3
direttamente, sia attraverso le numerose modifiche cui furono sottoposte. A questo studio più
generalizzato segue la disamina più approfondita di un aspetto originale e controverso del
costituzionalismo di Bolìvar: il Potere Morale.
Il sesto capitolo prende in esame gli incarichi dittatoriali ricoperti da Bolìvar con particolare attenzione
alla dittatura instaurata con il decreto organico del 1828.
La conclusione è dedicata alla trattazione di ciò che, assieme alla battaglia per l’indipendenza ed alla
continua ricerca degli strumenti giuridico–politici per mantenerla, più di ogni altra cosa occupò i
pensieri e alimentò i sogni del Libertador: l’integrazionismo americano, considerato a ragione il
precursore dell’ odierno panamericanismo.
4
I. BOLIVAR E L’AMERICA LATINA DEL SUO TEMPO
La situazione nelle colonie spagnole
Nell’affrontare il tema del pensiero costituzionale di Simòn Bolìvar è opportuno analizzare il contesto
sociale e politico in cui il Libertador ha forgiato la sua personalità e svolto la sua azione.
Nato in una famiglia dell’aristocrazia creola di Caracas il 24 luglio del 1783, il giovane Simòn
ricevette un’educazione raffinata, adeguata al suo stato sociale, che gli consentì viaggi, letture e
frequentazioni che lo segneranno profondamente e che, agli occhi dei posteri, assumono una
connotazione profetica.
L’impero spagnolo, formatosi in Sud America nel XVI secolo, era giunto praticamente intatto fino al
1810
1
, anno a cui si fa risalire l’inizio della lotta per l’indipendenza.
La struttura della società coloniale era da sempre estremamente eterogenea; lo status socioeconomico
della popolazione rispecchiava la trasposizione fedele della società basata sulla ferrea distinzione tra le
razze. L’importanza della limpieza de sangre portò a classificazioni esasperate, caratterizzate da
fantasiosi neologismi, nell’intento di non tralasciare nessuna discriminazione che trovasse fondamento
nelle ramificazioni dell’albero genealogico.
I peninsulari, ossia gli spagnoli nati nella madrepatria, godevano della massima considerazione ed
occupavano il vertice della scala sociale. Non c’era incarico di responsabilità che non fosse ricoperto
da uno spagnolo, nell’amministrazione e nell’esercito come nella Chiesa.
Benché figli di genitori spagnoli, i nati nelle colonie, i creoli, occupavano un gradino inferiore nella
gerarchia sociale e svolgevano ruoli subalterni.
La base della società era costituita dalle classi più povere che da sempre venivano sfruttate ed
oppresse, nonostante i ripetuti quanto inutili tentativi della corona di rendere più umane le loro
condizioni di vita
2
; facevano parte di questo grande segmento di popolazione gli indigeni sopravvissuti
all’impatto della colonizzazione, i negri, gli schiavi ed i meticci che in Venezuela assumevano il nome
di pardos.
1
Cfr. Tulio, Halperin Donghi, Storia dell’America Latina, Torino, Einaudi, 1972 , p. 4
2
Tra questi tentativi si ricordano le leggi di Burgos del 1512–1513 con le quali si stabilivano le relazioni tra spagnoli e
indiani; la sospensione dell’istituto dell’encomienda del 1520, del tutto disattesa; le “nuove leggi” del 1542–1543, che si
limitavano più realisticamente a proibire l’assegnazione di nuove encomiendas e la loro ereditarietà; l’abolizione del
repartimiento del 1632.
5
L’economia coloniale era fortemente controllata dalla Spagna che deteneva il monopolio dei commerci
attraverso la Casa de Contrataciòn di Siviglia e solo nel 1713, con la stipulazione della pace di
Utrecht, la sottoscrizione di alcuni trattati commerciali con l’Inghilterra pose termine a tale regime.
All’Inghilterra verrà concesso in quell’occasione anche il diritto di gestire la tratta degli schiavi con il
Tratado de Asientos de negros.
In questi avvenimenti è possibile riscontrare i primi segni della decadenza spagnola, che culminerà un
secolo dopo con l’invasione napoleonica e con la perdita delle colonie.
