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Introduzione
i criteri di giustizia etica. Cercherò di trovare un principio allocativo che si presenti
risolutivo nella disputa tra egualitarismo e utilitarismo, per dare la giusta rilevanza alla
prospettiva di vita dell’individuo in termini di lunghezza e qualità, in un contesto di
scarsità delle risorse.
I decisori sanitari hanno bisogno di validi strumenti per confrontare le implicazioni
economiche di interventi sanitari alternativi, quantificando le risorse impiegate e
comprendendo i criteri etici di giustizia sociale richiamati. L’economia sanitaria è la
disciplina che si occupa della valutazione economica di programmi sanitari, per aiutare i
decisori nelle scelte allocative in sanità, mentre la farmacoeconomia si dedica alle
valutazioni economiche, che confrontano i costi e gli effetti di diversi trattamenti
sanitari, di cui almeno uno farmacologico.
Oltre alle valutazioni economiche complete, che valutano sia i costi che le conseguenze
di un programma e considerano delle alternative, esistono le valutazioni economiche
parziali, tra le quali è compresa l’analisi di costo della patologia (COI – Cost of
Illness). Gli studi sul costo della patologia analizzano i costi derivati dalla gestione di
una determinata malattia a livello individuale e l’utilizzazione delle risorse, appartenenti
all’intera collettività, che essa comporta. Se nelle valutazioni si assume il punto di vista
della società nel suo complesso, le analisi di costo delle malattie vengono chiamate
studi di costo sociale delle patologie.
Gli studi COI determinano le spese finanziarie sostenute dal paziente, dalla sua famiglia
e dall’intera società, per la cura della malattia, la temporanea o definitiva assenza del
malato dal mondo del lavoro, o la sua morte prematura. I costi che tali analisi
considerano sono i costi direttamente correlati alle patologie stesse, per la prevenzione,
la diagnosi e il trattamento della malattia (costi diretti) e i costi conseguenti alla
riduzione o cessazione di produttività, da parte dei pazienti o da parte di familiari e
amici, per il tempo che dedicano ad assisterli (costi indiretti). Raramente gli studi COI
valutano anche i costi derivati dal dolore e dal deterioramento della qualità della vita di
malati e familiari, poiché difficili da quantificare.
I sostenitori delle analisi di costo sociale delle malattie le giudicano capaci di fornire
informazioni necessarie per contribuire al processo decisionale e per costruire una lista
delle priorità nel contesto sanitario, ma alcuni studiosi non le ritengono in grado di
fornire un valido supporto alle decisioni di politica sanitaria.
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Introduzione
Per poter esprimere un giudizio positivo o negativo sull’utilità di tale strumento
informativo, compierò una rassegna critica della letteratura internazionale sul costo
sociale dell’obesità, facendo riferimento alle banche dati MEDLINE e EMBASE e
utilizzando le parole chiave obesity, cost of illness, costs, economics, burden of illness.
La rilevazione effettuata consentirà l’individuazione di alcuni abstracts, che saranno
sottoposti a una prima lettura per scartare quelli che non forniranno i dati richiesti
dall’analisi condotta. Dopo una lettura approfondita degli articoli selezionati, scarterò
alcuni lavori che non rispecchieranno le caratteristiche desiderate e includerò l’unico
studio italiano sul costo dell’obesità, pubblicato dagli economisti Belisari, Carruba e
Mantovani solo nella versione di abstract.
Svolgerò un’analisi commentata di ogni articolo o abstract selezionato, con l’ausilio di
schede di valutazione, per giungere alla costruzione finale di una scheda riassuntiva, al
fine di confrontare i dati epidemiologici considerati e i risultati, in termini di costi diretti
e, dove valutati, di costi indiretti.
