un'importanza tale da imprimere un valore rafforzativo alla linea
politica dei quotidiani stessi. In altre parole, la visione degli
avvenimenti politico-sociali esteri era importante al fine di dare
coerenza a tutta la linea del giornale? E il clima in cui
maturarono gli avvenimenti nazionali quanto influenzò
l'interpretazione di quelli esteri?
Alla luce di queste considerazioni, questo lavoro mira a
ricostruire la visione e l'analisi del sindacalismo rivoluzionario
spagnolo attraverso gli occhi del maggior quotidiano italiano del
tempo, "Il Corriere della Sera". Il più ricco, il più potente, il più
diffuso. "Il re dei quotidiani", così preciso nel riferire i fatti che i
tre quarti della stampa italiana vi attingeva le notizie
2
.
È stato proprio per questo motivo che mi è parso necessario,
dunque, escludere gli altri quotidiani da questa ricerca, la quale
ricopre un arco di tempo che va dal 1919, anno carico di novità
ed aspirazioni per il movimento operaio europeo, fino ad arrivare
al 1936, considerato da molti, forse con troppa superficialità,
l'anno zero della rivoluzione spagnola.
Tutto ciò ha richiesto la raccolta e l'analisi di circa 500 articoli
pubblicati dal "Corriere della Sera" nel corso di circa 17 anni e
riguardanti, più o meno direttamente le vicende legate al
sindacalismo rivoluzionario spagnolo; ecco perché mi è sembrato
utile iniziare questo lavoro ricostruendo brevemente la storia del
quotidiano milanese sottolineando affinità e divergenze tra la
gestione dei fratelli Albertini e le successive, le quali segnarono
la progressiva fascistizzazione del "Corriere della Sera".
La stampa assunse, in un regime come quello fascista largamente
basato sulla mistificazione e la censura dell'informazione,
un'importanza eccezionale. Mussolini d'altronde sapeva bene che
il Corriere era il quotidiano italiano più diffuso all'estero. Esso
doveva quindi essere fascista, ma poteva evitare certe
esagerazioni propagandistiche che fuori dall'Italia sarebbero
risultate ridicole: era dunque questa la differenza tra il Corriere
ed il resto della stampa italiana. Ciò non vuol affatto dire che il
2
Piero Melograni, Il Corriere della Sera (1919-1943), Cappelli, Bologna 1965, parte prima, p. IX.
quotidiano milanese non fosse sottoposto a pressioni da parte del
regime e neppure che venne meno alla sua funzione di quotidiano
borghese caratterizzato da una forte pregiudiziale antioperaia. Fu
proprio questa pregiudiziale una delle espressioni di quella
affinità individuabile tra il Corriere degli Albertini e quello del
periodo fascista. Se non si può quindi parlare di due giornali
completamente dissimili, di due Corrieri distinti, occorre
comunque precisare che le differenze furono parecchie.
Una volta chiarito questo importante aspetto era fondamentale
spendere alcune parole sulla nascita, lo sviluppo e la struttura
della Confederación Nacional del Trabajo, (organizzazione
sindacale spagnola nata nel 1910) prima di concentrarsi
sull'analisi degli articoli e delle vicende che la videro
protagonista della storia spagnola.
Lo spazio dedicato inizialmente dal "Corriere della Sera" alla
situazione politico-sociale della Spagna fu abbastanza esiguo;
ben presto, tuttavia, l'aggravarsi delle vicende legate ai conflitti
sociali, drammaticamente attuali in tutta Europa, fece si che
anche il caso spagnolo fosse affrontato dal quotidiano milanese
con sempre maggior interesse e spazio. Particolare attenzione fu
dedicata dal Corriere al fenomeno dei cosiddetti pistoleros.
Bande armate di mercenari a Barcellona, capitale del
sindacalismo rivoluzionario spagnolo, fecero strage di leaders e
militanti sindacali. Fece seguito la risposta armata dei
sindacalisti, culminata con l'assassinio del primo ministro
Edoardo Dato, ma in questa lotta impari che si protrasse con
centinaia di morti per circa 5 anni (dal 1919 al 1923) fu
chiaramente il movimento operaio a pagare il prezzo più alto.