Vani furono i tentativi di riformare e rendere più efficiente l’amministrazione che nei territori
d’oltremare, non meno che nella madrepatria, era caratterizzata da una pletora di funzionari ed era
paralizzata dalla burocrazia.
La struttura amministrativa era stata concepita affinché ogni decisione venisse presa dalla madrepatria
secondo i dettami del centralismo più ferreo dando vita a quello che Belaunde definisce “sistema
stellare”:
“Questi regni (del Sud America) data la politica spagnola erano uniti con il nucleo
principale: la Corona; ma non avevano tra loro stretti legami
3
”.
L’impero era suddiviso in Vicereami e Capitanie Generali; dovendo amministrare territori di notevoli
dimensioni, i viceré venivano affiancati dai governatori, nominati dal re, e dai corregidores alla cui
nomina provvedevano loro stessi.
Tutti i funzionari, indipendentemente dalla carica che ricoprivano, erano sottoposti a continui controlli
sul loro operato. Erano frequenti le cosiddette visite effettuate dagli ispettori ed era applicata la prassi
della residencia; si trattava del resoconto conclusivo dello svolgimento della propria funzione da
sottoporre al giudizio di chi doveva ricoprire il medesimo incarico.
4
Le uniche libertà politiche erano rappresentate dai Cabildos, assemblee deliberanti in ambito
municipale e dai Consulados, che prendevano decisioni di carattere mercantile.
5
Esistevano altresì i Cabildos indi per mezzo dei quali i colonizzatori spagnoli delegavano alcuni poteri
ai capi locali: i Caciques. Si trattava di una pratica diffusa sin dai primi anni della Conquista che
permetteva una maggiore penetrazione spagnola, soprattutto in materia di esazione dei tributi, ed
aumentava i contrasti tra i nativi.
3
Victor Andrès, Belaunde, Bolìvar y el pensamiento polìtico de la revoluciòn hispanoamericana, Caracas, Ediciones de la
Presidencia de la Repùblica, 1983, p. 151.
4
Cfr. T. Halperin Donghi, Storia dell’America Latina, cit. , p. 40 – 41
5
Cfr. Josè Luis, Salcedo Bastardo, Simòn Bolìvar,la vita e il pensiero politico , Roma 1983, Istituto della Enciclopedia
Italiana , p. 60
6
Nel XVIII secolo, con l’attuazione delle riforme borboniche, si tentò una razionalizzazione della
struttura amministrativa secondo i dettami illuministici allora in auge in Europa
6
. Si introdusse, sul
modello francese, la figura dell’intendente, che doveva gestire territori abbastanza vasti unificando
competenze anteriormente distribuite in modo irregolare.
7
Gli intendenti ed i subdelegados loro sottoposti dovevano assorbire le cariche amministrative e
giurisdizionali dei governatori, dei corregidores, e degli alcaldes mayores allo scopo di rafforzare il
centralismo e di limitare il potere dell’aristocrazia spagnola e coloniale.
In molti casi, però, per la naturale tendenza che ha il potere a perpetuare se stesso, si ottenne una
inutile duplicazione e sovrapposizione delle funzioni, nonché diffidenza e conflitti tra gli stessi
funzionari.
Nel frattempo si assisteva ad una sempre maggiore insofferenza da parte dell’aristocrazia creola nei
confronti della politica coloniale spagnola che successivamente verrà rievocata da Bolìvar in un brano
della celebre Carta de Jamaica:
“Eravamo oppressi da un governo che, oltre a privarci dei diritti che ci spettavano, ci lasciava in una
condizione di infanzia perenne nei confronti della vita pubblica.”
8
Anche la Chiesa aveva un ruolo attivo nella politica coloniale
9
, le cariche ecclesiastiche di maggior
rilievo erano soggette al patronato regio; ovviamente ai creoli era permesso ricoprire solo le cariche
inferiori.
A sostegno della sua opera di evangelizzazione la Chiesa poteva usufruire del Tribunale
dell’Inquisizione, i cui giudici venivano nominati dal re.
