurgiche sono state proposte nel corso
degli anni, molte delle quali accolte come la risposta definitiva al problema
della correzione dell'ipospadia e giunte a livelli di notorietà tali da essere
impiegate in tutto il mondo e da migliaia di chirurghi, per poi essere
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regolarmente ridimensionate nella loro efficacia a lungo termine. Questo
conduce alla conclusione che ancora molte pagine debbano essere scritte
sul capitolo ipospadia, prima che risultati uniformemente validi ed esenti da
complicanze possano essere ottenuti (Marrocco, Vallasciani, 2004).
Gli obiettivi comuni a tutte le tecniche chirurgiche esistenti oggi per
l’ipospadia sono: ottenere un aspetto normale del pene; consentire ai
pazienti di urinare in posizione eretta; metterli nelle condizioni di utilizzare
pienamente le funzioni sessuali (Baskin, Ebbers, 2006). Poiché è ormai
idea condivisa che l’ipospadia debba essere corretta chirurgicamente prima
che il paziente divenga cosciente e consapevole della propria
malformazione, al fine di evitare qualunque impatto negativo sul suo
sviluppo psicosessuale, la maggior parte dei chirurghi raccomanda di
intervenire entro i 12 mesi di età (Kraft et al., 2010). Sebbene in molti casi
l’ipospadia non rappresenti un problema urgente, può divenire fonte di
estrema angoscia per i genitori del bambino che ne soffre e una completa
comprensione di questa condizione può rendere gli specialisti ancor più
capaci di occuparsi accuratamente delle loro preoccupazioni e dei loro
dubbi.
L’intento di questo lavoro è quello di fornire una descrizione ampia ed
esaustiva del fenomeno, dei suoi risvolti psicosociali e psicosessuali sui
pazienti, operati chirurgicamente e non, e soprattutto delle modalità con cui
può essere offerta loro una consulenza psicosessuologica.
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Nel primo capitolo sono descritte le caratteristiche anatomiche
principali dell’ipospadia che ne permettono una corretta classificazione, la
sua diffusione nella popolazione europea e mondiale, i fattori eziologici che
conducono al fallimento del processo evolutivo embrionale, che è la causa
diretta dell’ipospadia, ed infine le principali tecniche correttive adottate nel
trattamento chirurgico dell’anomalia.
Successivamente, l’attenzione viene posta sulla valutazione dei risultati
chirurgici, soprattutto a lungo termine, e sulle conseguenze psicosociali e
psicosessuali riportate maggiormente in adolescenza e in età adulta dai
soggetti operati chirurgicamente durante l’infanzia e da quelli che, al
contrario, non hanno subito nessun tipo di trattamento chirurgico, per
verificare se possono godere di un adeguato sviluppo psicosessuale e di
un’altrettanto soddisfacente utilizzo di tutte le funzioni sessuali.
Infine, il terzo capitolo è dedicato alla consulenza psicosessuologica per
l’ipospadia e per le conseguenze disfunzionali ad essa associate, con
particolare riferimento all’approccio integrato nella pratica clinica come
modello base per la conduzione del counseling. Nel capitolo sono stati
evidenziati due punti fondamentali: l’importanza e la necessità di fornire un
sostegno anche ai genitori del bambino con ipospadia, durante la fase
diagnostica e nel momento in cui debbano prendere decisioni relative
all’intervento chirurgico, e la consulenza specifica per quei casi in cui
alcune disfunzioni sessuali maschili (disfunzione erettile, eiaculazione
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ritardata, anticipata, etc.) si presentano anche a distanza di molti anni
dall’intervento, ripercuotendosi non soltanto sull’individuo stesso, ma
anche su eventuali partner e sulle relazioni di coppia che con esse instaura.
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1. IPOSPADIA: ANATOMIA, EZIOLOGIA E TRATTAMENTO
1.1 Caratteristiche anatomiche dell’ipospadia e classificazione
L’ipospadia è una delle più comuni malformazioni dei genitali maschili.