Ho scelto la patologia obesità poiché si presenta, ai nostri giorni, un grave problema
sorto nel mondo industrializzato, che si sta estendendo anche nelle zone meno ricche del
pianeta. L’obesità è una malattia che può causare mortalità, in quanto è un fattore di
rischio per altre patologie come il diabete mellito, l’ipertensione, le malattie
cardiovascolari, le malattie respiratorie, l’ictus e alcuni tumori. I costi ai quali la società
deve fra fronte a causa di erronei stili di vita ed abitudini alimentari sbagliate sono in
costante aumento. L’obesità e le altre malattie ad essa correlate portano infatti a una
crescita dei costi sostenuti per visite mediche, ricoveri, farmaci, interventi chirurgici
(costi diretti) e una riduzione della produttività per l’aumento dei giorni di lavoro persi
(costi indiretti).
I dati confermano che nel mondo oggi ci sono 300 milioni di obesi e 1 miliardo di
persone in sovrappeso. Si ingrassa per cause di tipo genetico, per scorrette abitudini
alimentari e stili di vita sedentari. Occorre intervenire per modificare determinati
comportamenti in conflitto con un modello di vita salutare, al fine di diminuire
l’impatto dell’obesità, in termini di costi sostenuti dall’individuo sovrappeso e
dall’intera società.
Per promuovere la salute su scala nazionale, regionale e locale, l’Unione Europea ha
investito in azioni e programmi politici volti a contribuire alla costruzione di una società
civile stabile e forte, una risorsa necessaria allo sviluppo economico europeo. I
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Introduzione
programmi sanitari che prenderò in esame sono il progetto “Eurodiet”, iniziato nel 1998
e concluso nel 2000, realizzato per aiutare gli Stati membri a svolgere una
pianificazione di abitudini alimentari corrette e stili di vita adeguati per una prospettiva
di vita migliore, e il nuovo programma sanitario europeo 2003-2008, ideato per
raggiungere una cooperazione a livello europeo nelle informazioni sulle diete e sui
valori nutrizionali degli alimenti e per spingere le persone a fare scelte sane.
Dedicherò una parte della trattazione alla Conferenza sugli “Stili di vita salutari:
Educazione, Informazione e Comunicazione” che si è svolta a Milano dal 3 al 6
settembre 2003, alla quale hanno partecipato 25 Ministri della Salute, quindici dei Paesi
membri e dieci dei Paesi in via di adesione. Nel corso della Conferenza sono stati resi
noti i risultati di un’indagine, realizzata dal Ministero della Salute italiano nella prima
metà del 2003, svolta mediante la somministrazione di un questionario su temi di salute
e stili di vita ai referenti ufficiali dei Paesi membri e candidati dell’Unione Europea e i
risultati di un programma di comunicazione istituzionale in Italia sulla dissuasione dal
fumo e sulla corretta alimentazione, iniziato nel gennaio 2003 e realizzato attraverso le
principali emittenti televisive, con messaggi pubblicitari e testimonianze di personaggi
famosi.
L’impegno dell’Unione Europea verso la costruzione di una coscienza critica sui temi
della salute mira anche a contenere le spese sanitarie causate dall’impatto di stili di vita
e abitudini alimentari sbagliate. Le informazioni derivate dagli studi di costo sociale
delle patologie, potrebbero aiutare i decision maker nella scelta dei programmi sanitari
da portare a termine su scala nazionale ed europea. A questo proposito l’economista
Koopmanshap ha elaborato cinque criteri che le analisi COI dovrebbero rispettare per
essere considerate un’utile strumento a disposizione dei decisori sanitari.
Illustrerò le posizioni a favore o contro l’utilità degli studi di costo delle patologie di
diversi economisti e descriverò un’esperienza di utilizzo di tali analisi per la
pianificazione sanitaria nella realtà problematica dell’Uganda. Sulla base dei risultati
della rassegna bibliografica che condurrò e alla luce delle posizioni esaminate, sarò in
grado di stabilire se le analisi di costo sociale delle patologie possono realmente
rivelarsi un utile strumento per indirizzare le decisioni di politica sanitaria o se non sono
capaci di fornire una valutazione comprensiva dell’impatto di una malattia sull’intero
campo assistenziale della società.