Il controllo sulle coscienze operato da questo tribunale passava attraverso una ferrea censura
preventiva sulle opere letterarie che potevano accedere al Nuovo Mondo; come però accadeva per il
commercio, tale controllo veniva sistematicamente aggirato cosicché le opere degli illuministi e dei
romantici europei si diffusero sull’altra sponda dell’Atlantico.
6
Filippo V nel 1718 istituì le intendenze ad imitazione del sistema amministrativo francese; Carlo III decretò la fine del
monopolio commerciale di Cadice nel 1765 giungendo all’apertura totale delle colonie americane al traffico spagnolo nel
1789. I sovrani borbonici istituirono anche i vicereami della Nueva Granada (1717), e del Rio de La Plata (1776).
7
Charles, Gibson, L’America Latina nel periodo coloniale, in C. Gibson, M. Carmagnani, J. Oddone, a cura di, L’America
Latina, Firenze, La Nuova Italia, 1979, p. 160
8
Simòn Bolìvar, L’unico scopo è la libertà. Scritti scelti di Simòn Bolìvar, a cura di Josè Luis, Salcedo Bastardo, Roma,
Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1983, p. 78
9
Cfr. Gòmez Mango de Carriquiry, Lìdice, El encuentro de lenguas en el “Nuevo Mundo” , Còrdoba, 1996, Cajasur, pp.
109 ss.
7
La cultura europea era veicolata inoltre dai sempre più numerosi viaggiatori che provenivano dal
Vecchio Continente o che vi si erano recati. Ovviamente, quando si pensa ai viaggi ed agli
spostamenti, non bisogna dimenticare le difficoltà delle comunicazioni dell’epoca, dovute non solo ai
mezzi di trasporto ma anche agli innumerevoli ostacoli naturali
10
.
In una società, che, come abbiamo visto, era caratterizzata da classi sociali ferree basate sulla
distinzione razziale e da una scarsa mobilità sociale, importante era il ruolo dell’istruzione e della
divisione del lavoro.
L’istruzione veniva impartita solo alle classi più elevate, essendo i più poveri lasciati nell’ignoranza,
anche se la Chiesa si preoccupava di dare loro una base culturale in grado di far comprendere la
dottrina cattolica.
Per quanto riguarda il lavoro, nell’America del Sud i nobili non avevano i pregiudizi tipici degli
aristocratici spagnoli e si dedicavano alle proficue attività commerciali.
Il Venezuela era una delle regioni più arretrate e povere del continente, sia economicamente che
culturalmente. L’Università venne istituita a Caracas solo nel 1721, con quasi due secoli di ritardo
rispetto a quella di Santo Domingo fondata nel 1538
11
.
L’unica ricchezza era rappresentata dalle piantagioni di cacao di proprietà dei creoli che in Venezuela
erano chiamati Mantuanos. E’ comprensibile come una tale situazione favorisse il relativo disinteresse
della Spagna nei confronti di questa regione che, di conseguenza, veniva sottoposta ad una minore
attenzione rispetto a quella riservata alle altre colonie.
Il Venezuela godette quindi di margini più ampi di libertà e di una minore pressione da parte della
corona; queste circostanze, unite alla vicinanza con la Guayana Olandese, permisero un contatto
continuo con la cultura protestante, portatrice di valori di libertà e tolleranza.
E’ nell’insieme di questi fattori che va ricercata l’origine dell’attitudine liberale di questa nazione che
caratterizzerà profondamente le sue vicende politiche.
Non è un caso che uomini della statura di Francisco de Miranda e di Simòn Bolìvar siano nati ed
abbiano trovato terreno fertile per le loro idee e per le loro azioni in questo paese.
10
Un esempio che può rendere l’idea di tale difficoltà è dato dalla relativa arretratezza dei costumi dei creoli che,
sforzandosi di imitare le mode della nobiltà peninsulare, li adottavano quando ormai in Spagna erano superati; anche a ciò
probabilmente si deve far risalire il fatto che gli spagnoli li ritenessero rozzi ed obsoleti.
11
J. L. Salcedo Bastardo, Simòn Bolìvar, la vita e il pensiero politico,. cit. p. 57