Si tratta di un’anomalia congenita del pene dovuta principalmente
all’incompleto sviluppo dell’uretra e definita da un’anomala posizione del
meato urinario e da un mancato sviluppo del prepuzio (Baskin, 2007). Le
caratteristiche anatomiche riscontrabili a carico del pene ipospadico
possono essere estremamente variabili; bisogna infatti considerare che
l’ipospadia rappresenta essenzialmente un difetto della virilizzazione dei
genitali esterni dell’embrione, dunque presenta un ampio spettro di
condizioni che vanno da genitali la cui anatomia ricorda quella femminile
ad anomalie minime in cui l’unica alterazione visibile è rappresentata dalla
schisi del prepuzio, dovuta ad aplasia. Il meato urinario può essere situato
in posizioni variabili dell’asta, dal glande sino al perineo, e, in generale, le
forme più gravi di ipospadia presentano un’alta incidenza di curvatura
ventrale, che assume gravità maggiore quanto più prossimale è la posizione
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del meato (Baskin, Ebbers, 2006). Responsabile dell’incurvamento è la
presenza di tessuto spesso e fibroso situato a ridosso della porzione ventrale
dei corpi cavernosi, che si sovrappone alla doccia uretrale e che si estende
dall’estremità interna dell’uretra fino a glande (Morel-Journel et al., 2009).
La morfogenesi anomala del pene ipospadico si caratterizza per tre
elementi anatomici principali: orifizio uretrale ectopico, prepuzio con
cappuccio dorsale e incurvamento congenito del pene osservato in erezione
(Baskin, 2007). Il primo, che consiste nella collocazione anomala del meato
uretrale, è il difetto principale apportato al pene dall’ipospadia ed è causato
dal fallimento di alcuni stadi del processo di sviluppo embrionale. La
posizione dello sbocco uretrale viene utilizzata per classificare le diverse
forme di ipospadia in distali e prossimali, come verrà discusso più avanti. Il
prepuzio con cappuccio è un’altra caratteristica anatomica del pene
ipospadico, in cui lo strato di pelle dorsale, al contrario del prepuzio
riscontrabile in un pene normale, che copre completamente il glande,
assume un aspetto particolare, dovuto all’incompleta formazione della sua
circonferenza, per cui mantiene la componente dorsale, ma manca di quella
ventrale. Il terzo elemento anatomico che determina l’anomalia del pene
ipospadico è l’incurvamento congenito dell’asta, che può manifestarsi sia
isolatamente sia associato ad ipospadia. Questa anomalia, anch’essa
congenita, è causata da carenze strutturali nella parte ventrale del pene
(Stokowski, 2004).
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Oggi si utilizzano diverse modalità di classificazione dell’ipospadia,
determinando una certa confusione terminologica. Secondo Marrocco e
Vallasciani (2004) il limite di molte classificazioni, infatti, è che esse
tengono presente ancora la sola posizione del meato e non l’insieme delle
caratteristiche morfologiche del pene malformato. Accade spesso, ad
esempio, che bambini affetti da ipospadia, in cui il meato è situato a livello
coronale, dunque classificate come distali, siano caratterizzate in realtà da
gravi alterazioni morfologiche dell’uretra e da incurvamento dell’asta del
pene, tali da essere di fatto assimilabili alle forme più gravi (Marrocco,
Vallasciani, 2004).
Il primo sistema di classificazione dell’ipospadia risale a Smith, che, nel
1938, propose una distinzione delle varie tipologie di anomalia del pene per
gradi, in cui il primo grado localizzava il meato uretrale tra la corona e
l’inizio dell’asta del pene; il secondo grado tra l’inizio dell’asta del pene e
il rafe scrotale e il terzo grado in cui il meato si trovava tra il rafe e il
perineo. Più tardi, nel 1950, Schaefer e Erbes classificarono l’ipospadia in
glandulare, se l’orifizio uretrale si trovava nella sezione coronale del pene,
peniena, dalla corona al rafe scrotale, e perineale qualora il meato si
trovasse nella zona del perineo. Infine, Duckett nel 1966 classificò
l’ipospadia semplicemente in anteriore, centrale e posteriore (Hadidi,
2004). Il sistema di classificazione maggiormente utilizzato nel corso
dell’ultimo decennio è riconducibile alla distinzione tra forme distali o