La posizione del quotidiano di via Solferino tuttavia fu chiara sin
dall'inizio: le responsabilità di questa guerra erano interamente
addossate al sindacalismo rivoluzionario irresponsabilmente
colpevole di fomentare il conflitto sociale con i suoi continui
scioperi.
Il Corriere dei fratelli Albertini, così come in seguito il Corriere
"organo del regime fascista", negava qualsiasi legittimazione
politica alla C.N.T. considerando il sindacalismo solo un
problema di ordine pubblico.
La posizione del quotidiano di fronte alla dittatura del generale
Primo de Rivera fu pressappoco quella tenuta di fronte al
fascismo. Ancora una volta, nonostante la precedente esperienza,
i fratelli Albertini inizialmente appoggiarono la dittatura di de
Rivera intravedendo in essa la reazione alle "violenze
bolsceviche" per poi distaccarsene poco dopo. Questo fu l'unico
momento in cui un giornalista del Corriere, Filippo Sacchi, parve
schierarsi dalla parte dei lavoratori, in occasione delle repressioni
guidate dal noto ministro dell'Interno, il generale Martínez
Anido. Soltanto due anni dopo i fratelli Albertini e Filippo Sacchi
verranno allontanati dal Corriere perché ormai chiaramente
schierati su posizioni antifasciste. Il quotidiano milanese subì una
rapida involuzione, i toni si indurirono e iniziarono a farsi sempre
più duri.
La C.N.T. durante gli anni della dittatura fu costretta alla
clandestinità, la repressione colpì duramente i suoi militanti,
molti dei quali scelsero la via dell'esilio. In Francia la
Confederazione poté riorganizzarsi al meglio e quando,
nell'aprile del 1930, poco dopo il crollo della dittatura, tornò alla
legalità non risentì numericamente dei 6 anni di clandestinità.
Quando "Il Corriere della Sera" tornò ad occuparsi della
Confederazione, il giornale era ormai completamente controllato
da Palazzo Venezia, il crollo della monarchia e l'avvento della
Repubblica furono quindi accolti dal regime fascista, e di
conseguenza dal quotidiano milanese, con irritazione e fastidio.
Cominciava ad essere evidente il fatto che i giudizi politici
espressi dal Corriere non erano legati ad un'analisi reale bensì
alle necessità della propaganda di regime.
L'esempio più lampante fu il commento espresso da Tomaselli,
inviato speciale a Madrid, il quale a conclusione del suo articolo
il 13 aprile 1931 scrisse: "[…] Non vi è nessun indizio che faccia
ritenere imminente un radicale cambiamento nell'ordine politico
della Spagna"
3
. Il giorno successivo venne proclamata, con forte
imbarazzo del quotidiano, la Repubblica. Era palese, dunque, la
dissonanza tra realtà politica e propaganda.
I due anni che seguirono videro i socialisti al governo; la C.N.T.
inasprì, sotto l'influenza della corrente anarchica, le lotte
sindacali che impegnarono migliaia di militanti e che
culminarono con i tentativi insurrezionali del gennaio e del
dicembre 1933. La repressione colpì duramente i sindacalisti
nonostante l'orientamento tutt'altro che conservatore del governo.
La spaccatura all'interno della sinistra spagnola era sempre più
evidente ed il Corriere non si lasciò scappare l'occasione per
sferrare il suo attacco; da un lato i socialisti erano accusati di
scarsa energia nella repressione dei sindacalisti, quando
addirittura non erano accusati di voler favorire la rivoluzione in
accordo con essi. D'altra parte i militanti della C.N.T. erano
bollati come "sovversivi" e "terroristi". L'opera di
disinformazione del Corriere raggiunse l'apice nella descrizione
dei noti fatti di Casas Viejas dove la verità fu occultata a
discapito di morti innocenti fatti passare per violenti assassini.
Il 1934 segnò ufficialmente il definitivo avvicinamento del
regime fascista alle destre spagnole, suggellato con l'accordo
firmato a Roma, il 31 marzo, tra Mussolini ed alcuni esponenti
politici conservatori.