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Introduzione
Potrò così confermare l’importanza dell’utilizzazione di questo tipo di studi nella
routine decisionale politica, rivolta a scelte di allocazione delle risorse per la
prevenzione, la diagnosi e la cura di molte malattie tra cui l’obesità, per poter investire
in esse delle risorse adeguate e per essere in grado di definire programmi sanitari
ottimali. La scelta della patologia obesità, strumentale alla finalità di analisi della mia
tesi ha permesso comunque di rivalutare questa patologia da problema minore a
epidemia globale che si è estesa dai Paesi ricchi a quelli poveri, a seguito dell’impatto
sulla società che essa comporta in termini di costi sia diretti che indiretti, soprattutto a
causa delle patologie ad essa correlate.
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La prospettiva etica all’interno dei modelli allocativi in sanitàCapitolo 1
CAPITOLO I
LA PROSPETTIVA ETICA
ALL’INTERNO DEI MODELLI ALLOCATIVI
IN SANITA’
La seconda metà del secolo precedente è stata definita l’età della “rivoluzione
terapeutica”. Si è assistito, dagli anni cinquanta in poi, ad una accelerazione della
scoperta di terapie farmacologiche e chirurgiche, grazie alle quali la medicina è riuscita
a sconfiggere gravi malattie e ha aperto numerose aspettative da parte della
popolazione. Nei Paesi sviluppati si è riscontrato un rapido miglioramento delle
condizioni di vita, che ha consolidato l’idea della salute per tutti i cittadini come un
obiettivo da raggiungere e un diritto che è doveroso affermare.
La mia analisi parte dal concetto di “diritto alla salute”, sancito anche dalla
Costituzione italiana, e dal principio di giustizia distributiva, sostenuto dalla morale
etica, per appoggiare la tesi secondo la quale, l’economia sanitaria dovrebbe elaborare
dei paradigmi etici al suo interno, al fine di assicurare la migliore distribuzione delle
risorse possibile. Infatti le risorse di ogni sistema economico reale sono scarse e
insufficienti a soddisfare tutti i bisogni.
Mi sono basata su una scala di priorità dei bisogni arbitraria, per poter classificare le
necessità primarie e fondamentali degli individui, necessità che un Sistema Sanitario
Nazionale, come quello italiano, dovrebbe soddisfare per essere considerato efficiente.
Naturalmente i problemi derivanti dalla penuria di beni e risorse e dall’accrescere delle
richieste in campo sanitario, non facilitano il compito dei decisori sanitari. Questi ultimi
sono tutte le persone e le istituzioni, ossia politici, medici, dirigenti del Servizio
Sanitario Nazionale e le aziende farmaceutiche, deputate a prendere decisioni
riguardanti il finanziamento o la fornitura di servizi sanitari. Il loro difficile compito è
proprio quello di costruire modelli allocativi, facendo coesistere le ferree leggi
dell’economia con criteri di giustizia etica.
Dei modelli allocativi da me analizzati, solo uno riuscirà a coadiuvare l’ideale di
giustizia con quello di efficienza allocativa e si configurerà come una via di mezzo tra
l’egualitarismo e la massimizzazione dell’utilità in economia.
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La prospettiva etica all’interno dei modelli allocativi in sanitàCapitolo 1
Questo primo capitolo è da considerarsi una premessa alla indiscussa necessità di
strumenti informativi, volti alla formazione di criteri di allocazione delle risorse in
sanità, che svilupperò nei successivi capitoli. Tali strumenti compongono la cosiddetta
“valutazione economica dei programmi sanitari”, che viene definita farmacoeconomia
quando i programmi riguardano le terapie farmacologiche. Prenderò in considerazione
più dettagliatamente uno di questi strumenti, ossia il “costo della patologia”, e
attraverso una ricerca bibliografica di articoli riguardanti analisi del costo della
patologia obesità, sarò in grado di stabilire se tali studi possono rivelarsi utili per
indirizzare le decisioni sanitarie di medici, manager e autorità pubbliche.
I. 1. IL DIRITTO ALLA SALUTE: UN DIRITTO DI QUARTA GENERAZIONE
Il 22 luglio 1946 veniva costituita l’Organizzazione Mondiale della Sanità. I
primi due capoversi della dichiarazione adottata in quella occasione definiscono in
termini nuovi la salute, come “diritto fondamentale” da tutelare (Incorvati, 1998):
<<La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non
consiste soltanto in una assenza di malattia o d’infermità. Il possesso del migliore stato
di salute che è capace di raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni
essere umano, quali che siano la sua razza, la sua religione, le sue opinioni politiche, la
sua condizione economica o sociale>>.
Tale fondamentale diritto, è stato ribadito nella dichiarazione dell’OMS di Alma Ata del
12 settembre 1978, nella quale venne aggiunto l’importante obiettivo del
“conseguimento del più alto livello sanitario possibile” e l’obbligo, da parte delle
istituzioni pubbliche, di promuovere lo sviluppo della ricerca e dei servizi in campo
sanitario.
Risale quindi al 1946, la definizione dell’OMS, secondo cui la salute va identificata con
“uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”. Essa sottolinea lo sforzo di
superare la nozione esclusivamente biologica che riduce la salute ad assenza di malattia
e la malattia ad una sorta di “deviazione dal progetto della specie”. La nozione di salute
infatti, include il riferimento agli stati soggettivi e alle condizioni che influenzano il
benessere e la qualità di vita delle persone: essa chiama in causa la società nel suo
complesso e ciascuno di noi e non solo la medicina (Borsellino, 1997).
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La prospettiva etica all’interno dei modelli allocativi in sanitàCapitolo 1
Le posizioni dell’OMS ebbero anche un’eco nel corso dei lavori preparatori della
Costituzione della Repubblica Italiana, che, proprio in quel periodo, venne redatta.
L’articolo 32 comma 1° della Costituzione italiana dichiara infatti:
<<La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e
interesse della collettività>>.
L’interpretazione dell’art. 32 fa della tutela della salute l’oggetto di un diritto a
prestazioni, direttamente tutelabile di fronte a qualunque giudice e non assoggettato a
condizioni. Ha il merito di conferire il dovuto rilievo alla circostanza che, non solo lo
Stato e gli enti pubblici, ma anche i privati, hanno il dovere, giuridico oltre che morale,
di porre in essere comportamenti volti a prevenire, o riparare, danni alla salute.
Recentemente la tutela della salute è stata compresa all’interno dei diritti di uguaglianza
che si possono far valere nei confronti dello Stato, come diritto all’assistenza sanitaria.
In questo senso si potrebbe inserire tra i diritti di terza generazione, diritti non solo dei
cittadini, ma universali, realizzabili attraverso la cooperazione di tutti e riguardanti tutto
il genere umano, comprese le generazioni future.
Di fronte alle nuove emergenze contemporanee, e dalla dichiarazione dell’OMS del
1946 in poi, la definizione tradizionale di salute, come mera assenza di malattia, appare
insufficiente e inadeguata. Il fatto di essere tutelata dal diritto costituzionale dà alla
salute un’immagine di multidimensionalità.
Il diritto alla tutela della salute sancito dalle carte costituzionali, come in Italia,
appartiene ai diritti di terza generazione, in quanto si pone a presupposto di tutti gli altri
diritti ed è, allo stesso tempo, opponibile allo Stato ed esigibile dallo Stato. Quanto più
dominano modelli economico-tecnologici che estendono i rischi e i pericoli per la
salute, tanto più si impone come obiettivo un modello alto ed espansivo di salute
(Incorvati, 1998).
Ma la novità del diritto alla tutela della salute, nella Costituzione italiana, sta nel suo
carattere integrativo, che lo impone come irrinunciabile interesse della collettività. Esso
diventa un diritto di quarta generazione: un diritto universale che si coniuga con
obblighi importanti dello Stato, quali la solidarietà sociale e il riconoscimento
dell’individuo. Nell’epoca attuale, nella quale lo sviluppo dipende in maniera
consistente dagli investimenti nella ricerca, lo Stato adempie ai propri obblighi, se
renderà questi investimenti compatibili, per quantità e qualità, con la tutela dei diritti.