Il Corriere usava toni sempre più minacciosi nei confronti della
sinistra spagnola, il fascismo era un fenomeno politico ormai in
piena espansione e sempre più paesi europei cadevano sotto il
dominio di dittature filo-fasciste. La Spagna divenne l'ennesimo
campo di battaglia tra fascismo e democrazia, era ovvio che il
contesto internazionale richiedeva un uso ancora più marcato
della propaganda e quindi il quotidiano milanese, proprio in
3
Cesco Tomaselli, La situazione in Spagna dopo le elezioni, "Il Corriere della Sera", 14 aprile 1931.
coincidenza con la vittoria delle elezioni da parte delle destre
spagnole, scaricava interamente sulle sinistre la responsabilità
delle violenze politiche e sociali che tormentavano il paese.
L'organizzazione delle Alleanze operaie e dell'insurrezione
dell'ottobre 1934 da parte del partito socialista furono soltanto
l'ennesimo pretesto fornito al quotidiano milanese per continuare
la sua campagna diffamatoria nei confronti delle sinistre. Con la
fondazione del movimento fascista Falange Española da parte del
figlio dell'ex dittatore Primo de Rivera, lo scontro sociale
divenne scontro politico, il Corriere parve indirizzare, nel
confuso panorama delle destre spagnole, il suo appoggio verso
quello che sembrava il movimento politico più simile al fascismo
italiano.
Il 1936, nonostante le previsioni del quotidiano di via Solferino,
si aprì con la vittoria del Fronte popolare, le sinistre unite
sconfissero le destre che nel biennio 1934-1935 avevano
proceduto allo smantellamento di tutte le timide riforme messe in
atto dal primo governo repubblicano. La C.N.T., che ormai
subiva una sistematica repressione da più di 15 anni, pur
compiendo, parzialmente, un'analisi dei suoi errori ( al Congresso
di Saragozza tenutosi nel maggio 1936) continuava a mantenersi
diffidente nei confronti del resto della sinistra. La vittoria del
Fronte popolare, assieme alla sempre più incerta situazione
sociale provocò pochi mesi dopo l'insurrezione dell'esercito, di
quell'esercito che in Spagna aveva sempre tenuto le fila della
politica e senza l'appoggio del quale risultava impossibile
governare. Di fronte alle continue denunce che la C.N.T. fece in
quei mesi sulla possibilità di un colpo di mano da parte dei
militari il governo del Fronte popolare ostentò sempre
un'incredibile sicurezza.
Ciò che risulta evidente, anche soltanto da una superficiale
analisi dell'insieme degli articoli pubblicati nel corso di tutto il
periodo preso in considerazione, è anzitutto la costante e violenta
repressione che colpì il sindacalismo spagnolo. Prima e durante
la dittatura, così come sotto la Repubblica, migliaia di militanti
furono arrestati, centinaia furono uccisi in carcere ( attraverso le
ley de fugas) o dalle forze dell'ordine. Questa repressione,
sommata alle condizioni di vita pessime del proletariato spagnolo
e, in seguito, alle fallite aspettative generate dalla Repubblica,
creò un sempre maggiore distacco tra i militanti confederali ed il
resto della sinistra. La presenza in Spagna di una destra
fortemente conservatrice legata ai suoi privilegi e appoggiata dal
clero e dall'esercito, inserita in questo contesto, può facilmente
spiegare lo scoppio della guerra civile.
La visione distorta che il Corriere fornì nel corso di quegli anni
della storia spagnola tuttavia non ci impedisce di individuare con
chiarezza quale fu il retroterra sociale e politico dal quale nacque
il conflitto tra le due anime della Spagna. Anche se gli errori
commessi dalle sinistre, le divisioni, l'estremismo spesso sterile
della C.N.T., favorirono il compito di una destra violenta ed
anticostituzionale non possono essere considerati la causa "tout
court" della guerra civile. I fattori strutturali e congiunturali che
hanno avuto un ruolo determinante furono altri e si possono
facilmente individuare: il conflitto strutturale, la crisi economica
mondiale, e la congiuntura politica europea che incise su quella
spagnola. Proprio a quest'ultimo fattore è riconducibile il ruolo
svolto dal fascismo italiano negli avvenimenti politici spagnoli.
"Il Corriere della Sera" ebbe in questo contesto, il compito di
sostenere il regime fascista nel suo sempre più aggressivo
appoggio alla reazione delle destre spagnole, che culminerà con
il successivo intervento dell'Italia nella guerra civile. Il
sistematico attacco da parte del Corriere alle sinistre spagnole, fu
l'arma più usata nella quotidiana battaglia che il giornale svolse
contro la Repubblica spagnola.